Narrativa italiana Romanzi Non ti muovere
 

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Non ti muovere

Letteratura italiana

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Una giornata di pioggia e di uccelli che sporcano le strade, una ragazza di quindici anni che scivola e cade dal motorino. Una corsa in ambulanza verso l'ospedale. Lo stesso dove il padre lavora come chirurgo. È lui che racconta l'accerchiamento terribile e minuzioso del destino. Il padre in attesa, E in questa attesa, gelata dal terrore di un evento estremo, quest'uomo, è di colpo messo a nudo, scorticato, costretto a raccontarsi una verità straniata e violenta. Parla a sua figlia Angela, parla a se stesso. Rivela un segreto doloroso, che sembrava sbiadito dal tempo, e che invece torna vivido, lancinante di luoghi, di odori, di oscuri richiami.



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Non ti muovere 2023-01-02 06:16:18 evelyn73
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evelyn73 Opinione inserita da evelyn73    02 Gennaio, 2023
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"Gli amori che sembrano assurdi certe volte sono i

Titolo questo mio contributo con una frase tratta da un altro libro della Mazzantini (venuto al mondo), perché ben si adatta anche al tema centrale di quest'altro suo romanzo (non ti muovere), con cui l'Autrice ha vinto il premio strega 2002. Per me, è uno di quei libri da cui è faticoso staccarsi, che si legge d'un fiato. Il racconto è travolgente, la scrittura sublime, intensa, più fluida rispetto a "venuto al mondo". Il risultato è una storia che palpita sotto i tuoi occhi mentre scorri le righe, una storia che ti entra dentro, che ti accarezza dolcemente, poi ti scaraventa nel dolore, e a te, lettrice, tocca corde di donna, madre, amante, moglie ignara (?) tradita ... Ci racconta di Italia, di una donna "sciancata", relegata ai margini, con un'infanzia drammatica che riuscirà a rivelare solo al suo più grande amore, Timoteo; Italia che si trascina nella fatica del vivere, che abita una casa di periferia, modesta, umile, in un contesto così apparentemente diverso da quello in cui si trova Timoteo, chirurgo, primario, con frequentazioni altolocate, e profondamente insoddisfatto della sua quotidianità. L'Io narrante è Timoteo, padre di Angela, nata dal matrimonio con Elsa, figura che rimane sullo sfondo, sovrastata da Italia, donna di cui Timoteo è innamoratissimo e a cui rimane legato per anni, mantenendo due vite parallele. Dalla lettura nascono spunti di riflessione su varie tematiche. Propongo qui la riflessione sul concetto di libertà, su quanto l'essere umano possa essere schiavo delle pressioni sociali, ingabbiato in schemi precostituiti e doveri imposti. Timoteo vive una condizione di struggimento continuo, diviso fra gli obblighi derivanti dal suo ruolo e le conseguenti aspettative sociali, e il desiderio di vivere pienamente il suo vero sé, a cui può dar voce solo stando accanto ad Italia.

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Non ti muovere 2021-03-18 15:14:00 Anna_
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Anna_ Opinione inserita da Anna_    18 Marzo, 2021
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Una sedia vuota

Diretto, crudo, disturbante. Eppure ogni pagina chiede la successiva, fino alla fine. E alla fine la storia resta per ciò cui essa dà voce: l'ambivalenza dell'animo umano, le sue più intime contraddizioni, il suo essere amore e disamore (verso sé, verso l'altro), bianco e pure nero.

"Quando è stato? Tre ore fa, forse anche meno. Tre ore fa ero un uomo uguale a tutti gli altri. Com'è subdolo il dolore, come corre."

Timoteo, un affermato chirurgo, "un uomo che ha imparato a dividere, a separare la parte sana da quella malata" salvando molte vite, ma non la sua, si ritrova di colpo dall'altra parte: è solo, in attesa, in una fredda stanza attigua alla sala operatoria dove sua figlia Angela, appena quindicenne, lotta per non morire a seguito di un grave incidente.

Due sedie vuote attorno a lui. Una sedia vuota dentro di lui.

E il lettore, che inizialmente lo incontra nella sua veste più umana, quella di "un padre qualunque, un povero padre sfondato dal dolore, senza saliva in bocca, sudato e freddo tra i capelli", si accomoda su una di quelle sedie, empatizza con lui, lo segue mentre per il dolore scivola lì dove si trova sua figlia, in quello stesso "limbo di tubi", per raccontarle di una donna.

Italia ritorna. Ritorna il suo ricordo, Timoteo ha bisogno che lei si fermi lì, su quella sedia vuota dentro di lui.
Sedici anni prima, un bar di periferia, il caldo soffocante, un guasto all'auto, il malumore, la vodka che gli restituisce "una testa sgarbata".
Capelli decolorati malamente, viso magro, gambe magre, "non era un corpo desiderabile quello, anzi appariva inospitale".

Il lettore lo ascolta, ma quel racconto a mano a mano diventa disturbante, vorrebbe continuare a stare accanto al padre ma scopre l'uomo, la "sua parte malata" e allora ci sono disgusto e rabbia.

Per Timoteo "È l'emorragia della vita che bussa alle tempie". È la "zoppia dell'anima" che non può curarsi solo con il tempo. È un riannodare i ricordi: la violenza commessa, la vergogna, la repulsione, la reiterazione e poi il bisogno, l'inspiegabilità di quell'amore, "Il corpo può amare ciò che la mente disprezza?".

Italia, una donna docile, una derelitta, un mondo alieno, distante da quello di Timoteo in cui tutto è tanto perfetto quanto vuoto, in cui ogni cosa sembra preordinata, "segno preciso nel grafico che la vita aveva tracciato": la sua professione, i suoi colleghi, i convegni, le vacanze, sua moglie Elsa, sua figlia.

"Il vento trascina lontano tutto ciò che credevo di volere".

Italia, tenerezza e pietà al tempo stesso, essa pure anima guastata dal suo passato, eppure giusto incastro nel disordine dell'anima di Timoteo.

È un rintracciare il coraggio mancato, l'occasione perduta. Italia, il loro bambino.

"Guardami, Italia, siediti su questa sedia vuota che ho dentro, e guardami. Davvero sei venuta a riprendermela?... Taglia quella nuvola, Italia, tagliala come una cicogna. Restituiscimi Angela."

"Non ti muovere" diventa allora la preghiera di un padre che non accetta di veder morire sua figlia, è l'urgenza di una pietà nuova, di un perdono definitivo.

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Non ti muovere 2017-09-08 13:00:44 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    08 Settembre, 2017
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L'agonia dell'attesa

«Angela, perché la vita si riduce a così poco? E dov’è la clemenza? Dov’è il rumore del cuore di mia madre? Dov’è il rumore di tutti i cuori che ho amato? Dammi un cesto, figlia mia, il cestino con cui andavi all’asilo. Voglio metterci dentro, come lucciole nel buio, i bagliori che hanno attraversato la mia vita»

Basta poco per cambiare il corso di una vita. Basta un casco non correttamente allacciato, basta un incontro passeggero in un bar mentre sei in attesa di qualcuno che possa provvedere a sistemarti il guasto della macchina. Timoteo, chirurgo, questo lo sa molto bene. E’ un uomo, è un uomo in attesa, in attesa di scoprire delle sorti della figlia. E nella lotta di questo presente incessante di dolore, di agonia, di incertezza del futuro, egli rivive il passato. Un passato che ritorna, un passato che mai se ne è andato.
La mente ed il ricordo, hanno il sopravvento. La rievocazione è necessaria, è l’unico modo che ha il medico specialista per tenersi attaccato alla speranza, per trattenere quella figlia che sembra destinata ad andarsene, per fare i conti, forse per la prima volta da allora, con sé stesso, perché solo, in quel frangente di quindici anni prima, egli si è davvero conosciuto. Italia. Una vodka di troppo, un jukebox, il caldo. Lei era li. Con il suo corpo minuto e fragile, con i suoi capelli di rafia, con il suo alito di topo e con i suoi vestiti dozzinali. Un connubio di squallore e di disgusto. Una violenza, carne contro carne, volontà piegata, tradimento. Poi, è stato ribrezzo, pentimento, ma anche reiterazione. Quel piatto di pasta al pomodoro, preparato con cura con il prodotti del piccolo orto sito dietro l’appartamento, danno inizio alla confidenza, alla tenerezza, a quegli scheletri nell’armadio che vogliono uscire, alla comprensione, alla complicità, all’amore. Cosa fare, dunque, ora? Lui, una moglie già ce l’ha, ed ogni volta che sembra sul punto di prendere una decisione, ecco che arriva un fattore determinante che gli impedisce di lasciarla per recarsi nel suo cunicolo con la piccola ragazza. E’ forza degli eventi, ne è trascinato. Combattuto, sbattuto, strattonato. Abbandonarsi all’amore vero o nascondersi dietro il conformismo di facciata che ha stilato i confini della sua esistenza?
Le conseguenze, del suo non decidere, della sua debolezza, sono tragiche. Amare. Brutali. Dolorose. Spietate. Disarmanti. Disarmanti come le emozioni e le sensazioni che la storia tra Timoteo e Italia, suscitano. Il lettore alterna molteplici stati d’animo nel proseguo delle vicende. Passa dalla rabbia, allo stupore, alla tenerezza, al disgusto, alla condanna, alla redenzione, al pianto, al sorriso, all’amarezza per le sorti avverse che soventemente toccano i più deboli, al dolore per la perdita, alla sensazione di colpa incipiente e straziante che biasima, che si perpetua, che mai abbandona.
Il tutto, attraverso descrizioni mai banali e mai eccessive, mediante uno stile narrativo fluido ma diretto che è in grado di bilanciare magistralmente i salti temporali continui, nonché, il mix di empatia che l’elaborato è in grado di suscitare.
E se da un lato chi legge è preda dell’ansia e dell’attesa, dall’altro, è vittima delle angosce, delle illusioni, degli esiti che una scelta, se presa o non presa, può determinare. Si immedesima, e non può farne a meno. E’ Timoteo, padre ed amante. E’ Elsa, moglie e madre. E’ Italia, semplicemente.

«Cosa vuol dire amare, figlia mia? Tu lo sai? Amare per me fu tenere il respiro di Italia nelle braccia e accorgermi che ogni altro rumore si era spento. Sono un medico, so riconoscere le pulsazioni del mio cuore, sempre, anche quando non voglio. Te lo giuro, Angela, era di Italia il cuore che batteva dentro di me»

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Non ti muovere 2015-12-11 15:22:44 katia46
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katia46 Opinione inserita da katia46    11 Dicembre, 2015
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L'attesa parla al cuore

Non ti muovere, il romanzo di Margaret Mazzantini, è una storia forte e struggente. La storia di un uomo che si confessa, a se stesso, alla figlia, alla vita.
Parlare di un romanzo del quale si è già detto tanto non è facile. Lo faccio a modo mio, con quello che il romanzo mi ha regalato.
Il romanzo, come sappiamo, si apre con un gravissimo incidente: una ragazza di quindici anni scivola sull'asfalto bagnato e cade dal motorino. Una corsa in ospedale. Lo stesso ospedale dove il padre lavora.
In quel tempo che è l'attesa, un'attesa che sembra sterile, ma si riempie di domande, di pensieri, di rimpianti, Timoteo legge dentro se stesso. Per la prima volta con assoluta sincerità. Parla alla vita, all'amore, alla figlia. Affonda, a mani nude, dentro la sua anima. Ricorda l'amore per Italia, una ragazza del Sud che ha amato tanto. Quello che è struggente, dopo il dolore per la figlia, è questo amore ai margini. Timoteo è un noto chirurgo, vive una vita ben corazzata, ma l'amore per Italia lo scardina, gli toglie la corazza. In realtà all'inizio la mente scaccia questa passione. Ma il corpo no. Il corpo la cerca. Il corpo, più della mente, sa riconoscere l'amore. La mente, i suoi filtri, sono spesso una barriera, un limite. Il corpo parla da solo, in maniera istintiva e veritiera. "Avevo faticato ad amarla, l'avevo respinta, allontanata". Forse il protagonista rimane troppo vittima di se stesso, dei suoi sensi di colpa. Ma il viaggio dentro se stesso, la sua preghiera intima e dolorosa, è commovente.
Lo stile della Mazzantini fa il resto, rende la storia toccante. Le parole sembrano sgorgare da una fonte di dolore, sono vere e pregnanti. Secche, senza traboccare. È uno stile unico quello della Mazzantini che, a mio avviso, ha il difetto di arricchire troppo. Le sue arguzie letterarie a volte sono ampollose, eccessive. Rendono l'emozione meno fluida, meno diretta. Si deve entrare nella metafora, nella parola, e poi uscirne, a volte svuotati dell'emozione. Toglierei più che aggiungere.
L'emozione, a volte, non ha bisogno di tante parole.

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Non ti muovere 2015-09-27 10:26:35 Giordana
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Giordana Opinione inserita da Giordana    27 Settembre, 2015
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Ricordarsi

Nel terzo romanzo della Mazzantini, la storia narrata ruota attorno a un incidente, da cui tutto rinasce e muore. L'incidente è quello di una ragazzina su un motore, ed è quello della vita che ti attraversa in un lampo: è la vita in stand-by di Angela ed è quella di Timoteo, un padre che si ritrova, nel proprio ospedale, a ridare vita alla figlia e nel contempo a una parte di sé di cui silenziosamente si libera, dando sfogo al dolore passato e voce ai suoi fantasmi.
Tutta la storia è un tuffo nel passato, un bagno di ricordi in cui si raccontano le debolezze di un uomo, la tentazione che sembra abbandonarlo quando si crede abbastanza forte da riuscire a non cedervi.
In questo inevitabile scorrere dei ricordi, presente e passato vengono ben scanditi e il linguaggio con cui vengono presentati eventi e colpi di scena, nello stile unico della Mazzantini, è volto ad alternare dolci carezze (dolci quanto illusorie) a veri e propri pugni nello stomaco.
"Non ti muovere" è una sorta di preghiera, un grido muto che riaffiora dal passato risuonando come un eco, una speranza che si ripresenta come un ricordo rimasto vivo e intatto nella memoria.

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Non ti muovere 2015-08-27 12:20:30 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    27 Agosto, 2015
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Una forte carica emotiva

Una strada bagnata, una corsa in motorino, un casco non allacciato, un brutto incidente. Angela lotta tra la vita e la morte, nello stesso ospedale dove Timoteo, suo padre, lavora da anni come chirurgo. E l'uomo è lì, in attesa di scoprire la sorte di sua figlia, lottando con il nefasto presente e tormentato da un passato che ritorna, che non è mai andato via. Proprio lì, al capezzale di una ragazzina che quindici anni prima, con il suo arrivo, decise il destino di molte persone, il medico si abbandona ai ricordi, raccontando a sua figlia, a noi, a se stesso, una storia struggente di passione e miseria, di dolore e gioia, di paura e lacrime. Racconta la sua folle corsa, il suo stop non rispettato, il suo casco non allacciato. Il suo veicolo, però, non era un motorino, era l'amore. Ma all'inizio non era amore, o non sembrava tale. Era caldo opprimente, era una vodka di troppo, era la musica di un jukebox. Era Italia, squallida e poco attraente, con i capelli di rafia e l'alito di topo, con vestiti dozzinali e una casa fatiscente. Era un cane cieco, era il poster di una scimmia, una telefonata senza risposta. Era violenza, carne, tradimento. Poi fu ribrezzo, pentimento, odio, ritorno. Poi divenne un piatto di pasta al pomodoro, la più buona che il dottore avesse mai mangiato. Divenne tenerezza, calore, confidenza, divenne scheletri tirati fuori dall'armadio, comprensione, complicità. Finalmente fu amore, amore vero, ma forse, infondo, lo era sempre stato. Ma Timoteo ha già Elsa, ha già una vita, una posizione. Cosa fare? La scelta non è facile e la situazione peggiora quando entrambe le donne gli comunicano di essere in dolce attesa. L'uomo resta come sospeso in un limbo, finisce per lasciarsi trascinare dagli eventi, incapace di prendere una decisione, combattuto tra l'unico vero amore della sua vita e un insormontabile conformismo di facciata. L'epilogo è tragico e, come troppo spesso avviene, sono i più deboli a farne le spese. Dolcemente cattiva, brutalmente romantica, fortemente empatica, la storia di Timoteo e Italia sprigiona un incalzante mix di emozioni che sconvolgono l'animo del lettore provocando rabbia e stupore, disgusto e tenerezza, pianto e sorrisi. Se risulta notevole la carica emotiva, non sono da meno lo stile ben curato e le descrizioni dettagliate. I continui salti temporali, poi, sono dosati alla perfezione e non spezzettano affatto la lettura, anzi la rendono serrata e interessante. Ma il meglio di sé Margaret Mazzantini lo esprime nella capacità di raccontare i sentimenti dei protagonisti e lo fa talmente bene da trasferirli allo stesso lettore che non può sottrarsi dall'immedesimarsi nei personaggi e rivivere le loro stesse emozioni, avere le stesse paure, tormentarsi con le stesse angosce e illudersi con le medesime speranze. “E quando quella mano fredda, come la pietra dov’era posata, si ferma sulla mia guancia, io so che la amo. La amo, figlia mia, come non ho mai amato nessuno. La amo come un mendicante, come un lupo, come un ramo di ortica. La amo come un taglio nel vetro. La amo perché non amo che lei, le sue ossa, il suo odore di povera.”

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Non ti muovere 2014-04-26 15:28:38 mia77
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mia77 Opinione inserita da mia77    26 Aprile, 2014
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Non ti muovere di Margaret Mazzantini

Ogni volta che leggo un romanzo di Margaret Mazzantini non mi sento solo “piena”, ma straripante: di sapere, di pensieri, di emozioni, di sentimenti, di passione. Insomma: soddisfatta, pienamente soddisfatta!
Ed ora, dopo il suo quarto romanzo, posso affermare che sia la mia scrittrice preferita (per ora non mi ha mai delusa… anzi).
Il protagonista è un padre: Timoteo (chirurgo), al capezzale della figlia, ricoverata presso l’ospedale presso cui lui lavora e in gravissime condizioni a causa di un brutto incidente occorsole mentre era in sella al suo motorino.
Angela, la figlia, è in bilico tra la vita e la morte e il padre si confessa a lei completamente, svelandole tutto di sé: anche e soprattutto il brutto, il marcio. Si spoglia delle finzioni che hanno caratterizzato gran parte della sua vita (soprattutto quella famigliare), per concedersi alla figlia e a noi nudo e crudo.
Timoteo, a mio avviso, è un uomo completamente incapace di amare chiunque in modo adulto e responsabile: non la moglie che lui considera troppo bella, troppo borghese, troppo perfetta; non la figlia che non avrebbe esitato ad abbandonare appena nata, se avesse potuto portare avanti la storia con Italia. E nemmeno Italia, che è stata solo la sua valvola di sfogo, per tutta la durata della loro “relazione”.
Timoteo, quindi, è un grande esempio di cinismo ed egoismo maschile, che io non augurerei a nessuna donna di incontrare sul proprio cammino: capace solo di amare se stesso.
Grande tenerezza ho provato per Italia: una donna onesta, modesta, ma a mio avviso molto forte, nella sua semplicità. Sicuramente troppo “femmina sottomessa”, ma sfido chiunque a non essere completamente straziata dopo una storia di violenza subita da parte del padre, quando era appena dodicenne.
Con Timoteo, la prima volta che va da lei e la prende, Italia rivive quel rapporto malsano e da quel momento in poi si accontenta delle briciole (di tempo e di sentimenti), che lui ogni volta può offrirle ( “E’ così estranea e così vicina a me…Alzo la mano per scaraventarla lontano, lei, i suoi ninnoli, la sua miseria. Invece afferro quel fiore di strass e me la tiro contro. Cerca di mordermi la mano, la sua bocca si agita nel vuoto…Poi le vado addosso con i denti. Le sbrano il mento, le labbra dure di paura… Non assiste alla mia furia. Abbassa il viso sul collo, alza un braccio vago nell’aria, e quel braccio trema…La spingo contro il muro, presto. E prima ancora di presto… lei è una marionetta slentata contro il muro…La mia saliva le cola lungo la schiena, mentre mi muovo nel suo cesto di ossa come un predatore dentro a un nido usurpato. Così faccio scempio di lei, di me, di quel pomeriggio balordo).
In questo romanzo la Mazzantini indaga sui segreti di una “normale” famiglia borghese, dove tutto sembra andare bene, mentre è un matrimonio vuoto, condizionato solo dalle convenzioni sociali (“sono rimasto un ospite fisso in casa mia”). A causa di questo, il marito cerca conforto, comprensione e considerazione tra le braccia di una donna di un ceto inferiore: brutta, insignificante e scialba (“Sai di valere solo nella foia, sai che quando mi stringo il nodo della cravatta prima di andarmene ho già schifo di tutto”). Ma almeno questa donna, al contrario della moglie, non lo giudica e non si aspetta da lui nient’altro, che il poco che lui è disposto a concederle (“ Non siamo amici, né lo saremo mai. Siamo stati amanti prima ancora di conoscerci. Ci siamo scambiati la carne forsennatamente” e ancora “Sarebbero bastate poche carezze a restituirmela, la conoscevo, si lasciava amare senza inutili prove di orgoglio”).
Timoteo è stato cresciuto da una madre borghese, costretta a vivere in un quartiere popolare, senza mai accettare questa situazione. Non permetteva nemmeno al figlio di “mischiarsi” con quella gente, che lui era costretto a spiare dal suo balcone. Già da piccolo, quindi, Timoteo deve fingere che quel mondo in basso non esista , salvo poi volervi ridiscendere da adulto, per mischiarsi a quei poveracci ( “In quelle soste euforiche e patetiche, diventavo il ragazzo temerario che avrei voluto essere e che non ero stato”).
Commovente l’immagine di Angela “salvata” dal sacrificio di Italia, che non è riuscita a salvare nessun altro (né il proprio bambino, né se stessa), ma salva la figlia di lui, ridandole una nuova vita.
Bello, bellissimo, imperdibile, come ogni romanzo di questa scrittrice!

Le frasi o le espressioni che mi sono piaciute:
“Sono un padre qualunque, un povero padre sfondato dal dolore…”;
“Avevo appena quarant’anni e già da un pezzo avevo smesso di indignarmi”;
“Il coraggio, Angela, appartiene agli amori nuovi, gli amori vecchi sono sempre un po’ vili”;
“Ricordo di aver pensato che niente può salvarci da noi stessi”;
“Dammi un cesto figlia mia, il cestino con cui andavi all’asilo. Voglio metterci dentro, come lucciole nel buio, i bagliori che hanno attraversato la mia vita”;
“La nostalgia è un sentimento molto elastico, dentro il quale puoi far transitare tutto quello che ti va”;
“…l’avrei aspettata al buio. Il buio mi nascondeva da me stesso”;
“Il corpo può amare ciò che la mente disprezza”;
“La zoppia dell’anima, quella pensavo, si sarebbe curata solo con il tempo…”;
“Ognuno di noi, Angela, sogna qualcosa che scardini il suo mondo ordinario. Lo sogni seduto sul divano, sbracato in mezzo ai benefit che la vita ti aggiunge ogni giorno”;
“Chi ti ama c’è sempre Angela, c’è prima di conoscerti, c’è prima di te”;
“Credimi, mi sono giudicato molti anni fa, seduto su quel marciapiede. Ed è stato un verdetto senza ritorno”;
“Sepolto quel brivido, quella follia, quel figlio maschio. Cazzate di padri, Angelina, di stupratori che non sanno come crescere. Punto”.

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Non ti muovere 2014-04-08 08:28:27 Cristina72
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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    08 Aprile, 2014
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"Lei c'era già.”

I personaggi di questo romanzo escono dalla pagina scritta scuotendo mente e cuore, entrano nella memoria come gente realmente incontrata e vi restano.
Non si dimentica un amore così ingombrante, improbabile, politicamente scorretto, non si dimenticano Timoteo e Italia, un chirurgo e una spiantata, raccontati dallo stile sanguigno della Mazzantini.
Sorprende la capacità della scrittrice di declinare al maschile pensieri e percezioni, ed
incanta il sapiente gioco di flashback, con il futuro che sorride pietoso all'ignaro passato invitandolo a godere dell'attimo, ricordandogli che ciò che deve accadere accadrà comunque, che al dolore non si sfugge ma neanche alle gioie impreviste.
Il primo strappo ad un'esistenza ovattata alto-borghese è uno stupro, una foia bestiale che affonda le sue radici in un buco dell'anima, trasformando brividi di disgusto in fremiti di desiderio:
“Che posso farci, sposa mia, questa sera ho voglia di infilarmi nel corpo di una donnetta, di strofinarmi addosso la sua testa di rafia”.
L'amore sboccia inaspettato sotto gli occhi stupiti del lettore, emerge dal fango di un'attrazione che sembrava sordida, rende a tratti poetica la prosa:
“La amo come un mendicante, come un lupo, come un ramo di ortica. La amo come un taglio sul vetro. La amo perché non amo che lei, le sue ossa, il suo odore di povera”.
Italia è “l'altra”, brutta, squattrinata e disillusa quanto bella e rampante è la moglie, giornalista in carriera.
Italia per Timoteo è la vita che si rivela, vita vera che spegne ogni altro rumore, che fa male e guarisce:
“Curami, curami...”.
Nella casa di lei, tugurio e rifugio, così diversa dagli ambienti ricercati a cui lui è abituato, si celebra il rito sacro e profano di una passione nascente, seguito da una quotidianità che è già condivisione:
“Ti faccio un piatto di spaghetti?”.
Gli spaghetti più buoni mai mangiati, come quella “dose” di arancini fritti e gustosi consumati in un'osteria all'insaputa della moglie. Perché sono poche le cose che restano nella vita, “giusto quattro stronzate. Ecco, tra quelle quattro stronzate, per me, c'è un piatto fondo da osteria con tre arancini dentro”.
Le emozioni del protagonista arrivano a getto continuo, crude e senza filtri, le sue lacrime ci bagnano, la sua debolezza indigna e impietosisce.
E mentre il cerchio tra passato e presente si chiude, sappiamo che tutto in qualche modo era scritto da tempo nella carne incisa da un bisturi, nel sangue che fuoriesce, nella paura di un giovane studente di Medicina:
“Lei era in quel taglio. Il sangue che temevo era il suo, così come avevo temuto il suo amore. Lei c'era già”.

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Non ti muovere 2014-04-02 09:06:28 farma70
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farma70 Opinione inserita da farma70    02 Aprile, 2014
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Povera Italia.....

.....nel senso umano del termine; leggendo questo libro molto crudo e al tempo stesso toccante, in pieno stile Mazzantini, ho provato sentimenti contrastanti per ogni personaggio presentato. In questo libro non si parla di un rapporto clandestino classico, dove l'amante è vista come l'opposto ad una moglie brutta e sciatta...no qui è l'amante ad essere di molto inferiore alla moglie...eppure la scintilla dell'amore vero scatta lo stesso....alchimia? Assurdità? Non saprei dire...credo che nella vita tutto possa accadere..e allora in quel momento non ci si deve muovere ma vivere il presente con tutto noi stessi.
Per Italia ho provato una pena infinita, per Timoteo all'inizio ho provato rabbia e sgomento che nel presieguo del libro ha lasciato spazio alla comprensione che soppravvivere ad un amore così intenso è peggiore che non morire veramente, ed infine Olga questa moglie bella e perfetta che non si accorge di nulla........impossibile nella vita reale, nel libro però ci stava bene, questa moglie insomma, neutra, non mi ha suscitato nessuna emozione sarà perchè fa la parte della comparsa per tutta la storia.......Direi, un buon libro, per una che apprezza la Mazzantini, e il suo modo molto diretto e tagliente di descrivere le situazioni. Sicuramente da mettere in biblioteca.

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Non ti muovere 2013-12-01 12:08:35 Alessi
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Opinione inserita da Alessi    01 Dicembre, 2013

Mai ho provato queste emozioni..

Ho letto vari libri della Mazzantini e ho letto vari libri in generale, ma NESSUNO mi ha preso così tanto da farmi provare emozioni fortissime come quelle della rabbia da un lato e della speranza dall'altro...
Sono una ragazza che non accetta il tradimento nè in amore nè in amicizia nè in famiglia nè in alcun altro rapporto con le persone e soprattutto non tollero l'infedeltà tra due persone che si amano! ed è proprio il tradimento nato in questo libro che mi ha riempito il cuore di odio, non tanto nei confronti di quella povera disgraziata che viveva la vita passivamente, ma nei confronti del protagonista, un uomo che come tanti non sa quello che vuole e quello che ha non lo apprezza. Per tutto il tempo che è durata questa lettura non ho fatto altro che sperare che lui si tesse accorgendo dello sbaglio che stava commettendo... come puoi sposare una donna, giurarle fedeltà, fare con lei un figlio e poi all'improvviso, attirato dalla trasgressione, dalla novità accostare i tuoi sentimenti e regalarli a una persona che in realtà nemmeno ti prende così tanto?! Perchè alla fine ammettiamolo, questa storia di tradimento come tante altre nella realtà si basa su un traditore che tradisce non per amore ma per il semplice gusto di farlo!

e' stata una lettura emozionante e ripeto che mai nessun libro mi è rimasto così impresso nella mente e nel cuore!

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