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Dostoevskij mio marito
 
Dostoevskij mio marito 2022-11-01 14:02:37 siti
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4.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
siti Opinione inserita da siti    01 Novembre, 2022
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Bel ritratto di donna

Una giovane stenografa, nata in una famiglia agiata, incontra al suo primo lavoro il già celebre scrittore, vedovo della prima moglie. Lui ha quarantacinque anni, lei è una ventenne emancipata. Corre l’anno 1866, il mese è quello di ottobre, a febbraio dell’anno successivo i due convolano a giuste nozze, rimanendo sposati per quattordici anni, fino alla morte di lui.
Lo scritto nasce per volontà della stessa Anna che continua a essere l’imprenditrice del marito come lo era stata negli ultimi anni della loro vita insieme, proponendosi come editrice prima e libraia dopo, al fine di gestire sia l’economia familiare sia la fama dello scrittore. Anna decide di pubblicare le sue memorie conservando la struttura diaristica che aveva dato loro ed è per questo, probabilmente, che lo scritto risulta a tratti disorganico ed episodico. Tralasciando i limiti di una scrittura diaristica, l’opera risulta essere un eccezionale documento di vita, sia per chi è direttamente interessato alla biografia dell’autore, sia per chi ama approfondire la conoscenza degli aspetti strettamente materiali di esistenze più o meno celebri. Troviamo infatti qui una giusta sintesi della dimensione pubblica, rappresentata dal mito dell’autore, con quella privata di una giovane ragazza diventata donna e manager del marito: duplicità che si rende certamente manifesta negli ultimi giorni di vita dello scrittore, quando fu da tutti celebrato in lunghissime esequie in cui, data l'imponenza della manifestazione e gli stretti controlli di ordine pubblico, fu addirittura negato l’accesso alla moglie e ai figli poiché in tante si erano già spacciate per la vedova dello scrittore ed Anna era l’ennesima; episodio poi risoltosi con l’evidenza dei fatti. Una dimensione umana, privata, è quella che ci viene raccontata, una dimensione che non può omettere i complessi legami familiari ai quali Dostoevskij soggiaceva per eccesso di bontà: si va dai soprusi e dai ricatti del figliastro Pavel, figlio della sua prima moglie, alle continue richieste di assistenza da parte della famiglia del fratello morto. Un parentado invadente, sopraffattore, che di malo modo accettò il nuovo matrimonio, quando il vedovo era già predestinato ad un’altra unione matrimoniale all’interno della vasta famiglia, unione tesa a incrementare il grado di assistenzialismo al quale già lo costringevano. Per Anna fu dunque molto difficile canalizzare l’amore del marito verso il nuovo nucleo familiare, il loro; non mancarono incomprensioni e difficoltà enfatizzate dalla tirannia parentale, dall’epilessia sempre più prepotente, dai contratti capestro, dai lutti che fecero perdere loro due adorati figli, financo dalla ingiustificata gelosia nei confronti della moglie, momenti critici risolti con amore e pazienza, con viaggi all’estero e con vacanze ristoratrici, in una continua tensione che li vide, mai fermi , costruire insieme il loro futuro. Il racconto non perde di vista l’aspetto puramente cronologico, cadenzato com’è di anno in anno, e ciò permette di aver ben chiara la nascita dei diversi romanzi, il clima culturale nel quale essi si inserirono, la ricezione stessa delle opere.
A lettura ultimata, rimane forse maggiormente impressa la figura di Anna rispetto a quella di F. M. , come la donna nomina il marito in tutto lo scritto, quasi a confermare il detto popolare che dietro un grande uomo c'è sempre una grande donna; a me di Dostoevskij, rimane solo l’eterna disperazione per non essere riuscito in gran parte delle opere a dedicarsi al labor limae che avrebbe reso i suoi scritti più organici e stilisticamente ineccepibili; cosa che non potè fare, soprattutto agli inizi della sua lunga carriera, perché perseguitato dal perverso meccanismo dei debiti e delle consegne e dei contratti fino a quando Anna non prese in mano la situazione, gestendola con grande lucidità. Bel ritratto di donna.

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