La chimera La chimera

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anna rosa di giovanni Opinione inserita da anna rosa di giovanni    27 Gennaio, 2021
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i tempi delle streghe non finiscono mai

LA CHIMERA, DI SEBASTIANO VASSALLI (1990). E’ il primo libro di Vassalli che leggo e mi ha conquistato fin dalle prime righe, non solo perché amo i romanzi storici “seri”, quelli scritti sulla base di una solida documentazione, ma anche perché la prosa di Vassalli è per me tra le più belle e più limpide che io conosca della letteratura italiana. Il suo periodare ha un ritmo regolare come il respiro: calmo, con le pause giuste, così da trattenere il pensiero e l’immaginazione abbastanza a lungo perché accompagnino le parole. Con questa sintassi sciolta e un lessico ricco senza essere prezioso Vassalli racconta la storia di Antonia, giovane donna che nel 1610, a 20 anni di età, fu arsa viva a Zardino, un piccolo borgo poi scomparso vicino a Novara. Di un fatto storico preciso si tratta dunque, ricostituito in tutte le sue sfaccettature grazie ad un lavoro di archivio molto attento e ad un’immaginazione che è solo del genio, la quale colma la distanza tra il documento d’archivio e la vita vissuta. L’esattezza e la vividezza della ricostituzione storica, che nulla hanno da invidiare a quelle per esempio dei romanzi di Zola, non esauriscono però la bellezza del romanzo. Personaggi e avvenimenti sono collocati nello spazio (la campagna novarese) e nella storia vera e propria (quella a cavallo tra ‘500 e ‘600) ma anche nell’ampia prospettiva di un tempo … senza tempo, in cui le cose cominciano, producono rumore e svaniscono: chimere! ombre! cose che hanno la consistenza dei sogni, per quanto grande sia stata la sofferenza di chi queste cose le visse. E’ a causa di questa prospettiva temporale talmente ampia da diventare intemporale (è un gallicismo di mia invenzione :), che fin dalle prime righe ho sentito agire la stessa suggestione, lo stesso fascino, di un altro grande romanzo storico: Memorie di Adriano, della belga Marguerite Yourcenar. Quando Vassalli e Yourcenar raccontano, si è come proiettati sul palcoscenico dell’eternità, perchè il passato ci mostra in forma stilizzata e perciò più visibile\\\\ che il presente di chi visse non è diverso dal presente di chi vive oggi, per quanto cambino i paesaggi e le forme esteriori del vivere. Scrive infatti Vassalli alla fine della Premessa, il cui sottotitolo è “Il nulla”: “ Il presente è rumore: milioni, miliardi di voci che gridano, tutte insieme in tutte le lingue e cercando di sopraffarsi l’una con l’altra, la parola “io”? Io, io, io ...Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte (con riferimento al titolo di Céline?), o in fondo al nulla; (…) Nel villaggio fantasma di Zardino, nella storia di Antonia. E così ho fatto.”
Ora, “Il nulla” è anche il sottotitolo del “Congedo”, alla fine di un romanzo che si conclude con la descrizione della grande atroce festa che si tenne in occasione del rogo in cui Antonia venne bruciata in nome di Dio: finalmente la pioggia sarebbe tornata e la morte non avrebbe rapito bambini! In nome di Dio. Ultimo capoverso del libro. “Tutto finito?” Tutto finito, sissignore. O forse no. Forse c’è ancora da rendere conto di un personaggio di questa storia, in nome del quale molte cose si si dissero e molte altre si compirono, e che in quel nulla fuori dalla mia finestra, è assente come è assente ovunque, o forse è lui stesso il nulla, chi può dirlo! E’ lui l’eco di tutto il nostro vano gridare, il vago riflesso d’una nostra immagine che molti, anche tra i viventi di quest’epoca, sentono il bisogno di proiettare là dove tutto è buio, per attenuare la paura che hanno del buio. Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto e però purtroppo non può dircele per quest’unico motivo, così futile! : che non esiste. Non meno di tutto ciò che l’uomo fa, anche Dio è una “chimera”: è la chimera con cui esorcizziamo la paura “del buio”. Cosa poi sia “il buio”, cambia certo aspetto da uomo a uomo e a seconda delle epoche: per il contadino contemporaneo di Antonia è la precarietà della vita, per il devotissimo vescovo Bascapé, discepolo di Carlo Borromeo, è il Diavolo, però insieme, contadini e preti, immolano Antonia per ristabilire il Bene. Perché proprio intorno ad Antonia si coagula la “paura del buio” in quella precisa situazione? Perché Antonia è un’orfana, è bella ed ha carattere, come si desume molto chiaramente da quanto Vassalli trascrive delle sue dichiarazioni agli inquisitori. E come si coagula l’odio intorno a lei? Do la voce a Vassalli, che lo dice molto bene: “All’inizio del ‘600 (…) le voci nascevano per intero dalle ossessioni e dai livori di chi lle metteva in circolazione e si diffondevano in un solo modo, da bocca a orecchio; ma il risultato finale non aveva poi niente da invidiare a quello di oggi, perché quelle voci passavano con grandissima rapidità da una stalla all’altra intrecciandosi con altre voci d’altre stalle, d’altri villaggi, d’altri inverni: formavano un tessuto inestricabile di menzogne e di mezze verità, un delirio verbale di tutti contro tutti che finiva sempre per sovrapporsi alla realtà, condizionandola, nascondendola, determinandone sviluppi imprevedibili; fino a diventare , esso stesso, la realtà” (p. 73, Ed. Einaudi)


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La valle delle donne lupo (Laura Pariani) in particolare, tutti i romanzi storici in generale. Personalmente mi ricorda molto la Yourcenar. Anche il film Dies irae. Romanzo stupendo.
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valfed33 Opinione inserita da valfed33    17 Aprile, 2020
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Manzoni Verga Vassalli : una storia di vinti

Letti i due terzi di questo libro pensavo che la storia si riducesse alla cronaca di quello che doveva essere un ingiusto caso di condanna per stregoneria. Ma l’autore che sorprende per lo stile duttile ed estremamente versatile adatta e dosa la propria empatia in una sorta di climax ascendente in cui per comprendere a pieno il senso della triste avventura della protagonista è necessario che il lettore si fornisca di tutta una serie di informazioni fondamentali di carattere storico sociale e politico che circondano il piccolissimo paese di Zardino . Utilizzo il verbo “circondano” perché tutta la narrazione si incentra sulle vicende degli abitanti del paesello che scorrono in modo del tutto avulso e parallelo a quelle della vita politica dell intera Italia ma anche dell’allora Ducato di Milano e di Novara che ne faceva parte. Le guerre di religione L editto di Nantes, L avvento del metodo scientifico , la Controriforma erano avvenimenti vicini vicinissimi ma A Zardino tutto ciò che succede si narra e si spiega con gli occhi della gente che ci viveva , molti eventi rimangono degli interrogativi a cui i contadini non potevano dar risposta per il semplice motivo che in alcun modo potevano o dovevano esserne coinvolti. Degli esseri viventi totalmente invisibili agli occhi della realtà e dei potenti e a cui non sarebbe toccato altro che di subire gli eventi o esserne strumenti inconsapevoli ,i fili di una trama che qualcun altro era destinato a tessere. Si tratta in fondo di un racconto di vinti , descritto in maniera più feroce del realismo verghiano dove L’ inquietudine del progresso non è vissuta con una certa consapevolezza ma rimane una attesa o un’illusione che non si palesa mai ma trascinerà i suoi destinatari a tempo debito. Non si tratta neanche di un romanzo storico di stampo Manzoniano, non c’è speranza , non c’è Provvidenza, non c’è quella giustizia divina che punisce o redime i cattivi e premia i buoni. In questa vicenda i semplici vengono stritolati nell’ingranaggio della follia dei fatti e pilotati da una sorta di malignità universale ed endemica composta di ripicche, vendette personali che si intrecciano con oscure trame politiche e d’ambizione personale, a cui la verità è e deve rimanere completamente estranea. La durezza materialistica della riflessione conclusiva dell’autore sul Nulla che apre e chiude la storia del mondo così come la storia di Zardino non mi trova concorde. Abbiamo tutti i quanti il dovere di testimoniare la verità e di garantire la democrazia e la partecipazione di tutti alla vita sociale. La storia non è solo fatto ma è anche evoluzione e maturazione dell’essere umano che ha il dovere di rivedere le proprie colpe ed i propri errori... per non ripeterli!

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Verga e Manzoni
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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    06 Febbraio, 2020
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Come un quadro di Brueghel

Questo romanzo storico, ambientato tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600, inizia in sordina, prosegue senza grandi momenti in crescendo, a volte anche con tratti molto piatti, e comunque non esplode mai. Nel complesso è comunque una lettura molto piacevole ed interessante, non tanto per la trama, quanto per l’ambientazione, intesa sia come paesaggio, che fa da sfondo agli eventi, sia come contesto storico-culturale. Azzardando un paragone, assomiglia ad un quadro di Brueghel, in cui non ti colpisce il singolo elemento, ma l’insieme. Ed osservando l’insieme, solo dopo ti incuriosisce comunque anche concentrarti sui singoli personaggi. Ci viene raccontata la vita nei paesi della bassa pianura piemontese. E la nebbia di quelle zone non impedisce all’occhio del lettore di cogliere anche i particolari.

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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    29 Gennaio, 2019
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Agnello sacrificale

La chimera, premio Strega 1990, è un romanzo storico bello e interessante, ambientato nei due decenni a cavallo tra la fine del 1500 e l’inizio del 1600 a Novara e nella campagna che da questa città si spinge a occidente fino al fiume Sesia, cioè nelle zone dove Sebastiano Vassalli, nato a Genova da padre lombardo e madre toscana, trascorse gran parte della sua vita.

A differenza di tanti romanzi storici capaci di scalare le classifiche di vendita grazie a colpi di scena e atmosfere da thriller, La chimera non cerca di impressionare il lettore con la spettacolarizzazione della Storia e mantiene costantemente uno stile distaccato e un linguaggio in cui ogni parola sembra essere accuratamente studiata e soppesata.
E’ evidente, palpabile, il minuzioso e accurato lavoro di ricerca che lo scrittore ha condotto e la passione con la quale ha riportato indietro di quattro secoli il paesaggio, l’ambiente e la società di un territorio oggi attraversato dalla linea ferroviaria dell’Alta Velocità e dalle tratte autostradali che uniscono Milano, Torino e Genova e che ai contemporanei sembra così grigio, piatto e anonimo da non riuscire ad immaginare che potesse aver avuto, in un tempo nemmeno troppo distante, una vita animata e degna di essere raccontata.

In questo romanzo ho trovato decisamente più interessante il contesto e la ricostruzione storica che la trama, in sé molto scarna: il processo per stregoneria a una giovane ragazza “esposta” (cioè abbandonata alla nascita e presa in carico da un convento) e adottata da una coppia di contadini di Zardino, un villaggio che, come dichiarò l’autore, è esistito realmente, tra gli attuali comuni di Recetto e Vicolungo (dove oggi sorge un famoso centro commerciale) e che poi scomparve, forse travolto da un’alluvione del Sesia.
Mi ha molto interessato la descrizione della società dell’epoca, con una inevitabile eco del capolavoro manzoniano, cui più volte l’autore sembra richiamarsi in una sorta di contrappunto. Ritroviamo quindi la dominazione spagnola con le sue grida inutili, emesse tanto per mostrar di far qualcosa, i signorotti locali e le loro angherie compiute sul contado, i bravi, i criminali che trovano asilo e protezione nei conventi (e che però, non toccati dalla divina provvidenza, non si redimono).

Nel romanzo di Vassalli vediamo anche il lato oscuro della Chiesa e del potere ecclesiastico, fatto di intrighi, strategie e cinica consapevolezza che il male che alberga nel cuore di ogni uomo può essere accarezzato, manipolato e utilizzato in nome di qualche santa finalità, senza troppo curarsi né delle vittime, né degli occasionali vantaggi materiali e terreni che questa spregiudicatezza può portare a un buon numero di peccatori, uomini di Chiesa inclusi, né dei vizi o delle nefandezze private alimentati in nome della difesa di qualche pubblica e sacra virtù.
Si tratta della Chiesa che manda le streghe e gli eretici al rogo senza sporcarsi le mani, infatti la condanna e l’esecuzione della pena sono compiuti dalle autorità civili, limitandosi la Santa Inquisizione a cercare con ogni mezzo (proprio con ogni mezzo) un segno di pentimento “sincero” e sufficientemente evidente da permettere di capire che l’anima e il corpo della sventurata o dello sventurato non siano ormai irrimediabilmente posseduti dal demonio.

Vassalli ci parla anche di altri protagonisti della Storia, meno noti, come i risaroli, sorta di braccianti che ogni anno scendevano dalle montagne per raccogliere il riso in condizioni di schiavitù, una piaga che stranamente, osserva, è passata sotto silenzio, o come i “camminanti”, vagabondi senza fissa dimora che rifiutavano il lavoro e vivevano di espedienti, o come i “quistoni” che nella zona di Novara era il termine usato per i falsi preti che giravano nei paesi per raccogliere elemosina, vendere indulgenze, prescrivere medicamenti e interessati consigli.

Antonia, la protagonista del romanzo, in fondo è un semplice pretesto per raccontare una delle tante vicende di oscurantismo che appartiene al nostro passato italiano, europeo, occidentale. Una storia in cui il fanatismo di pochi, l’ignoranza di molti, l’intreccio tra politica e religione e tanta corruzione a tutti i livelli della società potevano mandare a morire una ragazza innocente di vent’anni, bollandola come “la strega di Zardino”.
Il sacrificio di Antonia è stato l’esito imprescindibile di un fitto intreccio di convenienze e casualità. Le rivalità da cortile e le maldicenze messe in circolo nelle chiacchiere tra comari sono state solo la scintilla che è poi divampata in incendio per una triste combinazione di casualità e interessi personali, politici, curiali. Un ingranaggio implacabile che, una volta azionato, non ha più potuto essere fermato.

Il libro si chiude con un proclama di ateismo e con l’amara constatazione che dopo tanto affannarsi esiste solo il nulla, che inghiotte tutto e tutti, colpevoli e innocenti, vincitori e vinti. Ma questi sono altri discorsi, altre temi per infiniti altri libri.

In conclusione, il Seicento di Sebastiano Vassalli, mai rischiarato dalla luce della fede e mai coperto dal velo della pietà, è più crudo, cupo e disperato del Seicento del Manzoni e si percepisce come molto più realistico. Di Vassalli ho apprezzato moltissimo anche lo sforzo di far parlare la terra, con le sue tradizioni, le sue espressioni, i suoi umori, il suo clima, il suo paesaggio. Detto questo, non me la sento proprio di accostare le due opere. Appartengo ad una generazione per la quale quella manciata di mostri sacri che ci hanno tanto afflitto sui banchi di scuola continuano a metterci soggezione e ci obbligano a classificarli “fuori concorso” in qualsiasi successivo giudizio letterario! :-)

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siti Opinione inserita da siti    17 Febbraio, 2018
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La storia come espressione del nulla?

Come la nebbia diradandosi permette di mettere a fuoco i contorni di un paesaggio e di farlo apparire ai nostri occhi per l’oggettiva bellezza che gli è propria e che, fino a qualche minuto prima, pareva inimmaginabile, così il romanzo di Vassalli squarcia la dimenticanza e fa affiorare un vissuto particolare perso nella Storia. Il sole dirada la nebbia e restituisce la visione del Monte Rosa, la scrittura, unita all’indagine storiografica, precisa e puntuale, riporta in vita uno scorcio di primo Seicento, di cui oggi non è rimasta traccia visibile ma solo documenti scritti. Lo storico riesuma la storia , lo scrittore la romanza e la ammanta di una personale visione, dura come la constatazione dell’assoluta assenza di Dio. La storia è quella di una comunità intera, Zardino, paese della bassa novarese e con essa di Antonia, giovane esposta, adottata da una famiglia del piccolo borgo e condannata al rogo in qualità di strega. Un ventennio appena , quello contenuto fra il 1590 e 1610, per ritrarre una singola esistenza e con essa un’epoca , nel tentativo, ben chiarito dall’autore, di sopprimere il chiassoso presente echeggiante di voci individuali ed egoistiche, rumoroso e inutile, cercando una verità nella storia del passato. A lettura ultimata, il congedo però richiama ancora quel nulla della premessa in una costatazione amara e feroce : tutto è finito, non c’è verità, non c’è niente, niente; le pagine della storia, rumorose e crudeli si aprono e si chiudono con assordante disinvoltura che evolve poi nel nulla silenzioso.

L’approccio al romanzo è stato molto positivo proprio per la potenza della sua premessa che è di una bellezza nostalgica e poetica, l’avvio della vicenda interessante anche se progressivamente ha perso di interesse ai miei occhi ai quali, prepotente, si affacciava il modello manzoniano. Delusa forse dalla mancata caratterizzazione della giovane Antonia, a tratti venendo rapita dalla descrizione d’ambiente, ho attraversato fasi di interesse vivo, alternate a fasi di stanca e di piatta assoluta. Quando, infine , la vicenda particolare di Antonia si è imposta prepotente, con la narrazione del processo, della carcerazione, della condanna e del rogo, ho goduto pienamente di questa lettura.
Non dico di essere ancorata al modello provvidenziale del Manzoni nella visione della storia ma questa veduta nichilista mi ha deluso e fatto rimpiangere l’ironia manzoniana sorniona e utile ad alleggerire la finitezza del mondo e dell’uomo. Ho bisogno inoltre di proiettare, come dice Vassalli, la mia immagine e tutto il mio essere in quel buio che non posso associare al nulla.

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I Promessi sposi
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cinecris Opinione inserita da cinecris    01 Novembre, 2016
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La strega di Zardino

Per Vassalli la Storia possiede le smisurate fauci di un organismo che impersonalmente crea e distrugge se stesso con volontà impassibile e ostinata, concedendo alle comparse che siamo l’illusione di sentirsi protagoniste di trite vicende che non possono guidare.
In questa circolare danza di vita e di morte ad essere stritolati per primi sono i figli più innocenti ad opera dei più avidi e cinici, pronti a dilaniare e dilaniarsi per rimanere aggrappati ai bordi del tempo un secondo più degli altri, prima di essere annegati a loro volta nel silenzio.
Vassalli dirada le nebbia dell’alta padana novarese per fare riemergere, effimera come l’abbaglio del sole nell’acqua delle risaie, la storia vera e dimenticata di una giovane innocente che per poco fu sulla bocca di tutti come la strega di Zardino. Antonia è la vittima della macchina spietata che tiene insieme la grandi ruote della storia del Seicento, gli Spagnoli, la Controriforma, l’Inquisizione e i cardinali riformatori, ma anche i minuti ingranaggi del potente di provincia che si sente legibus solutus e l'ignoranza invidiosa del piccolo uomo, che gode della disgrazia rovinosa di una ragazza le cui uniche colpe sono la bellezza della gioventù e l’esuberante intelligenza. Una storia antica, di cui Antonia rappresenta solo una delle innumerevoli variazioni che sono state, e che saranno.
Il romanzo ha uno stile linguistico pulito, a volte secco ma mai piatto, che risente anche della parlata regionale. Felicissimo poi è l’uso dell’ampio sguardo del narratore onnisciente in cui si palesa lo scrittore stesso, riuscendo nella bella impresa di portare il lettore dentro e fuori del racconto, attraversando metaforicamente la nebbia che separa gli uomini e le donne che abitarono Zardino dalla nostra civiltà rumorosa, dove, ignari di ciò che è accaduto, distratti automobilisti inseguono i loro affanni sulla Torino-Milano. In queste efficaci emersioni nel presente le parole di Vassalli si fanno amare, venandosi di un pessimismo sciopenauriano che non s’impone al lettore ma rimane discreto contrappunto a questa storia semplice, cui fanno da sfondo le vicende di un secolo determinante per la storia italiana.

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AsiaD Opinione inserita da AsiaD    17 Marzo, 2016
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LA COLPA DELLA BELLEZZA

Una linea che percorre tutto il libro è la macchia impressa quasi una lettera scarlatta su questa prima, bimba, poi donna che si permette di essere semplicemente BELLA nonostante sia una esposta e quindi all'ultimo scalino di una ipotetica gerarchia sociale. Si permette di addirittura di "rifiutare mariti", cosa avrai mai in testa questa esposta? L'invidia legata al bigottismo soprattutto femminile del paese ci dimostra come le nemiche delle donne siano state sempre in qualunque periodo storico le donne stesse.
La religione e i suoi pazzi dogmi che arrivano a costruire storie fantastiche intorno a persone comuni che altro non sono che semplicemente se stesse magari rifiutando regole sociali imposte. L'assurdità di regole che oggi affibbiamo a religioni lontane dalle nostre terre, questo approfondito romanzo ci fa capire quanto siano appartenute alla nostra religione cristiana :
"Il vescovo..aveva dichiarato illecite le sacre del raccolto e della fertilità; aveva proibito i maggi e i balli sull'aia, le feste di nozze e i banchetti funebri; ...aveva messo al bando quell'usanza pessima e perniciosa che va sotto il nome del carnevale.." e così via. Leggendo queste pagine, ho immaginato immediatamente terre aride lontane sui monti afgani. Ma il '600, secolo che viene raccontato qui non è poi così tanto lontano come si possa pensare.
Antonia, la strega di Zardino che come racconta lo stesso autore in nota postuma è stata una sua seconda scelta come soggetto del romanzo, ma nel contempo è stata la sua fortuna. Una storia profonda ed intrigante descritta storicamente nei minimi dettagli come è giusto che un romanziere storico faccia. Nonostante l'elemento storico sia molto forte e pregnante, trovo che non togli nulla alla storia di questa ragazza tacciata di essere una strega, ma invece ci conferisca un quadro perfetto dove inserire ogni personaggio che ci viene introdotto uno alla volta in capitoli dedicati.
Un libro fitto di dati storici, termini arcaici che venivano utilizzati all'epoca che fanno capire l'immenso studio che c'è dietro un libro del genere per cui Vassalli non può che essere apprezzato, anche se a volte ammetto che mi distraevano dal filo del discorso, tanto che ho impiegato un pò di tempo per leggerlo.
Infatti consiglio sicuramente questa lettura ( e dopo aver letto prima di questo Terre Selvagge ho capito subito quanto il primo non fosse rappresentativo dell'autore) ma non per una lettura veloce e mi si passi il termine "semplice".

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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    23 Gennaio, 2014
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Verba movent, exempla trahunt

Correva il giorno 11 settembre 1611 anno del Signore ed in nome di Dio e delle sue consuetudini Antonia Renata Giuditta Spagnolini di anni ventuno venne ricondotta a Zardino dopo l'inopinabile condanna della Santa Inquisizione di Novara, e tra gli sputi e gli insulti e le maledizioni del popolo, per la liberazione in terra e la riconciliazione in cielo, destinata al rogo . 
Al rogo la strega di Zardino.
Antonia nacque dal peccato piu' sozzo, il peccato carnale. Un fagottino abbandonato sulla ruota in legno fuori dalle mura di Novara, accolto nella Casa di Carita' di San Michele dove venivano cresciute queste povere anime. I capelli rasati ed indosso una veste verde come ognuno di quegli sfortunati prigionieri, Antonia crebbe bella, con un viso di occhi neri profondi come l'universo ed un neo birichino sopra le labbra carnose. Due occhi che colpirono la Signora Francesca ed il marito che, compiuti i nove anni, la portarono nelle campagne, amandola come la figlia che insieme non ebbero mai.
Ma il Medioevo era terra feconda di superstizione ed orrore e tanta bellezza tra poverta' e risaie inquietava gli animi. Ripicche di cattivo vicinato, voci nelle stalle, una vacca resta senza latte, un albero smette di produrre frutti, il caldo ammutolisce la pioggia. Non puo' essere che opera del diavolo e della sua sposa Antonia, maledetta strega.

Moderatamente corposo e decisamente avvincente, il libro di Vassalli potrebbe sfamare gli appetiti di palati piu' esigenti così come dei piu' umili. 
In assenza di citazioni bibliografiche, chiarimenti dell'autore o riscontri su internet dei personaggi chiave, ritengo che questo romanzo storico sia basato su una vicenda di fantasia.
Cio' non toglie che se anche Zardino e Antonia  non fossero esistiti mai, la ricerca storica e sociale del Vassali sicuramente e' stata accurata, perche' egli produce una ricostruzione dettagliata del clima medioevale: geografia , usi e costumi di un'epoca. 
Lo fa come narratore esterno, citando talvolta frasi latine o testimonianze in dialetto locale, lasciandoci la sensazione di assistere ad un resoconto di una storia vera. Esplicita l'ironia del soggetto  contemporaneo che guardando indietro, con gli occhi puntati su un'epoca inquietante come quella Medioevale, riscontra risvolti grotteschi nell'assurdita' delle consuetudini di quel tempo in cui la cattiveria diventava voce, la voce testimonianza, la testimonianza denuncia. E poi l'Inquisizione dove con la tortura si induceva alla confessione anche l'anima piu' pia. 
In nome di Dio e per mano dell'uomo, ovviamente.
Buona lettura.

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Opinione inserita da Debora    15 Ottobre, 2013

LA CHIMERA - VOCE FUORI DAL CORO

Premetto, è la mia prima recensione qui.. e ho deciso di dire la mia su questo libro perché sono stata costretta a leggerlo per scuola. Ci tengo a precisarlo: sono un'appassionata lettrice, non una di quelli che leggono solo per l'insegnante di italiano, e solo se lo si deve fare per forza.
Solitamente impiego poco tempo a leggere un libro: divoro le pagine nel tragitto casa-scuola e scuola-casa in corriera e mi ritaglio solitamente un'oretta per farlo anche durante la giornata. Ma questo, che non è neanche troppo lungo, mi ha richiesto tre settimane.
Una delusione profonda. Il romanzo sembra essere incentrato più sulla corruzione della Chiesa del tempo (che è parecchio esagerata) che sul dramma della Strega di Zardino. Ogni pagina da l'impressione di essere un pretesto per denunciare abusi di ogni genere da parte del clero, rappresentato da suore adultere, preti opportunisti, fornicatori e avari e missionari assassini. Dati amplificati notevolmente. La Chiesa ha sì attraversato un periodo di forte corruzione, ma non tutti erano così, caro il mio Vassalli!
A parte questo... sinceramente l'ho trovato pesante e lento, privo di ogni attrattiva. Ho letto le ultime righe con un sospiro di sollievo, perché non mi piace lasciare libri a metà, e ho così concluso questa ardua impresa. Fortuna che me l'aveva prestato un'amica: credo proprio che se l'avessi comprato, avrebbe contribuito al riscaldamento della mia sala (quella dove c'è il camino).

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MATIK Opinione inserita da MATIK    30 Settembre, 2013
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La chimera.

"Infine uno dopo l'altro morirono: il tempo si chiuse su di loro, il nulla li riprese, è la storia del mondo."
Con questo romanzo ambientato nell'Italia dei primi del 1600, ci caliamo in una realtà difficile dove sporcizia, povertà, malattie, carestie, sono all'ordine del giorno, la gente è completamente ignorante (non conosce, non sà), il tempo dopo la giornata lavorativa nei campi lo passa nelle stalle a costruire storie, dicerie, pettegolezzi,leggende, il più delle volte infondate, le famiglie spesso per un non nulla discutono, bisticciano e portano rancore per vite intere da padre in figlio, poi a corollario di tutto c'è la Chiesa che predica che il male è in mezzo a loro, il Diavolo è dappertutto, se vogliono salvarsi devono continuamente professar fede e soprattutto offrire doni (polli, capponi, maiali ecc.) e questue in denaro.
Questo il mondo in cui è costretta a vivere Antonia, una che parte già svantaggiata perché abbandonata alla nascita, costretta a crescere con le suore, poi un giorno viene adottata da due brave persone che la portano a vivere a Zardino, un piccolo paese della bassa (vicino Novara e che ora non esiste più), lei cresce, e cresce sempre più bella creando invidie e gelosie, ogni fatto che la vedrà protagonista verrà interpretato in maniera sbagliata, e, su di lei nascono storie e dicerie, che la porteranno piano piano ad esser considerata una strega. Lei diventerà il capro espiatorio di una società retrograda, di una Chiesa corrotta che cerca potere e soldi, e pagherà colpe mai commesse morendo sul rogo.
Grande storia di Vassalli ricostruita in maniera dettagliata e minuziosa, ci fà riscoprire un tempo lontano, ormai perduto, e nonostante questo ci porta a riflettere su tanti temi, da leggere!
"Il mondo è un gomitolo di strade e seguendole trovi tutto: vita e morte, miseria e felicità, lacrime e consolazione, avventura e amore."
"Misuriamo le ore
Col suono e con l'ombra
Con la polvere e con l'onda
Perché noi stessi siamo polvere e ombra
Rumore e lacrime....e nient'altro."

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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    14 Agosto, 2013
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La chimera: l'amarezza di un sogno negato..

Romanzo controverso e che merita spunti di profonda riflessione; ce l'avevo in biblioteca e l'ho visionato solo dopo la recensione del nostro amico Danny.
Una storia di casa nostra, emblematica, ricca di spunti storici e che manifesta tutti i vizi, le debolezze e le storie non proprio edificanti della chiesa dell'epoca, del popolo.....di coloro che vissero in quei tempi, forse animati da buone intenzioni, ma che mescolavano agevolmente, senza porsi troppi problemi etici e morali, religione, superstizione...in un calderone di comportamenti non proprio edificante.
In questa storia. emersa dai secoli, in un paesino che adesso non esiste più, emerge la figura di Antonia,
una trovatella abbandonata vicino a un istituto religioso, raccolta più che altro per caso...
Antonia che alla nascita è paragonata a un mostro per la nerezza dei capelli, per gli occhi scuri.
Antonia che passa i primi anni nell'istituto religioso, si abbevera di amarezze e ingiustizie di ogni tipo, fino a che all'età di circa 10 anni viene adottata da una contadina che la affianca a i suoi figli (compiendo secondo me il primo autentico atto di cristiana pietà). Zardino era un piccolo paese, in cui il popolino retrivo e arretrato viveva e trovava il suo trastullo nello spettegolare.
Questa abitudine così apparentemente innocua, porterà nel tempo delle tragiche conseguenze.
Antonia è una ragazzina anomala: su di lei pesa il passato di "esposta" e con il tempo i suoi atti di generosità verso i più deboli vengono scambiati per stregoneria.
in un'epoca in cui la chiesa brancolava in un buio spirituale profondo, animato dalle superstizioni del popolo, in cui il male veniva visto anche negli atti più innocenti, Antonia ha vita breve.
Antonia è bella, lo è diventata e questo è un dono diabolico, la bellezza secondo i preti corrompe, la bellezza non è riconosciuta come un talento di Dio, la bellezza suscita cattivi pensieri, provoca abusi...
e a causa di questi qualcuno si sentirà in diritto di stuprare la ragazzina prima di metterla al patibolo.
L'autore ci pone queste tragedie sotto gli occhi e con la vigile presenza di Dio, quel dio che tutti proclamano come padre e nel nome del quale tanti terribili delitti sono stati commessi.
Infine c'è l'oblio, il nulla...di coloro che hanno animato questa storia non resta nulla, e della povera, sfortunata Antonia solo uno sbiadito ricordo, con il rimpianto di una vita sfumata nel fuoco, che forse in un'altra epoca avrebbe potuto svolgersi diversamente.
Consigliato.
Saluti.
Ginseng666

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Romanzi storici sulla caccia alle streghe..
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    13 Agosto, 2013
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La chimera

È un romanzo che ha il ritmo circolare delle stagioni e delle epoche, è una storia dal ritmo lento ed avvolgente che con dolcezza strappa il lettore dal contemporaneo per condurlo alla nebbia novarese della risaie, caligine che ora con dolcezza si posa sulla terra a coprire i crimini dell’umanità, ora invece scompare, trafitta dalla luce della ricerca storica, a svelare eventi che la storia tradizionale tace. È una macchina del tempo articolata in descrizioni, lunghi ed eleganti resoconti tratteggiati da una penna di straordinaria raffinatezza. Una discesa nel passato che ha le fattezze sfumate di un sogno, ma la cruda brutalità dell’essere umano, un dolce sonno cui segue un brusco risveglio. E come se non bastasse l’autore accompagna per mano il lettore, a smuoverlo dal torpore narrativo per costringerlo al confronto con l’oggi; ed ecco che cambiano i nomi, ma la sostanza, l’uomo, rimane il medesimo, con le sue paure, col suo amore, con la sua corruzione, a crear un ponte tra secoli che, ammiccando a Manzoni, ripercuote tutto il suo disincanto in una contemporaneità nichilista cui ci si arrende. Ed ecco che uscendo dal rumore del moderno, vestigia antiche e riflessi ancestrali, assurgono a paragone col presente.

La trama di per sé è banale: una giovane del ‘600, Antonia, accusata di stregoneria, va incontro ad un processo. Niente di più celebre, niente di più paradigmatico. Tuttavia la discesa verso la condanna è scandita da incontri con personaggi variopinti, bigotti, sentimentalisti, audaci, innocenti, vittime e carnefici che anzi dominano tutta la prima metà del testo. In questo dipinto sfumato, dai tratti inconsistenti, eppure chiarissimi, come un sogno, come una chimera, rivivono le colpe mai espiate di un’umanità costretta a fare i conti con se stessa: le grida inutili di manzoniana memoria, la ricerca esasperata di un capro espiatorio all’irrazionale, l’esclusione, la mentalità bigotta, la corruzione clericale si rivelano baluardi insuperati e nemici di una società in disfacimento. Non c’è speranza, non c’è Dio, anzi, se proprio il libro può apparire monotono è per un ateismo sotteso, eppure così palese, su cui continuamente Vassalli ribatte in una critica feroce per contrasto: alla pacatezza dei toni, corrisponde l’umorismo sarcastico di preti grotteschi.

È, in questo senso, una visione della Chiesa a senso unico: Vassalli, nel tentativo di criticare parte della cristianità, cade nell’errore (se così si può dire) di demonizzarla. Non è questione di credere o no credere, non è questione di fede, è costatazione del messaggio del libro, nemmeno così celato. E in quest’ottica che Vassalli sembra perdere di obiettività storica, anche se è innegabile che il fanatismo della Chiesa è un elemento costante nella storia, magari eccessivamente cristallizzato nella dimensione di aspetto dominante.

Al di là però delle varie interpretazioni, e dei dissidi che possono sorgere, è innegabilmente un romanzo di grande valore, eccessivamente descrittivo (per il sottoscritto), ma stilisticamente fluido e leggero: le lunghe descrizioni non annaspano, ma rispondono ad un respiro placido e misurato che, anche quando la trama s’infittisce, rimane sostanzialmente inalterato. Certo è che il fascino di un mondo lontano, distanza/vicinanza che la lentezza e puntigliosità della prosa non manca di far notare, conserva intatto tutto il fascino di Antonia, strega di Zardino, nella consapevolezza (almeno di Vassalli) che tutto l’Universo è mosso non da Dio, ma da un’energia invisibile che, pure intellegibile, non risparmia il saggio. È in questo pessimismo di fondo che la vicenda prende forma, nel pieno fascino del mistero dell’amore e della sofferenza, insomma, della vita, nel segno di una ricostruzione storica finissima cui sottende un altrettanto mirabile sforzo creativo: là dove lo storico lascia spazio allo scrittore, la fantasia non primeggia e anzi sembra assecondare il ritmo realistico della storia.
In definitiva un testo ambiguo, debole nella trama, chiaro nei contenuti, descrittivo ma mai pedante, di piacevole lettura, avvinghiate. Quasi un qualcosa di dolce e pastoso che, dopo essere stato inghiottito, latita a lungo nell’esofago senza colmare però lo stomaco che, suo malgrado, pur riconoscendone l’elegante bontà, reclama piaceri più immediati.

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AndCor Opinione inserita da AndCor    26 Gennaio, 2013
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La problematica del diverso

Ci troviamo nelle colline novaresi e la protagonista è un'orfanella di nome Antonia.
La trama è incentrata sull'infanzia che lei trascorre interamente in convento, finché non viene adottata da una famiglia di Zardino, paesino della Bassa Novarese, con i temi delle superstizioni popolari e delle risaie a fare da contorno più estetico che pragmatico.

L'autore insiste sin dalle prime facciate sulla bellezza della protagonista. Una bellezza che apre con prepotenza il tema del diverso, perché la ragazza non è stata e non sarà mai accettata né in convento né dagli abitanti di Zardino.
E, fra invidia, chiusura mentale o semplice vigliaccheria, le "scorribande notturne" di Antonia per incontrare il fidanzato Gasparo rappresentano l'ultima scusa perché le dicerie diventino prove schiaccianti di colpevolezza.

Antonia è una strega, si incontra di notte col Diavolo e va bruciata viva il prima possibile: viene così aperto un processo sulla base di semplici calunnie, e la ragazza subisce torture e violenze sessuali affinché confessi un reato che non ha mai commesso.
Il finale del libro è tutto incentrato su una polemica, tanto velata quanto feroce, sul bigottismo culturale del Medioevo nei confronti di chi appare diverso dai propri costumi e dai propri modi di essere.

Un bigottismo, ancora oggi, tremendamente e terribilmente presente nelle nostre società.

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Kediler Opinione inserita da Kediler    02 Ottobre, 2012
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romanzo storico

Devo dire che tra me eLa chimera non è stato amore a prima vista, anzi, per le prime 100-150 pagine è stato odio, ma era una lettura estiva delle superiori quindi dovevo lggerlo ad ogni costo. Devo dire che lentamente mi sono appassionata al libro e alla trama (che alle volte inciampa su se stessa) ed alla giovane e sfortunata Antonia. Il periodo storico è quello difficile del seicento, dove imprigionamenti e decapitazioni, roghi erano all'ordine del giorno.
Una storia drammatica ma rinforzata da personaggi interessanti infelici e divertenti allo stesso tempo.

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elvi Opinione inserita da elvi    20 Luglio, 2012
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chimera

Ho letto questo libro molto tempo fa e confesso di non ricordarlo nei minimi particolari,
quel che di sicuro ricordo è che sotto il punto di vista della trama è ottimo ma perchè diventi coinvolgente ci vuole molto ma molto tempo. Non esagero dicendo che tutta la prima metà del romanzo è troppo noioso perchè son troppi i riferimenti storici che danno poco spazio alla tyrama, annoiando spesso il lettore, o perlomeno me.. Avrei preferito che in questa parte si mischiassero meglio le due cose. Io ho dovuto continuarlo perchè mi serviva per il tema in classe altrimenti non credo l'avrei continuato dopo le prime 100 pagine.

Superato l'ostacolo iniziale invece ho scoperto la piacevolezza di questo racconto. In questa seconda parte l'autore riesce appunto a mischiare trama e riferimenti storici redendo questi ultimi appunto più piacevoli per noi lettori. Comunque sia devo ammettere di poter dire di conoscere un pochino di più il 660 grazie a questo libro.

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pirata miope Opinione inserita da pirata miope    09 Marzo, 2012
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RIESUMAZIONI

Per quale scopo disseppellire eventi remoti, si chiede Vassalli nella prefazione del suo romanzo storico. Perché per cercare la chiave del presente occorre “uscire dal rumore” e “andare in fondo alla notte”: da lì, dal passato remoto, il presente si staglia più nitido. La storia di Antonia, la “strega di Zardino” appartiene al 600’ , la si può evincere consultando gli archivi di un processo promosso dall’inquisizione contro un’adolescente vittima del pregiudizio e condannata dalla sua stessa bellezza. La lettura di quei documenti scarni ci fornisce il ritratto di una giovane contandina “dalla rabbia e dalla disperazione eroiche”, il resto è sufficiente cercarlo appunto “in fondo alla notte”: di quel mondo non esiste ormai più nulla, neppure di Zardino, il minuscolo villaggio del Novarese, rimangono più le tracce visibili. Eppure possiamo ipotizzare, studiando le fonti antiche, un ambiente dal punto di vista antropologico rimasto immutabile nei secoli: le voce nata durante l’inverno in una stalla e amplificata, la credulità dei poveri e il cinismo manipolatore dei potenti, l’astio nei confronti della diversità, l’odio prodotto dai dogmi della religione o dell’ideologia producono migliaia di vittime innocenti, scoperti solo per caso dalla curiosità dello scrittore/ ricercatore. Un barlume di coscienza riesce così a emergere nei “vinti” come il disilluso vescovo Bascapè o la stessa Antonia prima di finire sul rogo: un’"energia insensata" scuote le cose del mondo, ma comprenderlo non impedisce di esserne travolti.

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A chi è interessato alle seguenti tematiche: vincitori e vinti nella storia-il romanzo storico. Per entrambi le tematiche indispensabile il confronto con i "Promessi Sposi"
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valeg Opinione inserita da valeg    10 Novembre, 2011
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La strega di Zardino

Diciasettesimo secolo, Piemonte,Zardino,un piccolo e insignificante paesello di Montagna dominato dalla fame,dall’ignoranza,e dalla Chiesa. Antonia è una Giovane orfana,che ha combattuto le avversità della sua terra coadiuvata da una tempra salda e decisa,un dono della natura che l’ha esposta,insieme alla sua straordinaria bellezza,al più oscuro e malevolo aspetto dell’animo umano,l’invidia. Antonia è una quercia che oscura gli innumerevoli miserabili fuscelli della valle,troppo bella,troppo provocante,troppo decisa,troppo irrangiungibile ,troppo ingenua,questo segnerà il suo tragico destino,impotente come una foglia di vite al vento . Drammatico,spaventoso,spiazzante,quanto magnifico questo romanzo,terribile se si pensa che è una storia vera,approfonditamente documentata da Vassalli,ci si innamora dell’immensa purezza e dignità della protagonista,quanto si arriva ad odiare quel diabolico mostro del volgo che diventa tale quando impera l’ignoranza,e faccia riflettere chi erano gli istigatori. Vassalli è stupendo,per contenuti e per scrittura.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    09 Giugno, 2011
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La chimera

Vassalli ci accompagna in un viaggio strepitoso attraverso uno dei secoli più bui della nostra storia, il Seicento.
Il processo per stregoneria ad una povera e innocente fanciulla abitante di un piccolo villaggio della “bassa” in provincia di Novara, serve solamente per dare il "la" ad una ricostruzione storicamente documentata della vita che si svolgeva nelle valli ai piedi del Monte Rosa, zona rurale sostentata unicamente dall'agricoltura e dalle risaie.
E' proprio qua, in questo mondo di estrema miseria economica e di notevole arretratezza socio-culturale, che la Chiesa affonda ciecamente gli artigli del suo potere temporale e spirituale, con continue vessazioni e con la ricerca di una sottomissione assoluta dei fedeli ai dettami cattolici. Questi sono gli anni più cruenti dell'Inquisizione, segnati da migliaia di condanne per eresia e stregoneria, e l'autore ci racconta le tribolazioni ingiustamente subite da una condannata, con una dovizia di particolari raccapriccianti ma veritieri, mettendo a nudo una delle pagine più ignominiose della storia della chiesa.
Una splendida galleria di personaggi anima la narrazione di questo romanzo storico sui generis : da una parte uomini donne e giovani, colti nella quotidianità di una vita dura e complicata, fatta di fatiche, sacrifici e soprusi subiti, mossi talora da un animo generoso e onesto, tal altra da invidia e cattiveria; dall'altra parroci, vescovi e inquisitori assetati di potere e rapiti dal richiamo del dio danaro, talvolta vittime della loro stessa cupidigia.
Il romanzo nasce da uno scrupoloso lavoro di ricerca ottenuto studiando le fonti dell'epoca e creando un'amalgama omogenea tra avvenimenti realmente accaduti e inserzioni di pura fantasia, dando vita ad una rappresentazione corale di estremo valore storico e letterario.
Di notevole originalità stilistica, la costante presenza dell'autore tra le righe , per segnalare al lettore i numerosi raffronti con l'epoca attuale, per fare in modo che egli ne possa cogliere elementi comuni o divergenti con il tempo passato di cui si tratta.
Il linguaggio utilizzato da Vassalli è perfettamente consono alla tipologia di romanzo: un italiano quasi dal sapore antico, ricco di termini utilizzati all'epoca, capace di passare dalla narrazione di immagini estremamente dure a quella di momenti pervasi di vera poesia, tenere sensazioni e forte commozione, il tutto ammorbidito da una sottile ed elegante vena ironica.
E' un'opera che ci pone davanti agli occhi un mondo talmente buio, grottesco, sfaccettato, malvagio, che stentiamo a crederlo vero; eppure lo fu. Molto spesso le pagine di storia ufficiale non ci hanno trasmesso una conoscenza oggettiva dei fatti, dimodochè una lettura di questo tipo è utile a chi abbia la voglia di scoprire l'altro risvolto della medaglia.

Assolutamente da leggere

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Lady Libro Opinione inserita da Lady Libro    09 Aprile, 2011
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Libro unico al mondo

Un romanzo indimenticabile e bellissimo: la tragica storia di Antonia, condannata a morte per stregoneria a causa della sua "diversità" dai paesani del villaggio di Zardino, coinvolge fino all'ultimo il lettore. La storia è tutt'altro che remota: anche al giorno d'oggi un po' tutti sono vittime di pregiudizi e subiscono l'ottusità e il pregiudizio delle persone incapaci di vedere al di là del proprio naso.
Sebastiano Vassalli è proprio un bravo scrittore.

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patty81 Opinione inserita da patty81    18 Gennaio, 2011
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tra romanzo e documento storico

ho letto il libro molti anni fa, ma mi è rimasto impresso per la crudezza delle immagini che vi sono dipinte.Vassalli è un artista nel portarci dentro la storia di Antonia, contadina, orfana ,bellissima e ribelle, accusata di stregoneria per il suo essere "diversa"dalla massa di cenciosi e ottusi paesani che la marchiano come adoratrice del diavolo.La storia si dipana intorno alla vicenda di Antonia,e ci mostra tutta la brutalità di cui è capace l'essere umano attraverso vari episodi e caratterizzazioni dei personagggi secondari, i cui pensieri e bisogni sono più che mai vicini a quelli delle bestie... un libro toccante, che è anche un formidabile strumento di indagine storica.Assolutamente da leggere.

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_EmmA_ Opinione inserita da _EmmA_    16 Gennaio, 2011
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Nella mia top 10

Non posso che assegnare il punteggio pieno ad un libro come questo, che mi è letteralmente rimasto dentro. Scritto benissimo, in modo scorrevole e piacevole ma mai piatto e banale, con un'eccellente ambientazione storica e la capacità di alleggerire un po' la trama così corposa e pesante con qualche momento di leggera ironia. Devo dire che mette anche un po' d'angoscia, se si pensa alla violenza descritta e purtroppo non inventata, ma io sono un'accanita sostenitrice della teoria secondo cui la storia debba essere usata come monito, come insegnamento per il futuro, 'perchè non accada mai più', perciò libri come questo, anche se parlano di un passato che sembra ormai lontano, dovrebbero essere letti da tutti, obbligatoriamente, alla stessa stregua del buon Dante o del caro Manzoni.

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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    10 Settembre, 2008
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Il passato per conoscere il presente

Per cercare le chiavi del presente, e per capirlo, bisogna uscire dal rumore: andare in fondo alla notte, o in fondo al nulla; magari laggiù, un po’ a sinistra e un po’ oltre il secondo cavalcavia, sotto il «macigno bianco» che oggi non si vede. Nel villaggio fantasma

di Zardino, nella storia di Antonia. E così ho fatto. (dalla Premessa)



Sebastiano Vassalli è un autore che scrive del passato, grazie a un meticoloso lavoro di ricerca storica, ma che ha lo sguardo sempre rivolto al presente.

Un chiaro esempio è dato da La chimera, libro di notevole valore, forse il suo più riuscito.

E’ una storia ambientata nel ‘600, in un paese, Zardino, che non esiste più (Dalle finestre di questa casa si vede il nulla). Un fatto realmente accaduto, il processo a una presunta strega che si conclude con la sua condanna al rogo, sono solo il pretesto per un esame più approfondito di una società tanto lontana nel tempo da apparire quasi irreale, ma purtroppo vera, una composita umanità schiava dei potenti e della Chiesa, ma prima ancora prigioniera di se stessa, delle sue paure, delle sue insicurezze.

E’ un ritorno al passato per svelare caratteristiche che ritroviamo purtroppo nel presente (dal Congedo: Continuarono tutti a vivere nella gran confusione e nel frastuono di quel loro presente che a noi oggi appare così silenzioso, così morto, e che rispetto al nostro presente fu soltanto un po’ meno attrezzato per produrre rumore, e un po’ più esplicito in spietatezze…Infine, uno dopo l’altro, morirono: il tempo si chiuse su di loro, il nulla li riprese; e questa, sfrondata d’ogni romanzo, ed in gran sintesi, è la storia del mondo).

La vicenda, di per sé non rara e nemmeno eclatante, assume così una veste profetica che proietta sul mondo attuale una visione di un presente desolante, privo di valori, senza speranze, in una visione nichilista, però non tanto da scivolare nel cinismo.

Il romanzo, pur fra tante, ma necessarie, divagazioni è scritto in modo esemplare, in un italiano di rara bellezza, con descrizioni soffuse a volte di una appena accennata vena poetica, finendo con il far emergere dal nulla, dalla nebbia caliginosa dell’oblio un mondo che ignoravamo.

Resta il perché del titolo. Come mai questo richiamo all’essere mostruoso e inesistente della mitologia greca?

Le ultime righe del Congedo sono al riguardo esaustive:

“Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto e però purtroppo non può dircele per quest’unico motivo, così futile!: che non esiste.”

Ovviamente tutto è opinabile nei confronti con la fede, che supera ogni razionalità, ma in questo concetto, in questa visione atea rientra anche l’analisi di una Chiesa che, almeno in quell’epoca e relativamente alla vicenda raccontata, sembra composta da pochi fanatici veramente credenti e da molti invece tesi più a privilegiare la vita terrena, compiendo anche abusi e nefandezze. In questo contesto le figure del vescovo Bascapè, religioso fervido che vorrebbe tutti dediti anima e corpo alla fede, ma il cui credo comincia a vacillare, e il giovane don Teresio, fanatico oltre ogni misura, ma legatissimo ai beni terreni, tanto da vessare i suoi parrocchiani con continue richieste di regalie, finiscono con il diventare le due facce di una stessa medaglia: la Chiesa.

L’impressione che si ritrae è che gli uomini in abito talare finiscano con connotare in eccesso i difetti di tutti gli altri, una sorta di insoddisfazione che li divora, rendendoli al tempo stesso carnefici e vittime di se stessi.

Stranamente gli unici due personaggi che nella loro apparente semplicità emergono positivamente sono il camparo Maffiolo, dignitoso vecchio soldato che riesce perfino, senza averne conseguenza, a dire la sua all’Inquisizione, e il boia Sasso, la cui pietà impedirà alla strega di morire fra atroci dolori.

Ne consiglio vivamente la lettura.

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