Cecità Cecità

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Marghe Cri Opinione inserita da Marghe Cri    09 Marzo, 2012
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Ancora un capolavoro!

Josè Saramago: ma non ha scritto niente di banale quest'uomo?
Questa volta non è una storia semplice. Questa volta affondiamo nell'orrore dell'homo homini lupus.
A causa di una improvvisa epidemia di cecità (forse infettiva?) l'umanità affonda nell'orrore del male la cui radice conserva dentro di sé e che dilaga all'esterno senza più barriere, né quelle della morale, né quelle dell'educazione e della convenienza.
E l'orrore non è, come siamo abituati a immaginarlo, una caduta nel nero profondo, ma un morbido affondare nel bianco lattiginoso: una nebbiolina lattea che appanna la vista e priva i nostri personaggi, uno alla volta all'inizio e poi man mano in gruppi sempre più corposi, non solo della capacità di controllare il mondo intorno, ma anche e soprattutto di mantenere la propria umanità.
Se nessuno ti vede, e tu non vedi nessuno, chi ti impedirà di rubare, di uccidere, di violentare, di prevaricare? Chi potrà ergersi a giudice di chi?
Solo in pochi saranno capaci di mantenere un contatto con la propria coscienza, con il desiderio di giustizia, con l'orgoglio di definirsi uomini.
Saramago questa volta ci va giù pesante: spella vivo il lettore, sparge sale sulla carne viva, disorienta la nostra fantasia con scene di violenza morale e fisica inattese e indimenticabili interrotte, all'improvviso, da brevi momenti di umanità preservata, di tenerezza, di amore capace di sacrificio e di altruismo.
E mentre tutto accade, si scivola in una catastrofe di proporzioni incontenibili ed irrimediabili, oppressi da un tempo ed uno spazio claustrofobico e privo di speranza.
Ma poi... poi il buon Josè ha pietà del suo lettore e dei suoi personaggi e apre uno spiraglio verso il ritorno alla “normalità”. Ma quel che si è fatto, quel che si è vissuto, subìto e pensato, chi potrà cancellarlo? Come si potrà tornare alla vita di prima?
Come sempre la trama è stupefacente, ma è l'aspetto meno importante del romanzo: Saramago con le parole dilania e accarezza, traveste la realtà con scintillante fantasia e ci obbliga a pensare, a guardarci dentro.


[…]
Ecco come sono le parole, nascondono molto, si uniscono pian piano fra di loro, sembra non sappiano dove vogliono andare, e all'improvviso, per via di due o di tre, o di quattro che all'improvviso escono, parole semplici, un pronome personale, un avverbio, un verbo, un aggettivo, ecco lì che ci ritroviamo la commozione che sale irresistibilmente alla superficie della pelle e degli occhi, che incrina la compostezza dei sentimenti, a volte sono i nervi a non riuscire a reggere, sopportano molto, sopportano tutto, come se indossassero un'armatura, si dice, La moglie del medico ha i nervi d'acciaio e poi, in definitiva, la moglie del medico si scioglie in lacrime per via di un pronome personale, di un avverbio, di un verbo, di un aggettivo, mere categorie grammaticali, mere designazioni
[...]

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Josè Saramago, perchè non ci sono paragoni possibili nè per questo libro nè per il suo autore.
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p.luperini Opinione inserita da p.luperini    17 Febbraio, 2012
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LEGGERE SENZA OCCHI MA COI SENSI

La prima domanda che ti viene in mente durante la lettura di questo romanzo è: “Come sarebbe la mia vita se diventassi cieco all’improvviso?”
“Cecità” è uno di quei romanzi che dopo averlo letto ti senti svuotata perché il coinvolgimento emotivo è forte e tutti i sensi sono stimolati proprio come può succedere ad un cieco.
Saramago ha uno stile geniale e innovativo che tiene incollato il lettore pagina dopo pagina e alla fine dopo tutto diventeremo migliori?
Questo romanzo è un vero capolavoro e più il tempo passa e più lo ricordi piacevolmente.

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macchiolina Opinione inserita da macchiolina    01 Febbraio, 2012
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L'inudibile suono delle lacrime

Una città, una nazione, forse un mondo intero diventano cechi.Solo una donna continua a vedere..la donna più sola del mondo..la donna più forte del mondo.Saramago ci racconta come questa cecità diviene vista consapevole della natura umana. All'inizio un pò lenta, dopo poco la storia ci trascina con sè, in un mondo angosciante,disperato,fatto di violenza e disperazione, di orrore e di squallore, e ci fa vedere con gli occhi dell'unica vedente rimasta, che è diventata gli occhi di tutti, e quindi accoglie in se la vista di tutti gli orrori che agli altri saranno risparmiati. Bello,bello,bello. -"Un suono quasi inudibile,come può esserlo solo quello delle lacrime che scorrono lentamente fino agli angoli della bocca dove scompaiono per riconìminciare l'eterno ciclo degli inspiegabili dolori e delle gioie umane."

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Argento Opinione inserita da Argento    10 Dicembre, 2011
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Vedo, dunque sono?

Possiamo immaginare un mondo dove improvvisamente si spegne la luce? No, non lo immaginiamo e non immaginiamo nemmeno che, invece di sprofondare nel buio, tutto scompaia, come inghiottito, da un biancore accecante, lattiginoso. E diventiamo improvvisamente ciechi, inghiottiti da un mare di latte. Una cecità contagiosa, che colpisce tutti e di cui tutti hanno paura. Questa cecità sovverte gli ordini, sociali e politici, fa uscire da ognuno l’istinto di sopravvivenza, ma anche gli istinti primordiali. E tutto perde di significato, tutto tranne la vita; ma solo la nostra. Riuscire a mangiare è la necessità primaria, il resto è superfluo. E in un posto qualunque, in un momento qualunque accade che gli uomini lottino gli uni contro gli altri, dimenticando millenni di storia, di guerra, di civiltà che ci hanno portato fin qui, nella cosiddetta società civile. Saramago indaga, scruta, osserva, senza mai commentare, senza mai approfondire, tracciando i personaggi e non dandogli mai un nome, come se nessuno fosse più identificabile. Il medico, la prostituta, il ladro di auto, così vengono identificati i personaggi. Ma di ognuno viene esplorato l’intimo. E in questa nebbia che tutto avvolge vengono “alla luce” solo le debolezze e i particolari dell’anima. “Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”, queste sono le parole delle moglie del medico, l’unica che non viene colpita dalla cecità, e vive l’orribile condizione di un vedente in un mondo di ciechi, ma che per sopravvivere deve fingersi cieca e assistere, sgomenta, alla ferocia di cui tutti si rivelano capaci .
Saramago dipinge con magistrale bravura uno spaccato della società, mettendo a nudo tutte le debolezze e gli orrori di cui possiamo essere capaci, ci fa “vedere” come siamo disposti a perdere la dignità pensando che nessuno ci possa vedere, come se la cecità ci affrancasse dalla brutture che perpetriamo.
Siamo ciechi in un mondo di vedenti e, se così, come era iniziato tutto finisse, ci accorgeremmo che ”la città era ancora lì”.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    05 Dicembre, 2011
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Vedo, non vedo, vedo

Un uomo fermo a un semaforo in macchina diventa improvvisamente cieco. Ed è l'inizio di un'epidemia, che colpisce prima alcune persone che l'uomo ha incontrato da quando è diventato cieco, e così via, fino a dilagare nella città. I ciechi vivono una cecità bianca, vivono immersi in un muro bianco di latte. Lo stato li rinchiude in un manicomio, lasciandoli isolati, e loro sono costretti ad organizzarsi in una comunità, con regole proprie, fatta di un campionario umano variegato. Colpiscono i modi con cui i ciechi cercano di soddisfare i loro istinti primitivi, colpiscono l'indifferenza, la cattiveria, la violenza. Viene calpestata la dignità umana, vengono lesi i diritti fondamentali, ma i ciechi buoni, restando uniti, riusciranno a sopravvivere. Non hanno alcun nome i protagonisti, sono di volta in volta chiamati con le loro caratteristiche; impari a riconoscere le loro voci, anche se stai solo leggendo, perchè la voce è la vista di chi non vede. Particolarissimo è lo stile di Saramago, che mescola il racconto ai dialoghi in un unico flusso, un mare bianco, in cui anche la punteggiatura è usata in modo anomalo.

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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    17 Novembre, 2011
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Incantati, ci inchiniamo.

DALLA COOPERAZIONE DI : c.u.b. e Lucabettin.
UN ROMANZO LETTO A QUATTRO OCCHI .
UN ROMANZO RECENSITO A QUATTRO MANI.

Ci inchiniamo di fronte a questo romanzo, ci inchiniamo di fronte a questo autore.

IO credo che ci siano autori, io credo che ci siano romanzi assolutamente esclusivi.
Ovviamente possono piacere o meno, ma il marchio di esclusività spetta loro di diritto.
Con questo intendo dire che si tratta di un romanzo veramente singolare, sia per il contenuto che per la tecnica utilizzata.
Non c'e' autore, non c'e' romanzo accostabile a Cecita'.
E' unico, Punto.
Cos'e' Cecita'? Un vortice che ti assale.
//Una cassaforte che contiene un tesoro preziosissimo. Prima provi a forzarla, poi capisci che l’unica strada percorribile è scoprire la combinazione. Ci vuole pazienza. All’inizio è un pugno, forte, nello stomaco. Le prime pagine vai quasi in apnea, poi poco alla volta trovi il ritmo. E respiri. Dov’è la chiave? Non esiste? E’ Lontano? E’ Nascosta? No, è lì. Propiro lì dentro. Dopo qualche pagina ci arrivi. Lo apri.\\
Lo apri, guardi le prime pagine, Che diavolo è ti chiedi ?
Osservi meglio, Che punteggiatura usa quest'uomo ? Non sara' facile leggerlo...
Poi lo inizi, le prime righe, le prime pagine.
Sotto di te l'oceano : blu , scuro , Cecita'.
Ti tuffi.
E puo' succedere di tutto.
Non trovi sintonia, e' troppo profondo, troppe correnti, poca visibilita' , non trovi la chiave di lettura , ti senti soffocare ...
Chiudilo e' solo un libro.
Ma se riesci a integrarti, ad individuare la linea d'onda, quel muro d'acqua che pareva schiacciarti all'inizio diventa tiepido, leggero, un abbraccio. //Una Carezza.\\
La metamorfosi e' iniziata. //Sei definitivamente dentro.\\
Dietro le orecchie le branchie , puoi restare in apnea, Vuoi restare in apnea.
Saramago ti ha trascinato in un mondo dove nulla e' lasciato al caso.
Ogni frase un anello, ogni anello segue un altro anello , una catena perfetta.
Fluidita'. //Ritmo.\\
Usa una punteggiatura pazzesca, che sembrerebbe ostile a chiunque di primo acchito ed invece altro non e' che un'incredibile Fluidita'. //Ritmo.\\
Nessun nome proprio, le persone sono chiamate servendosi di caratteristiche, di ruoli: il primo cieco , la ragazza con gli occhiali neri,...E le ripetizioni invece di appensantire danno un'inspiegabile chiarezza.
Non perdi mai il filo. Non devi mai rileggere. //MAI.
Cominci a capire, non perché ragioni ma perché adesso fai parte. Stile e contenuti sono un’unica entità. Sono due metà inutilizzabili singolarmente, quando danzano assieme sono la combinazione per aprire la cassaforte. Se li separi la musica si ferma, tutto evapora velocemente.
Senza luogo definito, senza nomi propri, senza spazi nelle pagine, con pochissimi punti a concludere le frasi. Qual’è il risultato? Un’armonia senza inizio e senza fine.\\
E poi inizia...
Un luogo senza nome e senza tempo, persone, una vita normale, come la nostra.
Un cieco.Il primo cieco. Un uomo perde la vista, di colpo , senza sintomi.
La cecita' bianca incombe.
E con la cecita' i lati oscuri dell'uomo emergono, pagina per pagina un tumulto di sensazioni, piu' si procede piu' la bestialita' aumenta e Saramago la rivela pacatamente , tenedoti per mano, quasi a rendere normale cio' che normale non dovrebbe essere. L'onda anomala e' iniziata, sei trascinato dalle particelle dell'acqua, vuoi farti trasportare sapere cosa succedera' se tutto questo avra' un fondo oppure il delirio non ha fine.
Splendida la figura della donna tracciata dall'autore.
//E’ la purezza. E’ la forza. E’ la speranza. E’ l’amore senza condizioni. E’ la piccola e caparbia parte di noi che ci fa credere che si può sempre ripartire.\\
Porta un messaggio intenso, ogni donna un'immagine di forza e grazia insieme.
In loro la Passione, l'Amore, la Fedelta', il Perdono, la Carita', la Redenzione, la Soliderieta', il Sacrificio.


“L'unico miracolo che possiamo fare sarà quello di continuare a vivere, disse la moglie, difendere la fragilità della vita giorno per giorno, come se fosse lei la cieca, e non sapesse dove andare, e forse è proprio così, forse la vita non lo sa davvero, si è abbandonata nelle nostre mani dopo averci reso intelligenti, e noi l'abbiamo portata a questo..."

//Mentre leggi ti chiedi che cos’è questo libro. Piano piano, capisci. Quando chiudi l’ultima pagina hai la certezza della risposta.
SIAMO NOI.\\


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toffoli Opinione inserita da toffoli    24 Ottobre, 2011
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Angosciante

Una lettura angosciante. La cruda realtà di una vita assurda. Un mondo di ciechi merita di sopravvivere? O dovrebbe lasciarsi estingure? Spegnersi e morire? La storia è semplice: un'epidemia di cecità colpisce la società civile. Segue un'epidemia di inciviltà. Saramago lascia una tenue speranza, che veste le sembianze di una donna che continua a vedere, che si danna l'anima ed il corpo per aiutare. Aiutare soprattutto il proprio "branco", perchè di più è impossibile.
La cecità colpisce tutti, indistintamente. Non se ne conoscono le cause, e per questo mette paura. Il terrore di ciò che non si comprende porta a galla le debolezze nascoste dell'uomo. L'egoismo prende il sopravvento e la società perde ogni parvenza di umanità. Le libertà vengono soppresse. Le persone diventano bestie da sacrificare per il bene comune. Ma la mera sopravvivenza a scapito delle interazioni sociali, delle libertà, è, questa, bene comune? E' bene?
L'uomo regredisce ad animale il cui unico scopo è la pura sopravvivenza, trovare cibo, espellere impurità, soddisfare appetiti sessuali. Quale sarebbe la mia risposta in questo mondo? Anch'io preda dei più elementari e terribili istinti animali?
Tante domande mi sono posto leggendo queste pagine.
Leggetelo. L'unica difficoltà è lo stile, senza punteggiatura, un fiume in piena di parole che mi travolge e fatico a contenere. Ma questo è un mio limite.

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alan smithee Opinione inserita da alan smithee    14 Settembre, 2011
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Il mal bianco

Nel bel mezzo del traffico cittadino di una imprecisata citta’ di uno stato non menzionato, nel presente o in un immediato futuro, un cittadino comincia improvvisamente ad accusare problemi seri alla vista.
Dice di vedere tutto bianco, rivolto disperato ai primi soccorritori. E’ l’inizio di una apocalittica epidemia, soprannominata “il mal bianco”, in quanto, a differenza della cecita’ comune, che immerge nelle tenebre coloro che ne sono afflitti, questa volta invece la malattia, che ha anche una repentina propagazione virale, avvolge i malcapitati in una patina bianca lattiginosa che li rende completamente ciechi.
I primi episodi vengono isolati in un ex manicomio fatiscente, dove vengono accolti da un lato i ciechi, dall’altro i possibili contagiati. Il panico si diffonde presto, la polizia innalza un regime marziale ricorrendo alla forza ogni qual volta si renda necessario.
Il romanzo si sviluppa attraverso le vicende e testimonianze di un gruppo di otto/nove malcapitati, tra i primi ad essere contagiati, e ne segue i drammatici sviluppi di fronte ad una societa’ che crolla su se stessa, e che, nonostante il dilagare della malattia, non rinuncia alla sopraffazione da parte dei piu’ violenti, ai danni dei piu’ deboli.
Saramago, con la sua scrittura tutta particolare, che prevede dialoghi strutturati senza interlinee e come se in realta’ le frasi pronunciate dai protagonisti venissero riferite da un terzo narratore che le riporta alla lettera, dà vita ad un romanzo – tra i suoi piu’ famosi – realmente angosciante: l’agonia di una razza umana che forse merita la fine alla quale e’ destinata, ma che non smette di lottare nonostante le mostruosita’ che la paura umana crea in ognuno di noi non appena perdiamo la percezione di cio’ che ci sta accanto.
Siamo dalle parti del Mc Carthy di La strada, salvo indulgere in questa notevole opera di Saramago ad un lieto fine, seppur piuttosto amaro; ma qui la catastrofe che incombe e’ ancor di piu’ una punizione divina in quanto l’uomo, almeno apparentemente, ne e’ solo vittima e non la causa.
Guidati dall’unica donna che si conosca risultata indenne all’epidemia, il gruppo dei protagonisti parte avantaggiato rispetto agli altri che brancolano nel biancore accecante, ma sara’ ancor piu’ di questo la capacita’ di aggregazione a permettergli di sopravvivere alla brutalita’ di un mondo tornato alle regole dell’istinto e della sopravvivenza animale.
Verso la fine, quando la situazione pare in miglioramento, la conclusione drammatica (ancor piu' moralmente che fisicamente) a cui giungera' uno dei protagonisti (l'oculista, marito dell'unica vedente) sara' che "secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono".
L’anno scorso il bravo regista brasiliano Fernando Mereilles (quello di City of God e di The Costant Gardner) ha trasposto piuttosto fedelmente sul grande schermo questo interessante romanzo, ambientandolo negli Stati Uniti, con un cast eccellente che annovera fra gli altri Julianne Moore, Marc Ruffalo e Gael Garcia Bernal fra i protagonisti. Tutto cio’ non e’ bastato affiche’ la miope organizzazione distributiva italiana procedesse alla regolare fruizione cinematografica, relegando il film ad una frettolosa uscita in dvd. Ne consiglio pertanto un recupero sotto tale formato per coloro che hanno apprezzato l’opera del grande scrittore portoghese.

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talullah Opinione inserita da talullah    06 Settembre, 2011
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però che angoscia!

E' stato scritto da un premio Nobel, deve essere un bel libro, per forza, mi son detta quando ho preso in mano "Cecità" per la prima volta e senza dubbio lo è perchè è geniale l'uso della metafora della cecità per descrivere una società bestiale e feroce in cui quel che conta è sopravvivere, con qualsiasi mezzo. Devo tuttavia confessare che la lettura di questo romanzo è stata tutt'altro che semplice, chissà, forse, era proprio nelle intenzioni dell'autore farne un romanzo duro, per molti versi ostico a leggersi, un romanzo che lasciasse il lettore perplesso di fronte a così tanta crudeltà ingiustificata ma non è solo questo, non è solo una questione di contenuto, voglio dire, mettere insieme atrocità di ogni tipo, violenza gratuita, facili sensazionalismi sarebbe stato troppo semplice e forse troppo banale anche, qui è invece la forma, è il modo in cui il racconto è scritto a dare corpo alla violenza di questo romanzo più che il contenuto, Saramago ha voluto essere crudele persino nei confronti del "povero" lettore. La sua è una scrittura che ti toglie il respiro, che ti porta a leggere senza tregua perchè manca la punteggiatura, perchè il romanzo è un dialogo continuo, perchè non esiste una figura guida che ti giustifichi ciò che sta accadendo e ti liberi dal senso di claustrofobia che ti assale fin dalle prime righe, e allora ti ritrovi a leggere così, come se fosse una cosa inevitabile , automatica, oserei dire neppure per passione o per particolare coinvolgimento emotivo ma per sfinimento, per dire "l'ho finito".

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ahab Opinione inserita da ahab    29 Luglio, 2011
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Cecità

Il titolo e alcuni passaggi del romanzo rendono la metafora narrata da José Saramago di un’evidenza disarmante. Forse sotto questo aspetto Cecità è un libro estremamente accessibile per chiunque. La trama, del resto, per quanto assurda, ha una sua logica che afferra il lettore dalla prima pagina e lo trascina fino all’ultima, in un crescendo di tensione e di piacevolezza per una lettura che raramente capita di avere tra le mani (sempre che per una storia così tremenda e dura “piacevolezza” sia il termine più adatto).
Nel romanzo la cecità è una malattia contagiosa che affligge pian piano l’intera umanità. Viene meno tutto, dignità, rispetto, regole, facendo diventare l’anarchia l’unica forma possibile di vita. I primi colpiti dalla cecità vengono rinchiusi in un ex manicomio. La loro malattia li porterà a vivere come bestie, in un mondo confinato in cui crudeltà, brutalità e ferocia sono le uniche possibili sfaccettature concesse. Ci saranno lotte con bande di ciechi malvagi, anche loro internati, ma non mancheranno momenti in cui si risveglieranno sentimenti veri e piccoli gesti di umanità.

La sintesi è estrema, ma… C’è qualcosa che non quadra. Troppo elementare la metafora, dicevo, come se lo scrittore con questo trucco della semplicità ti facesse scivolare in altro.
In cosa? Non saprei, posso solo dire ciò che ho provato io.
In altro… Be’, la prima cosa che mi ha colpito è stato l’aspetto esteriore, grafico delle pagine (come ha notato Crisk poco qui sotto). Non ci sono dialoghi messi in evidenza con segni di rimando a capo. Strana scelta, questa di Saramago, perché di dialoghi, invece, ce ne sono parecchi. Crisk ha definito “l’intonazione della lettura” difficile. E allora mi chiedo se non sia stato proprio questo l’intento dello scrittore, effetto puramente esteriore delle pagine, con l'obiettivo di sottrarre leggerezza agli occhi e rendere tutto, anche la lettura, difficilmente sopportabile.
Ma la lettura scorre.

Non si sa dove si è, non vengono nominati luoghi, né nomi di persone (il medico, la moglie del medico, la ragazza con gli occhiali scuri, il vecchio con la benda nera, ecc.). Che lingua parlino, e in quale luogo si trovino i personaggi non è dato a sapersi. Anche qui, ci si sente indotti a chiedersi Dove siamo? E allora, magari, si scopre che il territorio raccontato non è, ovviamente, reale, né immaginario, ma un “non luogo”, un territorio della coscienza, se non proprio dell’anima.
Difficile, però, parlare di anima per Saramago, lontano com’è stato, per tutta la sua vita, dalla Chiesa e da ogni fede (l’Osservatore Romano in un articolo pubblicato il giorno dopo la sua morte, per le parole usate “contro” Saramago sembrò tirare un sospiro di sollievo per la sua morte: che incredibile cecità!)
Ma la cecità dei personaggi, appunto, non è quella che si può pensare – buia, nera –, ma bianca. È possibile, allora, che ci possa essere una qualche attinenza tra questa luce data alla cecità e il destino di coloro che si abbandono a una fede senza se e senza ma. Una fede che acceca.

Mano a mano che si va avanti nella lettura ci si interroga per capire verso che cosa siamo ciechi e a causa di cosa ci ammaliamo di cecità. In questo il romanzo è grandioso: non dà indicazioni esplicite (così come nella metafora dell’intero libro), non offre punti di riferimento. In cambio, però, disegna un’infinità di gesti e sottolinea con cruda delicatezza così tante riflessioni che il lettore è portato a rallentare la lettura fino a fermarsi, per poi inevitabilmente chiedersi “Fino a che punto sono cieco anch’io?”

Ma che speranza dare a questa umanità non più capace di vedere? Cosa o chi può salvarla?
La speranza, per Saramago, è come il genere del sostantivo, femminile. Sarà una donna, l’unica finta cieca, ad aiutare ognuno, come infermiera di un inferno; sarà la stessa donna ad essere in grado di guidare ovunque i sopravvissuti; sarà una ragazza “facile” a fare da mamma per un ragazzo e, nello stesso tempo, a concedere minuti di piacere a chi è sul baratro della solitudine. Saranno tutte le donne a salvare gli uomini da una banda di malvagi, prima col loro sesso e poi con la loro astuzia.
Amore, maternità, aiuto, sesso, astuzia, tutte qualità che Saramago riserva unicamente alla donna, che reggerà come un peso, ma soprattutto come doni per una possibile redenzione umana, senz’altro non divina.

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La strada, Cormac McCarthy (non per lo stile ma per l'atmosfera)
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R๏гy.o° Opinione inserita da R๏гy.o°    17 Luglio, 2011
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Claustrofobia allo stato puro

"In realtà deve ancora nascere il primo essere umano sprovvisto di quella seconda pelle che chiamiamo egoismo, ben più dura dell’altra, che per qualsiasi cosa sanguina."

Se dovessi trovare un unico aggettivo per poter definire questo libro sicuramente avrei problemi. A voi la scelta tra agghiacciante, terrorizzante, profetico, claustrofobico.
La storia è originalissima: una mattina un uomo fermo con la propria auto al semaforo diventa improvvisamente cieco. Questo sarà il destino della maggior parte della popolazione. Una bellissima metafora della vita, come Saramago ci spiega attraverso le parole dell'indiscussa protagonista, la moglie del medico: "Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono."
Ma questa cecità è strana, diversa dal solito: non è nera, è bianca. E rende i nuovi ciechi più spaventati del normale. Non troveremo una cura al male, non stabiliremo perchè si diffonde questa malattia, ma attraverso questo capolavoro entreremo nell'animo umano. Senza formalismi e apparennze, ci scordiamo del colore della pelle, della marca dell'abito, persino dei nomi dei singoli personaggi. Ognuno, da cieco, deve lottare per la sopravvivenza in un mondo di ciechi:"Ci sono molti modi di diventare un animale, questo è solo il primo".
Ed è proprio ciò che si nota in ogni singola pagina: la legge della natura, la lotta e la sopraffazione tra gli uomini non è mai sparita; probabilmente si è manifestata in contesti differenti e in versioni meno accentuate, ma è sempre esistita. Ed è bastato un piccolo/grande avvenimento, come quello della cecità universale appunto, per farlo riemergere. Più potente e distruttivo di prima.

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fabiomic75 Opinione inserita da fabiomic75    01 Giugno, 2011
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Cecità di Saramago

Libro particolarmente toccante. Cosa è capace di fare l'essere umano quando non è "osservato"? Fino a dove può spingersi la crudeltà se le regole decadono? In situazioni di estrema difficoltà saremmo in grado di mantenere il nostro senso civico o saremmo disposti a tutto pur di migliorare la nostra condizione? Saramago ha le idee chiare in proposito: l'essere umano, soprattutto se in branco, è capace delle peggiori nefandezze, di umiliare, di cancellare totalmente l'amore per il prossimo. La trama: a causa di un'epidemia di cecità il mondo entra in un periodo di totale anarchia, dove solo la volontà degli individui e la loro capacità di riorganizzarsi socialmente può evitare che le cose degenerino. Inizialmente le persone affette dalla malattia vengono messe in quarantena e trattate come bestie; all'interno della comunità invece a farla da padrone è la violenza. Le cose vanno via via peggiorando fino a quando gli internati si accorgono che non sono più controllati perchè anche all'esterno è scoppiata l'epidemia. Il mondo che ritrovano è paradossalmente peggiore della struttura in cui erano costretti a vivere, le persone vagano di casa in casa in cerca di cibo, le strade sono piene di sporcizia, di cadaveri, di carcasse. Personalmente ho trovato il finale molto commovente e poetico. Lo stile di Saramago rende perfettamente le atmosfere che avvolgono la storia, il suo modo di rappresentare i dialoghi, senza discorsi diretti nè punteggiatura è senz'altro difficile da seguire ma quanto mai originale. Consigliato.

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crisk Opinione inserita da crisk    23 Aprile, 2011
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ciechi nel mondo

Cecità è un romanzo a sfondo sociale, di uno scrittore premio Nobel per la letteratura pubblicato nel 95’ . In una città anonima un automobilista fermo ad un semaforo diventa improvvisamente cieco la sua è una cecità bianca, si sente immerso in un mare di latte, a soccorrerlo è un altro uomo che lo riaccompagna a casa. L’automobilista racconta l’accaduto alla moglie e decidono insieme di recarsi da un oculista. Giunti all’ambulatorio ci sono già molti pazienti, un bambino strabico con la madre, una ragazza con gli occhiali scuri che soffre di congiuntivite, un vecchio con una benda nera, ma vista l’urgenza l’assistente del medico da loro la precedenza. Il medico si rende conto dalla visita che questa cecità improvvisa non ha spiegazioni, rientrato a casa comincia a studiare il caso, e proprio durante la lettura diventa cieco. Ben presto l’epidemia si diffonde in tutta la città per cui il governo decide di mettere in quarantena tutti i contagiati in un ex manicomio. All’ interno del quale accadono gli episodi più strazianti la fame, la violenza, la morte, una guerra di tutti contro tutti per la sopravvivenza. Solo la moglie del medico non viene colpita da questa strana cecità, e sarà spettatrice della catastrofe di questa epidemia. Lo scrittore utilizza uno stile che prevede l’assenza di nomi, infatti sia l’ambientazione che i protagonisti sono anonimi vengono identificati con qualche particolare che li personalizza come” il vecchio con la benda nera”, inoltre i dialoghi non vengono anticipati dalla punteggiatura ma solo separati da una virgola rendendo un po’ difficile l’intonazione della lettura. Il tema principale del romanzo è quello dell’indifferenza tra gli uomini, una riflessione sulla società, sul potere politico. Spinge a meditare sulla natura umana, dove l’uomo libero da qualsiasi legame sociale, politico, e umano invece di riorganizzarsi creando una società idillica cade nella regressione e nella brutalità facendo prevalere la legge del più forte. Un romanzo sulla natura umana, un po’ pessimistico ma che fa riflettere. Non di facile lettura ma che ricompensa ampiamente gli sforzi.

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Dadda Opinione inserita da Dadda    07 Aprile, 2011
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l'inferno d'ora in poi lo immaginerò così

Questo libro descrive l'inferno. Un'epidemia, in una città senza nome, in una nazione senza nome, colpisce persone senza nome, e questo perchè quando l'umanità tocca il fondo la reazione di fronte al male si scinde da usanze e tradizioni. Saramago spoglia l'essere umano di ogni orpello e lo ripone sul medesimo piano di tutte le altre specie animali. Le donne si salvano,e seppur violate sia nel corpo che nello spirito, mantengono pressochè inalterata la loro dignità.
Un romanzo che, seppur appassionante, non lo si può divorare..l'orrore espresso tra le sue pagine non lo si può digerire troppo in fretta..

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orso Opinione inserita da orso    11 Marzo, 2011
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Cecità

”Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono”.

CECITA’ di Saramago è un romanzo che fà profondamente riflettere non lascia spazio alla distrazione.
Questo romanzo è una triste ma al tempo stesso una fantastica metafora sul genere umano; sorvolando sulla trama la cecità che viene descritta non è solo quella fisica, che può giustamente invalidare i personaggi, ma è bensì una cecità intellettiva, dell’anima , della coscienza del genere umano; una cecità che prende il sopravvento quando le regole del vivere civile saltano completamente e l’uomo diventa preda degli eventi.
L’autore racconta in modo molto crudo e reale la cecità degl’esseri umani che di umano ormai hanno ben poco ed inoltrandosi nella lettura ci viene da chiedere se esiste ancora l’uomo moderno, evoluto, capace di grandi opere e di fantastici pensieri; forse quest’uomo non è mai esistito è solo una chimera.
Saramago in modo semplicemente brillante ci racconta di un genere umano che per quanto vario, svariato e variegato dinanzi a situazioni di estremo panico e di profondo stress perde tutti i suoi punti di riferimento morali ed etici e non esita ha commettere le azioni più turpi pur di sopravvivere; ed in fondo leggendo tutto questo non restiamo affatto sorpresi, non ci sembra affatto incredibile che possa accadere.
Il finale è intuibile, ma non è scontato, dove la speranza viene dalle donne che soffrono e sanno sacrificarsi per la salvezza degl’altri; mentre l’umanità seguendo un giusto ed etico pensiero riacquista “la vista” ma anche la fiducia e la ragione.

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silvia t Opinione inserita da silvia t    11 Marzo, 2011
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Cecità

Se il candore abbagliante all'improvviso avvolgesse tutto il nostro campo visivo la prima cosa che verrebbe in mente sarebbe di aver guardato troppo a lungo il sole o una fonte di luce, ma se questo non avesse alcuna voglia di lasciare il posto a qualche colore o anche ad un po' d'ombra ecco che comincerebbe a farsi strada attraverso ataviche strade lastricate di paura, l'idea di non poter mai più vedere il mondo.
Questo ciò che accade ad un anonimo uomo, fermo nella sua auto, fermo di fronte al semaforo rosso ad aspettare il proprio turno; la luce verde non si accenderà mai per lui, ma sarà coperta da una asfissiante luce bianca.
Inizia così "Cecità"; un singolo individuo cade nel baratro della paura, della paura di dover dipendere da qualcuno, di non essere più autosufficiente, ma la sua solitudine durerà poco, pochissimo, di lì a breve l'intera città, l'intero paese sarà immerso in un universo lattiginoso e sul fondo di quel baratro si troverà a dover vivere.
Interessante da analizzare oltre alla trama, claustrofobica e angosciante al punto giusto, è la capacità di Saramago di legare i protagonisti uno ad uno attraverso il susseguirsi del contagio, perchè, sì, la cecità è contagiosa.
La storia è raccontata dal punto di vista di un medico oculista e di coloro che sono stati contagiati nel suo ambulatorio e della di lui moglie.
Se l'originale spunto e la tecnica narrativa non necessitano di commenti, la trama a mio personale avviso ha dei momenti di estremo realismo mischiati ad altri in cui l'estremizzazione risulta molto evidente e inutile, paradigmatico risulta essere la lunga narrazione all'interno del luogo di quarantena della fazione formata da ciechi cattivi.
Ciò che più risalta è il sottolineare ciò che dà il via alla discesa verso l'abisso: la paura; la paura dell'ignoto, la paura di essere contagiato, alla fine è Lei la grande protagonsta della storia.
I personaggi sono senza dubbio ben caratterizzati, ma di sicuro uno è quello che più spicca per completezza: la ragazza dagli occhiali scuri; il suo è un viaggio nel purgatorio, una catarsi liberatoria che la fa rinascere a nuova vita.
Il suo personale percorso è quello che più degli altri è intriso di significato e di importanza.
Difficile poter analizzare il libro senza svelare troppo della trama, ma crudele sarebbe togliere il gusto della lettura, per cui mi sento di consigliare la lettura di questo particolarissimo libro che regala tanti spunti di driflessione e delle ore di introspezione.

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Elizabeth Opinione inserita da Elizabeth    10 Gennaio, 2011
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Stupefacente!

L'insegnante di italiano l'anno scorso ha assegnato da leggere questo libro. Devo dire che è stato il migliore lungo il corso di tutta la terza liceo. Ogni parola ha un significato che va oltre il letterario. Nel romanzo ti trovi davanti ad un mondo apparentemente irreale, che ti sembra distante dal tuo. Ma in realtà ci sei dentro fino in fondo perchè anche tu non vedi. " Se puoi vedere guarda, se puoi guardare osserva". Complimenti a Saramago, un libro che mi ha fatto sognare!

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eleonora. Opinione inserita da eleonora.    26 Novembre, 2010
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Cecità

Mi sono presa del tempo per leggero questo libro, ho come cercato il momento giusto per leggerlo. Non bisogna arrendersi se intraprendendo la lettura accade di accantonarla subito dopo, perchè poi quando la si riprende la si affronta con un'intensità e con un'attenzione indispensabili.
Saramago con il suo stile inconfondibile ci porta dentro ad una società che improvvisamente si trova ad essere cieca...o che cieca lo è sempre stata!
" ..ciechi che vedono, ciechi che, pur vedendo, non vedono."
L'isolamento iniziale di un gruppo di persone che divenuto cieco improvvisamente, viene confinato all'interno di un manicomio per non "contagiare" il resto dell'umanità. Il dramma di perdere la vista, l'angoscia di non poter più vivere come prima, di non essere autosufficienti, di sentirsi sempre più animali, un dramma che diventa riga dopo riga il dramma di tutto il popolo. Una società cieca, persa, senza più regole e schemi, che cerca di riorganizzarsi nel dramma per sopravvivere. Quello che emerge è una società che lascia poco spazio alla solidarietà verso il prossimo, ma evidenzia l'egoismo, la sopraffazione verso il più debole, il disfacimento di valori che porta in qualche modo alla primordialità. E' come se Saramago volesse portare all'eccesso i meccanismi della nostra società, attraverso la catastrofe della cecità. La cecità come pretesto per raccontare il marcio di persone che cercano solo di sopravvivere senza costruire realmente, perchè si trovano ad essere senza forze, senza speranza per il futuro.
L'angoscia che trapela dal racconto è rafforzato dallo stile di scrittura dell'autore, e da elementi che vengono a mancare come i nomi dei personaggi, i nomi dei luoghi, la non definizione del tempo, tutti ingredienti che di solito sono indispensabili per un racconto, ma in questo caso quest'assenza porta in qualche modo ad un'immedesimazione totale.
Accade che non si legge con distacco il dramma che la storia racconta, perchè non lo si identifica "addosso" a qualcun altro.. siamo tutti ciechi?!!

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Francesco Fontana Opinione inserita da Francesco Fontana    07 Ottobre, 2010
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L'oblio dello spirito

Con Cecità, Saramago ci trascina dentro l’oblio dello spirito, dentro la perdita dei sensi per acquistarne altri, un tunnel di pathos e angoscia che smarrisce il lettore fin dalla stesura del racconto stesso, senza dare nomi ai personaggi, senza punteggiature e paragrafi ben definiti.
Un libro da vivere con calma per non perdersi dentro il manicomio dell' oscurità e dentro lo scombussolamento dell'identità umana quando i valori costruiti nei secoli collassano riportando la specie in uno stato primordiale.
Cecità parla di nuove organizzazioni sensoriali, Saramago parla "all' io" più intimo dell'uomo.

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marbald75 Opinione inserita da marbald75    14 Agosto, 2010
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Un libro che fa riflettere

Un libro che, con un'idea di base se vogliamo semplice, invita a delle riflessioni molto profonde sulla fragilità dell'essere umano che, con tutta la sua tecnologia e tutte le sue conquiste sociali, nulla può difronte ad un epidemia inaspettata che azzera tutti i progressi e lo riporta ad uno stadio primordiale. E' un libro molto bello, scorre bene anche se l'idea di impostare i dialoghi tutti attaccati senza dividerli dalla narrazione lascia un pò spiazzati all'inizio. Un analisi spietata della natura animale dell'uomo.

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Teresa Opinione inserita da Teresa    22 Giugno, 2010
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Anzichè vestirla di tenebre, è luce

All'improvviso, il niente. Anzichè il buio, uno schermo bianco compare davanti agli occhi, lasciando interdetta un'intera popolazione. Un'epidemia che sembra non avere fine e la paura che scaturisce in chi ancora ci vede, imprigionando i meno fortunati, per non esserne contagiati.Come se il dover vivere vicini non fosse possibile. Perchè cecità è malattia, è incapacità di gestire il proprio corpo, nei pensieri e nei movimenti.Ma cosa succede in un mondo dove non ci sono differenze? Dove non ci sono vedenti e non vedenti, ma dove sono tutti uguali? In teoria, si dovrebbe cercare di far fronte comune, aiutarsi vicendevolmente. O almeno, dovrebbe essere così...Ma quanto ci facciamo condizionare dai nostri occhi? Quanto ci hanno spesso ingannati nel "leggere" le persone? Saramago da una visione terrificante di un ipotetico mondo sommerso dal bianco. Cecità, oserei dire, originale.Anzichè vestirla di tenebre, è luce. Ammiro la capacità di questo scrittore di scrivere frasi lunghissime, parole divise da poche virgole, eppure capaci di comprendere i dialoghi fra più persone. Mi soffermo spesso, durante la lettura, a segnarmi delle pagine in cui mi sembra ci siano passi importanti, da memorizzare e portare con me. Una, in particolare, mi ha colpita: "I buoni e i cattivi risultati delle nostre parole e delle nostre azioni si vanno distribuendo, presumibilmente in modo alquanto uniforme ed equilibrato, in tutti i giorni del futuro, compresi quelli, infiniti, in cui non saremo più qui per poterlo confermare, per congratularci o chiedere perdono." Ed è con questa frase che chiudo dando un giudizio estremamente positivo allo scrittore e al libro, uno tra i più belli che abbia letto.

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T.i.n.a..... Opinione inserita da T.i.n.a.....    09 Marzo, 2010
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Coinvolgente e sconvolgente

Ad un primo impatto mi sono trovata spiazzata dalla peculiarità della scrittura, la mancanza di punteggiature e dei nomi delle persone… ma poi ho notato che questo dettaglio aggiungeva alla trama un tocco in più di angoscia e estraneità…
Si sente molto da vicino la sofferenza di queste persone trattate come bestie e che come tale finiscono per comportarsi e si capisce quanto la nostra tecnologica, evoluta e democratica società sia in verità solo una maschera molto sottile che può spezzarsi appena la si deve mettere davvero alla prova.

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gracy Opinione inserita da gracy    30 Mag, 2009
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sofferenza da togliere il fiato!

Dopo la lettura delle prime cento pagine, volevo abbandonare il libro, che tragedia pensavo, come è sottile la linea della percezione delle cose, dei sentimenti, della razionalità e come è triste leggere le descrizioni dei fatti di uomini senza un nome, solo una narrazione diretta, fredda e crudele, poi continuando la lettura mi sono immedesimata nella figura dominante "la moglie del medico" ed ho amato questa donna mite, ma intelligente, ho condiviso con lei i suoi trascorsi ed attraverso la narrazione vedevo con i suoi occhi, anelando il riscatto della dignità, che è arrivata all'ultima pagina. Perbacco, Saramago non poteva descrivere meglio di così quello che diventano gli uomini privati dalla vista, una collettività di istintivi ed egoisti, depredati dall'autonomia e dalla dignità.

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Saramago
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enrichetta Opinione inserita da enrichetta    06 Gennaio, 2009
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un libro che non dimenticherete

Un libro che mi ha lasciata in un continuo desiderio di continuare a leggere. L'inizio è stato faticoso perchè l'autore non usa punteggiatura, tutti i discorsi iniziano con una maiuscola ma non esistono due punti o virgolette, poi piano piano sei talmente preso dalla storia che ti dimentichi di tutto e anche quando hai chiuso il libro resti in quella atmosfera irreale creata dalla storia e alle volte sono persino stata convinta di essere cieca. Cieca come lo considera lo scrittore probabilmente lo sono come tutti noi del resto. Il libro comincia con un uomo che improvvisamente diventa cieco e poi mano mano diviene un'epidemia. Non voglio inoltrarmi nella storia per non togliervi l'incanto della trama. E' un'allegoria della nostra esistenza. Dobbiamo diventare ciechi per vedere.Un libro che consiglio caldamente, nessun periodo fu più adatto.

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