Chiedi alla polvere Chiedi alla polvere

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    23 Gennaio, 2021
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UNA MANCIATA DI POLVERE

Mentre sul fronte europeo imperversa la seconda guerra, un giovane italo-americano è impegnato a sbarcare il lunario in cerca di sostentamento economico sfruttando le proprie velleità letterarie.
Arturo Bandini coltiva il grande sogno di poter essere riconosciuto come buon scrittore e quindi di potersi riscattare ogni occhi sia dei familiari sia della società.
Quella narrata è una vita ai margini, scandita da espedienti, miseria economica e degrado sociale.
Una carrellata di volti devastati da droghe e alcol, un mondo di dannati in cerca di resurrezione e di liberazione da una voragine buia che li ha ingoiati.
Uomini e donne senza via di scampo, corrosi dai propri vizi, assuefatti ad una esistenza infelice dove gli affetti stentano a trovare terreno fertile per attecchire.

Un romanzo breve, le cui pagine a tinte forti scorrono veloci tra le mani del lettore, mosso quest'ultimo dalla curiosità di poter conoscere il responso del destino alla frenetica ricerca di redenzione del protagonista.
Uno spaccato americano senza veli, che fotografa un periodo storico ed un substrato sociale lontano dai fasti e dalle glorie, una nicchia di dimenticati.
Quello di Fante è un filone letterario già percorso da autori a lui contemporanei che ha il pregio di aver ritratto con estremo realismo il novecento del continente d'oltreoceano.

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WottaCambija Opinione inserita da WottaCambija    31 Luglio, 2020
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La sensibilità di un cinico

Un'immersione nell'emotività di un (finto) cinico. All'inizio lo si odia questo Arturo Bandini. Arrogante, sfacciato, misogino, razzista, esaltato. Un ragazzo che vive nel narcisismo del proprio personaggio nonostante le turbe e le voci interiori che spesso urlano l'esatto opposto di quello che fanno le sue azioni. Arturo a tratti è perso, a tratti è illuminato, a tratti innamoro ed altre volte spietato. Arturo però non è un cinico, è uno scrittore alla massima potenza, uno che mentalmente romanza la sua stessa esistenza, fantastica ed addobba il suo vivere quotidiano battendolo costantemente nella sua macchina da scrivere mentale. E' con l'immersione nel romanzo che si arriva a scoprire l'anima di questo uomo che gioca a fare il duro, lo scrittore di successo, l'uomo che non deve chiedere mai, ma poi si rivela una persona di cuore, sensibile, fragile. Bandini, circondato dalla miserabilità di cui ne estrapola e ne assapora l'essenza pulsante che tutto smuove, quell'essenza che si chiama vita.

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Consigliato a chi ama il genere di Bukowski
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Little cozy world Opinione inserita da Little cozy world    16 Giugno, 2020
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LE MONTAGNE RUSSE EMOTIVE DI ARTURO BANDINI

Mi è stato vivamente consigliato, quindi ho iniziato questo libro riponendoci delle grosse aspettative.
Aspettative che in fin dei conti sono state abbastanza disilluse.

L'ho trovato non esaustivo e nemmeno coinvolgente, mentre il protagonista invece a tratti era in grado di irritarmi parecchio.
Ma andiamo per gradi.
Quando inizi a leggere questo romanzo, sicuramente ci rivedrai qualcosa di Charles Bukowski.
Quindi se conosci un po' questo scrittore, ma in generale se conosci la Beat Generation, sai già che parliamo di protagonisti che vivono vite ai margini, personaggi sregolati e che fanno uso di alcool e droghe.
Ed in questa descrizione ci ritroviamo perfettamente anche Arturo Bandini, il protagonista di "Chiedi alla polvere".

Tra il fanciullesco e lo stupido, tra l'illuso e l'egoriferito, Arturo Bandini, vive inseguendo il suo grande sogno di diventare uno scrittore, anzi Lo scrittore del Libro con la L maiuscola, con il quale riuscire a ritagliarsi una mattonella nella memoria e nella "walk of fame" degli scrittori.

Ancora dipendente economicamente dalla famiglia, decide di inseguire il suo grande sogno trasferendosi a Los Angeles, la città per eccellenza del sogno americano o meglio dell'illusione americana.
Qui vive in una bettola di albergo, ed in fase alterne soffre la fame o spende e spande senza criterio non appena riesce a racimolare qualche soldo.
Sempre in bilico tra l'entusiasmo e la depressione, il sentirsi fallito o vedersi come uno scrittore di fama, ma non ancora compreso, in questo romanzo ci si ritrova costantemente sulle montagne russe emotive del protagonista.
Cercherà la sua musa ispiratrice prima in Camilla Lopez, la cameriera del bar che è solito frequentare e nell’amore frastornante e delirante per lei, poi con un incontro decisamente surreale con una donna che letteralmente si ritrova nella sua camera d’albergo: Vera Rivken.
Sarà proprio grazie a questi incontri che il giovane Bandini evolverà, da bambino che a malapena riesce a prendersi cura di sé stesso, a uomo: diventeremo cosi spettatori dell’evoluzione del personaggio che da egocentrico, riuscirà a spostare l’occhio di bue che prima puntava solamente su se stesso, verso una delle due donne e tenterà di prendersene cura per evitare che una delusione d'amore le permetta di andare in pezzi.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    23 Marzo, 2020
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Polvere, tu che sai.

«I giorni grami, i cieli azzurri senza mai una nuvola, un mare di azzurro giorno dopo giorno, e il sole che lo solca. I giorni dell’abbondanza… abbondanza di preoccupazioni, abbondanza di arance.»

Arturo Bandini è un’anima triplice. È colui che, ventenne, sogna di diventare scrittore grazie a quel famoso racconto pubblicato su una rivista, è colui che di origini italiane è cresciuto nel dogma della fede cattolica, un credo che lo imbriglia ancora seppur la sua vita sia dissoluta e scapestrata, è colui che ama, colui che ama la sua Camilla che però ama un altro, Sammy. È un’anima triplice che viene ricostruita con perfetta armonia geometrica da Fante che offre uno sviluppo orchestrato con grande linearità e con un finale per ogni dimensione di questo eclettico uomo. Perché se la storia dello scrittore finisce bene, non trova conclusione la dimensione della fede che al contrario non finisce e resta bloccata su se stessa e trova un funesto epilogo la vicenda amorosa. Il libro pertanto cresce, cresce e travolge con durezza e con forza, cresce e travolge con un personaggio che nella sua vita vince e pareggia, che perde simultaneamente e poi riparte, che erra e poi si corregge talvolta perfino grazie a quella religione che è una costante vissuta come una incostante ma che tuttavia persiste e conduce.
È un elaborato doloroso e addolorato, “Chiedi alla polvere”. Un componimento che è l’esercizio compiuto per ricostruire il passaggio da vita a racconto, da verità a finzione. È emblema della ricerca di Fante, una ricerca portata avanti per tutto il suo vissuto e che si esprime nella parola scritta all’interno della quale l’esistenza si disciplina nel racconto perché scrivere è un modo per mettere ordine, per scandire i tempi, per ricreare la forma geometrica, per coniare sequenze. La cura che vi è dietro la pagina è maniacale, il reale è sgrossato dei suoi confini tangibili e concreti ed è riportato e plasmato nella sua solidità, nella sua coerenza, nell’irrealtà affinché il lettore possa impugnare e passarsi di mano la sagoma modellata. Tuttavia “Chiedi alla polvere” è anche altro.

«Cosa potevo offrirle di diverso da quel mondo brutale che l’aveva già stroncata una volta? Ripresi il cammino in senso inverso, triste, nella triste luce dell’alba. Lei apparteneva alle colline, ora, e le colline l’avrebbero nascosta. Dovevo lasciarla tornare alla loro solitudine, lasciarla vivere con i sassi e con il cielo, lasciare che il vento giocasse con i suoi capelli fino alla fine. Era questa la sua strada.»

E allora chiediamolo alla polvere. A quella polvere che risiede nelle strade dell’Est e del Middle West, a quella polvere da cui non cresce nulla, a quella polvere che offusca una cultura che non ha radici, una cultura che è frenetica ricerca di un riparo, che ricopre le spalle di queste anime che fanno capolino, in queste anime perse e senza speranza, in queste anime che sono in continua ricerca di una pace che mai potrà essere raggiunta, in quell’inganno di una società che apparentemente accoglie quando in verità esclude. Perché alla fine tutti cerchiamo comunione, cerchiamo condivisione, cerchiamo collettività, cerchiamo solidarietà, cerchiamo accettazione. Ma spesso, questa volontà spasmodica di voler far parte di qualcosa, di essere parte di qualcuno, non è altro che un affanno che porta all’autodistruzione, alla perdizione. E allora, chiediamolo alla polvere. Lei che custodisce i segreti, lei che tutto conosce, lei che protegge ed è memoria. E chissà, forse un giorno ci risponderà…

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kafka62 Opinione inserita da kafka62    03 Dicembre, 2018
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STORIA DI UN LOSER DI SUCCESSO

“Non è colpa tua, ecco cosa pensi; tu sei nato povero, figlio di contadini miserabili, la tua città natale ti ha respinto perché eri povero, speri di scrivere un libro che ti faccia diventare ricco, così quelli che ti odiavano, laggiù nel Colorado, ti ameranno. Sei un vigliacco, Bandini, tradisci la tua anima e menti davanti a Cristo sofferente. Ecco perché scrivi, ecco perché sarebbe meglio che fossi morto.”

“Chiedi alla polvere” è un romanzo fortemente dicotomico. In primo luogo, è il protagonista stesso, Arturo Bandini, a soffrire di una sorta di sdoppiamento della personalità: aspira a diventare uno scrittore, ma, per buona parte del libro, non riesce a scrivere una sola riga dopo il breve racconto pubblicato tanto tempo prima su una rivista; si professa laico, ma è paralizzato dai sensi di colpa derivanti da una educazione rigidamente religiosa; è un idealista fiero della propria integrità morale, ma non sa resistere alle tentazioni, salvo poi squagliarsela pavidamente quando si arriva al dunque; vuole provare tutte le esperienze della vita, ma per lo più si limita a vagabondare oziosamente per le strade di Los Angeles; ha grandi traguardi nella testa, ma è velleitario e inconcludente, quando ha un po’ di soldi li sperpera senza criterio, e quando non li ha passa il tempo con le mani in mano, soffrendo pateticamente la fame e la povertà; oscilla tra momenti di esaltazione (pochi) e periodi di autocommiserazione (ben più numerosi), tra orgoglio e vittimismo. A fare da spartiacque nel romanzo esistenziale di Arturo Bandini (perché in fondo di un vero e proprio bildungsroman si tratta) è la storia d’amore con Camilla. Sì, perché a partire dal primo fortuito incontro con la ragazza messicana, e dalla repentina e violenta infatuazione per lei, si può finalmente parlare di un prima e di un dopo (non solo in relazione alla sua vita sentimentale, fatta precedentemente solo di sporadici incontri mercenari non consumati, ma anche riguardo al passaggio dalla vita grama e stentata degli esordi nella città forestiera al provvidenziale successo letterario, dalle ultime propaggini dell’adolescenza alla definitiva maturità), anche se il dopo è fatto di una continua alternanza di litigi e di rappacificazioni, di umiliazioni e di propositi di ravvedimento, di separazioni e di ricongiungimenti, come se a fronte di una lampante e inesorabile incompatibilità reciproca vi fosse una altrettanto inevitabile comunanza della sorte. Fante non lascia alcuna speranza di futuro ad Arturo e Camilla, e la tristissima decadenza di quest’ultima, che dall’avvenente “principessa maya” che avevamo conosciuta all’inizio, quando correva nuda sulla spiaggia californiana o sembrava che danzasse sulle sue scalcagnate huarachas tra i tavoli del bar dove lavorava, si trasforma in una figura spettrale, drogata e senza più voglia di vivere, è il motivo principale del passaggio del tono del romanzo dal comico al tragico.
Su quest’ultima dicotomia bisogna spendere qualche parola in più. Se il finale è indubbiamente tragico (Camilla che abbandona Arturo scomparendo nel deserto, il protagonista che getta al vento il suo ultimo libro con la dedica alla ragazza, l’incertezza sul futuro segnata dalla perdita della stanza e dalla decisione di lasciare Los Angeles), è tutto da provare che il resto del romanzo sia comico. Certo, lo scarto irresolubile tra la realtà e lo sguardo ingenuo e candido di Arturo Bandini (che narra in prima persona) genera molti momenti di irresistibile comicità, che sfociano addirittura nel grottesco tout-court dell’episodio del terremoto, quando il giovane si convince che il cataclisma non è altro che l’inesorabile castigo che Dio ha mandato per punirlo della sua trasgressione al sesto comandamento. Ma “Chiedi alla polvere” non è, a ben guardare, né comico né allegro, percorso com’è da tante tristi e patetiche figure di cameriere, di prostitute e di altri losers venuti dal Middle West in California per cercare di fare un po’ di soldi (sono gli anni immediatamente successivi alla Grande Depressione, quindi suppergiù gli anni di “Furore”) o per dissipare i sudati risparmi di un’intera vita di lavoro. Il mondo di Los Angeles è terribile e spietato: messicani e italo-americani sono degli emarginati, il sogno di Camilla è di avere un cognome americano come Johnson, e la terra del sole e dell’oro è solo una chimera destinata a svanire e a trasformarsi in un doloroso disinganno, di fronte al quale non resta che la mesta accettazione del declino o il ritorno umiliante a casa. Los Angeles è poi essa stessa il simbolo di una umanità assediata dal deserto (quella tra la città e il deserto, tra la civiltà che cerca di sfuggire alla propria morte e la natura indifferente e crudele, è un’altra fondamentale dicotomia presente nel romanzo), e la sabbia portata dal vento che grava come una coltre soffocante e irrespirabile sulla metropoli è il monito permanente di una condizione umana fatta di precarietà e di desolazione.
Il successo che arride ad Arturo, in un mondo così triste dove nulla sembra andare per il verso giusto, appare irreale, quasi l’happy ending di una favola, ma il finale malinconicamente aperto stempera assai il giovanile ottimismo del protagonista, e dietro l’angolo c’è sì la incontenibile voglia di libertà di un Kerouac, ma anche, come contrappeso, il ricordo della fame di un Hamsun, i pochi spiccioli in tasca che non bastano neppure per una birra, l’invidia per il lusso ostentato nelle vetrine, i maldestri tentativi di rientrare in possesso del danaro prestato ai vicini di camera e i meschini stratagemmi per sopravvivere di cui non resta che vergogna e rimorso.

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giuse 1754 Opinione inserita da giuse 1754    18 Novembre, 2016
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L'amore è una piccola guerra, chiedilo alla polver

Non servono parole. Per innamorarsi basta uno sguardo, un maledetto sguardo e non sarai più lo stesso. Non sai quasi niente di chi sta dietro a quegli occhi, non sai chi è stata prima, né cosa pensa di chi nella vita vuole diventare scrittore, neanche cosa mangia a colazione. Eppure qualcosa, in quello sguardo, ti cattura per sempre. Così i tuoi pensieri, e la tua vita, cominciano a ruotare intorno a quel nome che hai conosciuto per caso.
Camilla è il nome della cameriera messicana di cui hai incrociato lo sguardo; lei la ladra inconsapevole che ti ha rubato istanti di vita che prima appartenevano solo a te. E mentre cerchi faticosamente di sopravvivere mangiando arance e di costruirti una credibilità di scrittore, dando seguito a quell'unico racconto che hai venduto, dal ridicolo titolo Il cagnolino rise, il bisogno di lei ti perseguita. A volte è desiderio senza passione, altre passione senza desiderio.
Di certo, in questo dannato guaio che è l'innamoramento, non ti aiuta il tuo essere cattolico fino alle ossa, con il conseguente circuito desiderio-peccato-rimorso-colpa-castigo, di certo non sei fortunato perché lei vuole un altro. Eppure è grazie all'incontro con la ladra di pensieri che hai scritto la tua storia, e quello che di te e di lei ancora non conoscevi lo hai chiesto alla polvere del deserto, dove è sparita per sempre. Perché la polvere parcellizza la materia e ne trattiene il ricordo.
Ecco, non so se ti può consolare, ma volevo dirti che anch'io ti ho amato da subito, Arturo Bandini.

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Lonely Opinione inserita da Lonely    25 Novembre, 2015
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"Il mondo era polvere e sarebbe tornato polvere"

Non c'è niente da fare, ci sono certi libri che ti calzano come una seconda pelle, ed altri che sono come maglie strette, in cui stai così scomodo, che non vedi l'ora di spogliarti.
Per questo libro per me è stato così, non vedevo l'ora di arrivare alla fine, come un viaggio noioso in cui non si arriva mai a destinazione.
Avevo già provato un'altra volta a leggerlo e l'avevo abbandonato, poi leggendo la recensione che mi precede di Valerio, ho pensato che invece era il caso di riprovarci, ma temo che John Fante sia un po' troppo distante da me e dai miei gusti letterari.
L'autore calca, secondo me, un po' troppo, lo stereotipo dello scrittore che vive praticamente in miseria, sempre insicuro delle sue idee e del suo stile, e perennemente innamorato di una donna che lo fa soffrire.
Di molti nostri romanzi italiani, la nostra critica li accusa di essere troppo provinciali, io di questo direi invece, troppo americano, e mi ricorda molto Bukowskj.
Lo stile, una specie di monologo interiore narrato dal protagonista Arturo Bandini, alter ego dell'autore, è fluido e scorrevole, e a tratti ironico.
La storia è quella di un uomo, Arturo Bandini, che insegue il sogno di diventare uno scrittore famoso.
Un uomo che cerca il successo, che vuole distinguersi dalla massa, che vuole lasciare un'impronta nel presente perchè ne resti memoria in futuro; che insegue il denaro, ma che non sa come gestirlo; che ha una morale tutta sua; che rincorre una donna che non lo vuole e che fallirà inesorabilmente tutte le aspettative, scadendo in un percorso di vita senza speranze nè alternative.
In un continuo susseguirsi di giornate senza senso, Arturo cerca la sua strada, ma è completamente oscurato dalla voglia di arrivare e dall'amore per Camilla, perdendo di vista i suoi veri obiettivi.
Poco prima della narrazione del terremoto a Los Angeles, l'unico passo interessante di tutto il romanzo, Arturo ha una sorta di epifania, una rivelazione sul senso della vita, che preannuncerebbe una sorta di cambiamento del personaggio, ma anche qui l'autore disattende il lettore, e nonostante l'acquisita consapevolezza Arturo prosegue sulla stessa strada fino alla fine, senza far tesoro della sua esperienza.

Il libro è uscito nel 1939, e nel 2006 ne è stato tratto un film, che, ricordo solo ora, avevo iniziato a vedere qualche tempo fa . Ma anche il film l'ho abbandonato dopo una mezz'ora, quindi deduco, concludendo, che evidentemente non era nelle mie corde!

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    15 Settembre, 2015
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Polvere Onnisciente

"Chiedi alla polvere" è un'opera particolare, come il suo autore. Lo stile di John Fante è davvero di alto livello, e riesce a dar vita a un libro denso di significato e allo stesso tempo di facile e piacevole lettura.
Arturo Bandini, il protagonista, è uno di quei personaggi che rimangono impressi, perché ne vengono tratteggiate egregiamente le sfumature caratteriali; la follia e quell'instabilità emotiva comuni a ogni essere umano, chi più e chi meno.
La nostra mente è un fiume in piena.

Arturo Bandini è uno di quegli uomini che rinuncia a tutto per inseguire il proprio sogno. Vuole diventare uno scrittore, e il talento di certo non gli manca. Accetta la miseria, la solitudine; eppure la cosa che risulta più difficile è convivere con sé stesso. Accettare i propri sbalzi d'umore, i repentini cambiamenti di opinione, ma soprattutti i propri limiti. Bandini è un uomo che si scontra ferocemente con la realtà, un uomo consapevole del proprio talento, orgoglioso, eppure fragile, alla continua e disperata ricerca di conferme di quel talento che è fermamente convinto di avere. Egli si sente grande, eppure cerca incessantemente l'approvazione altrui; vuoi per orgoglio, vuoi per una mancanza di autostima di fondo.
Egli vuole lasciare il proprio segno in questo mondo, fare in modo che quando tornerà essere polvere essa possa comunque testimoniare che in quella Terra c'è stato anche lui: Arturo Bandini, il grande scrittore. E alla fine lui è lì, sta per realizzare il suo sogno più grande, quello per cui ha sacrificato tutto, che nemmeno trovarsi faccia a faccia con la morte è stato abbastanza da farlo rinunciare.
Eppure qualcosa non va.
Sì, perché possiamo anche diventare grandi al punto da segnare come un'immensa cicatrice la crosta di questo mondo, ma sarà tutto inutile se non abbiamo amato.
E Arturo ama Camilla, una semplice barista; ma lei lo odia e con il suo disprezzo rende vacuo tutto il resto, anche i suoi sogni più grandi. Lui la ama e la tratta come una regina, ma Camilla ama un altro uomo che la maltratta e non vuole saperne nulla di lei, chiudendo un circolo vizioso che definire tragico sarebbe un eufemismo. Camilla non ha altra cosa al mondo se non il suo amore non corrisposto, Arturo ha i suoi sogni ormai scoloriti.
Eppure chi è più infelice? Camilla, alla quale non resta che la morte; o Arturo, che vede sui sogni infettati e resi inutili da un amore impossibile? E' più infelice chi non ha nulla, oppure chi una volta raggiunto il traguardo si rende conto che non ha nessuno con cui dividere la gioia della vittoria?
Chiedetelo alla polvere.

"Fui sopraffatto dalla consapevolezza del patetico destino dell'uomo, del terribile significato della sua presenza. Il deserto era lì come un bianco animale paziente, in attesa che gli uomini morissero e le civiltà vacillassero come fiammelle, prima di spegnersi del tutto. Intuii allora il coraggio dell'umanità e fui contento di farne parte."

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lapis Opinione inserita da lapis    30 Luglio, 2015
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Polvere indigesta

Mentre leggi, ti rendi conto di essere di fronte a uno di quei testi che vengono definiti capolavori. Cionondimeno, la polvere è dura da digerire.

E la polvere è l’essenza del mondo in cui si muove il protagonista Arturo Bandini, aspirante scrittore di origine italiana che approda in California in cerca di successo. E’ la polvere delle aspirazioni tradite, della mancanza di radici, dell’assenza di speranze.

A volte è proprio difficile da sopportare, la polvere.

Non ci sono sentimenti nobili. Bandini non è un aspirante scrittore animato da vocazione, amore per l’arte o necessità di comunicare i propri pensieri più profondi. Vuole avere successo, arricchirsi, essere acclamato, far parte del mondo di lusso e luci che intravede oltre la polvere.

Non ci sono risolutezza interiore e forza d’animo. Bandini è pieno di contraddizioni e ingenuità. Si crogiola nel suo sentirsi scrittore ben prima di diventarlo, si sente in qualche modo superiore agli altri, eppure propina il suo racconto agli improbabili avventori dello squallido motel in cui vive, elemosinando approvazione e riconoscimento. E’ capace di slanci di grande generosità (forse per non saper dire no?) quanto di estrema cattiveria.

Non c’è redenzione. Bandini è sempre bloccato, indeciso, vittima della propria insicurezza, della paura di non essere all’altezza. E l’amore morboso e incompiuto per la messicana Camilla, altro volto di una California di emarginazione e di miseria, diventa la dimensione del suo insuccesso.

A volte è proprio difficile da sopportare, Arturo Bandini.

Eppure le sue paure e le sue contraddizioni si fondono con le nostre, i nostri arresti, le nostre insicurezze e la nostra incapacità di agire. E ci si rende conto che forse la polvere è tanto amara e indigesta perché è tanto reale.

“Era un bel problema, degno della massima attenzione. Lo risolsi spegnendo la luce e andandomene a letto”.

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Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    03 Luglio, 2015
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Bandini,protagonista di magnifiche uscite di scena

Chiedi alla Polvere (Ask the Dust) – John Fante, 1939

SPOILER

«Ho qualcosa da dirvi sul mio libro. Non sconvolgerà il mondo, non ammazzerà nessuno, non sparerà nemmeno un colpo, ma ve lo ricorderete finché avrete vita e anche quando esalerete l’ultimo respiro, sorriderete ripensandoci.»

Ero un po’ spaventata all’idea di affrontare questo romanzo, pietra miliare della letteratura, amatissimo.
Non temevo la delusione in agguato, perché avendo già assaggiato Bandini (Aspetta la Primavera, Bandini e La Strada per Los Angeles) sapevo che mai avrebbe potuto deludermi.
Quello che temevo era il plot che – confesso – avevo mio malgrado un po’ conosciuto (complice pure Alessandro Baricco a Pickwick nel 1993).
È molto difficile che mi appassioni alle “storie d’amore” e ancor di più che empatizzi con i personaggi femminili. Quel poco che sapevo di questi due elementi, in “Chiedi alla Polvere” mi disturbava già. La cattiva notizia è che la protagonista (?) femminile, Camilla Lopez, è anche più insopportabile di quello che si potrebbe pensare.
La buona è che non ce ne importa niente, che la fanciulla in questione è praticamente un pretesto e che il riflettore – come era prevedibile – è sempre saldamente su Arturo nostro.
Per fortuna.

Ask the Dust (geniale, a partire dal titolo), ci porta a Los Angeles, sempre alle costole di Arturo, che arranca nella sua vita, in una piccola stanza d’albergo, con vicini improbabili, sempre in lotta con la sua macchina da scrivere.
E vince lei.
«Giorni di magra, carichi di determinazione, perché proprio di questo si trattava, determinazione: Arturo Bandini, seduto davanti alla sua macchina da scrivere per due giorni consecutivi, deciso a farcela. Ma non funzionò. Fu l’attacco di testardaggine più lungo e violento di tutta la sua vita, ma non ne uscì neanche un rigo, solo due parole ripetute per tutta la pagina, su e giù, sempre le stesse: la palma, la palma, la palma, una lotta all’ultimo sangue tra me e la palma, e la palma vinse: eccola là che ondeggia nell’aria azzurrina, che scricchiola piano nell’aria azzurra. Vinse dopo due giorni di lotta e io scavalcai il davanzale e mi sedetti ai suoi piedi.»
Sempre volubile, spaccone e un po’ cazzaro, ma con momenti di grande tenerezza, il nostro titano ha pubblicato un raccontino che gli ha fruttato qualche soldino.
Che ovviamente sperpera.
Chiede soldi a casa (Svevo è nel frattempo “risorto”), arranca, pubblica un altro racconto, largheggia nelle spese e – ahilui – conosce Camilla, barista di origini messicane, che si diverte a fare un po’ di tira e molla con lui, pur essendo innamorata del collega Sammy, che – da copione – la tratta malissimo e non la sopporta (non si riesce a biasimarlo).
Camilla non mente ad Arturo, ma ne sfrutta costantemente la generosità [a partire dalla richiesta di leggere il manoscritto di Sammy – aspirante (pessimo) scrittore – a quella di accompagnarla da lui, a chiedergli soldi per comprarsi droga e via discorrendo] e lui la lascia fare, sia quando le regala gli ultimi soldi che ha guadagnato con il racconto, sia quando accetta di correggere il manoscritto di Sammy, sia quando cerca di salvarla da sé stessa.
Ma in realtà Arturo ama il suo amore e l’idea che di esso si è fatto (come Cyrano, mi vien da pensare), il suo amore che non Camilla e che non è Vera. È il suo amore, appunto.
«Per tutta la notte abbiamo bevuto e pianto, e da sbronzo sono riuscito a dirti quello che mi si agitava nel cuore, tutte le parole dolci e le similitudini ingegnose, tanto eri troppo intenta a soffrire per quell’altro per sentire quello che ti dicevo, ma lo sentivo io, e Arturo Bandini era particolarmente in forma quella sera, perché si rivolgeva al suo grande amore, al suo vero grande amore, che non eravate né tu né Vera Rivken. Era semplicemente il suo grande amore.»
In realtà il grande amore di Arturo era e rimane la scrittura. Questa passione che non lo molla, che sostanzia ogni momento della sua esistenza, anche quello più drammatico.
«Dovevo riuscire a tutti i costi a tenere la testa fuori dall’acqua, ma mi sentivo risucchiare sotto dalle onde che si ritraevano. E così questa era la fine, la fine di Camilla e di Arturo Bandini; eppure, anche in quel momento, era come se stessi scrivendo, come se stessi registrando tutto sulla carta. Davanti agli occhi avevo il foglio dattiloscritto, mentre fluttuavo, sbattuto dalle onde, senza riuscire a raggiungere la costa, sicuro che non ne sarei uscito vivo.»
…e non è una metafora. Sta affogando davvero!
In tutto questo, Arturo conosce Vera, una donna di mezza età, molto bella, ma abbandonata dal marito a causa di alcune ustioni che ne hanno deturpato il corpo. Arturo la conosce e decide di raggiungerla e di fare l’amore con lei. Immediatamente dopo un terremoto devasta la città.
Traumatizzato dall’evento a cui assiste, Arturo maledice dio, l’amore e le donne e come sempre torna alla scrittura e decide di scrivere la storia di Vera. Non più racconti, ma un romanzo.
« Il telegramma diceva: romanzo accettato. Invio contratto oggi stesso. Firmato: Hackmuth. Tutto qui. Il foglietto mi sfuggì di mano, ma io non mi chinai a raccoglierlo. Poi mi sedetti per terra e cominciai a baciarlo. Strisciai sotto il letto e rimasi lì sdraiato. Non avevo più bisogno del sole, né della terra o del cielo. A questo punto potevo anche morire. Non mi sarebbe successo mai più niente. La mia vita era giunta al compimento.»
Un po’ come accade a Stoner, è il libro che sostanzia la vita di Arturo Bandini.
E forse anche di John Fante.
Poi il nostro vivrà un certo numero di ulteriori avventure, ma nel prologo (che la mia edizione Einaudi, per motivi imperscrutabili, mette in fondo) torna il tenero e titanico Arturo, velato di malinconia, soprattutto pensando al destino di John Fante.
«Parlo come un pazzo? E sia, ridatemi la pazzia e quei giorni, datemi un romanzo bizzarro su un uomo e sulla sua compassione per il genere umano, su quella gran persona che era Bandini, protagonista di magnifiche uscite di scena, e sulla sua compassione per tutto quanto, per l’assurda città attorno a me, che ha allevato il mio genio, e lassù in cima ad Angel’s Flight, in cima a duecento gradini fino a Bunker Hill nel cuore della città, gradini consacrati, Signore, Bandini li ha percorsi fino all’immortalità!»

Infine.
Questo è in assoluto uno dei romanzi che ho più amato. Quest’anno e in generale.
Fante finisce dritto dritto nei miei personali Campi Elisi, con Steinbeck, Marquez, Salinger, Flaubert, Leopardi e qualche altro.
Di seguito ho letto anche “Sogni di Bunker Hill”, ma ora prenderò una lunga pausa.
Mi capita con pochissimi autori, quelli che amo davvero.
Non leggo tutto quello che hanno scritto.
Perché è triste pensare, “poi”, di doverne rimanere per sempre senza.

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Salinger e Steinbeck.
(E pure Rostand)
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MrsRiso13 Opinione inserita da MrsRiso13    10 Aprile, 2015
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Lettera aperta a un autore indolente

Caro Arturo D. Bandini,
dopo la lettura mi sento in dovere di scriverti con la stessa passione con cui tu, Arturo Dominic Bandini alias John Fante, narri le vicende della tua vita.
A essere sinceri, non mi sei immediatamente piaciuto, il nostro non è stato amore a prima vista e spesso, nel corso di questi mesi passati insieme ti ho tradito con commissari di ogni foggia e fama e con signorine dagli occhi a mandorla relegando il nostro rapporto in angoli bui. Solo ultimamente quella polvere che tu descrivi mi è entrata nella ossa e mi ha fatto desiderare di capire dove il tuo racconto andava a parare.
Alla fine anche io ho chiesto alla polvere, a quel pulviscolo che s'insinua in ogni dove, portando con se quelle briciole dell'esistenza, quei granelli dei ricordi, quelle particelle delle occasioni afferrate e irrimediabilmente perdute.
Capisco la difficoltà del momento, di codesto '39 del XX secolo, che scuote l'America nel profondo gettandola in una guerra assurda, la difficoltà che tu, figlio di contadini immigrati dall'Italia, hai affrontato per ambientarti in una città dalle molteplici facce come il deserto che la circonda. Quegli spazi rubati all'aridità che promettono sfarzi e ricchezze, ma che offrono, appena scendi dall'autobus proveniente dal paesello, alberghetti di second'ordine, strade polverose contornate di case cadenti e pasti rubati alla spazzatura. Immagino il fuoco dell'arte che brucia in ogni giovane scrittore, che porta a sopravvalutare le proprie capacità che infiamma e infonde speranza, ma che si spegne con altrettanta facilità lasciandosi dietro un oceano di paure. L'arroganza del successo che si trasforma in cattiveria per l'insuccesso, la sfacciataggine diviene codardia, il narcisismo muta in autolesionismo lasciando spenti ora dopo ora, percorritori idiosincratici di strade illuminate solo dalla luna, tra facce omologhe alla ricerca di una nuova musa senza un soldo in tasca.
Concordo che tutto questo può rendere instabili, può far diventare crudeli, può indurire, ma ti ho odiato per quel veleno che sprizza da ogni riga per la tua incapacità di riconoscere l'amore, per il desiderio di sesso e l'inadeguatezza di farlo, per tutte le gioe e i tormenti vissuti da quando Camilla Lopez, con le sue huarachas consunte, ti ha ghermito trascinandoti in un balletto schizzofrenico di desiderio e di rifiuto fino all'autodistruzione.
Pagina dopo pagina, quel lessico raffinato mi ha annoiato e ammaliato, quel narrare senza filtri le emozioni, quell'esprimere ogni sentimento senza pudore mi ha attirato e respinto generando sensazioni non dissimili da quelle che tu racconti. Stucchevoli illusioni, dolore autentico, conflitti dilanianti si susseguono in me e nel tuo romanzo lasciandomi perplessa, non lo nego, felice ma diffidente sul proseguire fino alla fine.
A oggi, caro Arturo, affermo di aver fatto bene a leggerti fino alla fine, ma francamente, non so se ci rincontreremo, per il momento mi sento di doverti abbandonare qui e di non volere null'altro sapere di te, tuttavia “se la donna mobile qual piuma al vento” (Rigoletto) potrebbe arrivare il giorno che tornerò te.

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viducoli Opinione inserita da viducoli    23 Febbraio, 2015
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Los Angeles è lontana

Chiedi alla polvere è il secondo libro che leggo di Fante, ed è la seconda volta che questo celebrato autore non mi convince. Già in La confraternita del Chianti avevo trovato un po’ troppi luoghi comuni sugli italiani, anche se la figura del protagonista aveva una sua tragica grandezza.
In questo, che dovrebbe essere il suo capolavoro, ho trovato tutti gli ingredienti dell’America metropolitana del XX secolo, le sue grandi solitudini, le storie di emarginazione, l’alcool, le droghe e il sogno di farcela, conditi in una salsa un po’ insipida.
Quello che potrebbe essere un grande personaggio, Arturo Bandini, da associare al kerouachiano Sal Paradise, come lui artista disadattato, in realtà non ne ha l’epica grandezza, e questo a mio avviso, perché manca in Fante la capacità di scavare realmente nei meandri della società statunitense, nelle sue contraddizioni, la capacità di narrare una storia che cammini veramente per le strade di Los Angeles. Quello che in Kerouac è l’elemento essenziale del racconto, il paesaggio urbano e rurale degli States, che inevitabilmente ci fornisce i tipi umani che ne fanno parte, in Fante è solo lo sfondo opaco della contraddittoria vicenda esistenziale di Bandini, del suo essere incapace di stabilire un legame stabile con Camilla, il grande amore della sua vita.
Fante cerca per tutto il libro di immergere i suoi personaggi nel contesto della Los Angeles dalle mille facce, ma questa resta lontana, assumendo una patina oleografica e scontata che non giova alla credibilità della narrazione. Bandini, secondo me, non è un vero figlio di quell’America, non è stato distillato da quella polvere, ma è un prodotto non poco artefatto. Il suo rapporto con la città e con la società americana è asettico e financo asfittico: la sua storia d’amore con Camilla non ha e non può avere la forza dirompente dei viaggi di Sal, perché lui è solo un rappresentante della middle-class temporaneamente senza soldi, la cui vera aspirazione è farli (i soldi) per cambiare vita.
Infatti alla fine ci riesce, e nel bel finale emerge la diversità del suo destino, ormai incanalato verso la sicurezza economica e sociale, da quello di Camilla, che se ne va chissà dove. E’ sintomatico che Arturo, rinunciando a cercarla, affidi il suo messaggio d’amore al suo libro, allo strumento che gli sta dando la certezza del successo.
Il libro certo non manca di momenti alti, e soprattutto il finale, come detto, lo riscatta. Resta tuttavia l’impressione dell’uso forzato di un’atmosfera per raccontare qualcosa che potrebbe essere ambientato altrove. Resta l’impressione che il libro potrebbe aprirsi con “… Mentre su Bunker Hill calavano le prime ombre della sera…”

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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    18 Dicembre, 2014
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Vacci piano Arturo; hai dimenticato le arance

“Chiedi alla polvere” di John Fante fu pubblicato nel 1939: “un anno di spietata competizione… assieme a Via col vento, Il mago di Oz, Ombre rosse, escono libri come Furore, Il giorno della locusta, Il grande sonno” (dalla prefazione di Emanuele Trevi). Competizione, questa, che il Fante oggi vince, come dimostra il successo postumo che all’autore viene oggi tributato sulla spinta di Bukowski.

Terzo episodio della saga di Arturo Bandini, “Chiedi alla polvere” narra le vicende dell’alter ego di John Fante, che – giunto a Los Angeles (“Avevo vent’anni, allora”) – deve fare i conti con i sogni di vagheggiata gloria letteraria e con un’esperienza amorosa dall’esito decisamente infelice: Bandini s’innamora di Camilla Lopez, inserviente del Columbia Buffet in Spring Street (“Lei era una principessa maja e quello era il suo castello”), che non lo ricambia affatto e, piuttosto che abbandonarsi al sentimento per il promettente Arturo, preferisce rifugiarsi nell’erba che regala i viaggi e le evasioni artificiali celebrate da Baudelaire.
Nell’emotività giovanile (“Mi buttai sul letto e piansi lacrime che mi salivano da profondità inesplorate”), il percorso sentimentale di Bandini passa attraverso le insicurezze delle prime incerte prestazioni sessuali, le baruffe verbali con l’amata, il rimorso per l’incontro clandestino con un’ebrea (“Sulla cassetta delle lettere c’era scritto Vera Rivken”), il rifiuto dell’esotica e meticcia Camilla, che “aveva stracciato il sonetto di Dowson, aveva mostrato il mio telegramma a tutti gli avventori del Columbia Buffet. Mi aveva fatto fare la figura dell’idiota, giù alla spiaggia. Dubitava della mia virilità e da questo dubbio nasceva il disprezzo che le leggevo negli occhi”.

Particolarmente efficace è l’ambientazione bohemienne nella stanza d’albergo (“Udii bussare ma non mi mossi, temendo che fosse la padrona venuta a riscuotere il suo sordido affitto”), ove l’ondivago e vulnerabile Bandini coltiva i propri sogni in colloquio quotidiano con la foto dell’editore Hackmuth, intesse un rapporto alterno con lo strambo vicino Hellfrick (“Predatore di latte… Eccolo il genio effimero, lo scrittore di un’unica storia: nient’altro che un ladro”), condivide gli spazi vitali con il topo Pedro…

E veniamo alla polvere del titolo, così ben definita da John Fante nel prologo posposto al romanzo… io ho seguito le particelle pulviscolari per tutto il romanzo…
La polvere è sulla palma che Bandini vede dalla finestra dell’albergo (“il suo tronco crostoso era soffocato dalla polvere e dalla sabbia che il vento portava dal deserto Mojave e da quello di Santa Ana”), è nell’aria di Los Angeles (“il mio naso… annusava il deserto e la polvere assopita, là in cima a Bunker Hill”), è disseminata su oggetti (“le tazze erano polverose”), cose (“le riviste sul tavolo, dove rimasero a prendere la polvere”) e luoghi (“ci avviammo lungo un corridoio buio e polveroso”), la si trova “lungo le scale polverose” e si deposita ovunque (“con la polvere di Chicago, di Cincinnati, di Cleveland sulle scarpe…”).
Ma rappresenta l’origine di Bandini (il Colorado: “ora sono vecchi e stanno morendo sotto il sole e nella polvere calda delle strade, mentre io sono giovane e pieno di speranze…”), il percorso che lo scrittore in erba tenacemente calca (“Strati di polvere del Wyoming, dello Utah e del Nevada mi si erano depositati fin nei capelli e nelle orecchie”), il punto di arrivo al quale perviene Arturo (“La polvere inquieta di Los Angeles gli metteva addosso la febbre”): una realtà dalla quale purificarsi (sull’oceano “respirammo a fondo l’aria pulita, senza polvere”) o allontanarsi (“niente Los Angeles, niente strade polverose, squallidi alberghi…”), è lo stesso.
La polvere divampa nel cataclisma con il senso di colpa (“Era un terremoto. Ero stato io. Era mia la colpa”), si propaga (“Si levò la polvere e si udì un rumore di crolli”), aleggia (“Grandi nuvole di polvere avvolgevano tutto”) e occupa ogni spazio (“Dissi una preghiera, ma era come polvere nella mia bocca”).
La polvere rappresenta la realtà (“La città che giaceva sotto di me, immersa nella caligine polverosa del tardo pomeriggio”), ma anche il nostro destino (“Il mondo era polvere e sarebbe tornato polvere”)… E domina il prologo: “Chiedete alla polvere della strada, alla polvere del Liberty Buffet, a quella dannata segatura polverosa, e vi dirà che sì, arrivano certi pezzettini di carta ed erano i miei sonetti, tanto a quella non gliene importava niente di me, la divertivo e basta, ma era pazza di quell’americano di Sammy.”

Bruno Elpis

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Vincenzo1972 Opinione inserita da Vincenzo1972    22 Ottobre, 2014
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Chiedetelo a Baricco...

Ho l'impressione che tra me e questo libro si sia instaurato un rapporto strano, ambiguo, difficile da definire.. 'sento' che mi è piaciuto ma non saprei dire perchè, non saprei individuarne la ragione.
Non so se sia dovuto alla lettura discontinua e forse poco attenta che ho avuto del libro o se sia invece un effetto tipico generato dallo stile di Fante...
certo è che sono un pò confuso, le parole non riescono a seguire i pensieri perchè sono troppo sfumati, troppo nebbiosi... Un pò come se fossi reduce da una sbronza.
E allora che dirvi? Volete sapere com'è Chiedi alla polvere? Chiedetelo a Baricco.. già, perchè da 'sobrio' trovo strepitosa la sua recensione del romanzo di Fante che fa da prefazione al libro stesso, un'analisi approfondita ed accurata la cui validità ed efficacia è ancor più evidente una volta completata la lettura del libro.
E ritengo ci sia veramente poco da aggiungere al commento di Baricco.
Personalmente ho amato molto Arturo Bandini adolescente, quello di Aspetta Primavera, mi sono rivisto in lui, nei suoi pensieri, nei suoi sogni e nelle sue paure...
in Chiedi alla Polvere Arturo è cresciuto, vive da solo in una semplice e piccola camera d'albergo, lontano dalla famiglia e dalla madre, soprattutto, a cui ancora si rivolge quando gli ultimi centesimi rimasti non gli consentirebbero di sopravvivere, e attende..
attende ancora la sua primavera, che questa volta arriva ma non senza qualche temporale... anzi, ci sarà addirittura un terremoto.
Un terremoto di nome Camilla che sconvolgerà ancor più la già traballante esistenza di Arturo Bandini, finalmente autore (seppur non ancora universalmente riconosciuto) di piccoli capolavori, primo fra tutti Il cagnolino che rise, una storia che comunque non parla di cani.
Chiedete, chiedete a Camilla perchè lo ha fatto, perchè ha ridotto in polvere le speranze del giovane Bandini, perchè lo ha illuso che poteva funzionare tra loro, perchè è tornata da lui confidando nella sua amicizia, sfruttando la sua amicizia, pur sapendo che per Arturo lei era tutto, non solo un'amica.
E chiedete, chiedete ad Arturo perchè non l'ha abbandonata al suo destino, lei non è il suo tipo, lei è completamente diversa, un altro mondo, lei non ha la sua sensibilità, lei è lontana ed è di un altro.. lei vuole passione, tu Bandini sei solo desiderio...
Arturo Bandini era innamorato.. ecco perchè.

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F.Angeli Opinione inserita da F.Angeli    11 Giugno, 2014
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CHIEDERE SENZA RICEVERE RISPOSTE

Cos'è la polvere a cui bisogna chiedere? È la polvere che c'è nell'America di Arturo Bandini, una polvere sterile e un fragile riparo per un popolo che cerca invano la tranquillità. Arturo Bandini simboleggia uno dei tanti di questo popolo, uno scrittore emergente travolto da un amore che finisce male. Con la sua storia raccontata in prima persona viene a galla un personaggio letterario unico. Arturo è un Holden Caulfield adulto, colto ma incapace di tenere a bada i suoi sentimenti e le sue paure per il primo amore. Si innamorerà di Camilla Lopez, ma invece di cercare di corteggiarla verranno fuori insulti dalla sua bocca, lei che non vale mai più delle pubblicazioni del grande Arturo Bandini, lei che è innamorata di un altro ragazzo, un ragazzo con poche aspettative di lunga vita. Finché, dopo una disastrosa uscita sulla spiaggia finita in una circostanza pericolosa fonte di ispirazione, non incontrerà una donna sposata, con la quale commetterà un peccato di adulterio. La donna in questione è Vera, che assieme ad Hellfrick è uno dei personaggi secondari della storia; i due saranno i cardini di due sotto-trame che non influiranno nella storia, ma che Fante ha maneggiato trattandole come lame che affettano il libro (come definisce Baricco nell'introduzione). Arturo inizierà a vacillare, cercherà disperatamente Camilla, addentrandosi in una relazione in cui incombono la povertà, la paura, l'incapacità di soddisfare le proprie aspettative.
Una storia che trasuda realismo da ogni pagina, che dipinge l'amore in tutte le sue sfaccettature, dalle più ombrose a le più rosee. Non assegno quasi mai 5 stelle ad un libro, l'unico al quale l'ho dato è stato La strada di McCarthy, ma Chiedi alla polvere è davvero un capolavoro senza eguali, una delle opere migliori del '900, in cui confluiscono con perfezione ed unicità tematiche profonde e commoventi. Da leggere almeno una volta nella vita.

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Il giovane Holden
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Maybe Opinione inserita da Maybe    05 Aprile, 2014
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Il giovane Fante

Mi sono imbattuta in questo autore grazie a una discussione aperta qui recentemente.
Non ho ben capito neppure io se mi sia piaciuto o meno, sicuramente mi aspettavo qualcosa di più ma ho divorato il libro in due giorni lo stesso.
La trama non mi è piaciuta, non ho provato alcun attaccamento per i personaggi che mi sono sembrati semplici abbozzi buttati lì, più uno sfondo della storia che i reali protagonisti.
L'intera storia mi ha ricordato "Il giovane Holden", solo che le emozioni che è riuscito a trasmettermi Salinger sono ben diverse da quelle che mi ha trasmesso "Chiedi alla polvere". Ovvero, pressoché nulle. Non ho mai sorriso, non ho avuto la pelle d'oca, non mi sono innamorata delle caratteristiche di Camilla, Arturo, Vera ecc.
Lo stile tanto decantato dalla critica non l'ho notato o forse non l'ho capito io, non lo so.
La cosa strana è che mi è rimasta la curiosità e la voglia di leggere un altro suo romanzo, forse perché credo che un autore così abbia molto altro da comunicarmi.
L'unico sentimento che ho provato è stata l'indifferenza per le sofferenze dei personaggi, per i loro sbalzi di umori, i loro sogni.
Questo è quanto, sicuramente lo rileggerò e magari vi troverò un messaggio che non sono riuscita a cogliere o forse la mia opinione non cambierà!

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E' un libro scritto bene con una storia che per molti può risultare interessante, quindi sì, lo consiglio nonostante mi abbia lasciata un po' perplessa.
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paola melegari Opinione inserita da paola melegari    30 Marzo, 2014
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il cagnolino rise

Autore eccezionale- di lui si potrebbe parlare davvero a lungo.
La sua prosa, semplice, leggera, scorrevole, di tanto in tanto frizza di humor sottile, gradevolissimo, poi di rado e brevemente diventa poetica e musicale, tanto da stupirti.
Ti chiedi chi sia il vero J. Fante. Chi si esprime con una certa rudezza, o chi colpisce il lettore con la sua poetica.
Questi momenti rari ma intensi, nei quali mette a nudo la sua natura, sono in realtà l'anima del romanzo.
Antonio Bandini, giovane scrittore che ha pubblicato solo un racconto:'' il cagnoline rise'', si trasferisce a Los Angeles, e affitta una stanza all'Hotel Saint Paul.
Si impegna per partorire nuove storie, col fine di poter sopravvivere e non dover più chiedere soldi alla madre.
All'inizio riesce con difficoltà a produrre nuovi racconti, ma solo vivendo sul serio, la vita vera della strada, l'amore per Camilla, e la breve avventura con Vera, la donna ebrea che lo seduce, lasciandogli come cattolico, un grave senso di colpa, per aver fornicato con lei. Il terremoto , esperienza umana e interiore. Solo così diventera uno scrittore.
La sua difficoltà di vivere, di affermarsi per poter diventare un grande scrittore, i suoi sogni, sulle donne raffinate e irraggiungibili, la sua malcelata natura sensibile e votata all'amore.
Il periodo storico, siamo nel 1939, la recessione, i problemi razziali, argomenti appena accennati, ma che rafforzano la difficolta di Bandini e l'autopunizione di Camilla, la giovane messicana della quale Bandini si innamora. Il suo sentimento, non ricambiato, porterà lo scrittore a una crescita interiore che farà solo bene alla sua carriera come autore.
John Fante, autore davvero eccezionale, per me fino a ieri sconosciuto; mi ha svelato un nuovo filone e nuovi orizzonti della narrativa. C'è molto di autobiografico in questo romanzo.
Non mi sono dilungata sulla trama del romanzo, perché in realtà non è il racconto la vera opera ma lo stile davvero originale dell'autore a rendere questo testo un'opera da leggere assolutamente, per non dire da rileggere.

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Gioiese Opinione inserita da Gioiese    23 Marzo, 2014
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"È una polvere da cui non cresce nulla"

"Chiedi alla polvere" è il primo romanzo (e finora l'unico) che abbia letto di questo scrittore italo-americano, e l'ho apprezzato parecchio. Molto autobiografico, lo capisce sin da subito, con la presentazione del protagonista: uno scrittore italo-americano, che dopo aver pubblicato un racconto, non riesce più a scrivere niente di buono e sta per finire nel dimenticatoio.
Egli vive nel suo mondo dei sogni, dove sta per diventare uno scrittore famoso e ricco, ma la realtà è che il suo unico racconto è stato pubblicato su una piccola rivista e letto giusto da un paio di persone, e che per vivere (in una squallida pensione) ha bisogno di essere mantenuto dalla madre. Ci si accorge subito che egli non si rende conto che in realtà non è quel personaggio che si è costruito nei suoi sogni, quando gli arriva la lettera da parte della padrona di casa in cui gli intima di pagare l'affitto arretrato altrimenti l'avrebbe cacciato via, e lui per tutta risposta dice che è in procinto di ricevere una grossa somma di denaro con la vendita di un racconto; cosa che è più una speranza che che altro. "...e la biblioteca con i grossi nomi degli scaffali, il vecchio Dreiser, il vecchio Mencken, tutta la banda riunita che andavo a riverire. Salve Dreiser, ehi Mencken, ciao a tutti, c'è un posto anche per me nel settore della B, B come Baldini, stringetevi un po', fate posto ad Arturo Bandini. Mi sedevo al tavolo e guardavo verso il punto in cui avrebbero messo il mio libro, proprio lì, vicino ad Arnold Bennett; niente di speciale quell'Arnold Bennett, ma ci sarei stato io a tenere alto l'onore delle B, io, il vecchio Arturo Bandini, uno della banda."

Piano piano le cose iniziano a cambiare e conoscerà Camilla, una cameriera messicana di cui si innamorerà e per la quale farà qualsiasi follia.
Un libro molto profondo che racconta le paure di un uomo che teme "di non farcela" nella vita e cerca di nascondere le sue paure sotto un velo di spregiudicatezza ed arroganza, la difficoltà di ambientarsi e la discriminazione verso lo straniero in un'America del nord ancora razzista verso gli americani del sud (e non solo). Inoltre mi è piaciuto come Fante affronta il tema dell'amore: in amore, c'è sempre uno dei due che è più debole e che, essendo così innamorato da compiere qualsiasi cosa per un'altra persona, dà alla stessa il potere di approfittare di questa situazione; e come in una storia si può essere la "parte forte", è probabile che in un'altra si possa essere la "parte debole", infatti Camilla è sia l'una che l'altra a seconda che si trovi con Arturo, il protagonista, o con Sammy, l'altro cameriere, di cui è innamorata.
Bello lo stile di scrittura di Fante, libro che non annoia mai e che scorre velocemente riuscendo allo stesso tempo trasmettere tutti i sentimenti dei vari personaggi, soprattutto di Arturo e Camilla. Ha il pregio di creare una storia e dei personaggi sempre lineari e coerenti, anche nella loro incoerenza. Romanzo sicuramente valido.

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antares8710 Opinione inserita da antares8710    06 Marzo, 2013
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Io sono Arturo Bandini!

Scritto alla fine degli anni '30, Chiedi alla polvere è uno dei romanzi che mi hanno convinto ad avvicinarmi e ad approfondire il mondo complesso e multiforme della letteratura americana. E' passato del tempo da quando ho letto il romanzo e ancora oggi mi sento in debito con esso per avermi fatto conoscere John Fante, scrittore Usa di origini abruzzesi, grande talento narrativo e stile asciutto.
Questo romanzo in realtà non andrebbe letto da solo, in quanto fa parte di una trilogia di romanzi, incentrati sulla figura del protagonista Arturo Bandini.

Il romanzo tratta la storia di Arturo Bandini, un immigrato italiano con il sogno di diventare un grande scrittore, nella California ancora traumatizzata dalla Grande Depressione. Proprio in California Bandini incontrerà una cameriera messicana, Camilla Lopez, con la quale inizierà un'intensa e assurda storia d'amore. Una storia d'amore travolgente e irrazionale dominata dalla paura dei due di non farcela, di non riuscire ad affermarsi nella società, e di vivere una vita povera e infelice. Una cappa di tristezza e di ansia cade sopra Arturo e Camilla, che alternano momenti di grande sentimento e vicinanza spirituale, ad altri conditi di insulti e incomprensioni. Il loro amore è tragico e la loro urgenza di affetto non potrà mai essere soddisfatta.
Il racconto, caratterizzato da momenti di grande lirismo ad altri di realismo quasi brutale ed esasperato, si conclude con la giovane Camilla che si lascia andare in un abisso di autodistruzione e negazione, fino a scomparire del tutto nel deserto che costeggia la città. Il deserto, simbolo dell'annientamento finale dell'uomo e dei suoi sentimenti, con la sua polvere tutto annulla e tutto dimentica...

Charles Bukowski, grande ammiratore di Fante e del suo romanzo, ammetterà la grande influenza che ha avuto nelle sue opere Chiedi alla polvere. Si sentiva talmente immedesimato nel protagonista del romanzo, che arrivò a dichiarare: "Io sono Arturo Bandini! Io sono Arturo Bandini!"

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Viola03 Opinione inserita da Viola03    17 Ottobre, 2012
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"Chiedi alla polvere"

"Così l'ho intitolato Chiedi alla polvere, perché in quelle strade c'è la polvere dell'Est e del Middle West, ed è una polvere da cui non cresce nulla, una cultura senza radici, una frenetica ricerca di un riparo, la furia cieca di un popolo perso e senza speranza alle prese con la ricerca affannosa di una pace che non potrà mai raggiungere. E c'è una ragazza ingannata dall'idea che felici fossero quelli che si affannavano, e voleva essere dei loro." J. Fante

E' in California che approdano i sogni americani. Là tutti i sognatori trascinano dietro la polvere dei loro paesi lasciati alle spalle, si svestono di abitudini ed abiti pesanti ed indossano la tenuta tipica del posto: camicia colorata ed occhiali da sole.
Arturo Bandini, vent'anni, li guarda e li riconosce, sa vedere i loro sguardi svuotati della speranza.
Quella che invece fa muovere il sangue a lui che è giovane e chesoprattutto saprà realizzare il suo sogno: fare lo scrittore.
Tra momenti di fiducia in sé che rasentano l'isteria e attimi di depressione abissale, Bandini sforna il suo primo racconto, Il cagnoline rise, pubblicato su una rivista che porta sempre con se e sbandiera appena può.
A questo ne segue un altro e il futuro sembra prospettarsi roseo, finché sulla sua strada incontra Camilla.
Camilla fa la cameriera ed è messicana. La pelle scura, i denti bianchi, i fianchi sensuali.
Camilla che fa innamorare Arturo, ma non lo riama. Un'asimmetria che solo un animo da scrittore può trasformare in poesia.

Uno stile semplice, lineare, sempre attraversato da sottili ombre di ironia, divertente e tragico insieme, con picchi poetici che si infilano qua e là.
Bandini è un personaggio in cui l'autore esplicitamente si identifica e che porta il lettore stesso ad un'empatia fin dalle prime pagine.
Contorto, esuberante e complicato, Arturo è un giovane che racchiude in sé il sogno americano, la difficoltà di un'origine italiana, la vittoria e la sconfitta.

Chiedi alla polvere è un romanzo che racconta un mondo, quello dove si arenano le speranze e i sogni degli americani, una sorta di terra neutra dove approdano i piccoli bagagli di ciascuno, ma che sarà sempre un luogo estraneo, senza radici. Un posto dove comunque vigono delle regole, quelle che impediscono ad un americano di stare con una messicana, quelle che impongono comunque di avere soldi per avere prestigio. Il tutto raccontato attraverso gli occhi e la voce di Bandini e del suo amore per la bella Camilla, il tutto velato della polvere che si insinua nelle stanze, che si accumula sui tappeti, che cancella le orme non appena lasciate.

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Ps: nell'edizione Einaudi, un'interessante commento introduttivo di Baricco e il prologo di Fante, che però è alla fine.....
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charicla Opinione inserita da charicla    28 Mag, 2012
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La polvere ricorda chi sei

Quando pensi a questo libro, non puoi definirlo semplicemente “un bel romanzo”, perché sei consapevole sin dalle prime pagine, che ti trovi di fronte ad un vero e proprio capolavoro … il capolavoro assoluto di Fante e di un certo tipo di letteratura americana di “razza” troppo bella per essere inquadrata dentro schemi ben definiti. Ecco spiegato il motivo per cui te ne stai inchiodato sin dalle prime pagine a leggere di Arturo Bandini e delle sue eroiche imprese.
Si proprio lui, quell’ Arturo Bandini di cui già hai sentito parlare, squattrinato e sognatore che vaga per le strade di Los Angeles inseguendo il grande sogno di diventare uno scrittore famoso ed acclamato.
E godi e gioisci con lui per i suoi successi letterari e soffri con lui quando vaga nelle notti senza luna in cerca di Camilla, maledicendo se stesso e il suo brutto caratteraccio e infine provi pena chiedendoti che ne sarà della sua vita, del suo triste destino e della sua povera anima.
Finita la lettura di questo libro però ti vien voglia di benedire Fante e di maledire il deserto.

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FANTE FANTE E POI ANCORA FANTE
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websurfer78 Opinione inserita da websurfer78    24 Mag, 2012
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La vita!

"Ah,la vita! Tragedia dolceamara,splendida puttana che mi porti alla distruzione!"
Chi è Arturo Bandini? Un sognatore,uno squattrinato,uno sbruffone,un romantico,un attaccabrighe...e mille altre cose...
Nel terzo capitolo della serie di John Fante a lui ispirata,Arturo,vicino ai vent'anni,si trasferisce dalla casa materna a Los Angeles,dove,tra le mura della sua squallida camera d'albergo,sogna di diventare un celebre scrittore...La realtà,però,che gli si presenta è ben più dura,con l'affitto da pagare,un vicino di camera ubriacone e pazzoide,il caldo soffocante del deserto,la solitudine...fino a quando nella sua vita non entra Camilla Lopez,avvenente cameriera messicana,che gli sconvolge la vita...e il cuore...Mentre l'incontro con un'altra donna,Vera,disturbata e disperata,gli darà lo spunto per intraprendere la scrittura del suo primo vero romanzo...e del suo primo successo letterario...
"Chiedi Alla Polvere" rappresenta il mio primo approccio a John Fante e l'impressione che ne ho tratto è,davvero,stupefacente...la semplicità della trama è sostenuta da uno stile narrativo appassionato,carico di emozioni,nel quale emerge tutta l'emotività del protagonista,che nelle pagine del romanzo oscilla continuamente tra la gioa e la disperazione,come un moderno Jacopo Ortis...I personaggi di contorno sono,spesso,disperati,soli,dediti all'alcool e alle droghe,come avvolti da un invisibile ma ben presente alone di distruzione,ma comunque nei loro gesti,nelle loro parole,Fante ne coglie la vita,che sgorga incessantemente attraverso le pagine del libro...La Los Angeles che fa da sfondo alle vicende è ben lontana dagli stereotipi della città,tutta grattacieli,strade immense e onde marine....piuttosto,una metropoli dolorosa,che fa da culla e da rifugio per migliaia di anime abbandonate e solitarie....
Un romanzo meraviglioso,decisamente moderno,sebbene scritto negli anni '30 del secolo scorso,semplice nella trama,profondo nelle emozioni...consigliatissimo,magari da leggere seduti in spiaggia,al tramonto...

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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    20 Febbraio, 2012
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Il romanzo dei romanzi...

Bene, ok…e ora come ve lo spiego? Cioè dovrei usare una sequenza di parole, una serie di frasi per dirvi quello che si può semplicemente dire con due o tre termini…Fantastico, Stupendo, Meraviglioso, Favoloso…Ho trovato questo romanzo su uno scaffale mentre ne cercavo un altro, e come l’ho visto mi sono ricordato quello che Bukowski diceva di John Fante: “Le parole scorrevano con facilità, in un flusso ininterrotto. Ognuna aveva la sua energia ed era seguita da un‘altra simile. La sostanza di ogni frase dava forma alla pagina e l’insieme risultava come scavato dentro di essa. Ecco finalmente uno scrittore che non ha paure delle sue emozioni”. Bukowski amava Fante, tanto da chiedere alla Black Sparrow di ristampare ( più che chiedere minaccia la Black Sparrow dicendo che se non avessero ristampato “Chiedi alla polvere” lui non gli avrebbe consegnato il suo ultimo romanzo) “Chiedi alla polvere”, e va di persona da John Fante chiedendo se nella ristampa poteva scrivere una sua prefazione ( che nel mio libro non c’era ma che va letta perché fa capire quanto Bukowski ami questo autore che considera “il miglior autore che abbia mai letto”). L’ho preso e l’ho letto in due ore. Non puoi fare diversamente. Ti cattura e non ti lascia andare via. “Chiedi alla polvere” è la storia di Arturo Bandini, uno scrittore americano figlio di immigrati italiani, che dopo aver pubblicato il suo primo racconto, “Il cagnolino ride”, cerca di fare fortuna, di uscire dalla povertà in cui si trova scrivendo e sognando un giorno di diventare uno scrittore ricco e famoso. Finchè un giorno non incontra Camilla, una cameriera messicana. L’incontro parte male, i due litigano subito a causa di un “caffè schifoso”, poi però lentamente Bandini comincia a capire che forse per quella ragazza messicana prova qualcosa, qualcosa di importante. Ecco che però arrivano i problemi. La bella Camilla è infatti innamorata di un altro barista che lavora con lei, Sammy, che però di lei non vuole proprio sentirne parlare. Questa è la trama, semplice e diretta, poi intorno a tutto ciò si sviluppa un capolavoro. In questa storia ce ne sono almeno altre 3. La prima, il Bandini scrittore che cerca di diventare famoso e ricco. La seconda il Bandini che da ateo diventa credente. E la terza, e cioè la storia d’amore. In tutto ciò, un'altra meraviglia, e l’analogia tra le due storie d’amore non corrisposte: lui che si innamora pazzamente della bella messicana fino ad arrivare a fare follie per lei senza però essere corrisposto, e la bella messicana che finisce per letteralmente per impazzire dietro a Sammy, senza ugualmente essere corrisposta. E poi ancora, il contrasto tra i “vari Bandini”. Prima c’è un Bandini sicuro di sé, sprezzante delle donne e dell’amore, presuntuoso, arrogante (dice di se che diventerà il più grande scrittore al mondo…). Poi c’è il Bandini innamorato: timido, imbranato, cortese, disposto a tutto per fare contento la sua amata, fino a diventare quasi uno schiavo…Una storia d’amore sofferta, nuda e cruda come le storie d’amore che si consumano a fatica, quelle che non cominciano e non finiscono, ma che si portano dietro dei carichi pesanti. Lo vedi quasi Bandini li seduto che cerca di dare un senso alla sua vita, che cinque minuti prima con Camilla vicino aveva, e cinque minuti dopo, senza Camilla, non ha più. Lo stile è semplice, niente termini ricercati, niente neologismi, ma proprio per questo riesce ad essere perfetto, spesso passa dalla prima alla terza persona senza però far perdere il lettore e senza diventare per questo noioso o complesso. D’altra parte chi l’ha apprezzato più di tutti (Bukowski) diceva che “il genio è colui che sa esprimere concetti profondi in maniera semplice”…Potrei stare qui per altre due ore ma non riuscirei comunque a farvi capire la bellezza di questo libro…leggetelo e non ve ne pentirete…forse il più bel romanzo che abbia mai letto…

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darkala92 Opinione inserita da darkala92    01 Settembre, 2011
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Interesse saltuario

Pensavo che un Fante mi avrebbe regalato più emozioni. O meglio, pensavo che io sarei stata in grado di provarle. Forse ho il cuore di ghiaccio, forse non sono la persona adatta per questo tipo di genio, e ciò mi rattrista. Ci riproverò, intanto. Prenderò qualcos'altro, anche se dubito possa farmi sentire quelle fastidiossissime ma meravigliose farfalle nello stomaco.

Non sono realmente in grado di citare le pecche di “Chiedi alla polvere”.
Arturo Bandini, l'uomo dalle tre personalità mescolate: l'uomo cattolico, l'uomo italo-americano, l'uomo che sogna di diventare scrittore. Quello stesso uomo che alla fine si innamora di Camilla, la quale apparentemente sembra una donna comune (povera ma bella), ma che si rivelerà la chiave che lo aggancerà al mondo, il foro dal quale fuorisce la sua incapacità di vivere la vita; lei rappresenta i suoi spiriti, i fantasmi del passato. Non sono sicura che questo percorso di formazione, se così può essere definito, terminerà mai o se ancora Bandini sia in procinto di cercare una via d'uscita. “Chiedi alla polvere” è un insieme di contraddizioni, o più che altro un “mélange” di tante emozioni, tanti stili, tante idee che si scontrano tra loro. Il risultato è un libro di un certo livello, almeno questo si percepisce, che però non è lineare, o almeno come io l'ho percepito.
Se potessi esprimere con un colore questo libro direi subito beige, tendente al marrone scuro. Il Beige del Colorado, il Beige di quelle catapecchie sporche americane, il Beige della terra, della polvere, il Beige della povertà.

Il dubbio principale è:
Bandini, scrittore per passione o per fama? Amore viscerale per le parole o voglia di denaro? Ci sono elementi che contraddistinguono entrambe le teorie, ma non sembrano sufficienti a darne un giudizio irremovibile e indiscutibile (almeno per me!). Questo è ciò che mi ha frustrata maggiormente. Quell'incertezza finale che non permette di porre la parola “fine”.

Altra pecca (come ho notato l'abbia percepita anche Baricco, il quale ha scritto una bella introduzione – edizione Einaudi) è quella di non aver trattato perfettamente la seconda parte del Bandini, ovvero la versione cattolica dell'alter-ego di Fante. E' soltanto accennata, poiché la storia con Camilla invade le altre sfumature, calpestandole completamente e prendendo fin troppo potere.

Uno stile in parte semplice e lineare, in altre parti invece molto dettagliato e accurato, che sa regalare molti concetti di un certo spessore e soprattutto delle immagini entusiasmanti.

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Non riesco a darli obiettivamente.
Li aggiusterò più in là.
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Frax90 Opinione inserita da Frax90    27 Gennaio, 2011
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The best of Fante

Terzo capiotolo della saga Bandini, "chiedi alla polvere " rappresenta, a parer mio, il capolavoro di John Fante.Il celeberrimo Arturo Bandini, protagonista dell'opera, è un ibrido di tre diverse e dissimili persoalità:Arturo il futuro scrittore,che si imporrà tra i grandi piloni della letterratura,Arturo il cattolico represso ed indeciso, che vede in Dio una forma di salvezza e debolezza contemporaneamente, Arturo l'italo-americano sprezzante,sbruffone e razzista, innamorato follemente di una "peones" messicana di nome Camilla Lopez. Ovviamente il romanzo ruota attorno alla conplessa, dinamica, multiforme e malleabile individualità del personaggio, emblema congiunto dei giovani ventenni sognatori e un pò pazzi, con le tasche piene di progetti e moriture di soldi,e degli italoamericani di inizio secolo(1900), pervasi da una vita stretta e soffocante che li fa contorcere e disperare, insozzati dai pregiudizi dei "sangue blu "americani, ma nel medesimo tempo forti ed orgogliosi, con lo sguardo fiero sempre rivolto all'orizzonte.Questo Arturo(ormai caposaldo della letteratura americana novecentesca) in certi sprazzi della trama si mostra al lettore con un "modus vivendi" quasi donchiscottesco, (mancano solo i mulini a vento e siamo a cavallo), parodiando (forse) l'essere umano stesso, sempre indeciso e pervaso dal dubbio.Sono proprio queste indecisioni smenbranti a far di Bandini il vero archetipo umano.ALtro vero aspetto di mirabile rilievo che si incontra cammin facendo nell'opera, è quel particolare legame(definitelo pure amore se volete) che lega Arturo e Camilla,la quale con le sue "Huaracas" simboleggia il disagio, l'emarginazione e l'isolamento dei messicani approdati nella città degli angeli.Camilla raffigura e riassume i grandi fallimenti di Arturo, dall'impotenza sessuale all'incapacità di stringerla a sè e non farla fuggire nella desertica polvere. Opera monumentale di Fante ,"chiedi alla polvere" con il suo finale tragicamente triste, è un romanzo che DEVE essere letto, quindi,non mi resta che augurarvi buona lettura!!!!

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gio gio 2 Opinione inserita da gio gio 2    28 Mag, 2010
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polvere...

UN romanzo di John Fante(1909-1983);costruito in tre racconti narra le vicende di:un ventenne che sogna di diventare scrittore e ci riuscira',secondo un ventenne cattolico che cerca di convivere con le sue contraddizioni,terzo un ventenne italoamericano che si innamora perdutamente di una ragazza italoispanica e fa di tutto per sposarla...tutto questo in unico vantenne Arturo Bandini,un personaggio,a tratti feroce che si nasconde dietro un finto cinismo...il rapporto combattuto con Camilla,le strategie di sopravvivenza...il tutto su questa polvere sulla quale sembra non poter nascere nulla...Emozionante e ricco di introspezione,il finto cinismo mi riports a Bukoswsky,suo grande ammiratore e colui che riusci a riscoprirlo con questa grande opera.Un libro che ti cattura e riesce,in modo molto intenso a far vivere al lettore le emozioni dei protagonisti...forte,selvaggio,introspettivo,da leggere e rileggere...

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Bukoswski
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NRG Opinione inserita da NRG    28 Mag, 2008
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Chiedi alla polvere

Dietro un ostentato ed apparente cinismo, una grande sensibilità, un disperato bisogno di vita, di amore; amore che quando arriva non ti riconosce e non ti ricambia,e ti lascia ancora più solo e disperato, senza neppura la consolazione di un ricordo felice.

Le difficoltà di uno scrittore, la sua profonda solitudine, le spicciole e meschine necessità del quotidiano in contrasto con le grandi aspirazioni, le piccole e scarse soddisfazioni che arrivano ogni giorno contrapposte ad una grandezza d'animo difficile da contenere. Questo e moltissimo altro troverete in Arturo Bandini e in "Chiedi alla polvere". Magnifico il prologo che, astutamente, viene collocato solo alla fine del libro.

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Storie di ordinaria follia
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