Delitto e Castigo Delitto e Castigo

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El Ghibli Opinione inserita da El Ghibli    12 Agosto, 2023
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un capolavoro

"Delitto e Castigo" è un capolavoro letterario che scava profondamente nell'animo umano, portando alla luce le intricanti sfumature della colpa, della redenzione e della ricerca di significato. Scritto dal grande autore russo Fëdor Dostoevskij, questo romanzo è un viaggio psicologico avvincente, che ci conduce attraverso i labirinti dell'etica e della moralità.

La trama segue la vita di Raskolnikov, un giovane studente che, afflitto dalla povertà e dal senso di ingiustizia sociale, commette un omicidio per mettere in pratica una teoria personale sulla legittimità delle azioni straordinarie. Tuttavia, la sua azione lo getta in un abisso di rimorso, ansia e tormento interiore. Attraverso le pagine di "Delitto e Castigo", Dostoevskij ci guida nel tumulto delle emozioni di Raskolnikov, esplorando le sue ragioni e le sue pene. Il romanzo ci offre una visione cruda e penetrante della psicologia umana, mettendo in luce come anche le menti più razionali possano cedere alle passioni e agli istinti.

La profonda analisi dei personaggi, in particolare quella di Raskolnikov, ci invita a esaminare i confini della morale e a interrogarci sulla natura della giustizia. La prosa di Dostoevskij è densa di riflessioni filosofiche e introspezioni psicologiche, offrendo al lettore una sfida intellettuale e spirituale. Il romanzo esplora il conflitto tra la mente razionale e l'anima tormentata, "Delitto e Castigo" è una meditazione profonda sull'essenza dell'umanità e sulla lotta interiore tra il bene e il male. Attraverso le vicende di Raskolnikov, il romanzo ci spinge a riflettere su ciò che giustifica le nostre azioni, E' un viaggio nell'oscurità dell'anima umana.

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abyssenoir Opinione inserita da abyssenoir    27 Settembre, 2021
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Uno dei must read.

ATTENZIONE! RISCHIO SPOILER!

Recensione basata sul libro di Fëdor Dostoevskij: Delitto e Castigo.
Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821; il padre, un medico russo, un uomo molto dispotico e intransigente. La madre, invece, fu una donna più accostevole, che avrà sempre cara in cuor suo. Insegnerà lui, -già in piena fanciullezza- le letture di Puskin quelle religiose della Bibbia, in quanto questi era una credente ferrata.
Dostoevskij non nasce già come un letterato, anzi, egli dapprima apprende studi concernenti l'ingegneria militare -imposti dal padre- ma che non vanno a buon esito. La passione per le letture, la fragilità di una famiglia rumorosa e disgregata, la morte -l'omicidio, o l'apoplessia- del padre, il repentino evento di epilessia, - il quale accompagnerà Dostoevskij per l'intera vita- la curiosità smodata di osservare attorno a sè la natura umana; connotano una delle personalità letterarie più sature, imperdibili e imprinte nella storia della letteratura russa, ed europea, internazionale.
La vita di Dostoevskij è segnata altresì da un altro evento cruciale: la mancata fucilazione al plotone d'esecuzione, grazia concessagli dallo Zar Nicola.
tale evento, comporta il trauma di scatti epilettici. Egli fu accusato di cospirazione per aver preso parte ad una società segreta, deleteria nei riguardi del governorato; in effetti, Dostoevskij non era un membro fisso dei raduni, ma solo un ascoltatore qualsiasi che andava a crocchio con altri. Ciò nonostante, si ritrova prigioniero nel penitenziario dei santi Pietro e Paolo, quando d'improvviso un soldato lo desta mentre il detenuto si ritrova ammantato da una calda coperta: -Per non aver denunciato, dunque non aver collaborato e inoltre, peccato di reticenza alla disvelazione dei nomi dei cospiratori!- ... ivi, il rullo di tamburi sortirà la vita dell'autore, che tra meno di cinque minuti verrà accoppato, senza obiezioni. Già summenzionato, una manna piomba dall'alto: è la liberazione dall'uccisione efferata, pari tempo è la condanna obbligatoria ai lavori forzati in Siberia; Omsk, il nome della città cui egli non potrà mai lavare via dalla pelle, dalle mani stanche, dalle vene varicose, e dal viso -Dostoevskij si profila così- emaciato, pressoché tisico. A seconda dei gradi, ai condannati venivano affidate le categorie: miniere, fortezze o fabbriche da sbrigare.
Quando si crede che la vita di un autore non influenzi le proprie vicissitudini, non si crede sbagliato, poiché possono esservi alcuni stoici che braccano le proprie incontinenze emotive costruendo immaginari fittizi, per imbastire una realtà quasi comoda, o più compenetrante ai propri ideali, più saporita, più sporca, più speziata; Dall'altra sponda vi sono coloro che vogliono tornire la propria definizione di vivere figurandosi storie tanto meste quanto la loro stessa esistenza, addirittura riportare posti, sensazioni, filosofie apprese lungo la via.
Non è di certo la prima volta che tocca il fondo, durante la prigionia riesce ad ergersi e a sottostare alle stentoree ingiunzioni; è acquiescente, tacito. Un uomo dagli occhi scavati, penetranti, dal viso un po' giallognolo malaticcio, dalla fronte solenne. Tant'è che con l'intercorrere degli anni, l'iride dello scrittore diverrà quasi ipertrofica.
Ma cos'è che nasce in Dostoevskij? perché oggi è ritenuto come la quintessenza dei classici da non perdere d'occhio? chi è, in effetti costui?
Inverosimilmente, egli pasce un sentimento di compassione per l'animo umano, o meglio dire, gli esseri umani. Si crede folle per narrare di essi, scrutarli, esasperarli e raccontarli attraverso iridate sfumature di umano mistero. Egli prova curiosità e quasi un patriottismo per questo 'mistero' poiché anche egli è un uomo. E' la sua missione, e ci impiegherà l'intera vita per spiegare a sè stesso e noialtri, il mondo. Rintuzza qualsivoglia titolo di nobiltà, per dedicarsi alla campestre e stentosa vita da scrittore, si autoproclama come proletario della penna, rammenta la memoria di Puskin e Gogol raccapezzandosi della laboriosità di questi, malgrado l'apporto di una vita connotata da miseria e fame. L'irresolutezza tra obiettivo e necessità, oscilla; egli ha bisogno di denari, ma sviluppa una certa avversità per gli accumulatori, i mercanti, e i borghesi.
Egli preferirà donarli ai poveri, ai mendici, o sfortunatamente precipitare nel vizio debosciato del gioco d'azzardo; tale da appunto, diventare un romanzo ''Il giocatore.''
Ma '' Povera gente'' raffigura la decisione di dipingere la vita degli infelici, quei tapini disgiunti dagli sfortunati. Un povero può essere opulente di sentimenti nobili, ma nella miseria, invece, spetta la più sbieca disperazione umana, ostile ed infedele a tutto quello che possiamo ricondurre all'umanoide. La versione dei romanzi scritti, non è assolutamente divaricata dall'esperienza empirica e sensibile dello scrittore. Cristallizzandoci su Delitto e Castigo, non potremmo assolutamente non dare uno sguardo ai cenni autobiografici dell'autore, commutato dall'effigia del protagonista: Raskolnikov, uno sparuto studente universitario, che fatica a pagarsi l'università e l'affitto, tanto da eludere sempre dai grossi problemi incarnati in persone: La padrona di casa, la vecchia usuraia, e l'evanescente, inciuccata gente di San Pietroburgo. Nasce il tema dell'alienazione, della sofferenza ormai già messa alla berlina su un patibolo ben visibile, ritroviamo un protagonista tetro, fuggente, malnutrito che si astrae derelitto da qualsiasi affetto familiare; pari tempo è una persona ben profilata, che bighellona nelle meste visioni di questa città fantasma, laddove si ritrova faccia a faccia con vecchi ubriaconi come il signor Marmeladov, il quale usurpa dei soldi di Sonjia; sua figlia. Sonjia rassomiglia ad un angelo biondo, raggrinzito dalla via, o dal tesserino giallo che testimonia un'urgenza, o dagli scossoni di Katerina Ivanovna, moglie di Marmeladov, che morirà gravemente di tisi, dopo essere stata cacciata dalla bettola in cui viveva assieme i suoi piccoli. Terribile, raggelante sono i molteplici episodi che Dostoevskij riporta, dagli strepiti dei bambini che vengono percossi da una madre alla luce fuori di sé, all'umiliazione dell'elemosina in pubblico di bimbi vestiti in costume e una donna che si scaglia contro quelli dall'orpello costoso, che come cariatidi sembrano essere impassibili. Raskolnikov, sovente sembra dissociato al cospetto di queste tribolazioni. Tace, ed è riflessivo quasi come presente nella sua assenza compendiata in silenzi, sguardi bui, labbra interrate. Al suo fianco, Razumichin 'razum' ossia, ragione, il suo più grande amico goliardico, giulivo e spigliato, è lui che da brio alla narratio. Appresso la madre -ingenua, credente e follemente legata al figlio- e la sorella, donne dilaniate dalla condizione del fratello e figlio, sono per niente servili, sono due co-protagoniste gremite di caparbia, tanto da discacciare il ricco, supponente, altero Luzin, -un uomo che cerca di irretire attraverso il bottino, le richieste perentorie dal tenore austero le due donne- promesso sposo di Dunjia. -sorella di Raskolnikov-. "il nero serpente dell'amor proprio ferito gli aveva succhiato il cuore tutta la notte!.."
Appare curioso invece, il personaggio di Svidrigailov, reduce dell'omicidio di Marfa Petrovna, ex moglie che apparirà nei frangenti meno rilucenti dell'uomo. Egli, parla di fantasmi, come onirico, esoterico " I fantasmi sono, per così dire, brandelli e frammenti di altri mondi"... un uomo sano non ha motivo di temerli, perché mondano, terrestre, s'adagia alla vita di ogni giorno (potremmo dire l'uomo comune, come medita Raskolnikov) ciò nondimento, l'uomo incrinato è intieramente sommerso all'interno di una cavità malata che affluisce poi, si scapicolla in un altro mondo (quello dell'uomo fuori del comune, probabilmente) Ergo dunque, Svidrigailov è un uomo empio, malvagio da come ne viene contrassegnato, eppure durante tutto il romanzo non fa altro che condonare denaro, autoflaggellarsi come una putre d'uomo, e addirittura aiutare una bimba che ritrova all'interno di un albergo fuorimano nei pressi di corso Bol' soj. Ma costui è un mero personaggio da romanzo (come asserisce onnisciente lo scrittore) è scaltro, parla di adulazione, è un omicida, è perverso. Eppure, Raskolnikov che aborrisce al solo pensiero di esser come questi, coabita, assieme a Svridigailov in una dimensione permeata dagli incubi. Gli incubi della vita reale, durante la prigionia, vengono traslati nel romanzo. Lo stato di profonda afflizione da suicida, è un incentivo per scrivere, il deliquio semicosciente istiga, fomenta la sferza della penna sul foglio: Così come Raskolnikov compie un delitto per ribellarsi dalla società, viene subito castigato da quest'ultima per essersi dimenato, per essersi incattivito, e aver ucciso con una scure un solo "pidocchio" antiquario, avido. Il castigo di essere offuscato in una cortina di bruma, di essersi raggricciato in una penitenza solinga e scavezzacollo; di nuovo l'alienazione, non i sensi di colpa, o rancori, bensì l'irreversibile condanna dell'anima. Gli uomini fuori del comune sono addirittura incentivati, hanno il diritto a delinquere per scavalcare la strada impasse, per dire qualcosa, per salvare l'umanità. Fa l'esempio di molti eruditi, ormai spiriti, rivoluzionari storici e filosofici: Newton, Keplero, Napoleone, Maometto... nel contesto storico, questi hanno trasgredito alla legge antica, per dar vita ad una legge nuova (hanno scomodato la società, l' hanno irrisa) comportando anche delle uccisioni, che han constato una legge di natura che ha permesso il progresso, sbaragliando il morale e costruendo una storia. Uomini fuori del comune, introvabili, pochi come rari, i quali non vengono onorificati e nemmeno riconosciuti da terzi. Di nuovo, il realismo del romanzo è agglutinato alla condizione psicologica dell'autore: appare scardinante anche la questione aperta da Lebezjiatnikov: la parità della donna dinnanzi l'uomo, che innovativa e contemporanea, precorre un taboo oggi ancora straniato dal gergo di molti uomini. Egli discorre della legalità del matrimonio, di adulterio -adempiuto da ambo le parti, in soldoni- e di quanto il primo può sembrare una manfrina per un socialista, è dunque favorevole al secondo, in quanto il 'misfatto' può foggiarsi come una rivoluzione al pregiudizio. Dare dunque parità ad un individuo, a ramengo se uomo o donna. "Se mi sposassi (non cale se matrimonio legale, o libera unione) porterei io stesso un amante a mia moglie. le direi: io ti amo, ma ancor più desidero che tu m stimi..."

Lo spettro della città, le strade pietroburghesi, i vagiti dei posti che Dostoevskij cela abbreviandoli, gli abitanti e i suoi mali, i suoi reietti, i suoi modesti lavoratori, gli ubriaconi bislacchi, gli sciamannati poveri in canna, i bliny, il tè, la vodka, gli indumenti stracciati, logori, rescisi, le bettole copiose di ratti, la tana del ragno del protagonista ampliano l'immaginazione del lettore, il quale si cala con occhi e voce interiore lungo le righe sdrucciolevoli le proprie percezioni, che scientemente vagolano qua e là, senza ah e oh.
Dall'abisso straziato, dalla nerezza di eventi funesti, dai miraggi utopistici, i rovelli, la confusione del protagonista, a palmo a palmo accorriamo al fine. Ovverosia, quanto più ci si defenestra a scapicollo, si corre a piedi nudi e secchi su un declivio sporgente, ci si inzacchera di fanghiglia fino all'orlo dell'ultimo crine, si trasecola anche il viso più rubicondo si giunge ad una conclusione che dapprima per nolenza, per stizza, per peccato si ricusava; la salvezza. La redenzione, la Fede - D. In siberia, portò con sè la copia del vangelo- l'amore -or ora lacrima per Sonja, le sue idee, i suoi pensieri diventano i suoi, i suoi abbracci diventano i loro intrecci di dolore e assoluzione- verso un'espiazione, una libertà; 7 anni come 7 giorni -un anno lo sconta grazie al ricorso di Razumichin in tribunale- la cura dello sguardo, della devozione, del lavacro di un amore che avverrà tra un'attesa e l'altra, tra una visita o due. Si riconobbero, finalmente nel loro stesso morbo: due visi pallidi, smunti, sfiniti. Due occhi incavati, due cuori gracili che incontratisi lungo un anfibio crocevia, finalmente si sono guardati e poi agguantati con le iridi dilatate. Amore come una crociata, una sciabola che smette di urtare e dare staffilate continue. Raskolnikov ripagherà le sofferenze di Sonja, aggranfiata da un passato di stille, strida sommesse di dolore intrattenibile, veemente. Egli sconterà la iattura con una falcata slombata, ma un cuore prono atto a preludere un nuovo mondo, estraneo, intemerato, pur sempre umano

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Ha già letto* Dostoevskij, o qualsiasi altro libro di natura psicologica. (exemplum: la noia di Moravia) come la sottoscritta.
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Chiara77 Opinione inserita da Chiara77    21 Giugno, 2021
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Oltrepassare il confine

Dopo aver – finalmente - letto anch’io questo classico fra i classici della letteratura cosa posso esprimere con la mia modesta opinione che non sia già stato scritto in fiumi di pagine da illustri critici e lettori? In ogni caso scriverò qualche parola anch’io su “Delitto e castigo”, semplicemente per condividere questa esperienza di lettura, che mi è sembrata significativa.
Raskòl’nikov è uno studente universitario povero; di una povertà che gli ha fatto perdere la dignità, una povertà di cui lui non si sente responsabile ma che subisce con frustrazione e rabbia. Ritiene che la società gli abbia fatto dei torti, si sente profondamente umiliato dalla sua condizione, vorrebbe di più. Si considera infatti non solo un uomo che meriterebbe il successo, ma proprio un uomo al di sopra degli altri, in virtù delle sue qualità e caratteristiche; si autovaluta più intelligente, più giusto, più forte degli altri. Questa convinzione gli insinua nella testa un’idea, l’idea che uno come lui possa elevarsi dalla mediocre condizione in cui normalmente rimangono impantanati gli altri e fare tutto, qualsiasi cosa. Uno come lui può sostituirsi anche a Dio – ammesso che un Dio esista- e decidere chi può vivere e chi può morire. Può compiere quindi un orrendo atto di violenza, anche uccidere un suo simile e continuare a vivere tranquillamente la propria vita, in virtù di questa sua conclamata eccezionalità.
Ebbene, nelle circa 700 pagine in cui si dipana il romanzo, Dostoevskij ci racconta il fallimento di questo progetto così grandioso, ma anche, come possiamo facilmente intuire fin da subito, così assurdo.
Come può un essere umano, anche dotato e intelligente, attraversare quella linea di confine che separa il far parte dell’umanità e quindi accettare implicitamente il diritto alla vita delle altre persone, dal tirarsene fuori, dall’andare oltre?
Seguiamo Raskòl’nikov nel suo progetto visionario, nel suo fallimento, nella sua incapacità di sostenere un tale peso, il peso di potersi elevare ma anche distaccare, esternare dall’altra umanità. Questo sembra essere veramente impossibile. E’ impossibile recidere tutti i legami, è impossibile attraversare davvero quella linea di confine, perché, pur ritenendosi diverso, migliore, anche un super uomo rimarrà parte di quel gruppo da cui si vorrebbe distaccare. La sua natura sarà sempre quella di un essere umano.
Raskòl’nikov è un personaggio scomodo, ma estremamente riuscito. Nel romanzo si avvicendano molti altri personaggi significativi: Sonja ad esempio, che sembra essere un po’ il corrispettivo di Raskòl’nikov. Lei è costretta dalla necessità a compiere azioni moralmente discutibili, ma rimane innocente nell’anima e per questo sarà l’unica in grado di far riflettere il nostro protagonista.
E a fare da sfondo a queste complicate vicende, una san Pietroburgo che allo stesso tempo attrae e respinge; costruita su una palude, quindi sull’acqua, ma un’acqua torbida e stagnante come il cuore e la coscienza di Raskòl’nikov.
In conclusione quindi, un romanzo cupo e profondamente triste, denso di significati simbolici e filosofici tali da renderlo una lettura sicuramente imprescindibile per qualsiasi persona che si interessa di letteratura. Ultima annotazione e consiglio: non aspettate tanto quanto ho fatto io a leggere questo romanzo, perché il fatto che sia così celebre e noto mi ha purtroppo in molti punti un po’ rovinato il piacere della lettura.

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Tomoko Opinione inserita da Tomoko    11 Mag, 2020
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Ho qualcosa che non va?

Delitto e castigo è il mio primo approccio con la letteratura classica russa.
Non abbiatene a male per ciò che sto per scrivere.
Delitto e castigo come, tutti i lettori sanno, è un precursore del genere poliziesco, ovvero un viaggio nella mente dell’assassino.
Viaggio condotto dall’assassino stesso che ripercorre la sua azione spregevole.
Il movente della sua azione era a quei tempi “giustificabile” per colpa della miseria che attanagliava molte persone.
Come in tutte le situazioni difficili, c’era anche chi se ne poteva approfittare come ad esempio gli strozzini.
Si possono avere pareri contrastanti su questo libro? Io credo di sì.
Il bene e il male non sono due cose distinte e scisse ma legate l’una dall’altra in questo libro, Delitto e Castigo.
Avendo già premesso la mia inesperienza e non sapendo nulla di cultura russa, condivido con voi le mie difficoltà con la lettura:
Il protagonista che all’inizio credevo si chiamasse Raskolnikov, assume anche altri nomi, almeno altri quattro!
Capite che a me, inesperta, questa cosa abbia causato qualche difficoltà nella lettura scorrevole.
Ci sono parti del libro in cui non sono riuscita ad entrare pienamente, credo perché si ispezionava talmente la psiche del protagonista che a volte mi perdevo dentro i suoi pensieri e dovevo crearne di miei.
Ho capito però la forza di questo libro in un sogno di Raskolnikov, quello di quando era bambino e vedeva davanti a lui la scena della cavalla uccisa a stangate:
“E Mikolka brandisce di nuovo la stanga, e un secondo colpo, assestato con violenza, piomba sul dorso della sventurata rozza, che S’accascia con tutta la groppa, ma sobbalza e tira, tira con le ultime forze che le sono rimaste in varie direzioni per smuovere il carro; ma da tutte le parti si vedeva fruste, e la stanga S’innalza daccapo e ricade per la terza volta, per la quarta volta, spietatamente. Mikolka è furioso di non poterla uccidere con un sol colpo.”
È stata una scena straziante che devo dire mi ha fatto quasi piangere. E io ho la pelle dura.
Raskolnikov rimarrà per sempre uno dei più grandi personaggi della letteratura, poiché c’e premeditazione, c’è il delitto, (i delitti) c’è un grandissimo senso di colpa, la descrizione fine del tormento del protagonista e c’è infine la resurrezione, la redenzione, ottenuta: pagare con il castigo il crimine commesso. La parte che ho preferito infatti è stata questa, l’ultimo capito e l’epilogo.
Nel romanzo si evince moltissimo il valore della famiglia, madre Pulcherija Raskolvikova e la sorella, Dunjetscka devote a quest’uomo e viceversa.
Mi è personalmente piaciuto il valore dell’amicizia, ovvero quello di Razumichin nei confronti del protagonista.
E’ l’amore, quello che il protagonista respinge con tutte le sue forze, quello di Sofia Semjonovna per lui, che riapre le speranze:
“Li aveva resuscitati l’amore, innumerevoli fonti vivificatrici erano nel cuore di Rodion per il cuore di Sonja.”

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Vale18 Opinione inserita da Vale18    09 Marzo, 2020
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Leggerlo vi scuoterà l'anima

CONTIENE SPOILER SULLA TRAMA NELLA SECONDA PARTE

Delitto e Castigo può essere considerato a mani basse uno dei capolavori della letteratura russa e mondiale. Il romanzo tratta di questo crimine commesso da un giovane e dal relativo “castigo” psicologico al quale l’assassino viene sottoposto, che va crescendo di pagina in pagina. Questo lungo castigo, che Pasolini paragona ad un vero e proprio Processo, come quello kafkiano, è accompagnato da eventi, incontri, dialoghi e riflessioni molto profonde che si basano ogni volta su ambiti diversi della natura umana, attraversando dunque l’anima e la mente. Nel romanzo rivive poi il concetto di SuperUomo Nietzschiano, o per meglio dire "previve", in quanto Dostoevskij sembra precorrere sia le teorie del grande filosofo tedesco ma anche l’aspetto e l’approccio psicoanalitico di Freud. Inoltre nel romanzo viene affrontato ogni tema dell’essere umano: dall’oppressione familiare, sentita dal giovane all’inizio del romanzo, all’amore per una donna che cerca di mascherare come odio, la non ricerca del sesso e dunque l’alienazione di sé stessi, l’importanza dell’amicizia in momenti difficili, il valore della moneta e del denaro, motivo iniziale del romanzo e  scatenante per tutta la vicenda. Durante questo lungo racconto, l’autore permette a ciascun personaggio di enunciare delle teorie filosofiche, come quella dell’utilitarismo, fino ad idee politiche, riguardanti il progressismo dilaniante e il socialismo che andava affermandosi. Le lunghe digressioni riflessive permettono al lettore di immergersi completamente nell’universo russo dell’ottocento e anche di conoscere gli usi e i costumi dell’epoca, consentendo una maggiore comprensione dell’intera vicenda. Un altro elemento di nota è la presenza di molte figure femminili, ognuna diversa dall’altra, tramite le quali l’autore traccia i diversi tipi umani femminili e li mette a confronto, generando scontri di idee ma anche di modi di vivere e di affrontare eventi o emozioni.

SPOILER IN ARRIVO!

Poi colpisce molto come i diversi personaggi, in diverse scene (specialmente in una scena  a metà del romanzo) sembrino predire la fine del romanzo, e convincere il lettore a seguire questa visione, che viene poi smontata dall’autore stesso, portando ad un finale inaspettato.  Molto particolare anche la teoria del “delitto” dello stesso protagonista, il quale sostiene che l’umanità si divida in ordinaria e straordinaria e che quest’ultima, cercando di raggiungere un determinato ostacolo, può fare qualsiasi cosa per liberarsene; adduce poi ad un esempio,spiegando al suo interlocutore, Porforij, dicendo che se a Newton fosse stato impedito di pubblicare le sue scoperte da parte di cento uomini, egli li avrebbe sicuramente tolti di mezzo per andare avanti. Raskol’nikov sembra così equipararsi ai grandi uomini della scienza e della filosofia, credendosi dunque un superuomo e giustificando il delitto. Particolare del romanzo è anche l’atmosfera rarefatta del sospetto continuo che diventa culminante verso la fine del romanzo quando, dopo aver rivelato a Sonja la verità sul delitto, Raskol’nikov scopre che sia Porforij che Svidrigajlov sono a conoscenza del delitto e di tutte le informazioni a esso correlate. Da notare anche i riferimenti artistici alle opere di Raffaello, artista ammirato dall’autore russo. Per concludere si può affermare che Delitto e Castigo sia un romanzo trasportante e che sia in grado di metterti in discussione e di porti domande nuove, riflettendo sui diversi concetti espressi lungo il racconto. Il romanzo di un uomo che, avendo ucciso per fuggire la sua storia, la rincontra e, non potendo più fuggire, accetta la sua sorte fino alla fine per poi riuscire a cambiare e a divenire colui che voleva da sempre essere. Leggere questo romanzo vi cambierà o in qualsiasi altro modo vi scuoterà e vi farà scoprire tante cose che sono in voi e che per volontà o per caso ancora sono celate.

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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    16 Settembre, 2019
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Raskolnikov è sempre e solo Raskolnikov

Ogni volta che mi capita di parlare con un russo o una russa di Raskolnikov, mi guardano ed accennano ad un sorriso.....loro sanno che sono figli dei uno dei più grandi geni che hanno calpestato il mondo, Dostoevskij. E come se un russo mi chiedesse del Caravaggio o di Michelangelo. Cosa potrei loro rispondere davanti ai nostri Illuminati che hanno donato lustro a questa nazione ed evoluto l'umanità al bello e al sublime.
Ecco Raskolnikov è uno dei frutti più fecondi che l'immenso scrittore ci ha voluto donare, preso in un attimo di magnanimità verso l'uomo.
Come quando il Caravaggio si è posto davanti a una tela nera è ha impresso il pennello per regalarci il "Narciso".

Da quando il giovane russo si sveglia nella sua cameretta, che appare come una tomba, si viene catapultati nella realtà della Russia di un secolo e mezzo fa, che potrebbe tranquillamente essere una qualunque società contemporanea, visto che desideri, peccati, follie, amori e illusioni attraversano epoche e società in quanto insiti nella natura umana.

E' uno dei libri, dove più forte è il tema del Nichilismo, che caratterizzerà sempre l'opera di Dostoevskij.
La domanda che si pone il protagonista è semplice: come mai, io giovane e povero debbo condurre una vita miserabile per decine di anni, quando a pochi passi da me c'è una vecchia avida che sguazza nell'oro e che preso non saprà che farne di tutta la sua ricchezza? come posso io far cambiare questo stato di cose?
E' un quesito all'apparenza banale, ma che ha un infinità di risvolti morali che si fa fatica a uscirne fuori e trovare una risposta giusta.
All'inizio è facile giudicare questo giovane e le sue idee, ma man a mano che si prosegue nella lettura del capolavoro, incominciano ad emergere dubbi e domande nel lettore (o almeno questo è quello che è successo al sottoscritto).
Lo scrittore si diverte a non dare un punto di riferimento negli avvenimenti. Crea un thriller, un giallo fatto di personaggi oscuri, ambigui, sporchi e spesso cattivi.
Proprio qui che nasce una domanda cardine del nichilismo: nulla ha un senso, tutto è frutto del peccato e dell'avidità della cattiveria umana, e quindi se non c'è una morale chiara e limpida. diviene inutile cercare un senso alla realtà, appellarsi a un qualche convincimento religioso o legislativo. Ognuno è libero di operare come meglio crede, a suo piacimento.

Ci sono scene meravigliose: quelle nel tugurio dello studente, la scena con la vecchia strega, lo strano personaggio che segue il nostro protagonista per le strade brulicanti di persone della vecchia Pietroburgo o Leningrado come si preferisce.

L'apice della lettura, la si ha nelle pagine conclusive, con un finale, che permettetemi di dire è un qualcosa di talmente forte, unico, potente che a mio avviso è tra i più grandiosi e poetici dell'intera letteratura mondiale.

Leggere Delitto e Castigo, è qualcosa che va al di la delle pagine, del racconto: interpretare questo capolavoro è un qualcosa che può darci la possibilità di essere vicini a questi scrittori, eletti fra gli uomini.

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L'ultimo giorno di un condannato a morte
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Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    17 Luglio, 2019
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Tenebra e Luce

---Avviso: Contiene SPOILER---

Cosa potrei mai dire su questo libro e nello stesso tempo non rischiare di cadere nella banalità, nel "già detto"? Probabilmente nulla, se si trattasse di una prima lettura. Ma si tratta di una rilettura, gustata fin nei piccoli particolari e piena di novità per me. E' stato come riguardare un bel quadro: inizialmente ci si concentra avidamente su di esso cercando di comprendere e vedere tutti i dettagli ma immancabilmente ci restano impressi gli elementi principali. Prendiamo come esempio "Veduta di Delft" di Veermer, ad un primo sguardo di rado ci si sofferma sulle persone vicine alla barca oppure sulle due signore che passeggiano sulla riva, seppur in primo piano! e ancor di rado su "quel lembo di muro giallo" per citare Proust. C'è la potenza del panorama, le nubi protagoniste che creano ombre e punti luminosi, c'è il fiume, ci sono gli edifici che si riflettono nel fiume, ma nessuno nota i particolari ad una prima occhiata. Poi lo si osserva con calma e si ammira l'insieme. Analoga è stata la mia esperienza con Delitto e Castigo e la presente non vuol essere una "recensione" ma qualche pensiero che prima non avevo fatto.

Ho trovato molte idee comuni con le altre sue opere che poi ha sviluppato più ampiamente e ho rivalutato un personaggio: Svidrigailov. Inizialmente mi sembrava un personaggio di contorno e mi destava solo avversione, ora non più! E' il demone del romanzo, l'affascinante ruba cuori impassibile a tutto, che non ha paura, è colto ed elegante e nonostante i suoi modi falsi usati per intrappolare le sue innocenti vittime, si dimostra nel libro di una disarmante sincerità e su di me ha avuto un certo fascino nella seconda lettura soprattutto nel confronto con Dunia quando affronta la sua arma da fuoco. Certo il comportamento è da condannare, ma la sua passione traspare da ogni parola, non fosse stata così bigotta e pura, Dunia probabilmente avrebbe finito per innamorarsi di lui. Svidrigailov è molto simile a Stravogin di "I Demoni", non trovate? E nonostante tutto il male fatto, tra l'altro inconsciamente solo per puro divertimento o indifferenza, riesce a essere un personaggio affascinante, il "bello dannato" che piace! E' l'"uomo tiepido", presente appunto in I Demoni nella persona di Stravolgin, e hanno la stessa sorte: la morte tramite suicidio. L'uomo tiepido non è ben voluto da Dio, è "il male puro" al quale si preferisce persino il freddo, cioè il cattivo motivato da un'idea, da una convinzione e non dall'indifferenza: "Conosco le tue opere: tu non sei né freddo né caldo. Magari tu fossi freddo o caldo! Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca." (cit.Apocalisse) Quindi per me Svidrigailov e l'uomo tiepido e va incontro alla perdizione, Raskolnikov è l'uomo freddo che fa un crimine ma dettato di una forte convinzione e quindi infine si salva, Dio lo salva attraverso l'amore di Sonia. Rimanendo ancora a Svidrigailov, ho trovato le Lolite di Nabokov: la giovane fidanzata sedicenne di Svidrigailov, che "sta seduta sulle sue ginocchia" manda sguardi non proprio innocenti per non parlare della bimba si cinque anni che lui sogna e che si atteggia da donna di strada.

Passo a Raskolnikov, secondo me, se non avesse incontrato Sonia nel suo cammino e non gli avesse detto di "assaggiare la mela della conoscenza del bene e del male" cioè di costituirsi, probabilmente alla fine avrebbe evitato Siberia e tutto il resto. Infatti dopo la confessione lui si pente di averlo fatto. L'unico suo rimpianto è quello di essere stato debole di spirito e di non riuscire a concludere il piano. Ad un certo punto dice di non avere ucciso una persona ma un principio, cioè con la sua incapacità di tacere ha ucciso il suo principio secondo il quale alcune persone sono autorizzate (dalla propria coscienza e da una legge non terrena) a uccidere per fare grandi cose, per cambiare in meglio il mondo. Credo che solo l'amore per Sonia gli da la forza di accettare questo percorso di cambiamento, di cambiare dal "freddo" al "caldo". L'ho trovato simile a Dimitrj Karamazov, altro noto personaggio dostoevskijano: entrambi pagano e accettano un crimine non commesso (non commesso per Raskolnikov in senso figurato perché lui non lo reputa un crimine, non ha il minimo dispiacere per averlo fatto e lo rifarebbe se potesse tornare indietro) ma questa pena rappresenta per loro un percorso di rinascita e cambiamento di vita, rappresenta il passaggio dalle tenebre alla luce ed entrambi lo accettano con serenità.

Ho trovato un Dostoevskij visionario, e non solo nel sogno finale di Raskolnikov che assomiglia molto alle due guerre mondiali che sono succedute ma anche nei due sogni che fa prima della confessione: preannunciano il futuro. Ho amato le descrizioni di San Pietroburgo e delle abitudini cittadine e che dire della parte gialla del libro: psicologia che lascia a bocca aperta.

Credo di continuare con "Memorie della casa dei morti" sempre Dostoevskij, magari troverò Raskolnikov tra i detenuti in Siberia, o quanto meno me lo farà sentire più vicino.

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catcarlo Opinione inserita da catcarlo    01 Ottobre, 2017
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il delitto dell'uomo qualunque

Da dove cominciare per scrivere di uno dei romanzi più citati – non importa se a sproposito – della letteratura mondiale? Forse dal fatto che è il libro dello scrittore russo che ho finora amato di meno senza riuscire a capirne davvero il motivo, ma con il vago sospetto che sia la risultante di una somma di cause. L’azione si svolge negli ambienti sovente sordidi di una Pietroburgo soffocata dall’afa; i personaggi faticano a stimolare empatia, anche perché, abbastanza insolito in Dostoevskij, spesso non mostrano approfondite sfaccettature (il buon Razumichin, l’astuto giudice istruttore Porfirij, il volgare Lužin); la stratificazione degli argomenti di riflessione – quello dato dal titolo, le dinamiche tra consanguinei indagate nella famiglia del protagonista, gli spunti legati all’ateismo e quelli di critica sociale, con il rifiuto del socialismo e la disapprovazione per il nascente (per la Russia) capitalismo – inficia a tratti la scorrevolezza della narrazione. E poi c’è lui, Raskolnikov che invece di sfaccettature ne mostra fin troppe in un alternarsi di momenti di esaltazione e altri fortemente depressivi che finiscono per far entrare il lettore nella sua mente, il che non è certo un’esperienza piacevole. La sua parabola ricorda molto quella dell’uomo comune e forse per questo colpisce così tanto: giovane e dai grandi progetti incendiari, il protagonista deve ben presto fare i conti con la realta e le sue più prosaiche caratteristiche, dimostrandosi non all’altezza della sua ambiziosissima immaginazione. A partire dal delitto che commette: nato da una complessa teorizzazione sulla sua minor gravità visto che libera la società dal peso di un’usuraia, si rivela un banale omicidio per soldi in cui, per intervento dell’imponderabile, finisce in mezzo un’innocente. Favorito dalle circostanze, ma incapace di sopportare la drammaticità dell’accaduto, Raskolnikov dissemina indizi e affermazioni in un crescendo paranoico che pare avere l’unico scopo di farlo scoprire – come molti dei moderni assassini senza volto – tanto che il paziente Porfirij può lasciare che sia il tempo a portarlo all’autoaccusa. La sofferenza fisica che tormenta il protagonista – tra febbri e lunghe giornate immobile sul divano della sua miserabile camera in affitto - non è altro che la manifestazione del suo malessere morale, acuito dall’impossibilità di ricambiare l’affetto disinteressato di madre e sorella, nonché dall’amore inatteso di Sofja, figlia dell’ubriacone Marmeladov la cui famiglia viene beneficiata nell’inconscio tentativo di compensare il male fatto. In fondo, il vero castigo per Raskolnikov è il tormento a cui viene sottoposto dalla sua coscienza angosciata sia dal sangue versato, sia dall’incapacità di sostenere la situazione (altro che Napoleone…), tanto che una certa serenità pare farsi largo solo dopo l’arresto e il trasferimento in Siberia. Nella sua affannosa lotta con se stesso in cui solo a sprazzi le figure che lo circondano riescono a farsi spazio, il protagonista è in continuazione al centro della scena spargendo attorno a se l’inquietudine che lo percorre e che il fine indagatore di spiriti Dostoevskij restituisce con poderosa accuratezza: una problematicità che si riflette nell’esperienza di lettura, facendo di Raskolnikov un antieroe indimenticabile al quale però è scomodo sentirsi vicini.

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La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    03 Luglio, 2017
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Gli ultimi saranno i primi

Spesso mi è successo di parlare con persone che ritenevano gli autori russi incapaci di scrivere romanzi con l’amore come elemento centrale. Se c’è qualcosa che in “Delitto e castigo” manca non è di certo l’amore, in ogni forma e sfaccettatura: il tenero affetto di una madre, quello di un amico o di una sorella e soprattutto la passione e la devozione per la persona amata.
Nel capolavoro di Dostoevskij c’è poi spazio per moltissime tematiche, che portano il lettore a riflettere su svariate questioni; sembra che ogni personaggio porti con sé uno o in alcuni casi più argomenti, come Katjerìna, con il suo orgoglio imperituro, a dispetto dell’umilissima condizione, e Andrèj che annuncia il prossimo avvento di un mondo senza differenze e barriere, ossia l’utopia del comunismo. La “teoria” più affascinante a mio avviso è però quella dell’arscin, il minuscolo spazio in cui ogni uomo sarebbe disposto a vivere pur di non dover andare incontro alla morte.
La tematica sovrana, e ancor oggi attuale, è rappresentata dal quesito che tormenta il protagonista: fino a che limite ci si può spingere per il bene comune? La morte di un solo essere abbietto trova giustificazione nella salvezza di decine di innocenti? Il delitto che da inizio alle vicende non è infatti dettato da uno scopo meramente materiale, ne dalla semplice cattiveria; il protagonista Raskòlnikov possiede anzi un forte senso della giustizia, seppur non in senso canonico. Questo porterà non solo alla decisione finale di costituirsi, ma anche a moltissime riflessioni sulla legittimità, prima e dopo l’assassinio.
Attorno a questo anti-eroe, si crea un cosmo di personaggi affascinanti e perfettamente delineati, tanto da poter notare il lavoro di caratterizzazione anche nelle comparse. In linea generale, Dostoevskij da’ vita a personaggi maschili viziosi, seppur consci dei propri difetti -in primis lussuria, gola ed ira-, mentre le figure femminili sono quasi sempre pie e devote, in special modo alla famiglia; esempi lampanti sono Dùnja e Sonja, per le quali si configurano delle storie quasi fiabesche, con le eroine vessate ed umiliate che trovano infine il riscatto e il vero amore.
“Delitto e castigo” si dimostra anche tra i capostipiti del genere thriller, non solo per l’omicidio e l’indagine che ne consegue, ma soprattutto per le svolte inattese che sorprendono il lettore e per l’intelligente inserimento di piccoli indizi, destinati a tornare in mente nel momento in cui qualche mistero viene svelato, come nel caso del piano di Lùgin.
La straordinaria abilità dell’autore permette inoltre al lettore di empatizzare con tutti i personaggi, perfino con gli antagonisti o con chi assume dei comportamenti deprecabili come Marmelàdov; d’altro canto, il lavoro d’introspezione focalizzato in gran parte sul protagonista permette di provare le sue stesse ansie ed angosce, oltre a simpatizzare con la sua idea del bene comune che giustifica ogni azione. È interessante notare la presenza di moltissimi riferimenti alla fede cristiana e al valore dei beni, con tanto di cifre enunciate; ciò si può ricollegare all’esperienza diretta dell’autore, che spesso cita dettagli autobiografici.
Per quanto riguarda quest’edizione Newton Compton, oltre agli errori di battitura a cui ormai sono rassegnata, il volume presenta un paio di difetti abbastanza rilevanti: per dialoghi e pensieri viene utilizzato il medesimo segno grafico, causando così inutile confusione nel lettore, e la traduzione in generale sembra un po’ datata, con molti termini a dir poco desueti.

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    30 Aprile, 2017
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Sono un uomo o un "pidocchio"?

Mi sono già espresso più di una volta sulla grandezza di Fedor Dostoevskij. "Delitto e Castigo" non fa altro che confermarla. Un autore che riesce, col suo stile tormentoso e profondo, a indagare nel torbido dell'animo umano, a sguazzarci, alla ricerca di un pizzico di luce nascosto in mezzo alla melma.

"Delitto e castigo" è esattamente quello che ci presenta il suo titolo, ovvero la cronaca di un delitto e del suo conseguente castigo. Questo "castigo" non rappresenta certo il carcere, anzi, quest'ultimo sarebbe una sorta di sollievo, perché è solo per mezzo di esso che la morale umana può avere almeno la percezione di espiare i propri peccati. Il castigo è invece quel tormento interiore, quel delirio incessante che sfinisce il corpo, la mente e il cuore.
Raskol'nikov è uno studente dalle spiccate capacità, dal grande acume, dall'intelligenza fuori dal comune, dalle idee innovative. Ma sarà proprio un'idea, una convinzione personale non ancora dimostrata nel concreto, a diventare per lui un pensiero fisso che gli toglierà il sonno e la pace.
Sono un uomo o un "pidocchio"?
A un uomo geniale, davanti al quale si presenta un ostacolo lungo il cammino che lo porterebbe all'esaltazione, è concesso il diritto di distruggere quell'ostacolo, anche se questo significasse spargere del sangue?
Raskol'nikov sente dentro di sé le capacità per distinguersi dalla massa di uomini normali che popola la terra, di ergersi e donare loro qualcosa di nuovo; eppure cosa possiede? Nemmeno un rublo; una stanza piccola come la cuccia di un cane; patisce la fame; è stato costretto, nella miseria, a lasciare gli studi. Pur di sopravvivere è disposto a dare in pegno gli oggetti a lui più cari, a una vecchia e maligna usuraia. In lei, Raskol'nikov vede la via d'uscita, il punto di convergenza tra le su idee e la loro possibile dimostrazione, il mezzo con il quale la sua ascesa può cominciare. Il momento opportuno e una scure, sono tutto ciò che gli serve. Ma questo pensiero sarà il suo tormento e, dopo l'attuazione, il suo "castigo": un tormento al quale non c'è rimedio, se non l'accettazione della sofferenza, il pentimento, l'amore, Dio.
Ma l'uomo è un essere duro di compredonio, è orgoglioso. E' vigliacco.
"Esiste un uomo tanto codardo da non preferire cadere almeno una volta piuttosto che barcollare in eterno?" si è chiesto Cormac McCarthy tra le pagine del suo "Suttree". Chissà se mentre scriveva quelle parole non avesse proprio in mente il Raskol'nikov di Dostoevskij. Per tutto il romanzo vedrete questo pover uomo vacillare di continuo, cercando di capire se, alla fine, si lascerà cadere, e se una volta che l'avrà fatto sarà capace di rialzarsi.

"Se mi sono torturato per tanti giorni chiedendomi se Napoleone lo avrebbe fatto oppure no, vuol dire chiaramente che lo sentivo di non essere Napoleone [...] Non è per aiutare mia madre che ho ucciso; fesserie! [...] Dovevo scoprire qualcos'altro, qualcos'altro mi spingeva il braccio: allora dovevo scoprire, e scoprirlo al più presto, se ero un pidocchio come tutti, o un uomo. Se avrei saputo oltrepassare il limite oppure no! Se avrei saputo chinarmi a raccogliere oppure no!"

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I fratelli Karamazov
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Nuni83 Opinione inserita da Nuni83    14 Novembre, 2016
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Dostoevskij e i castighi della coscienza

Dostoevskij è il mio mito e Delitto e Catigo è tra le sue opere più apprezzate.

E' una lettura molto impegnativa, 600 pagine circa di delirio, febbre cerebrale, uomini e donne puniti da se stessi e dalla vita.

Ovviamente ne vale la pena! Leggere la storia del giovane Raskol'nikov vi farà capire che non esiste peggiore punizione di quella che noi stessi ci infliggiamo.

Indimenticabili i dialoghi serrati tra il giovane assassino e il giudice istruttore Porfirij Petrovic.

Dostoevskij ci regala come sempre dei personaggi meravigliosi: la sorella e la madre di Raskol'nikov, Sonja e la sua famiglia, Lizaveta sorella dell'usuraia, l'amico Razumikhin.

L'autore ci presenta una storia che ti cattura dalla prima all'ultima parola. Come ho anticipato non è una lettura leggera ma l'abilità dell'autore rende il ritmo per lo più incalzante e veloce.

L'angoscia, la desolazione e la solitudine che Dostoevskij ci racconta è come sempre reale e tangibile, i personaggi sembrano veri con tutte le loro contraddizioni e ognuno con il suo bagaglio di vissuto.

L'animo umano viene sviscerato da questo scrittore che io personalmente adoro.

Lettura imprescindibile per che come me leggerebbe sempre Dostoevskij e non solo.

Consigliatissimo!

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FrankMoles Opinione inserita da FrankMoles    20 Ottobre, 2016
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Anestesia della coscienza: fallita

“Eccoli gli uomini: vanno avanti e indietro per la strada: ognuno è un mascalzone e un delinquente per natura, un idiota. Ma se sapessero che io sono un omicida e ora cercassi di evitare la prigione, si infiammerebbero tutti di nobile sdegno.”

Annichilimento della ragione: questo spinge il giovane Raskol’nikov a commettere il suo delitto, un omicidio che per uno strano incrocio di premeditazione e casualità diventa duplice. Vittime sono un’usuraia, un pidocchio dell’umanità, e l’innocente Lizaveta, colpevole solo di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato. E’ da qui che parte il dramma della coscienza del protagonista. Se fino a questo momento la lotta interiore del giovane si era combattuta essenzialmente tra ragioni economiche e ragioni morali, dunque qualcosa di prettamente personale, ora essa si sposta su un piano trascendente, assumendo connotati più universali con l’entrata in gioco di principi filosofici, storici, religiosi, umani. In una Pietroburgo sfocata, teatro di miseria e depravazione, l’animo di Raskol’nikov diventa un teatro insanguinato da scontri sconosciuti, tanto che il giovane giunge sul baratro di una pazzia – se reale o solo presunta dagli altri non è mai chiarito.

“Oh, che gli importava ora della propria abiezione, di tutte quelle vanità, dei tenenti, delle tedesche, delle cambiali, degli uffici di polizia, eccetera, eccetera! Se in quel momento lo avessero condannato anche a esser bruciato, neppure in tal caso egli si sarebbe mosso, e forse non avrebbe nemmeno ascoltato con attenzione la condanna.”
Raskol’nikov tenta di anestetizzare la sua coscienza, tra autoconvincimento e inconfessata paura di esser scoperto, tra orgoglio e inettitudine – egli non utilizza mai i soldi rubati alla vecchia, “ufficialmente” il motivo dell’omicidio –, proseguendo ancora sulla strada della prostrazione della volontà. Nel prendere in giro gli altri, egli si assume l’ebbrezza del rischio con la sua teoria degli uomini normali e degli uomini di genio, direttamente ereditata dalla filosofia della storia di Hegel: gli uomini normali sono la maggioranza, ovvero coloro i quali si incaricano di rispettare e far rispettare le leggi della moralità e della società; gli uomini di genio sono le rare eccezioni, ovvero coloro i quali fanno progredire la storia poiché a loro è lecita l’infrazione della legge per un fine superiore e per la propria autoaffermazione, cioè quelli che Nietzsche chiamerà superuomini. E’ così che egli tenta di giustificare a sé stesso la propria azione, convincendosi di aver eliminato dal genere umano un essere inutile e pidocchioso, dannoso. Ma l’idealità di questa teoria cozza esplicitamente con l’umanità sopita del giovane.
“Dove mai ho letto che un condannato a morte, un'ora prima di morire, diceva o pensava che, se gli fosse toccato vivere in qualche luogo altissimo, su uno scoglio, e su uno spiazzo cosí stretto da poterci posare soltanto i due piedi, – avendo intorno a sé dei precipizi, l'oceano, la tenebra eterna, un'eterna solitudine e una eterna tempesta –, e rimanersene cosí, in un metro quadrato di spazio, tutta la vita, un migliaio d'anni, l'eternità –, anche allora avrebbe preferito vivere che morir subito? Pur di vivere, vivere, vivere! Vivere in qualunque modo, ma vivere!... Quale verità! Dio, che verità! È un vigliacco l'uomo!... Ed è un vigliacco chi per questo lo chiama vigliacco.”

A cambiar le carte in tavola intervengono gli altri personaggi: l’affetto cieco e puro della madre e della sorella, donne di sani principi pur nella miseria; il fedele appoggio dell’amico Razumichin, emblema dell’ideologia socialista con la sua praticità e lo spirito altruista; l’infamia di Lugin, il ricco promesso sposo della sorella che rivela la sua ipocrisia e bassezza morale; la pena per la famiglia di Marmeladov, un ubriacone conosciuto in una bettola che ha colpito il protagonista con la storia della sua sfortunata famiglia. Ma sono tre in particolare i personaggi-chiave per il cammino della coscienza di Raskol’nikov. Il primo è Svidrigajlov: uomo abietto e depravato, sospettato di omicidi e pedofilia, oltre ad aver infamato la sorella di Raskol’nikov, in lui il protagonista trova un suo doppio degradato. L’implicito legame tra i due è testimoniato dalla pregnante opacità dei loro dialoghi, laddove l’estremizzato nichilismo di Svidrigajlov riesce a pungere la coscienza ancora solo addormentata di Raskol’nikov, che vede in lui il suo terrificante possibile futuro.
“– Noi ci rappresentiamo sempre l'eternità come un'idea che non possiamo comprendere, come una cosa immensa, immensa. Ma perché dovrebbe essere immensa? E se lassù non ci fosse altro che una stanzetta, simile ad una rustica stanza da bagno affumicata, e in tutti gli angoli ci fossero tanti ragni? Se l'eternità non fosse altro che questo?
– Possibile, possibile che non riusciate a figurarvi qualcosa di più consolante e giusto di questo?, esclamò Raskòl'nikov con un sentimento doloroso.”

Il secondo è Porfirij Petrovi?: giudice istruttore del processo per l’omicidio delle due donne, egli si pone come l’avversario dialettico di Raskol’nikov, rappresentando l’invincibile voce della razionalità. Si tratta dell’unico personaggio che il protagonista realmente teme, l’unico su cui presagisce la sua sconfitta: la sua intelligenza e la sua abilità, infatti, tengono a lungo il giovane sul filo, tra sospetti celati e dissimulazione, in uno stillicidio che alimenta l’esasperazione del protagonista. Porfirij è convinto della colpevolezza di Raskol’nikov, ma non ha prove per dimostrarla, pertanto fa leva sulle sue capacità oratorie per indurlo a confessare, pur non sganciando mai il suo obiettivo da un fine morale: il suo intento non è infatti quello di punire il colpevole, ma quello di far sì che sia il colpevole stesso a richiedere una punizione come espiazione. Porfirij induce Raskol’nikov alla confessione non per sé stesso, ma per liberarlo dalle colpe che evidentemente lo sconvolgono. Dostoevskij è infatti convinto che ogni uomo macchiatosi di un delitto desidera, nel profondo, espiarlo per soddisfare il proprio senso morale. E’ per questo che Porfirij non sfrutterà la confessione di Raskol’nikov, attendendo che sia lui inesorabilmente a confessare, segnando così il fallimento della teoria degli uomini di genio.
“Avete perduto ogni fiducia, e credete che io vi lusinghi grossolanamente; ma quanto avete già vissuto? Quanto capite? Ha inventato una teoria e poi si vergogna che abbia fatto cattiva prova, che sia riuscita una cosa ben poco originale! È riuscita un'infamia, è vero, ma voi tuttavia non siete un infame che non lasci più speranza. Siete tutt'altro che infame a tal punto! Tutt'altro che infame a tal punto! Per lo meno, non vi siete illuso a lungo, siete subito arrivato agli estremi limiti. Sapete come vi giudico io? Vi giudico uno di quelli a cui si potrebbero anche strappar le budella, e continuerebbero a stare in piedi e a guardare con un sorriso i loro torturatori, – purché trovassero una fede o un Dio. Ebbene, trovatelo e vivrete. Voi, anzitutto, già da molto tempo avete bisogno di cambiar aria. Eh, via, anche la sofferenza è una buona cosa. Soffrite. […] Lo so, che vi manca la fede, ma non state a sottilizzare scaltramente; abbandonatevi alla vita senz'altro, senza ragionare; non abbiate timore: vi porterà direttamente sulla riva e vi rimetterà in piedi. Su quale riva? Che ne so io? Io credo soltanto che abbiate ancora molto da vivere.”

Il terzo è Sonja: figlia dell’ubriacone Marmeladov e della sua moglie tisica, costretta a prostituirsi per mantenere la sua famiglia, è lei la vera e propria responsabile del risveglio e della rinascita di Raskol’nikov. Commosso dalla sua storia, il giovane si innamora di lei, un amore puro, senza alcun accenno di sensualità, un amore delle anime. E’ lei la prima persona a cui il protagonista confessa il suo delitto e, nonostante lei fosse amica di Lizaveta, pur nel suo turbamento gli rimane vicina, risveglia la sua coscienza dandogli qualcosa in cui credere. Sonja si fa incarnazione di entrambe le vie di salvezza costantemente propugnate di Dostoevskij per l’uomo, ossia l’amore e la fede in Dio, a cui avvicina l’ateo Raskol’nikov con i suoi riferimenti alla morale cristiana e alla risurrezione di Lazzaro nel Vangelo. Ella lo porta all’apice della disperazione (“Perché doveva vivere? Quale scopo proporsi? A che tendere? Vivere per esistere? Ma un migliaio di volte egli era stato pronto anche prima a dare la sua esistenza per un'idea, per una speranza, anche per un capriccio. La semplice esistenza era sempre stata poca cosa per lui, aveva sempre voluto di piú. Forse soltanto per la forza dei suoi desideri egli si era allora creduto un uomo a cui piú che ad altri fosse permesso.”) e così lo induce a confessare il suo crimine, aprendogli le porte alla rinascita, alla salvezza attraverso la sofferenza, a una nuova vita che sembrava impossibile, proprio come per Lazzaro. Ma qui comincia un’altra storia.

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the boy who read Opinione inserita da the boy who read    29 Agosto, 2016
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uomini straordinari

Oggi mi appresto a recensire uno dei grandi capolavori di Fedor Dostoevskij, ovver delitto e castigo. Inanzitutto inizio con il dire che é un libro a dir poco impegnativo, non é un libro da leggere così.... ci si deve rimuginare sapere, si deve assorbire il concetto dietro ogni frase, parola,lettera. Detto ciò parto subito con l'analizzare il tutto, ovvero la storia. Essa non è l'elemento chiave per apprezzare delitto e castigo poichè essa si può riassumere proprio con il titolo stesso. Nonostante ciò essa offre dei spunti interessanti come San Pietroburgo.... si la città è "caraterrizzata" così bene che si riesce a sentire il lercio di cui é piena. Inoltre essa è un ambiente claustrofobico che a volte viene da pensare che Raskolnikov è stato costretto dalla città a fare ciò che ha fatto. Contnuando a parlare della storia possiamo vedere come l'arrivo di nuovi personaggi stravolga totalmente l'andazzo della trama..... veramente sbalorditivo.
Ora analizzerò i personaggi ovvero i veri elementi d'interesse del libro, essi sono il simbolo del male, del bene, della luce, dell'oscurità insomma più che persone sono dei simboli. Certo viene analizzato più che altro Raskolnikov ma non mi sento di dargli il ruolo di protagonista indiscusso poiché anche Sonja, Razmuchin e persino il commissario hanno un ruolo fondamentale. Inoltre non tutta la storia è incentrata su Raskolnikov ma ci sono molte sottotrame interessanti.
Ora parlo del significato della trama che é incentrato sulla religione perché essa é vista come ancora di salvezza per l'animo umano, anche un animo torturato e dilaniato come quello di Raskolnikov.
P.s. molto interessante la teoria di Raskolnikov, molto superomistica ma veramente interessante... insomma questo libro ha anche grandi tratti di riflessione filosofica... ma anche in generale il libro offre spunti di riflessioni veramente interessanti


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tris73 Opinione inserita da tris73    24 Giugno, 2016
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“A volte l’uomo è straordinariamente, appassionata

La trama basilare è nota a tutti quindi procedo direttamente con la mia opinione.
Innanzitutto è fondamentale che questo libro vada letto in un momento di tranquillità perché richiede davvero impegno, è una storia basata essenzialmente sulla vita di Raskolnikov, alla quale però si intrecciano tantissime storie secondarie. Conosciamo infatti in un secondo momento quelli che diventeranno i personaggi essenziali nella vita del protagonista (come per esempio Sonja o Razumichin) e ci saranno dei momenti in cui la nostra attenzione sarà completamente sviata da Raskolnikov, perché come ho già letto anche in diverse recensioni, loro non saranno solo delle comparse, ma dei veri personaggi a tutto tondo. L'intento di Fedor comprendeva qualcosa di più dell'analizzare semplicemente la mente del personaggio principale e le cause che lo hanno spinto a oltrepassare il limite, lo scrittore è riuscito a dipingere un quadro così realistico della società russa ottocentesca da far sentire il lettore stesso parte integrante della storia.
Il cuore del libro è rappresentato dall'evoluzione di Raskolnikov, dal momento in cui capisce che si credeva erroneamente un uomo eccezionale, capace di compiere anche l'azione più oltraggiosa se essa era opportunamente giustificata e convivere con essa. Il bello di "Delitto e castigo" è rappresentato soprattutto dalla visione e dalla mentalità di Raskolnikov, ho trovato infatti interessante e sorprendente il fatto che lui non si pentirà mai di aver ucciso due persone (nonostante abbia spesso dato dimostrazione di essere una brava persona), ma si pentirà di non essere riuscito a convivere con questa azione.
Libro intenso e impegnativo anche se inizialmente ad alcuni tratti mi sembrava lento nella narrazione, ma poi questa impressione è scomparsa. In ogni caso ho amato in particolare l'ultimo centinaio di pagine, e il finale non mi ha affatto delusa.

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charles Opinione inserita da charles    13 Gennaio, 2016
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il circo dei freaks

tutto è già stato detto fatto e scritto su questo volume, cosa mi è rimasto:

- mi sarebbe piaciuto averlo letto prima. nei lunghi ingenui pomeriggi dopo scuola o nelle sere oziose quando il tempo tra la cena e l'ora di andare a dormire non scorreva mai e perdersi nelle pagine era un piacere così a portata di mano da risultare quasi noioso. Letto invece adesso, di corsa, rubando tempo al sonno, in piedi su un regionale stipato, aspettando su un binario gelato alle 7 di mattina, interrompendo capitoli pensieri ed azioni, mi ha talvolta snervato e fatto perdere il sapore della pietanza. Mi sarebbe piaciuto averlo potuto leggere con un pezzo di carta vicino e con la possibilità di segnarmi i personaggi, il corollario di persone che ruota attorno a rodja è la cornice che rende il quadro ancora più memorabile.

- pietroburgo doveva essere davvero un posto orrendo. ed accidenti se erano già belli pervertiti nell'ottocento.

- la lunghezza di queste opere è ancora adatta ai nostri tempi? non sento un intero album penso da dieci anni. i film, i video, tagliati tra skip e buffering. diventa un grande privilegio astrarsi da tutto e dedicarsi "ad una sola cosa".

- la questione della "febbre celebrale" come un'allucinazione reale, per catalizzare un fiume in piena troppo difficile da gestire?

- "l'essere destinati ad opere grandiose" e nello stesso tempo una grande volontà di autodeterminazione. Anche un senso di auto-ineluttabilità: metto un'ipoteca così pesante sul mio destino, rendo il mio futuro talmente presente, che non potrò più sfuggirgli.

- eppure anche la dimostrazione che il miglior modo per perdere qualcosa è desiderarla troppo. Far uscire il carretto dai binari, impossibile arrestare il deragliamento.

- accettare con passione la mediocrità delle nostre esistenze? scambiamo per mediocrità quello che in realtà è il massimo stato a cui ambire, l'equilibrio nonostante tutto?

-+++spoilier++++ forse nel finale, nelle ultimissime pagine, c'è un bivio accennato, che fedor forse vorrebbe imboccare ma non ne ha il coraggio: rodja è seduto presso il fiume, vicino alla capanna dove si estraggono gli alabastri. Sonja arriva vicino a lui, e la guardia si allontana. Davanti a lui la steppa e laggiù in fondo i puntini neri delle tende dei nomadi, vivi e liberi come ai tempi della creazione. Corrì Rodja libero. Invece no. forse anche qui è mancato il coraggio di svoltare, di prendere il frutto che la vita aveva messo lì così a portata di mano? fatto sta che preferisce piangere ai piedi della neo-amata.
"Solo sette anni". Mica cazzi. Solo sette anni per ritrovarsi ex-detenuto in siberia senza una lira. e la chiamano redenzione?++++fine spoiler++++

- il genio, il precursore del giallo moderno nel colloquio con l'ispettore giudiziario, che aveva capito tutto fin dal principio. Abbandonando la paura di perdere, ha ottenuto proprio quel che voleva. Ha smesso di inseguire, e la preda ha smesso di correre. Una grossa chiave di volta nel romanzo a mio avviso.

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Francj88 Opinione inserita da Francj88    30 Agosto, 2015
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Hybris

Raskolnikov, giovane avviato agli studi giuridici, era intimamente convinto di essere un individuo eccezionale, superiore a molti per le sue doti intellettuali e quindi incline al disprezzo per gli individui da lui considerati inferiori. Non solo, egli aveva teorizzato che al mondo vi fossero due categorie di esseri umani: la “materia grezza”, ovvero la maggior parte delle persone, gente comune senza particolari meriti e gli “eletti”, degli individui eccezionali per i quali è lecito venir meno alle comuni leggi della morale e dell’etica. Ad essi è tutto concesso affinché possano portare avanti le loro idee ed i loro progetti in quanto da essi ne potrebbe trarre giovamento tutta l’umanità. La posizione del giovane è talmente estrema che egli arriva ad ammettere che a questi individui sia concesso superare anche uno dei più grandi tabù dell’uomo, ovvero l’omicidio. Egli per supportare la sua tesi prende ad esempio la figura di Napoleone, individuo appartenente alla schiera degli eletti, che per raggiungere le vette del potere ha dovuto superare molti ostacoli macchiandosi di diversi misfatti tra cui l’omicidio. Nonostante ciò il generale francese ha conquistato onori e ricchezze, dimostrando la necessità, secondo Raskolnikow, di agire senza scrupoli morali. Così Galileo e Newton, a loro volta, per dare un fondamentale contributo alla scienza moderna hanno dovuto infrangere le vecchie leggi e credenze su cui si fondava la società a loro contemporanea. Ma, il nostro protagonista, non si ferma alla speculazione intellettuale, egli decide di dimostrare a se stesso di essere realmente un individuo eccezionale e quindi passa all’azione macchiandosi di un duplice omicidio. Quello che Raskolnikov non ha calcolato è il peso reale che tali azioni avrebbero avuto sulla sua coscienza e si trova a doversi confrontare con la consapevolezza della colpa e con il lacerante pentimento che lo porta al delirio. Tuttavia a ben vedere, come dimostrerà il giovane più volte nel corso del romanzo egli non si è mai pentito realmente e pienamente del gesto compiuto. Non è l’omicidio in se che egli condanna, non pesa tanto su di lui l’aver privato della vita due persone ma il fatto di non essere stato in grado di convivere con tale fardello. Egli quindi capisce di non essere il genere di individuo che ha sempre decantato. Quel tipo, una sorta di oltreuomo nietzschiano, avrebbe avuto la forza non solo di accettare la gravità delle sue azioni, ma di andare avanti superando di volta in volta tutti gli “ostacoli” posti in essere dal destino. Egli inoltre rimprovera a se stesso la mancanza di coraggio nell’agire, il fatto di non aver avuto abbastanza perseveranza da dover confessare il misfatto e un “ridicolo” attaccamento alla vita che non gli ha permesso di scegliere il suicidio. Questo romanzo ci dimostra la fallacia e in alcuni casi la pericolosità di chi, con presunzione, crede di essere superiore agli altri e quindi si sente in diritto di ergersi a giudice e carnefice. I poemi antichi ci hanno insegnato che gli esseri umani che si macchiano di hybris, di quell’arroganza che li ha portati ad oltrepassare determinati limiti, vengono puniti dagli dei. Qui non è la giustizia divina a punire il protagonista, e prima ancora che intervenga la giustizia umana sotto forma di carcerazione, ci rendiamo conto che Raskolnikov vive già in una prigione ben più dolorosa che egli stesso si è costruito.
Attorno al giovane protagonista poi ruotano altri personaggi memorabili che presentano tutte le sfaccettature dell’animo umano, personaggi le cui vite si trovano intrecciate sullo sfondo di una fredda e insensibile San Pietroburgo. La virtuosa Dunja, sorella del protagonista, l’amico fidato Razumichin, l’orgogliosa Katherina Ivanovna, costretta ad una vita di stenti sempre ancorata al doloroso ricordo della ricchezza passata, il libertino Svidrigalov, il ligio ispettore Petrovic, il meschino e narcisista Lugin, la piccola Sonja, costretta a prostituirsi per il sostentamento della famiglia e che tuttavia conserva un cuore casto e una purezza d’animo che il degrado delle sue condizioni di vita non è riuscito a scalfire. Sarà proprio l’amore incondizionato della giovane a dare a Raskolnikov un barlume di speranza per il futuro, nonostante la difficile situazione, e che lo fa uscire poco alla volta da quella logica deviata e malsana che ha guidato le sue azioni. Forse non è ancora tutto perduto.
Delitto e castigo è uno di quei romanzi “universali”, che riesce così bene a scandagliare i recessi dell’animo umano ed i suoi tormenti, da trascendere lo spazio ed il tempo. Un pilastro della letteratura mondiale.

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Giuliacampy Opinione inserita da Giuliacampy    13 Luglio, 2015
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Il castigatore di trasforma in castigato

Esistono uomini straordinari che hanno il diritto di compiere qualsiasi genere di azione, anche la più indegna e deplorevole come l'omicidio, al fine di superare gli ostacoli che impediscono ai loro grandiosi progetti di realizzarsi, e uomini ordinari, mediocri, che invece non possono far altro che sottomettersi a questa legge continuando a vivere una tranquilla e vuota esistenza.
E' inutile negarlo, la teoria di Raskolnikov, il protagonista di questo incredibile romanzo, ci affascina e ci intriga più di quanto possiamo immaginare. Anche il più umile e modesto degli esseri umani ha provato almeno una volta nella sua vita l'ebbrezza superomistica dell'infallibilità, della superiorità del proprio io su quello degli altri che non possono comprendere la nostra grandezza dalla loro sconcertante mediocrità.
Tuttavia, come le vicende di Raskolnikov insegnano, questa è una concezione destinata a fallire e a trasformarci schiavi di un inganno che abbiamo generato noi stessi e che ci rende ciechi di fronte al reale stato delle cose. Avere la presunzione di considerarsi migliori degli altri, ergersi ad una posizione di giudice dell'umanità che può agire a suo piacimento, anche rinnegando i principi di civiltà pur di perseguire il suo fine, è una rivisitazione assurda della politica platoniana. Il saggio, in quanto tale, non può commettere scelte sbagliate. Ma chi stabilisce la propria appartenenza al gruppo dei cosiddetti saggi? E coloro che possono essere considerati tali, non sono prima uomini, individui che provano emozioni, che intraprendono grandi imprese, ma che commettono errori, gesti irrazionali?
Raskolnikov, studente vinto da un lacerante senso di noia e apatia, come un eroe romantico, spera di dimostrare la propria superiorità intellettuale uccidendo una vecchia strozzina, ritenendo il suo delitto un'opera benefica perché ha eliminato dalla faccia della terra un individuo che egli definisce "pidocchio". Tutto avviene ad un ritmo estremamente rapido e al termine di questo istante di arrogante follia omicida, il protagonista si sente tutt'altro che sollevato. Egli cade in uno stato di angoscia e inquietudine tanto da apparire pazzo agli occhi degli altri, mentre in realtà è più lucido di quanto si possa immaginare. Progressivamente si rende conto che il suo atto di affermazione di una libertà e di una volontà inesistenti, lo hanno reso prigioniero. Lui, il castigatore dei "pidocchi", degli individui abietti, diventa castigatore di se stesso, non possedendo più la capacità di percepire la realtà per quella che è. Tutto ciò che lo circonda sembra richiamare quel terribile delitto, una persecuzione continua che lo porta ad assumere comportamenti contraddittori: da un lato cade in uno stato di paralisi ancora più intenso a quello precedente per cui le giornate passano inesorabili senza che egli se ne accorga, trascorrendole spesso dormendo sul lacero divano della sua stanza; dall'altro cammina da un angolo all'altro della città, si muove, scappa da se stesso. Perde la concezione del tempo e dello spazio e apprende la sconcertante verità sul suo delitto: lui non è un Napoleone, non ha saputo trasformare in pratica quella teoria così assurda e l'omicidio, atto disumano, la ha appunto privato di tutto ciò che lo rende uomo.
Solo l'amore, i sentimenti semplici e sinceri di una ragazza come Sonja e l'amicizia incondizionata di Razumichin possono riscattarlo, salvarlo da un abisso in cui lo stesso Raskolnikov ha deciso di gettarsi pur essendo, in fondo, un giovane di animo buono e gentile, di gran lunga più apprezzabile di Lugin, l'uomo meschino e calcolatore.
E' quindi subito evidente che l'opera di Dostoevskij non sono indaga in profondità l'animo umano e le sue debolezze, ma trasmette dei valori importanti. Ciascun personaggio ha un significato più concreto e uno allegorico, incarnazione di un ideale che culmina con un'affermazione o negazione mai categorica, perché nel misterioso mondo della psiche niente è completamente giusto o sbagliato: l'anima è una tela dipinta da toni sfumati, non esiste monocromatismo.
Forse è per questo che, nonostante il lettore si renda perfettamente conto degli errori commessi da Razumichin, tende a simpatizzare per il personaggio. Libertà non significa sregolatezza,la prima implica ordine, la seconda genere il caos, quante volte l' abbiamo ripetuto? Ma come il protagonista dimostra chiaramente, tra l'astratto e il concreto, tra la teoria e la realtà, esiste un'enorme differenza e pur predicando ideali di giustizia e uguaglianza, nessuno può affermare di essere sempre stato imparziale e rispettoso, questa è la debolezza o forse anche la forza dell'essere umano, la sua capacità di commettere errori imperdonabili da cui può imparare qualcosa.

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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    13 Marzo, 2015
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Il filosofo Dostoevskij

Erano anni che sfuggivo a Dostoevskij dicendo “Prima o poi lo leggerò” , un po’ per le rimembranze che avevo di quando stavo al liceo di “Delitto e castigo”, che al tempo consideri pesante (ora tutt’altro), un po’ perché non mi sentivo pronto (ritenevo e ritengo infatti che per capire a pieno ogni romanzo di Dostoevskij serva tempo e tranquillità, non è certo un autore che si possa leggere in metro). Poi mi sono avvicinato ai suoi libri un anno fa, infatti presi dalla libreria della mia ragazza “Memorie dal sottosuolo” che praticamente divorai e che ritengo necessario leggere per avere un’idea del pensiero filosofico dell’autore russo (libro tra l’altro stupendo). Così ora, finalmente, ho deciso di affrontare i vari romanzi del caro Fedor, uno dopo l’altro, e sono partito proprio da quello che al tempo non apprezzai, e logicamente mi ha totalmente stupito. Come detto infatti al liceo, vuoi perché era per “obblighi scolastici” vuoi perché magari ero più giovane, trovai il romanzo pesante e non lo finii. Ora credo che di questo libro l’unico peso sia quello fisico (500 pagine), perché per il resto si legge in un baleno, infatti l’ho letto in 6 giorni. La storia la sapete tutti credo, Raskolnikov è il protagonista, un giovane che ha appena abbandonato gli studi di legge e che vive in povertà nei bassifondi di San Pietroburgo. Un giorno, mosso da un’etica morale alquanto discutibile decide di assassinare una vecchia usuraia a cui era solito portare in pegno degli oggetti preziosi, perché a suo modo di vedere la vecchia era solo un danno per la società. Sorge però un problema, gli omicidi da uno diventano due, infatti mentre sta per uscire dalla casa della vittima Raskolnikov si imbatte nella sorella ed è quindi costretto ad uccidere anche lei. Da qui si sviluppa il fulcro della storia ed entrano in ballo diversi personaggi, ognuno dei quali meriterebbe un libro a parte. Si va dal fido amico Razumichin, ingenuo e generoso, al perfido Svidrigaijlov, cinico e viscido, passando per la premurosa madre Pulcherija, all’ambita sorella Dunja, all’astuto e prode Petrovic (che aveva capito tutto fin dall’inizio) per finire con l’amata Sofija, dopo Raskolnikov sicuramente il personaggio più importante. I personaggi sono la vera perla del romanzo, perché non sono dei semplici personaggi, sono delle idee. Lo vediamo anche dai molti monologhi interiori degli stessi, si pongono delle domande e si danno delle risposte quasi a spiegare la teoria che c’’è dietro. Emblematica è quella del protagonista, che afferma che nel mondo ci sono due categorie di uomini: quelli ordinari, obbligati a seguire/rispettare il bene e il male, e quelli straordinari, che prescindono da leggi morali e possono decidere loro cosa è bene e cosa è male. Vi ricorda qualcuno? Esatto, la teoria del Superuomo di Nietzsche, sempre presente in Dostoevskij, era infatti il fulcro del pensiero filosofico che stava dietro a “Memorie dal sottosuolo”, collegato ad un altro concetto fondamentale: il libero arbitrio. Questo concetto, legato ad altri altrettanti influenti (ci ho visto anche molto Marxismo nel delitto, uccidere chi si arricchisce personalmente a discapito del popolo) fa scattare nella testa di Raskolnikov la scintilla secondo la quale uccidere la vecchia sarebbe un bene per l’umanità. Nel corso del romanzo, il nostro Raskolnikov si ammala e lascia spazio a figure altrettanto importanti, come l’amata Sonija, della quale il protagonista è innamorato e non riesce a spiegarsi come uno spirito così candido e puro riesca a vivere in una tale miseria e vendere se stessa per riuscire a sfamare la madre e i fratelli. Torna tutto al libero arbitrio, Raskolnikov non riesce ad accettare ciò che sfugge dalla sua comprensione, addirittura arriva a pensare che Sonija sia pazza. Svidrigaijlov e Razumichin sono altri due personaggi degni di nota, il primo viscido, subdolo e spietato che non riesce ad ottenere quello che vuole (la mano di Dunja) e finisce per non sopportare il peso del rifiuto (e forse anche il fatto che sa chi è l’assasino della vecchia ma non può rivelarlo) e finisce per suicidarsi. Razumichin invece è più ingenuo ma anche più buono, forse infatti è l’unico vero amico che ha Raskolnikov, e finirà infatti per sposare e prendersi cura della sorella, il suo personaggio rappresenta la bontà e la generosità disinteressata. Tutto questo viaggio, psicologico più che fisico, finisce con la confessione di Raskolnikov , che ormai patisce sofferenze fisiche e mentali, dovute all’atto compiuto, che lo portano a stare male per lunghi periodi. Viene quindi condannato ai lavori forzati in Siberia, ma anche dopo la condanna non si pente dell’atto compiuto, è ancora convinto di aver agito per giusta causa. Solo quando, a contatto con gli altri detenuti, si accorgerà che quella gente è facile di esistere anche in condizioni di prigionia, allora capirà cos’è l’amore per la vita, ma ancora di più sarà l’amore di Sonija (che anche in Siberia continua a stargli vicino) che farà finalmente capire al protagonista che il fine ultimo della sua azione, la libertà, va a morire nel momento in cui lui stesso è il primo a non rispettare la libertà altrui, e quindi il diritto alla vita. L’amore vince tutto anche qui, concetto vecchio come il mondo (siamo nel 1866), anche se forse visto la mole di materiale filosofico che ci dà in quest’opera Dostoevskij può sembrare riduttivo, è però un elemento da non sottovalutare, infatti il protagonista è disposto a tutto pur di non perdere la sua amata Sofija, addirittura arriva a scontrarsi con il perfido Lugin che vuole accusarla di furto, ed è il motore di tutta la redenzione di Raskolnikov. Lo stile è fluido nonostante il linguaggio sia datato, la narrazione avviene al passatoi ed in terza persona. A volte possono risultare un po’ ostici i passaggi mentali e le riflessioni interiori che però meritano grande attenzione perché sono il centro nevralgico del romanzo. Nulla da dire, questo libro è un capolavoro, ma forse capolavoro è anche riduttivo.

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Vincenzo313 Opinione inserita da Vincenzo313    29 Agosto, 2014
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Sonja al di sopra di tutto

Tappa imperdibile della produzione di Dostoevskij, nel quale l'autore russo affronta una delle tematiche a lui più care: il contrasto tra bene e male. In "Delitto e castigo" il male e il bene si susseguono, permettendo al protagonista di giungere alla pace solo dopo aver assaporato tutti i tormenti del proprio animo malato.
Il delitto dell'usuraia non ha nulla di ordinario, è frutto di un'idea elaborata e studiata a fondo dal protagonista, che decide di posizionarsi al di sopra di tutto elevandosi a giudice supremo dell'umanità. Compiuto il delitto, in uno stato di completa lucidità e convincimento, il castello di sicurezze di Raskol'nikov crolla quando nella sua vita appare la sfortunata Sonja, la vera eroina del romanzo, una ragazza che, a dispetto della tragica situazione in cui si trova, continua a professare l'amore per la vita, per le persone. Lei, che tra tutti i personaggi descritti, sarebbe l'unico in diritto di ripudiare il mondo per tutta la sofferenza procuratele, si mantiene candida, serena nell'affrontare un destino già segnato. Personaggio tra i più limpidi e casti della produzione dostoevskijana, probabilmente anche al di sopra del principe Mishkin, considerando le prove che la vita le ha riserbato, aprirà la seconda parte del romanzo, quella relativa al castigo.
Di fronte a tanta lucidità e perseveranza nell'affrontare in maniera coraggiosa la vita, Raskol'nikov compirà la sua maturazione, arrivando a capire che l'unica, possibile via di redenzione e di salvezza, sta nell'amore del prossimo e della vita.
Importante il messaggio di cui Dostoevskij si fa portavoce attraverso Sonja, un messaggio di speranza, di trionfo dell'amore e della compassione sulla meschinità e l'impoverimento morale, tematica ampiamente descritta dall'autore attraverso la descrizione di personaggi tragici nella loro bassezza morale, prerogativa, questa, di tutta la sua produzione letteraria.

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Opinione inserita da never    30 Luglio, 2014

orgoglio distruttivo

(contiene spoiler sul finale)
delitto e castigo è la storia di Rodja giovane universitario,affranto dalla povertà che lo costringerà a lasciare i suoi studi.
il personaggio presenta un carattere molto complesso dove il sentimento predominante è l'orgoglio,che gli impedirà di mostrare molte emozioni, ma questo non vuol dire che non li provi in svariate occasioni mostra compassione ed affetto , tra cui il caso del generale avvinazzato, uomo che sperpera i soldi per bere,rovinando così il destino della famiglia,o quando salva dall'incendo quei due bambini. però il fatitico orgoglio sarà predominante oscurando tali sentimenti e causando l'assassinio dell'usuraia. La donna era una pulce che impediva i disegni del giovane, che si aricchiva impoverendo i poveri, la sua morte sarebbe stato un bene per l'umanità, ma ahimè dopo la sua morte le cose si complicano facendo nascere in lui un profondo odio verso tutti persino nei confronti della stimata madre. Dopo molte vicissitudin si denuncerà, ma in prigione si sentirà ancora più solo a causa del suo orgoglio ferito. Riuscirà ad uscire dal ''tunnel'' mettendo da parte il terribile orgoglio e grazie all'amore di Sonja che non lo lascerà mai solo

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Gioiese Opinione inserita da Gioiese    22 Marzo, 2014
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Il castigo ce lo impone la nostra coscienza.

[Contiene spoiler sul finale.]

Siamo nella Russia di Dostoevskij, a Pietroburgo. La vicenda si svolge tutta intorno al protagonista del romanzo, Rodion Raskol'nikov, il quale è un ex studente universitario, che dopo aver abbandonato gli studi, vive da fallito in una casa minuscola nei bassifondi di Pietroburgo. Importanti per lo sviluppo della storia e per capire bene il romanzo di Dostoevskij, sono il carattere ed i pensieri del giovane protagonista. Egli è infatti un uomo fondamentalmente buono ma orgoglioso, chiuso, quindi tende a sembrare freddo con le persone e a non dimostrare i sentimenti che prova. Spinto dalla notizia che sua sorella vuole sposare un uomo ricco per poterlo aiutare economicamente a riprendere gli studi, sacrificando piuttosto lei stessa e la sua vita, decide di non accettare questo sacrificio, piuttosto troverà da sé una buona somma di denaro per far sì che non ci sia bisogno di quel matrimonio di convenienza. Per avere questi soldi, elabora un piano ingegnoso di omicidio di una vecchia usuraia, alla quale avrebbe rubato tutti i suoi averi e fatta così una discreta somma.
Nonostante qualche cambiamento del piano dell'ultimo momento, e la presenza imprevista della sorella della vittima, tutto riesce alla perfezione: nessuno sarebbe mai potuto risalire a lui ed incolparlo di quel duplice omicidio. Tuttavia adesso sorgono i problemi: Dostoevskij infatti, con grande maestria, riesce a descrivere bene il "castigo" che si abbatte sul protagonista per i delitti che ha commesso. Egli infatti si ammala sia fisicamente che, soprattutto, psicologicamente, e la paura di essere scoperto lo porta a distaccarsi sempre di più dalla famiglia e a distruggersi piano piano a livello mentale. Più volte sarà sul punto di tradirsi e più volte penserà a costituirsi; e lo farà spinto da Sonja, proprio quando un'altra persona aveva confessato di aver commesso l'omicidio, e quindi il caso era stato risolto; lui non correva più alcun pericolo. Secondo me con questo passaggio Dostoevskij ci ha voluto insegnare che è giusto pagare quando si commette del male, per poter pulirsi la coscienza e non vivere tutta la vita in preda ai rimorsi. L'amore per Sonja lo porterà a sopportare la prigione, nella speranza di potersi rifare una nuova vita quando avrà scontato la pena.
Il questo fantastico romanzo, il tema portante è il tormento e la lenta distruzione fisica e mentale del protagonista; questo è il modo in cui deve espiare la sua colpa, questo è il vero castigo, non la prigione. Accanto a lui, in una Pietroburgo divisa (come tutto il mondo da sempre) tra gente che per mantenere la famiglia è costretta a prendere il foglio giallo (cioè a fare la prostituita) e gente che è abbastanza ricca da credere di poter comprare tutto coi soldi, il giovane protagonista troverà un amico, Razumichin, il quale sarà davvero importante per lui e per la sua famiglia. La grande abilità di Dostoevskij nel descrivere minuziosamente tutti i personaggi, tutti a loro modo importantissimi nella storia, rende il romanzo molto realistico ed affascinante.
Importanti sono i pensieri del protagonista, su tutti troviamo una teoria secondo la quale gli uomini non sono tutti uguali, ma alcuni sono al di sopra della legge in quanto geniali: "Io non lo accuso, non pensatelo nemmeno, vi prego; e poi, non è affar mio. C'entrava anche una sua teoria personale, una teoria così e così, secondo la quale gli uomini si dividono in mate­riale grezzo e individui speciali, cioè individui per i quali, data la loro posizione elevata, la legge non vale; anzi, sono loro che fanno le leggi per gli altri uomini, per il materiale, per la spazzatura. Non c'è male, una teoria così e così: une thèorie comme une autre. Napoleone lo ha terribilmente affascinato; cioè, con più precisione, lo ha affascinato l'idea che moltissimi uomini geniali non abbiano badato a una cattiveria singola e siano passati oltre, senza stare a pensarci."
Troviamo anche il pensiero machiavellico de "il fine giustifica i mezzi": "Se l'ammazzassimo e ci prendessimo e suoi soldi, per dedicarci poi con questi mezzi al servizio di tutta l'umanità e della causa comune, non credi che un solo piccolo delitto sarebbe cancellato da migliaia di opere buone? Per una vita, migliaia di vite salvate dallo sfacelo e dalla depravazione. Una morte sola, e cento vite in cambio."
Romanzo da leggere con assoluta concentrazione.

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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    12 Marzo, 2014
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Anatomia del disporre della vita altrui

“Egregio signore, la povertà non è un vizio, è una realtà. (…) Ma la miseria, egregio signore, la miseria è vizio”.

In queste parole – pronunciate in un'infima bettola da un derelitto ubriacone allo studente Raskòl'nikov – c'è l'essenza di questo capolavoro della letteratura russa.
Dostoevskij presenta sin dall'inizio il suo protagonista (Raskòl'nikov, per l'appunto) come un uomo che, per quanto ancora si maceri ed esiti, si nutre già di un proposito delittuoso. Nei fatti non è ancora transitato dalla POVERTA' di un'arrangiata condizione di vita alla MISERIA morale causata dal compimento di un atto violento. Ma mentalmente il passaggio c'è già stato.
E allora Raskòl'nikov ricostruirà con il lettore il modo in cui è giunto all'idea di assassinare la vecchia usuraia alla quale porta in pegno oggetti di un qualche pregio, per avere in cambio una manciata di copechi (cioè una boccata di ossigeno). Ma poi tale proposito metterà in atto, con l'inganno e un poderoso colpo d'accetta: e il delitto sarà compiuto, e incancellabile.
Sebbene riesca ad allontanarsi dal luogo dell'omicidio senza essere visto, Raskol'nikov, dentro di sé, sa già che la parabola discendente è iniziata, e che l'ineluttabilità dell'azione (il delitto) lascerà il posto all'ineluttabilità della reazione (il castigo). Il folgorante paradosso che regge tutto il libro e ne fa un riferimento costante (se non un'opera unica) è proprio in questa lunga parte del romanzo: al passaggio del protagonista attraverso tutti i gradi della MISERIA (che ha innescato con le proprie mani), si accompagna il progressivo svelarsi delle motivazioni che hanno dettato lo scellerato atto, e che Raskòl'nikov riconduce ad una sua idea di “grandiosità” (ma su questo è bene non svelare troppo, e lasciar tutto al piacere della lettura).

Poste queste premesse – e tenuto conto che quasi tutto è stato detto di quest'opera – pare cogliere nel segno chi, in una precedente recensione, ha messo l'accento sul carattere pratico e “sperimentale” dell'analisi di Dostoevskij: è come essere al cospetto di un “empirista” che, anziché servirsi della pura filosofia o della scienza, sceglie di dissertare della natura umana attraverso la più alta letteratura.
Lo scrittore russo costruisce un vero e proprio “affresco”, facendo ricorso ad una modernità non solo di stile ma anche nella ricostruzione dei personaggi. Che aspirano al rango di caratteri universali: come la madre e l'amata sorella Dunja; il fedele e volenteroso amico Razumichin; Petrovic, l'antipatico e gretto arricchito che aspira alla mano di Dunja e su ciò viene fermamente contrastato dal protagonista; Porfirij, l'incalzante poliziotto “di quartiere” deciso ad afferrare il bandolo della matassa delittuosa; la fragile e caritatevole Sonja, inventatasi prostituta per dare sostentamento alla madre ed ai fratelli più piccoli; e numerosi altri.
Nemmeno l'entrata in scena dei personaggi minori si riduce a semplice “comparsata”: quando meno ce lo si aspetta, essi si ripresentano nella vicenda, testimoniando della complessità dell'intreccio creato dallo scrittore russo.
Sullo sfondo – ma neanche tanto – la povertà degli abitanti di una Pietroburgo fredda e avara di occasioni e speranze. E' a questa POVERTA' che Raskol'nikov prova a ribellarsi, ritrovandosi però avvolto in quella MISERIA che (a differenza della medesima povertà) non è una condizione di vita bensì un abisso dell'animo.
Così, scivolando verso l'inevitabile finale, si svela l'intimo collegamento tra miseria e giustizia, che in qualche modo diventa, per l'uomo, destino.

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martacarta Opinione inserita da martacarta    21 Ottobre, 2013
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Quasi una teoria della razza.

É Raskoln’ikov stesso a illustrare le proprie riflessioni al sospettoso giudice istruttore Petrovi?: si tratta di una legge naturale della cui esistenza non dobbiamo dubitare, benché non sia stata ancora dimostrata biologicamente. Gli uomini, secondo il tormentato ex-studente di legge, si dividono, per natura, in due categorie: una inferiore, che è quella degli uomini ordinari che serve unicamente a procreare altri individui simili, e un’altra che è quella degli uomini veri e propri, i quali, cioè, hanno il dono o il talento di dire, in seno al loro ambiente, una parola nuova. I tratti caratteristici delle due categorie sono abbastanza netti: la prima categoria è composta, in linea di massima, da persone conservatrici che vivono nell’obbedienza. Quelli della seconda categoria, invece, violano tutti la legge, sono dei distruttori.
Questo pensiero, a ben vedere, non ha in sé niente di particolarmente sovversivo o originale; l’originalità sta nel fatto che Raskol’nikov, seguendo coerentemente il proprio ragionamento, arriva a risolvere secondo coscienza la “questione del sangue”. I delitti di questi uomini straordinari sono assai disparati, trattandosi di disobbedienti: per lo più, essi chiedono la distruzione del presente in nome di qualcosa di meglio. Se a uno di loro occorre, per realizzare la propria idea, passare sopra il sangue, sopra un cadavere, secondo Raskol’nikov egli può permettersi, in coscienza, di farlo.
Tuttavia, non c’è da preoccuparsi che venga sovvertito l’ordine sociale: l’incidenza del “diritto a delinquere” è minima, se si considera che l’enorme massa degli uomini (“il materiale”) esiste per arrivare a mettere al mondo questi grandi geni, coronamento dell’umanità, con una proporzione approssimativa di uno su migliaia di milioni di uomini.
Ed ecco che Petrovi? muove un’osservazione fondamentale: cosa potrebbe accadere se si verificasse qualche confusione e un individuo di una categoria immaginasse di appartenere a un’altra? “Oh, ma questo accade spessissimo!”, risponde Raskol’nikov, e noi con lui. Molti uomini “ordinari”, infatti, per un capriccio di natura, credono d’essere uomini d’avanguardia, “distruttori”. Per contro, molto sovente non si accorgono degli “uomini nuovi”, dei geni, e perfino li disprezzano.
Lo stesso Raskolnikov, fascinato dalla figura di Napoleone, sarà vittima di questa capricciosità di natura: dopo un’iniziale esaltazione del sé e una sorta di ebbrezza che porterà al delitto, giungerà il tormento e la piena consapevolezza del proprio errore, insieme a una necessità di espiazione.

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Mendax Opinione inserita da Mendax    27 Luglio, 2013
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Capolavoro

Avete presente quando si sottolineano le frasi da ricordare in un buon libro?
Ecco, sin dalla prima pagina qualsiasi sottolineatura mi è sembrata solo un modo per "sporcare" questo capolavoro che dovrebbe rimanere intatto nella sua integrità.
Il risultato? Un quadernino rimpinguato di brevi frasi o lunghi estratti.
Prostitute, alcolisti, una povertà dilaniante in una Pietroburgo malata, sono le caratteristiche che fanno ben intendere l'ambientazione in cui il protagonista Raskolnikov, un giovane dalle tendenze superomistiche, compie il suo primo omicidio per dimostrare a sè stesso di valere qualcosa.

Intreccio favoloso, situazioni indimenticabili, scene ottimamente descritte: Insomma, tipicamente Dostoevskij.

Inoltre consiglio Match Point, film di Woody Allen basato sulla falsariga del suddetto romanzo.

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Ciusbetti Opinione inserita da Ciusbetti    12 Ottobre, 2012
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Tra i miei classici preferiti

Premettendo che ancora non sono riuscito a leggere tutta la produzione del mio amico Fedor, posso al momento affermare che Delitto e Castigo è, insieme ai Fratelli Karamazov, in vetta nelle mie preferenze verso di lui.
C'è comunque una netta differenza tra i due libri, in quanto ne i Karamazov la narrazione è molto ricercata ed a tratti risultante lenta, mentre in delitto e castigo i capitoli scorrono che è un piacere e solo in rarissime occasioni si nota qualche rallentamento.
La storia parla di uno degli eroi tipici Dostoevskiani, uno studente universitario in bolletta molto introspettivo ed a tratti scrorbutico e asociale, ma generoso e di buon cuore di fronte alle avversità che colpiscono chi sta peggio di lui.
E' un tipico eroe che si trova anche in altre sue produzioni e mi piace pensare che sia anche il suo preferito.
Ovviamente la storia si basa su un delitto e su tutto quello che ne consegue, ma non voglio rovinarvi il piacere di leggerlo.
L'analisi introspettiva dei personaggi è minuziosa e quando entrano in scena molto spesso già li conosciamo, oppure l'autore risulta pronto a presentarceli ed analizzarli, ogni parola o gesto non viene mai per caso.
Ne risulta che è molto facile immergersi dentro la storia, e molto difficile uscirne fino a che non si arriva all'ultima pagina.
Per chi non è abituato agli scrittori Russi inizialmente troverà un pò di difficoltà con i nomi dei personaggi, perchè ognuno ha almeno due appellativi (in base al grado di conoscenza delle persone cui si rivolgono loro).
Superato questo piccolo ostacolo vi assicuro che non vi pentirete della lettura.
Delitto e castigo è nella Hall of Fame dei miei classici preferiti.
Consigliatissimo.

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il_viso_accadde Opinione inserita da il_viso_accadde    24 Luglio, 2012
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Pregiudizi avvilenti

Diversamente da come è solito fare, in questa recensione non voglio parlare di trame, personaggi, focalizzazioni o altro. La inizierò, invece, mandando con molta pacatezza a quel paese tutte quelle persone apatiche e amorfe che, oltre a non prendersi la briga di leggere dei romanzi impegnativi, cercano in tutti i modi di demoralizzare chi avrebbe voglia di farlo. Se fossi rimasto ad ascoltarle, probabilmente adesso starei ancora sfogliando i libri per la fascia di dodici anni. I romanzi dei grandi autori stanno diventando quasi dei tabù, perché si evitano a tutti i costi linguaggi ostici e trame noiose. Io stesso, appena ho letto il titolo in biblioteca, ho associato Dostoevskij a "mattone", ma non per esperienza, perché avessi letto "L'idiota" o altro, bensì per sentito dire.
Non ha senso limitarsi alle letture "commerciali", quando con un minimo di volontà si possono affrontare i classici, cioè, ricordo, quei romanzi che addirittura sono stati elevati a modello, riletti dopo decenni, secoli e millenni! Non sono le copie vendute a determinare la qualità di un romanzo!
In conclusione, se volete voglia di un bel libro, leggete "Delitto e castigo" e fregatevene di quello che dicono gli altri. Non bisogna pensare che affrontare Dostoevskij sia un'impresa impossibile, e ancora meno credere che chi ne ha il coraggio sia un masochista!

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valeg Opinione inserita da valeg    16 Giugno, 2012
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Doveroso affrontarlo.

Difficile stabilire il punto di partenza per recensire questo romanzo,com’è difficile catalogarlo in un genere preciso,perché “delitto e castigo” è tutto e niente,lo si può leggere,ti può cambiare o lasciarti indifferente. Le chiavi di lettura sono molteplici ,possiamo intravedere dei trattati psicologici,tematiche sociali,la denuncia di una società malandata che è quella dell’epoca presa in considerazione, o se non vogliamo tanto addentrarci tra le righe ,in superficie abbiamo un piacevolissimo e intrigante giallo,realistico e coinvolgente,in cui l’autore intinge, in un piacevolissimo calderone, tutte le sue ponderate visioni filosofiche. Della trama quindi mi limiterò a dire che il titolo dice molto,ovverò c’è un delitto, una serie di eventi più o meno prevedibili,e alla fine un non prevedibile castigo,non tanto per la pena,ma come essa verrà estinta. L’elemento di potenza comunicativa usato da Dostoevskij,nonché sua grandiosa creatura, è il protagonista, il giovane e scapestrato studente Pietroburghese Raskol’nikov,non tanto per la sua eccezionalità,ma per la sua incredibile vividezza,per la spettacolare caratterizzazione psicologica,per la sua acutissima intelligenza,la sua capacità di cogliere gli insignificanti particolari che fanno la differenza,e per le sue implicite debolezze emotive, egli è l’assassino,il martire del proprio rimorso ,egli ci trasporta nella sua mente attraverso l’evolversi della narrazione,nel sudiciume di un indigente ceto popolare che all’epoca imperversava nella Russia pre-Leninista,che sarà il germe della rivoluzione,nella povertà,nella presunzione di ritenersi un super uomo che il destino non gli ha concesso ciò che meritava,nell’arroganza di potere quelli che gli altri non possono e di scrivere da se il proprio destino,anche con il sangue, e la pena,il castigo,non gli verrà imputato dalla legge,ma dal proprio rimorso,e attraverso la sofferenza e l’amore,egli troverà la via per la propria redenzione,la via per un’esistenza giusta e superiore. Quello che più mi ha più affascinato durante la lettura, è stata la cesellatura minuziosa e particolareggiata dei personaggi,magistrale nel giovane protagonista,ed estremamente convincente ed irripetibile per coloro che gli orbitano attorno, dal fedele e affidabile quanto ingenuo Razumichin unico amico di Raskol’nikov,al perfido arrivista e mendace Luzin,prototipo della classe dirigente russa dell’epoca,al sagace e umano Giudice istruttore Porfirj,all’angelica e Sonia, che la sua natura la farà emergere dal fango della depravazione,tutti magistrali nella loro umanità. Insomma un libro di formazione immancabile,io ho amato di più Tolstoj,i cui messaggi mi sono entrati più in profondità, ma Dostojiesky è come lo scienziato che per dimostrarti l’attendibilità delle sue teorie,ti fa vedere l’efficacia dell’esperimento. E’ indiscutibile che quest’opera ,nella sua poliedricità comunicativa,abbia certamente contribuito ad ispirare in maniera più determinante le future generazioni di scrittori,insomma un’opera molto significativa nella storia della letteratura moderna. E’ un romanzo facile da leggere,piacevole nell’evoluzione della trama,meno, ma di proposito, nello squallore delle ambientazioni e nelle descrizioni della malata fauna cittadina dell’epoca,a volte possono pesare gli interminabili monologhi,soprattutto quelli relativi all’indagine del delitto,non mancano i momenti comici e tragi-comici,insomma da leggere,per capire come si riesce a dar vita a dei personaggi di fantasia.

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Dopo aver letto questo si può leggere tutto!(a parte Joyce,forse!)
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Klayzt Opinione inserita da Klayzt    13 Gennaio, 2012
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Delitto e Castigo

In “Delitto e Castigo” Dostoevskij riversa tutto il proprio genio il quale non solo verte sull'ambito letterario, ma si avvale appunto di profonde conoscenze filosofiche, antropologiche e psicologiche.
Egli pone il personaggio principale, Raskòl'nikov, giovane ex studente, prematuro pensatore ed idealista, nello scenario di una Pietroburgo sporca, polverosa e opprimente, brulicante di personalità stereotipate, di varia estrazione sociale: ubriaconi, piccoli borghesi, mendicanti, finti aristocratici, prostitute, osti, studenti, usurai, vedove in disgrazia.
Il giovane Raskòl'nikov, un ragazzo estremamente suscettibile e tuttavia fiero dei propri originali pensieri, si fonde e sprofonda nella metropoli, rinuncia alle proprie ambizioni senza neanche rendersene conto e scivola nell'ozio e nell'inerzia del suo squallido e minuscolo appartamento. Costantemente irritato dal suo fallimento in corsa, sviluppa nella sua mente un'idea fissa, una teoria: “Che sia giusto compiere un piccolo atto cruento se questo serve a sopraelevarsi nella società? Che sia giusto quando, a buon ragione, l'omicidio in questione viene attuato nei confronti di chi opprime, vive di rendita e non offre niente al mondo se non sofferenza? Che sia giusto per chi, a differenza di molti si possa considerare un eletto, “un Napoleone”, schiacciare i pidocchi della società per il bene proprio e quello comune?”
A questo proposito Raskòl'nikov si decide all'azione e sceglie di assassinare una vecchia malefica usuraia, con il duplice scopo di arricchirsi del bottino per poter porre le basi economiche della propria carriera e quindi potersi “sopraelevare”, e di mettersi alla prova, scoprendo se in realtà egli possa sostenere il peso di una tale impresa e quindi riconoscersi in uno dei pochi “eletti”.
E' da notare come Dostoevskij, impiantando questa ipotesi filosofica nella mente del suo protagonista, sembri quasi anticipare, se non (teoria ardita, ma comunque plausibile) gettare le basi per quello che sarà il successivo pensiero nietzchiano, quello che impernia la sua centralità nel “superuomo”.
Anche se l'omicidio, minuziosamente pianificato, procede grosso modo secondo i calcoli prestabiliti da Raskòl'nikov egli si ritroverà ad affrontare una sorta di deterioramento interiore a seguito del misfatto, il quale lo porterà ad una sorta di febbre celebrale nel quale delirio egli teme in continuazione di tradirsi, lasciandosi attanagliare da ogni forma di paranoia la quale spesso raggiunge le forme più maniacali, morbose e violente. A peggiorare (nel tentativo di migliorare) il tutto ci sono i vari personaggi (anch'essi magistralmente curati nella costruzione dei caratteri in tutte le varie sfaccettature), quali, in primo luogo la madre e la sorella, giunte (in un momento poco oppurtuno) dalla periferia, che soffocano letteralmente Raskòl'nikov di cure e affetto.
Il giovane amico ed ex collega universitario Razumichin, pieno di vigore e vitalità, ottimista e responsabile, legato fraternamente a Raskòl'nikov, offrendo a questi tutto il suo sostegno e ponendosi come cuscinetto tra le due familiari ed egli.
La sfortunatissima Sonja, appena adolescente, travolta dalla povertà assoluta e costretta a “prendere il biglietto giallo” (cioè a prostituirsi), che diventerà per il protagonista oggetto di amore e mezzo di espiazione.
Questi, e tanti altri personaggi contribuiscono non come contorno ma bensì come parti integranti e indispensabili del racconto interagendo in modi diversamente passionali con il protagonista.
Tutti questi elementi caratterizzano e determinano un lettura sorprendentemente scorrevole seppur fittamente ornata da elementi estrinsechi della cultura, degli usi e delle tradizioni russe, che coinvolge intimamente il lettore e lo trascina, in usa sorta di complicità emotiva, nelle vicissitudini e nelle sventure dell'originalissimo personaggio principale e degli altrettanto originali personaggi secondari. Elementi che nell'insieme rendono “Delitto e Castigo” un capolavoro della letteratura classica russa che ha influenzato, senza ombra di dubbio, il carattere e lo stile del romanzo moderno occidentale.

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Little_Dolly Opinione inserita da Little_Dolly    27 Dicembre, 2011
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Tormentato

Sul fatto che sia un bellissimo libro non c'è nulla da ridire, l'unico vero difetto è forse l'inizio. Perchè dico questo? Perchè le prime pagine di un libro sono importantissime e queste non riescono fin da subito ad appassionarti.
Andando avanti la storia poi diventa bellissima ma discontinua, c sono momenti e situazioni resi benissimo ed altri che tendono ad annoiare o comunque a dilungarsi troppo.
Il finale mi è piaciuto moltissimo!
Lo stile di questo romanzo è ottimo ma non lo definirei indimenticabile. Meglio il contenuto che ci affligge con i deliri e i sensi di colpa di un animo tormentato.
Nonostante le critiche lo trovo comunque un ottimo libro.

Consiglio questo libro a chi abbia un po' di tempo per potersi concentrare appieno sulla storia.

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Sara S. Opinione inserita da Sara S.    07 Luglio, 2011
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il mio libro preferito

Bellissimo!!! Un libro che offre tantissimi spunti di riflessione e che mi ha lasciato carica di emozioni contrastanti. E' stata una lettura quasi dolorosa, divorata con brama, e dalla quale non riuscivo a staccare gli occhi! Il finale prima dell'epilogo è stato un colpo al cuore, da una parte ci sono rimasta malissimo, è il primo Dostoevskij che leggo e l'avrei preferito più cinico e cattivo. Ciò nonostante questo romanzo è un capolavoro!!!

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Poiana Opinione inserita da Poiana    05 Luglio, 2011
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Più unico che raro

Romanzo più unico che raro nel suo genere, qui emerge tutta la grandiosità di Dostoevskij, capace di rendere omaggio alla stupenda Pietroburgo, con dettagliate descrizioni, e di dar voce ai moti interiori dei personaggi principali con una polifonia del tutto nuova per il suo secolo.
Storia avvincente ed originale, capace di tenere il naso del lettore incollato alla pagina, in 700 pagine di romanzo il climax è sempre in crescendo e, chi legge, difficilmente potrà intuire cosa accadrà nella pagina successiva in quanto, le azioni ed i pensieri del protagonista Rasol'nikov, sono tanto imprevedibili quanto originali.
Semplicemente grandioso, un caposaldo della letteratura, capace di compiere un'indagine approfondita e precisa nell'animo e nel cuore del protagonista, senza risultare mai banale e con le capacità di uno psicanalista del nostro tempo.
Buona lettura

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paolodal Opinione inserita da paolodal    31 Luglio, 2010
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Le avventure dell'animo umano

Pochi scrittori come Dostoewskij sono riusciti a scandagliare l'animo umano cosi' a fondo. Opera di grande spessore ma scorrevolissima. E' l'avventura di un giovane e del suo animo inquieto che, attraverso un omicidio, va dall'esaltazione, alla paura, alla colpa, fino ai rimorsi, in un uragano di sensazioni e sentimenti. Ma chi l'ha detto che i classici russi sono mattoni? A me questo libro e' sembrato avvincente come un giallo... dimenticate la faccia antipatica del vostro vecchio professore di lettere, che ve lo dava da leggere per le vacanze... fate finta che ve lo dia Giorgio Faletti, la notte prima degli esami.... e portatevelo sotto l'ombrellone!

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    30 Giugno, 2010
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Delitto e castigo

Evento chiave del romanzo è un duplice omicidio, di una vecchia usuraia e della sorella, per mano di Raskolnikov, studente di Pietroburgo, vicino di casa delle vittime.
Da qui parte l'introspezione del protagonista, un viaggio nella coscienza dell'assassino, evidenziandone tutti gli aspetti: compiacimento prima e rimorso poi,sofferenza,delirio,solitudine,miseria e paura.
L'autore fa compiere al suo "eroe" un lungo cammino : dalla fase iniziale in cui egli si considera un "superuomo", così da giustificare il suo gesto nefando in nome di un bene superiore (paragonandosi ad un novello Napoleone), al termine della lunga parabola psicologica, in cui, tormentato nel profondo dell'animo, arriva al pentimento e al rimorso indelebile.
Un'indagine spettacolare, che scava nel cuore e nella mente di un uomo comune.
Come definirlo, se non un colosso della letteratura di tutti i tempi.

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Indigowitch Opinione inserita da Indigowitch    25 Giugno, 2010
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I tormenti della psiche

E' il primo romanzo che ho letto di Dostoevskij e me l'ha fatto amare subito.
Con una prosa scorrevole e un ritmo febbrile, Dostoevskij ci introduce nella mente del giovane Raskolnikov, che si macchia di omicidio nei confronti dell'anziana padrona di casa.
Il movente dell'omicidio è poco chiaro, anche se intuibile: Rodja (questo il nome di Raskolnikov)è un giovane squattrinato,e la vecchia padrona di casa è una persona gretta e avida, che pensa solo a far soldi.
Questo gesto, tuttavia, per quanto possa trovare giustificazione nell'esasperazione, in una condizione di vita miserabile, inizia a scavare un solco nella coscienza del protagonista, corrodendolo dall'interno, procurandogli una sofferenza interiore che Dostoevskij descrive mirabilmente.
Se nella tragedia greca il rimorso di Oreste viene personificato nel mito delle Erinni, in questo romanzo ottocentesco si assiste al tortuoso percorso interiore di un'anima tormentata.
Non c'è più il Mito a trasfigurare e a simboleggiare i tormenti dell'anima, ma un uomo di fronte alla sua coscienza.
A rendere ancora più affascinante la lettura è la consapevolezza, da parte del lettore, che il protagonista pagherà le sue colpe di fronte alla giustizia e dunque alla società, ma il castigo più duro, il dolore più cocente saranno quelli patiti dalla sua anima.
Un capolavoro tremendamente attuale, sopratutto per la capacità di Dostoevskij di parlarci di Raskolnikov senza cadere nella tentazione di presentarlo come un eroe maledetto o, al contrario, come un colpevole da redimere, ma semplicemente come un uomo nella sua totalità, nel bene e nel male.
Da leggere.

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luna3 Opinione inserita da luna3    25 Giugno, 2010
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Auentico capolavoro

Questo libro non puoi dimeticarlo, ti lascia dentro l'angoscia provata da un povero ragazzo di PIetroburgo che trovandosi in uno stato di disagio sociale senza lavoro senza soldi e con un affitto da pagare si ritrovi con il pensiero prima e con i fatti poi a commettere un delitto. Il protagonista a differenza dei grandi uomini come Napoleone non è riuscito a sopportare il peso di ciò che ha fatto, senza tuttavia pentirsena mai.Secondo il suo pensiero spargere del sangue con l'obiettivo di evitar i problemi ad altre persone non puo essere un peccato. Bellissima lettura non scorrevolissima ma la consiglio atutti.

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pinucciobello Opinione inserita da pinucciobello    14 Giugno, 2010
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Capolavoro assoluto

Romanzo straordinario, capolavoro assoluto di cui è impossibile dimenticare nè i dettagli nè l'ambientazione. La povertà è vera e palpabile miseria, l'amore è sentimento puro ed imperituro. Modernissimo (ed in seguito imitatissimo, in letteratura e cinematografia) nella struttura narrativa, personalmente lo considero un romanzo-rifugio di cui rileggere qualche pagina per purificarsi quando si resta delusi da letture contemporanee super osannate ma risultate poi deludentissime.

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Da consigliare ai figli almeno una volta al giorno ... della serie: " Hai comprato il pane ? e letto "Delitto e Castigo"?
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gracy Opinione inserita da gracy    24 Marzo, 2010
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Capolavoro

Bellissima esperienza di lettura di un classico della letteratura mondiale. Pubblicato per la prima volta nel 1866 dopo una lunga stesura. Dopo più di due secoli è stato scritto di tutto sulla maestria e la bellezza di questo testo. La mia sensazione è stata piacevolissima, ho riso, mi sono commossa ed ho riflettuto tanto. Mi rimangono impressi i personaggi così diversi e veri come se fossero attuali uomini e donne di questa società. Sento la "febbre" di cui spesso i personaggi sono colpiti, come forma di difesa necessaria per esorcizzare la realtà. Sento la miseria, la povertà, dove per lenire la fame basta bere un tè caldo.

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