Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino

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ant Opinione inserita da ant    14 Mag, 2020
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La dodicenne Christiane

Dopo che anni fa (facevo, forse, il primo superiore) vidi il film , dopo che l'anno scorso son stato nei luoghi descritti, in questo periodo di permanenza forzata a casa ho voluto leggere questo libro. Devo dire che è uno spaccato crudo, essenziale e purtroppo realistico di quella che era la situazione in parecchie metropoli europee di quegli anni. Qui si parla di Berlino, ma le stesse cose le han vissute tanti ragazzi europei di quegli anni. Mi ha impressionato il racconto senza sconti di tutte le vicissitudini che la dodicenne Christiane F affronta, dal trasferimento da un paesino di campagna alla metropoli, in questi palazzoni abnormi dove, a detta dell'autrice ,l'odore degli escrementi nel vano degli ascensori era nauseabondo, e poi la protagonista spiega anche il perchè. Senza star lì a dilungarsi sul degrado costante della protagonista, convinta di poter uscire in qualsiasi momento dal tunnel della droga e invece sempre più coinvolta e sempre più squallido il suo modo di sopravvivere. Uno spaccato importante, da leggere sicuramente. Concludo estrapolando un passaggio che mi ha colpito a riguardo della presa di coscienza di Christiane
""Quel pomeriggio ero proprio nera per questa cosa. Parlavo a mezza voce con me stessa. Mi dissi: allora Christiane, hai realizzato tutto quello che in realtà hai sempre voluto. Te lo eri immaginato così? No di certo. Ma ugualmente ero questo che volevi. Hai sempre ammirato i vecchi bucomani. Adesso ci sei diventata. Adesso nessuno può dartela a intendere. Adesso non devi più fare la faccia incredula quando gli altri parlano della rota. Adesso nessuno ti può trattare di merda. Adesso sei tu quella che tratta di merda gli altri.""

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archeomari Opinione inserita da archeomari    13 Marzo, 2019
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il mondo è di una tristezza e di una merda totale

Kai Hermann e Horst Rieck scrivono questo romanzo-intervista alla quindicenne Christiane nel 1978 a Berlino, dove era stata chiamare a testimoniare ad un processo. Un documento interessantissimo, una denuncia contro la cecità dell’epoca sulla reale portata della tossicodipendenza tra i giovani.
Un libro che destabilizza per la crudezza delle immagini, la violenza di alcune situazioni, soprattutto perché sono coinvolti dei minorenni e delle minorenni ancora “con l’odore” delle bambole e dei giocattoli.
Si comincia sempre allo stesso modo: alle spalle una situazione familiare disastrosa, con uno o entrambi i genitori completamente assenti o incapaci di gestire situazioni problematiche, di imporsi al figlio o alla figlia, che cerca il confronto e il conforto cel gruppo dei pari.
Christiane dalla georgica campagna amburghese, si trasferisce con la famiglia a Berlino all’età di sei anni e sperimenta da subito la violenza, impara la legge del “muso duro”, del “vince chi picchia più forte”: la bambina accetta subito questo dogma sconvolgente, perché ogni giorno, sulla propria pelle, a casa, il papà ubriaco la picchia a sangue per sfogare la propria frustrazione dovuta al proprio fallimento professionale. Christiane per poter sopravvivere a questo mondo violento e brutale scopre che quelli che contano sono quelli “fighi”, quelli avanti e fa di tutto per farsi accettare dalla leader del gruppo dei ragazzi più ammirati a scuola.

A tredici anni “Avevo già imparato un sacco di cose, non solo la musica che a loro piaceva, ma anche la lingua che parlavano (...) mi ero concentrata sulle frasi che sentivo dire da loro. Per me erano più importanti dei vocaboli inglesi o delle formule matematiche” ( p.47, edizione SuperSaggi Rizzoli, 1980)

Dal libro viene fuori una Berlino senza aree verdi, una città assolutamente non a misura di bambino: i giochi si svolgono tra casermoni, metri e metri di filo spinato, cemento ovunque e si comincia già da bambini a scoprire il piacere di violare cartelli e permessi.
Questo romanzo-verità è un invito a riflettere, a chiedersi il perché i ragazzi, già in tenera età scelgono le strade della droga. Si comincia con un “assaggio”, si continua per sentirsi sballati e fighi e poi ci si ritrova una vita completamente distrutta. Christiane vede morire quasi davanti ai suoi occhi dei suoi compagni del giro: prova a disintossicarsi innumerevoli volte, sopportando l’agonia della “rota” (crisi di astinenza), ma i risultati sono sempre temporanei. Il desiderio di bucarsi supera ogni buon proposito ed anche ogni forma di rispetto, distruggendo la famiglia e anche le amicizie. Per bisogno di procurarsi eroina cade nella fogna della prostituzione, prima facendo più attenzione, scegliendo i clienti e poi, quando la situazione si fa più difficile, cede il suo corpo anche agli stranieri dell’est, gli “zulù”.
Attraverso queste pagine di vita vissuta - sembra assurdo usare questi termini quando si parla di una quindicenne- veniamo a conoscenza dell’orrore della tragedia che segna per sempre chi entra nel vortice dell’eroina.
Toccanti le ultime parole di Atze, primo ragazzo di Christiane, nella sua lettera prima del suicidio per overdose:
“Adesso metto fine alla mia vita, perché un bucomane porta arrabbiature, preoccupazioni, amarezza e disperazione a tutti i parenti e agli amici. (...) fisicamente sei uno zero. Essere bucomani vuol dire essere l’ultima merda (...) “. P. 185-186)
Vecchia storia, quella della droga. Hascisc, eroina, Valium, antidepressivi...tutte sostanze per annullare le preoccupazioni del mondo che ci circonda, annullando noi stessi per primi.
Il finale è aperto, ma sappiamo che Christiane non si è mai completamente liberata della tossicodipendenza.

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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    26 Aprile, 2018
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Prigionieri dell'eroina.

Ho acquistato questo libro ben sapendo che si trattasse di una lettura che di norma si fa in età adolescenziale, non perché sia qualitativamente mediocre o perché la scrittura non sia all’altezza (anche se devo dire che, almeno per la versione che ho trovato io, la traduzione è senza dubbio da migliorare) ma semplicemente perché dopo i 20 anni certi temi iniziano ad essere triti e ritriti e la lettura non è più coinvolgente e scorrevole come dovrebbe essere.
Il libro, come molti sapranno, parla della storia di Christiane F. (protagonista e scrittrice) che racconta in questa autobiografia la sua adolescenza passata tra i posti più squallidi di Berlino prostituendosi e rubando per procurarsi l’eroina. Il racconto inizia dall’infanzia, descrivendo accuratamente la difficile crescita con i genitori, che poi si separeranno, e la sorella. Sicuramente il periodo più buio di Christiane è quello che va dai 14 ai 17 anni, quando dopo aver provato tutte le droghe leggere, insieme ai suoi amici e al suo amato Detlef decide di provare l’eroina, che diventerà la sua prigione. Il baratro in cui entra sembra non avere fine e dopo aver provato invano per due volte la disintossicazione la nostra giovane protagonista finisce per prostituirsi, prima da sola e poi con Detlef, per procurarsi i soldi per la droga.
Il libro è scritto in maniera scorrevole e chiara, spesso vengono usati slang e modi di dire tipici dei giovani di quel tempo, inoltre il racconto è spesso intramezzato da racconti di personaggi collaterali al racconto (il padre, la madre, gli assistenti sociali, etc) che ci aiutano a capire meglio la situazione.
Purtroppo come detto all’inizio a lungo andare il libro è sembrato “già visto”, forse anche perché già ne avevo letti diversi sul genere, penso ad esempio a La scimmia sulla schiena di William Burroughs, un vero capolavoro del genere.
In conclusione un libro piacevole ma che un pò anche per mie “colpe” ho apprezzo solo a metà.

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Francesco.3.96 Opinione inserita da Francesco.3.96    17 Febbraio, 2017
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18 aprile 1976

Nel recensire questo titolo mi trovo quasi in difficoltà, ho apprezzato a tal punto questo libro che non ho idea di come potrà svilupparsi questa recensione.
Il testo è un viaggio che si articola in passaggi continui tra ambienti grigi e tristi di Berlino intorno agli anni '70 e le sensazioni della giovane Christiane...sensazioni che diventano un tutt'uno con l'ambiente che la circonda.
Il viaggio nella caduta della ragazza nella droga viene interamente raccontato in questo romanzo che pur presentando uno stile di scrittura abbastanza basso, va ad adattarsi perfettamente con il tema trattato.
La causa di questa caduta va ricercata nella mancanza di libertà, nell'opprimente ambiente di una Berlino che non dà una via di fuga ai giovani ragazzi che inevitabilmente si trovano catapultati dentro al giro, prima delle droghe leggere e poi con il conseguente passaggio alle droghe pesanti.

"Tutto il mondo è di una tristezza e di una merda assoluta."

Questo libro è più di una semplice biografia relativa ad una porzione di vita di Christiane...questo libro è un viaggio nella società di quel periodo. Un viaggio tra sogni infranti, tra realtà opprimenti, tra amici veri che a causa della droga finiscono per diventare simili a sconosciuti ed addirittura rivali.

Un viaggio nella solitudine.
Un viaggio nell'abbandono da parte della società.

"Tutto in un colpo, per un buco, tra noi non c'era più niente in comune."

Infatti una delle cose che mi ha colpito particolarmente, è stato appunto l'abbandono da parte delle istituzioni che nulla riuscirono a fare per fermare questo fenomeno, che almeno in parte (dipende dai punti di vista, secondo me quasi totalmente anche), era stato causato da loro.
Nessuno accetta questa ragazza per tentare la strada della disintossicazione, è un susseguirsi di battaglie da parte della madre e di Christiane alla ricerca di un centro che la accolga ma che inevitabilmente le chiude sempre la porta davanti.

Tra le righe si riesce a percepire questo malessere, questa tristezza...ma allo stesso tempo anche la serenità e la pace dopo l'assunzione di droghe, che inizialmente sembrano migliorare la vita alla ragazza, ma che dopo la fanno precipitare del tutto. La droga inizialmente era vista come il metodo di evasione ed allo stesso tempo di accettazione da parte del gruppo, o almeno questa era l'idea della giovane ragazza.

"Qualche volta raccontavo quello che avevo fatto al Sound. Credo che adesso gli altri mi ammirassero. Io ero semplicemente un passo più avanti di loro. Che fosse un passo verso la merda totale allora non lo sapevo. E neanche sapevo che molti del vecchio gruppo un po' dopo avrebbero fatto lo stesso."

Per chi per caso avesse visto solamente il film, posso assicurarvi che il libro in confronto è disarmante. Un susseguirsi di disintossicazioni accennate, quasi riuscite e subito dopo buttate al vento con un buco. La droga che doveva essere un qualcosa per trovare un'evasione, diventa presto una necessità per la sopravvivenza, o meglio per non stare male. Un testo molto forte e che secondo il mio parere deve essere letto da tutti coloro che se la sentono..per poter rendere onore a questa testimonianza ed imparare qualcosa da questo viaggio nella droga, nella prostituzione e nella musica. Aggiungo musica perché è una costante la presenza di Bowie, idolo della ragazza e che almeno nella prima parte del libro è sempre presente, fino a quando nulla avrà più un senso oltre all'eroina che porterà la ragazza a perdere tutto.
Un'infinita corsa verso il "buco finale", però contornata da spazzi di speranza in futuro rigoglioso senza la droga nella propria vita.
Per concludere voglio lasciarvi un ultimo spezzone del libro, perché sinceramente potrei stare qua a scrivere altre 3 ore, senza arrivare ad una conclusione appropriata, forse perché le emozioni che mi ha trasmesso questo titolo sono forse le più forti di sempre e non riesco a pensare troppo razionalmente.

"Non realizzavo assolutamente che nei mesi passati mi ero preparata sistematicamente a essere matura per l'ero. In quel momento non avevo nessuna consapevolezza che ero così tremendamente giù, che questo "It is too late" mi aveva completamente sconvolta, che a uscirne fuori non mi aiutava più nessun'altra droga, che nella strada che avevo imboccato la logica conseguenza era l'eroina. Tutto quello che pensai in quel momento era che non volevo che i due bucomani adesso se ne andassero e mi mollassero sola nella mia merda. Dissi subito agli altri due che volevo provarla. Pollo riusciva a malapena a parlare. Ma si infuriò letteralmente. Disse:"Non lo fare, non hai idea di quello che fai. In poco tempo sarai esattamente come sono io adesso. Sarai un cadavere"."

[...]

"Tutta la merda era di colpo sparita. "It is too late" non esisteva più. Mi sentivo bene come non mai. Era il 18 aprile 1976, un mese prima del mio quattordicesimo compleanno. Questa data non la dimenticherò mai."

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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    12 Ottobre, 2016
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La "bambina" dello zoo di Berlino



L'ho fatto.
Per la prima volta nella mia vita ho riletto un libro...
Ed ho scelto di rileggere "NOI, I RAGAZZI DELLO ZOO DI BERLINO" dopo ben 27 anni.
Un po' per poter poi leggere il suo seguito e un po' per confrontare l'impatto che questa lettura ha avuto su di me a 13 anni e poi a 40.
Avevo il ricordo di una lettura "shock", di quelle che ti travolgono in pieno come se fossi a piedi in mezzo all'autostrada...ebbene, nonostante gli anni, la maturità, l'esperienza di vita...mi sono ritrovata nuovamente inerme, a piedi, al centro di quell'autostrada.
Perché quello che viene raccontato qui non scende a patti con l'età, non si è mai abbastanza grandi, né preparati, né pronti per accettare tanto degrado, squallore, sofferenza e disagio.
I "ragazzi" del titolo...in realtà sono poco più che bambini!
Ero troppo piccola alla mia prima lettura? Non credo, anzi...io lo farei leggere a tutti i ragazzini, tutti.
Su di me ebbe l'effetto, allora, di farmi aprire gli occhi su un mondo sconosciuto (e tale poi è rimasto, fortunatamente), di mettermi in guardia non tanto dalle sostanze stupefacenti in sé, quanto proprio dai meccanismi sociali e psicologici che portano al loro avvicinamento.
Cambiano i contesti, cambiano le droghe, cambiano i ragazzi, ma il "modus operandi" di quel mondo marcio è sempre lo stesso.
Disagio famigliare, noia smisurata, profonda mancanza di senso esistenziale e desiderio di far parte del "gruppo" (anche se è il gruppo sbagliato, quello dei perdenti)...questo è alla base di questo docu-libro, questo è quello di cui ci parla Christiane.
Poi intervengono tanti altri fattori e dinamiche (che non basta una vita per analizzarle tutte)...ma la verità è che tutto questo ha una portata così grande, così al di sopra della mia capacità di comprensione, che io ho davvero difficoltà ad esprimere un pensiero.
Meno che mai un giudizio.
Posso solo fare tesoro di questa cruda testimonianza, prendere atto della continua dicotomia tra voglia di riscatto e rassegnazione, voglia di vivere "alla grande" e desiderio di morire, di arrivare presto al fatidico "buco finale".
Sì perché l'inganno è tutto lì...l'euforia sparisce presto e rimane solo la dipendenza.
"Farsi"...non più per stare bene, per sballarsi, ma solo per non stare male!   
Si procede velocemente verso una depravazione emotiva, ma soprattutto "deprivazione" emotiva: i bucomani sono terribilmente soli, perdono ogni forma di empatia, esistono solo loro e la loro pera.
Quello che mi ha davvero toccato è stato il dualismo di questa ragazzina, il suo sdoppiarsi continuamente in bene e male: c'è una parte molto significativa del libro in cui lei racconta di scrivere delle lettere a se stessa, ovvero "Christiane", la buona, la brava ragazza, scrive a "Vera" (suo secondo nome), la eroinomane, la bucomane, la baby-prostituta.
È una lotta continua fra le due...ma la più forte, inutile nasconderlo, non sarà mai Christiane!

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Vita93 Opinione inserita da Vita93    02 Agosto, 2015
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Serenità drogata

Kai Hermann e Horst Rieck sono due giornalisti tedeschi. Scrivono per il settimanale “Stern”. Nel 1978 si trovano a Berlino per intervistare una quindicenne sul degrado giovanile. La ragazza si chiama Christiane Vera Felscherinow. Nonostante l’età, ha un passato da consumatrice di eroina ed è imputata e testimone in un processo per possesso e ricettazione di droga.
Quello che doveva essere un breve colloquio diventa una testimonianza lunga due mesi da cui nasceranno, rispettivamente nel 1978 e nel 1981, un romanzo e un film omonimo capaci di destare scalpore in tutto il mondo. Il libro, in particolare, è stato un oggetto di culto tra gli anni ottanta e novanta. Per gli educatori rappresentava un simbolo dello spavento che lo spettro della droga deve incutere nei giovani. Alcuni genitori lo leggevano come monito. Per gli adolescenti era un testo trasgressivo, scabroso, ma frequentemente percepito come lontano. Come spesso accade quando si affronta in letteratura il tema della tossicodipendenza, la mancanza di valori ed il senso di vuoto che connotano il testo possono essere infatti compresi in un’età che necessariamente non può essere l’adolescenza.

Il testo autobiografico inizia dal trasloco che porta la piccola Christiane e la propria famiglia da Amburgo alla periferia di Berlino. Segue un’infanzia complessa con un padre violento, la separazione dei genitori, la difficile integrazione in un sobborgo pieno di costruzioni imponenti e cemento che scoraggiano la fantasia di bambini e ragazzi.
Difficoltà familiari, noia, amicizie sbagliate e assenza di motivazioni possono essere, in una personalità fragile ed immatura, una combinazione estremamente pericolosa.
A 11 anni Christiane inizia a consumare tranquillanti. Poi è la volta dell’hashish. A 12 frequenta discoteche ambigue dove instaura conoscenze che la conducono rapidamente nel tunnel della tossicodipendenza da eroina e alla conseguente prostituzione per procurarsi il denaro necessario all’acquisto delle dosi giornaliere.

“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” è un testo disturbante. Assistiamo impotenti alla vertiginosa caduta di una ragazza, in una testimonianza capace di porre l’accento su una serie di tematiche ancora attuali.
Denuncia i casi in cui l’assenza di figure familiari stabili e vigili non permette una crescita equilibrata dell’individuo negli anni cruciali dell’adolescenza. Quanto delle persone che siamo deriva dal contesto in cui siamo cresciuti? Quanto è invece insito in noi come patrimonio genetico indipendente da una buona o cattiva educazione? È vero che si ha sempre la possibilità di scegliere?
Viene poi sottilmente criticato il modello della scuola tedesca degli anni ’70-’80, colpevole di creare eccessive differenze tra studenti e di non favorire un senso di collettività a causa di anonime classi, o meglio corsi, frequentate da più di 100 studenti.
Così come ne escono ridimensionate le forze dell’ordine, descritte come entità capaci di punire ma non di prevenire e comprendere il fenomeno nella sua interezza.
Sotto accusa anche le varie terapie affrontate dalla protagonista in mano ad analisti, infermieri e medici poco interessati al reale recupero mentale, e non soltanto fisico, della ragazza.

Al contrario di tante altre versioni romanzate e non realistiche, qui viene sottolineato un aspetto tanto veritiero quanto sottovalutato: il vero tossicodipendente non ha una vita, né sociale né tantomeno affettiva, e le poche amicizie che coltiva nel giro sono strumenti per arrivare più facilmente e con meno rischi all’acquisto delle dosi quotidiane. I presunti amori sono spesso un mezzo per condividere marciume e solitudine.

Alla fine del tunnel, un barlume di consapevolezza. Lontana dalla periferia di Berlino, Christiane realizza che la vita sa essere dura anche nelle piccole realtà, che la scuola non è poi tanto diversa, che faticherà a lasciarsi alle spalle il suo passato da tossicodipendente. E che ovunque ci sono giovani problematici. Rimane sorpresa, forse perché fino a quel momento è stata così impegnata a distruggere la propria esistenza da dimenticarsi di viverla e di guardarsi attorno.

“Siamo completamente soli in questa valle della follia”.

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RansieLaStrega Opinione inserita da RansieLaStrega    05 Mag, 2015
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La corsa al benessere utopico..

Quando acquistai questo libro avevo meno di diciotto anni ed ero curiosa dei miei coetanei che non perdevano tempo per fumarsi uno spinello e prendere qualcosa di più; non capivo questo senso di "voler sembrare ciò che non si era".
La copertina dell'epoca mostrava il viso quasi senza anima di una ragazza che poi scoprii essere l'attrice che prestò il volto alla scrittrice di questo magnifico saggio, perchè io lo classifico come un saggio, più che un diario personale che Christine fa della sua esistenza di fine anni 70.

E' una lettura cruda, diretta e che non risparmia le immagini più "buie" degli anni di una Berlino che, ha segnato un pò anche me leggendo queste pagine; palazzoni grigi, aria grigia, l'esatto opposto di quello che Dorothy trovò nel magnifico regno di Oz, a Berlino era tutto un blocco industriale, tutto una fabbrica, metropoli che si sviluppava sempre più, gente che correva in una routine dove il pieno benessere era utopia.

**SPOILER**
Christine figlia dodicenne di una famiglia come tante, dove padre e madre non erano quelli che vediamo nelle pubblicità del mulino bianco, conosce le prime cottarelle e cresce in lei la voglia di voler crescere troppo in fretta. Si avvicina ad un mondo enormemente grande anche per una persona che lo è già. Da uno spinello innocente tra i suoi nuovi amici, comincia ad assaporare l'ebbrezza dell'eccitazione, con cocaina e VALIUM,mix di anfetamine, fino ad arrivare all'eroina, una droga all'epoca molto di moda e di facile commercio.
La sua vita diventerà un inferno, la voglia di smettere non l'abbandonerà mai; episodi ed eventi per una corsa al soldo per l'acquisto del benessere in vena...tutto questo e molto altro, vi catapulteranno in momenti davvero poco piacevoli, immaginare che siano davvero accaduti, lo sarà ancor meno.

La descrizione di ogni scena, ogni singolo episodio, non vi nascondo che mette i brividi...ma è una pagina della nostra storia, una pagina che non bisogna dimenticare.
L'indifferenza degli adulti nei confronti di questi ragazzi che erano una parte molto popolata delle metropoli in quegli anni di trasgressione, una società in lotta con un sistema DROGATO...
Christine F. spiega senza pietà ciò che accadeva intorno a lei, senza fare sconti.
La vita da bucomane è quello che racconta l'autrice, testimone sulla sua pelle della paura delle vere tenebre della vita.

E' un libro che forse bisognerebbe far leggere a scuola, abbassare la testa di molti ragazzini spocchiosi.

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JoeGreen Opinione inserita da JoeGreen    30 Agosto, 2014
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Un saggio dei nostri tempi

Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino è la storia di una ragazza, la storia di un amore, la storia di milioni di teenagers, la storia dei nostri tempi.
E' un saggio d'orrore, nudo e crudo, su argomenti che sono sempre stati caldi.

Certo, stilisticamente non è il massimo, ma è un libro di denuncia, denuncia dei soprusi, dei problemi, delle difficoltà.
Denuncia di una ragazza che passa dal vivere in campagna al frequentare la discoteca "Sound" girovagando in un nauseante tunnel dell'orrore che migra dal fumo, dalle pasticche, fino ad arrivare alla droga della morte: l'eroina.

E così inizi il tuo viaggio con Christiane, sembri la sua anima gemella, arrivi a piangere e disperarti per qualsivoglia sua perdizione, per la sua caduta nel tunnel, la sostieni nella ripresa, e ti senti giù alla ricaduta.
Il tunnel della droga è davvero un buco nero che ti risucchia la vita, e questo libro si pone come obbiettivo quello di istruire i giovani e di mostrare la letalità di queste sostanze, non di certo ad interessarli o ad affascinarli.

E' pur vero che vieni coinvolto così emotivamente lontano che arrivi a porti a Berlino.
Quello di visitare lo zoo di Berlino è un mio grande sogno, che spero di poter realizzare un giorno.

Romanzo brutale, da leggere e far leggere, a qualsiasi età, romanzo di un'era, romanzo intramontabile, romanzo di vita.

"Non sapevo più perché avevo paura di morire. Di morire da sola. I bucomani muoiono da soli. La maggior parte in un cesso puzzolente. Ed io volevo morire. In realtà non aspettavo niente altro che quello. Non sapevo perché ero al mondo. Anche prima non lo avevo mai saputo con esattezza."

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Simosim Opinione inserita da Simosim    28 Aprile, 2013
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Importante

Un libro veramente importante,una testimonianza un autobiografia assolutamente da leggere.
Libro scritto non troppo bene ma veramente informativo e appassionante.
Proprio cosi',il libro ti appassiona alla storia che vive Christiane ed ogni frase è estremamente vera e profonda che il lettore riflette,pensa,riflette,pensa fino alla fine del libro.
Andreoli disse: le parole di Christiane sono veri e propri colpi nella coscienza di ciascuno di noi.

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marika_pasqualini Opinione inserita da marika_pasqualini    07 Marzo, 2013
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indimenticabile

libro letto circa 10 anni fa, all'inizio della mia adolescenza, che mi ha spaventata a tal punto da farmi rivoltare lo stomaco ogni qual volta si parli di droga. eppure, mi ha affascinata, mi sono sempre chiesta il perchè fosse caduta così in basso. era una bambina.. e mi dispiace deludervi, ma lei è ancora viva e non ne è mai uscita. anzi, questo libro è stata la sua rovina perchè le ha dato un sacco di soldi per comprarsi la droga senza problemi. una vita violenta e violentata dal mondo, dalla famiglia, dall'aria in sè, che fa vivere tutto al lettore, anche il dolore di un buco o lo squallore di andare a letto per i soldi contati di una dose. Agghiacciante e crudo, e altri sinonimi, sono la descrizione di questo libro che mi rimarrà per sempre nella mente e nel cuore.

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Frax90 Opinione inserita da Frax90    17 Novembre, 2012
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La vita e l'esistenza

“Noi,i ragazzi dello zoo di Berlino”,simboleggia la prima ed anacronistica opera-documentario che carpisce il lettore e lo immerge nel mondo della tossicodipendenza(in particolare quella minorile) e dei suoi devastanti effetti consequenziali.
Nella Germania degli anni ‘70(così come nel resto d’Europa),parlare di eroina,di bucomani e di prostituzione finalizzata al procacciarsi la “dose giornaliera”, era quasi scandalistico ed intollerabile,siccome ogni persona teneva,nei confronti della tematica,una posizione di palese bugia mista a mera accettazione. Christiane F.,fornendoci il suo racconto-verità,ha dilatato le palpebre e le coscienze collettive di milioni d’individui, riguardo ad una delle piaghe peggiori che stava(e tuttora ha)invaso come un’ infezione pestilenziale la società Europea e mondiale.
Personalmente porrei il “Focus”del lettore non tanto sulla droga in se stessa(che rappresenta soltanto l’ultima spiaggia materiale di una situazione psicologica e vitale disgregata se non polverizzata),piuttosto sulle arzigogolate vicissitudini che hanno portato l’essere umano(il minore nel caso in questione)a farne uso. Alle spalle della tristemente celebre “polvere bianca”,si trova un universo di solitudine ed abbandono,di contesto famigliare distrutto,di depauperamento economico-lavorativo e sovente di abusi sessuali . “La dose” rappresenta,come abilmente descrive Christiane, lo strumento dell’evasione dal plumbeo e scolorito mondo che attornia il ragazzo/a,il catalizzatore dell’emozioni sulla pelle, senza il quale il soggetto non riesce più a manifestarsi,esprimersi e provare qualsiasi forma di empatia e collimazione con le altrui situazioni vitalizie.
Con l’amara spirale dell’eroina la vita evapora celermente ed il tossicodipendente si limita ad “esistere” semplicisticamente come presenza fisica in una realtà troppo stretta,soffocante,, che non gli si addice più, che gli scivola via come un turbine di foglie autunnali .Paradossalmente l’unica via per riprendere a “ vivere a colori”(nell’opinione del drogato) è farsi una dose:il cielo si ricolora di azzurro e di blu, le strade riassumono i tratti tradizionali ed il vento ricomincia a punzecchiargli finemente le guance,tuttavia è solo questione d’attimi effimeri prima che ritorni la nera oscurità dell’oblio.
Christiane,come del resto tutti i bucomani suoi coetanei, è denudata di fronte ai suoi ormai patologici “bisogni”,tant’è vero che nella sezione conclusiva dell’opera smette persino di mentirsi,come pedissequamente faceva ogni singolo giorno,sulle atrocità ed umiliazioni che la droga l’aveva costretta a compiere: si trovava in una situazione di completa e totale accettazione;gradino antecedente l’arresa.
Nonostante ciò, il “romanzo”(se così mi permettete di chiamarlo),si conclude positivamente, dimostrando in modo lapalissiano come sia facile cadere nella suadente spirale della droga,ma anche come sia possibile uscirne grazie alla propria e all’altrui forza di volontà, e come l’eroinomane possa reinserirsi nella società ed in una condizione esistenziale che potremmo definire tranquillamente VITA.

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annetta Opinione inserita da annetta    09 Ottobre, 2012
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loro, i ragazzi dello zoo della droga

prima di tutto grazie alle persone che hanno commentato questo libro, sono loro che mi hanno convinta a comprarlo e ne sono rimasta entusiasta! il libro è molto triste e fa capire bene al lettore che cristiane procede gradualmente nell' inferno dei bucomani, molti muoiono altri se ne vanno, un libro che segna e fa capire molto grazie anche alle testimonianze delle persone che sono venute a contatto con la protagonista ,il libro comunque lo sconsiglio ai bambini delle elementari che molto probabilmente non lo capirebbero e lo consiglio invece molto vivamente agli adolescenti in particolare ma anche a adulti ed anziani

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Maybe Opinione inserita da Maybe    24 Settembre, 2012
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"Lei", la ragazza dello zoo di Berlino.

Libro letto diverse volte che mi lascia sconvolta ogni volta che sfoglio l'ultima pagina.
La sensazione che si ha per l'intero libro (o almeno per me) è quella di affogare assieme alla protagonista, di barcollare con lei e di sentirsi trascinare in questo tunnel tormentato. Sicuramente la trama che poi è come si sa' la sua biografia è avvicente nella sua tristezza. Raccontata bene, con la crudezza delle tematiche e uno stile forte, caotico e duro. Si sa già che l'autrice/protagonista non riuscirà ad uscirne mai eppure si nutre la speranza che nella prossima pagina possa afferrare l'ancora di salvezza. Il libro è terrificante perché al giorno d'oggi i tossici sono ragazzini (non tutti ovviamente) viziati, annoiati che si comportano da straccioni perché "fa figo" ma invece all'epoca il disagio era fin troppo evidente. La droga era un'altra, la gente era altra. E la droga nel caso della nostra protagonista la porta a strisciare per poter comprarsi la dose. Prostituzione, violenza, depressione. Un'infanzia brutalmente schiacciata dalle nuove necessità. E la cosa che mi ha più traumatizzata è stato il cartello che vietava ai bambini di giocare. Un altro elemento essenziale a mio parere. L'innocenza non esiste, i bambini non possono giocare. Un libro che ti fa stare male e riflettere. Assolutamente da leggere a qualsiasi età.

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consigliato a chi c'è dentro a chi ha visto persone finirci a chi ama le biografie e anche a chi è solo curioso di saperne di più.
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saretta28 Opinione inserita da saretta28    21 Agosto, 2012
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purtroppo mi rivedo nei pensieri di Christiane

se il libro viene letto da una ragazza che si rivede in Christiane , le viene la nausea leggendo tutte le brutte vicende le conseguenze che ci sono ad avere un idea sul mondo come ce l'ha christiane. ci sono molte ragazze che hanno gli stessi pensieri, io compresa che si sentono incomprese che si pongono nella stessa maniera con gli altri e nella vita di tutti i giorni
i giovani si sentono incompresi ... sono poche le persone preposte ad ascoltare il prossimo, chi ha questa sensibilità di empatia e amore dovrebbe coltivarla e fare buon uso di questo dono, la vita i mass media ci chiedono di eliminare questa sensibilità,chi è cosi è un alieno deve cambiare, ma cosi i giovani si sentiranno sempre piu incompresi
se lo legge una ragazza che non si ritrova in christiane rimane un po' scioccata dalla lettura ma si sente cosi lontano da lei che il libro l'avrà letto con un certo distacco piu come un saggio sulla droga che un romanzo
mi rivedo nei suoi pensieri, non mi sono mai drogata nè ho fumato uno spinello, ma il malessere che si porta dentro christiane mi sembra simile al mio: c'è l'incomprensione con la famiglia, la scuola non va, manca l'integrazione con i coetanei, si fanno delle cavolate, vuoi morire e con superficialità vuoi buttare via la tua vita, il mondo è una giungla dove non c'è posto per te e non c'è il motivo per il quale valga la pena vivere, ci sono gli psicologi, gli psichiatri e gli psicofarmaci
pensavo che christiane si sarebbe ripresa in parte dai suoi tragici trascorsi come è scritto nel libro. ho scoperto che questa donna di 50 anni ha ancora problemi con la droga, non ha mai avuto una vita tranquilla, il suo mal di vivere non le è passato. nel libro c'è scritto che intraprendere la giusta strada è difficile ma possibile: a quanto pare ci sono persone che si perdono per sempre , in un intervista sua madre dice che è disperata per lei , è incredibile che dica queste cose quando sua figlia ha ben 50 anni e dovrebbe avere già la sua vita. tutto cio è molto triste. ha avuto 30 anni di vita per riuscire ad amare e ha ancora tanti problemi. dovrebbe ricordarsi di quando era bambina , con tutti i problemi in famiglia passava spensieratamente le giornate giocando di qua e di la, facendosi rimproverare dal portinaio se giocava al pallone nell'aiola,si deve ricordare di quello che ha subito da piccola dai suoi genitori, questo dovrebbe far scattare una molla e nel ricordo del suo passato dare a suo figlio una vita migliore rispetto alla sua. ha un intelligenza superiore alla norma sono sicura che ha le potenzialita per vivere una vita serena piena d'amore
adesso c'è la tv i videogiochi e internet che allontanano i giovani dalla vita reale viene da pensare come il demonio vince sull'amore, non perdo la speranza che questa donna ricominci ad amare e impari a volersi bene e a voler bene agli altri e alla vita. anche io mi ripeto spesso queste cose chissà come vivrò, nel mio cuore non voglio che il male vinca sulle persone, io chissa quale futuro avrò

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LittleDorrit Opinione inserita da LittleDorrit    13 Mag, 2012
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Vite al bivio

Questo romanzo ha segnato irrimediabilmente la mia adolescenza. Ricordo perfettamente l'impatto emotivo avuto sin dalla prima pagina. Ricordo tutto di questo libro, nonostante siano trascorsi anni; ricordo le vicissitudini di Christiane e del suo gruppo di amici, il suo primo amore dannato, l'incontro con l'eroina in una Berlino anni 70 dalla visuale in bianco e nero, i titoli dei giornali che riportavano le prime drammatiche morti, le stazioni affollate con all'interno le vite derelitte di chi si prostituiva sul retro, i gabinetti rotti e maleodoranti dalle numerose scritte sui muri, il sesso praticato per sentirsi ancora vivi (contrapposto a quello meccanico dato dal bisogno di denaro) ma soprattutto, ricordo i ritmi incalzanti dell'astinenza. Su tutto questo male aleggiano spettri psichedelici e musiche di Bowie, viaggi in tunnel bui della psiche e voglia di tornare a vivere. Non possiamo parlare di stile qui; la scrittrice non ha uno stile definibile; Christiane é semplicemente se stessa, scrive un diario personale dove si mostra cruda, schietta e talvolta volgare, come deve essere colei che racconta una simile realtà; é proprio questo suo modo amaro di narrare che porta il lettore davanti ai fatti senza piú veli...; .improvvisamente la droga non incuriosisce più...essa diventa qualcuno senza volto da cui fuggire.
Questo romanzo é una corsa contro il tempo per un graduale ma mai definitivo ritorno alla vita. Davanti a questa piccola grande prova narrativa s'infrangono tutti i sogni di bambina e ci si avvia lentamente verso l'età adulta.

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Lo consiglio a chi ama i diari personali dove non tutte le pagine risultano a colori
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LetyDarcy Opinione inserita da LetyDarcy    09 Gennaio, 2012
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Riflettere..

La notte dopo aver letto questo libro non dormivo. Ho 18 anni appena compiuti, una vita meravigliosa: spesso ho puntato il libro contro chi si droga, giudicandolo incapace di affrontare gli inevitabili problemi che la quotidianità ci mette davanti. Ho capito quante cose si celano dietro questo problema, non è una scelta vigliacca, non è neppure una scelta. E' uno di qui libri che ti cambiano e ti sconvolgono.

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valina91 Opinione inserita da valina91    05 Ottobre, 2011
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Stravolgente

Il dolore provato leggendo questo libro non è descrivibile a parole, può essere solo capito leggendo la triste storia di Christiane.
Dalle pagine trasuda la sofferenza di questa ragazza entrata nel vortice della droga e riuscita quasi per miracolo a scampare a una terribile morte.
Il racconto ha inizio fin dall'infanzia di Christiane e la sorella e fin da allora i suoi sogni cominciano ad essere infranti: la famiglia si era trasferita da un paesino di campagna alla grande città quale Berlino per realizzare il sogno del padre di aprire con la moglie un'agenzia matrimoniale. Ma non tutto procede come previsto e quindi sono costretti a trasferirsi da un'ampia e ariosa casa, in un appartamento striminzito. Da questo momento cominciano i guai per Christiane: il padre inizia a picchiare la figlia e la moglie per sfogare la sua rabbia repressa fino a costringerle al trasferimento in un altro appartamento.
La madre di Christiane a questo punto è costretta a lavorare quasi tutto il giorno per poter pagare l'affitto dell'appartamento da sola e quindi non ha il tempo di sorvegliare la figlia che comincia a frequentare cattive compagnie e a causa loro entra nel giro del fumo e degli acidi. Il suo unico scopo è quello di estraniarsi dal mondo in cui vive, dai problemi della vita di tutti i giorni. Durante questo periodo vedeva l'eroina con disprezzo e sosteneva fermamente che lei non sarebbe mai approdata a quest'ultima spiaggia. Ma purtroppo non fu così e quindi, passando di cattive compagnie a compagnie addirittura peggiori, arriva a provare l'"ero", come da loro denominata.
Ormai entrata nel giro pesantemente prova per ben sei volte a disintossicarsi, a volte da sola e altre con l'aiuto di comunità apposite, ma non riesce mai nell'intento e proprio quando pensava di esserne uscita si faceva una piccola "pera" rientrando drasticamente in questo vortice vizioso.
Alla fine, dopo che aveva provato a farla finita definitivamente con "l'ultimo buco", un drastico intervento della madre la porta in salvo dalla tomba che con le sue stesse mani si era costeuita.
Durante tutto il racconto vediamo come la personalità di Christiane Vera sia completamente sdoppiata: da una parte c'è la volontà di smettere di bucarsi insieme al suo ragazzo, Detlef, ed essere una semplice teen-ager con una vita normale e amici con cui divertirsi, dall'altra c'è la bucomane compulsiva che non riesce a vivere senza eroina. La cosa che più mi ha sorpreso e rattristato è stato leggere di come lei si rendesse conto del brutto giro in cui era finita e dei gravi errori che stava commettendo, ma con tutta la buona volontà non riusciva a uscire definitivamente da quel brutto periodo della sua vita.
Un'altra personalità interessante, da rimproverare e ammirare allo stesso momento, è la madre di Christiane. All'inizio si comporta come ogni genitore con il proprio figlio: sa di quello che succede al di fuori della loro casa, ma non pensa che proprio sua figlia possa cadere in una situazione del genere. Purtroppo però poi dovrà aprire gli occhi e rendersi conto del fatto che, sì, proprio la sua piccolina è entrata nel mondo dell'eroina. Cerca di aiutarla in tutti i modi, ma il comportamento di Christiane la porta a disperarsi e ad abbandonare ogni tentativo.
Alla fine, invece, proprio la disperazione porta a salvare Christiane da morte certa. Senza chiederle alcun parere o senza avvisarla di alcunché - come dovrebbe effettivamente comportarsi un genitore in queste occasioni - la porta lontano da quel teatro di morte e sofferenza in un paesino di campagna dove lei potrà finalmente ritrovare la vera se stessa senza l'inconfondibile manto della droga davanti ai suoi occhi e alla sua anima.

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pincopalla36 Opinione inserita da pincopalla36    17 Settembre, 2011
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Dura realtà.

Anch'io ho letto questo libro più di vent'anni fa.
Avevo circa 13 o 14 anni.Non so come mi sia finito tra le mani,ma adesso capisco perchè: questo libro ha vita propria.C'era scritto nel mio destino che io e lui ci incontrassimo.
Veramente mi ha cambiato la vita e a distanza di tutti questi anni ancora ho il sapore in bocca delle vicende di christiane f. e dei suoi sfortunati compagni di viaggio.

Dopo molti anni obbligherò i miei figli a leggerlo a costo di farlo io per loro.
Un libro che dovrebbe entrare a far parte del corredo scolastico di ogni scuola.
Farebbe sicuramente riflettere molti giovani sul problema della droga molto spesso sottovalutato purtroppo.
Bello,indimenticabile.

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R๏гy.o° Opinione inserita da R๏гy.o°    17 Luglio, 2011
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Un pugno allo stomaco

Leggere questo libro a 13 anni, in sottofondo "Heroes" di David Bowie [colonna sonora del film che ne è stato tratto] è qualcosa di straordinario.
Un libro che arriva dentro come un pugno dritto allo stomaco. Verità seducenti e fastidiose.
Rivedere il film per la seconda volta, e per la seconda volta essere tentati da questa lettura coinvolgente.
Un libro drammatico, una bimba che impara ad essere donna, un'esperienza di vita che la caratterizzerà per sempre.
E quegli occhioni azzurri che non si dimenticherano facilmente.

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Elizabeth Opinione inserita da Elizabeth    05 Gennaio, 2011
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Chiaro e profondo

Ho 17 anni e ho terminato questo libro qualche mese fa. Sono rimasta praticamente scoinvolta. Dall'insieme, dalla cruda realtà del mondo della droga, dalla psiche tormentata della protagonista. Mi ritengo fortunata perchè nell'età in cui la F. è stata coinvolta nel giro della droga io andavo a fare passeggiate in campagna con i miei amici! Un libro da leggere e rileggere, chiaro e profondo. Ti arriva fino all'anima. Voto 10

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Debs Opinione inserita da Debs    02 Novembre, 2010
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Che possa essere una guida...

Ho letto "Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino" anni fa, circa a 14/15 anni. All'epoca non conoscevo nessuno, nè per esperienza diretta, nè per sentito che si drogasse per cui il libro mi aveva aperto una finestra su un mondo nuovo e ignoto. Il libro mi ci ha scaraventato dentro con violenza e brutalità. Ricordo ancora in modo chiaro le descrizioni minuzione per la preparazione della dose, il degrado dello stile di vita, costipati in angusti anfratti luridi e cenciosi, la bava alla bocca durante le crisi di astinenza. E non ci può essere nulla di più vivido e reale che una vera e propria esperienza personale che è appunto quella di Christiane, una ragazza che ha ripetutamente toccato il fondo ma che alla fine si è saputa rialzare e raccontarci questa storia.

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elfina Opinione inserita da elfina    01 Novembre, 2010
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una storia di ghiaccio

Ricordo che questo libro era tra i testi consigliati alle scuole medie. Sono felice di non averlo letto in quel periodo.
Non perchè sia qualcosa da tener nascosto agli adolescenti, ma semplicemente perchè in alcuni punti l'ho trovato agghiacciante. E' talmente descritto nei minimi particolari che mi pareva di vivere in quella Berlino e di vedere con i miei occhi il disagio giovanile.
In alcuni punti l'ho trovato davverro agghiacciante e crudo.
Mi ha provocato un cocktail di sentimenti ed emozioni lasciandomi alquanto provata. Ricordo che non vedevo l'ora di finire di leggerlo per non sentirmi più alterata.

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darkala92 Opinione inserita da darkala92    10 Settembre, 2010
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Wir Kinder vom Bahnhof Zoo

Un insieme di sentimenti ed emozioni mi ha suscitato la lettura di questo libro. Orrore, rabbia, impazienza, delusione, amore, compassione..
..Sicuramente delusione dopo aver letto in internet la notizia: Christiane F. ricaduta nuovamente nel tunnel della droga - 10 agosto 2008.
La delusione mi è arrivata dritta al cuore dopo aver letto il suo libro in cui riporta la sua adolescenza bruciata, rubata e sporcata dalla droga e dalla prostituzione. Il fattore che fa più male è l'età che i ragazzi hanno nell'assumere per la prima volta, droghe pesanti, quali ero.

Eccellente è il "documento" riportato di Berndt Georg Thamm, direttore del consultorio di psicologia sociale della Charitas di Berlino. Spiega esattamente i motivi che spingono all'uso della droga.
Comunicazione assente, famiglie distrutte da problemi quali alcool, droga, povertà; comprensione dell'egemonia del denaro, la chiave della vita. Pubblicità che porta al ragazzo a desiderare ciò che non può avere e portandolo a richiudersi nel suo mondo "magico" (eroina) che non produce emozione, ma semplicemente allontanamento dei problemi.

Quello della droga è un argomento davvero interessante e doloroso da leggere e/o studiare. Questo è un libro che mostra davvero le cause dell'avvicinamento alla droga, senza paroloni ma con un linguaggio provocatorio e "di strada" che sottolinea le condizioni disumane che gli eroinomani vivono a causa della loro dipendenza.

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chicca Opinione inserita da chicca    05 Agosto, 2010
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christiane f.

Ho letto questo libro più di vent'anni fa e ancora oggi ho negli occhi le immagini di degrado e di disperazione che vi sono contenute.
Molto forte, a tratti crudo ma che fa capire quanto siano strettamente correlate la piaga della tossicodipendenza e della prostituzione infantile, di come sia facile passare dalle droghe leggere a quelle pesanti e alla non -vita che conduce chi è schiavo di certe sostanze. Si tratta di una storia vera basata sulle interviste rilasciate dalla stessa Christiane ad alcuni giornalisti nel 1978.

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katia 73 Opinione inserita da katia 73    27 Luglio, 2010
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Indimenticabile

Ho letto questo libro circa vent'anni fa quindi poco più che adolescente ma lo ricordo come fosse ieri, mi ha veramente colpito. Il "diario" di questa giovane ragazza tossicomane non ci risparmia niente dello squallore della tristezza della solitudine che ha vissuto in quel periodo della sua vita contornato dalla droga e tutto quello che ne deriva. Christiane era diventata una ragazza completamente priva di dignità perchè è questo che la droga fa si porta via tutto e lascia solo macerie. Un libro che consiglio di leggere soprattutto agli adolescenti per capire fino in fondo le conseguenze di certi gesti.

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sabrinat2601 Opinione inserita da sabrinat2601    27 Luglio, 2010
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Ebbene si....

Ebbene si...succede da decine di anni, succede proprio qui vicino a noi...succede a nostri conoscenti...succede a famigliari...succede a tutti...ma a noi no....a noi non potranno mai capitare....eppure succede...
Questo interessantissimo per quanto aggiaciante testo è la storia dettagliata dell'esperienza di una ragazzina di Berlino che inizia a "farsi" in tenerissima età, inizia a prostituirsi, a violentare il suo corpo e la sua anima solo per una dose...
Racconta il dramma della disperazione di un gruppo di individui costretti dalla dipendenza a fare di tutto e a toccare il fondo..molti non ce la fanno...ma la nostra Christiane è il simbolo della ripresa della dignità umana contro la droga.
Un resoconto da leggere e per riflettere...perchè come già detto...ebbene sì...succede anche vicino a noi...

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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    27 Luglio, 2010
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Una storia esemplare di orrore e di rinascita...

E' un libro-documento...
Scaturito da una vicenda veramente accaduta, con uno stile crudo ed essenziale, tipico dei giovani, è la storia di una ragazzina, Cristiane F. che inizia a bucarsi all'età di 13 anni...
Ella annota nel suo diario stralci della sua esistenza, cominciando dall'infanzia, vissuta in un anonimo casermone con una madre distratta e un padre violento, fino ad arrivare all'età critica, l'adolescenza, in cui frequenta amicizie sbagliate che la condurranno verso il tunnel della droga...
Un viaggio all'inferno e all'auto-distruzione...in cui si può giungere a estremi di vita al limite della decenza...oppure alla prostituzione solo per procurarsi una dose di eroina...
Cristiane F. toccherà il fondo prima di essere riagguantata dalla madre e portata in salvo...Nel 1981 viene proposto il film drammatico con l'omonimo titolo, che riscuote molti consensi...anche se risulta crudo e sconvolgente...
Consiglio vivamente la lettura di questo libro..sopratutto ai genitori, agli educatori e agli adulti in genere...per una conoscenza più approfondita del mondo della droga giovanile..
Saluti.
Ginseng666

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A tutti, per prendere coscienza del problema della droga fra i giovani..
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