Saggistica Arte e Spettacolo Lo zoo di vetro
 

Lo zoo di vetro Lo zoo di vetro

Lo zoo di vetro

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La presentazione e le recensioni di Lo zoo di vetro, opera di Tennessee Williams edita da Einaudi. Le ragioni del successo di Tennessee Williams che, iniziato nel 1944-1945 proprio con The Glass Menagerie,ha toccato l'apice nel primo decennio del dopoguerra, possono essere trovate nel confondersi degli elementi con i quali lo scrittore compone i suoi drammi, che appaiono così una sorta di riflesso, esasperato e lucidamente torbido, delle inquietudini e del disagio morale di molta parte della coscienza moderna. I personaggi che Williams ci presenta, come le storie che ci narra, nascono sempre dalla fusione di un realismo violento, spesso brutale e provocatorio, con struggimenti patetici, quasi romantici e non di rado morbosi, da una specie di fermentazione dolorosa ed esaltante della memoria entro un presente crudele, che delude i sogni e che travolge il sognatore incapace di mantenere i contatti con la realtà.



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Lo zoo di vetro 2013-10-16 03:14:09 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    16 Ottobre, 2013
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Siamo fragili come cristalli


Gruppo di famiglia in un interno di Saint Louis, in una vecchia casa ormai fatiscente. I componenti di questa famiglia sono in buon ordine:
Tom Wingfield, giovanotto insoddisfatto del proprio lavoro in un magazzino di scarpe, insofferente alle prediche ossessive della madre;
Amanda, donna sull’orlo di una crisi di nervi (come molti personaggi femminili nelle opere di Williams), abbandonata dal marito e preoccupata in modo patologico per l'avvenire della figlia maggiore;
Laura, timida e complessata (“Vive in un mondo per lei, un mondo di… fragili figurine di vetro…”) per il fatto di essere claudicante:
“Tom: Laura … è nostra e le vogliamo bene. Non ci accorgiamo neanche più che è zoppa.
Amanda: Non dire zoppa! Tu sai che questa parola non la sopporto!”

Amanda assilla i suoi ragazzi con il suo fare esasperante e trasforma il suo morboso amore in persecuzione psicologica.
Tom scrive poesie, passa il suo tempo al cinema e si ribella all’atteggiamento soffocante della madre, litigando con lei frequentemente.
Laura si chiude sempre più in se stessa, nella sua vita monotona e senza sbocchi. Ha rinunciato al diploma e ha interrotto un corso di dattilografia: le uniche sue occupazioni sono una minuscola collezione di animaletti di vetro e l'ascolto di vecchi dischi (“Non fa altro che trastullarsi con quei cosini di vetro e suonare vecchi dischi”).

La madre desidererebbe veder accasata la figlia (“Dopo il fiasco della dattilografia, l’idea di scovare un pretendente per Laura si fece il motivo determinante delle macchinazioni di mia madre. Diventò un’ossessione”). Quindi chiede insistentemente a Tom di trovare un ragazzo per la sorella. Così Tom una sera invita a cena il collega Jim, che fu suo compagno di liceo e che anche Laura conosce (ne era innamorata!).
Amanda è eccitata, fa grandi spese per rinnovare la casa, compra un grazioso abito per Laura, prepara una cena. Jim arriva a casa con Tom: Laura è imbarazzatissima.
Terminata la cena, la madre e Tom lasciano soli Jim e Laura. La conversazione è dapprima molto difficile per l'eccessiva timidezza della ragazza, ma poi l'ospite vince la diffidenza di Laura e i due iniziano a parlare senza problemi, si confidano, si apprezzano:
“Jim: Adesso vuol sapere che malattia ha lei? Complesso d’inferiorità. Sa cos’è? Quando uno si sottovaluta.”

Quando Jim si accorge che Laura lo guarda estasiata… be’ il finale non si può svelare.

Pièce complessivamente molto triste, in essa Tennessee Williams gioca sull’allegoria dello “zoo di vetro”:
“Le mie statuine di vetro mi prendono molto tempo. Il vetro ha bisogno di attenzioni.”
“Non è nulla. Il vetro si rompe così facilmente. Per quante precauzioni si prendano. Il traffico della strada fa tremare gli scaffali e ogni tanto ne cade uno.”
Abbinando, in modo magistrale, la potenza drammaturgica a quella simbolica.

Bruno Elpis

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