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Qual è il ruolo dell’educazione in un tempo che ha smarrito una chiara visione del futuro e in cui l’idea di un modello unico e condiviso di umanità sembra essere il residuo di un’era ormai conclusa? Quale ruolo dovrebbero rivestire gli educatori ora che i giovani vivono una profonda incertezza rispetto al loro futuro, i progetti a lungo termine sono diventati più difficili, le norme tradizionali sono meno autorevoli e flussi sempre più cospicui di persone hanno creato comunità variegate in cui culture differenti si ritrovano a vivere fianco a fianco senza più essere unite dalla convinzione che l’altro verrà prima o poi assimilato alla «nostra» cultura? Posti di fronte alle sconcertanti caratteristiche del nostro mondo liquido moderno, molti giovani tendono a ritirarsi – in alcuni casi nella rete, in giochi e relazioni virtuali, in altri casi nell’anoressia, nella depressione, nell’abuso di alcol o droghe – nella speranza di proteggersi così da un universo oscuro e vorticoso. Altri si lanciano in forme di comportamento più violento come le guerre tra bande o i saccheggi perpetrati da chi si sente escluso dai templi del consumo ma è avido di partecipare alla funzione. Tutto questo avviene mentre i nostri politici restano a guardare, distratti e indifferenti. In questo breve libro Zygmunt Bauman – il più grande teorico sociale della nostra contemporaneità, qui in conversazione con Riccardo Mazzeo, un intellettuale suo amico – riflette sulla situazione delle ragazze e dei ragazzi di oggi e sul ruolo dell’educazione e degli educatori in uno scenario dove le certezze dei nostri predecessori non possono più essere date per scontate.



Recensione della Redazione QLibri

 
Conversazioni sull'educazione 2012-02-27 19:13:15 Éowyn
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Éowyn Opinione inserita da Éowyn    27 Febbraio, 2012
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«La cultura è un coltello affondato nel futuro»

Svoltesi fra il luglio e il settembre del 2011, le venti conversazioni che Erickson presenta in questo breve libro, opera di uno dei più grandi pensatori contemporanei, Zygmut Bauman, in collaborazione con Riccardo Mazzeo – brillante interscambio sviluppatosi intorno al ruolo dell’educazione, nella ricerca di una più chiara comprensione delle diverse modalità e dei diversi ritmi secondo i quali le realtà giovanili stanno mutando –, offrono un quadro d’insieme del moto di idee e sentimenti caratterizzanti il gap generazionale e gli antagonismi economici crescenti, ma anche della minuziosa capacità di osservazione dell’autore, e colpiscono per le ampie riflessioni sulla significativa trasformazione dell’assetto sociale che ha condotto all’avvento della «Primavera araba» e alla tendenza, come lo stesso Bauman racconta, all’«indignazione» attraverso l’emergere di una politica «a forma di sciame». In essa l’autore, anche attraverso il confronto con altri intellettuali del nostro tempo, scorge i sottintesi del crollo di aspettative di un’intera generazione in una società capitalistica come la nostra in cui – nei termini dello stesso Bauman – «l’ultima barriera che si frappone tra i giovani e la loro rottamazione è questa nuova capacità che mostrano di fungere da serbatoio per gli eccessi dell’industria dei consumi». Un processo economico continuo, più che mai aperto allo sviluppo, di cui Zygmut Bauman ripercorre le accezioni e la diffusione riprendendo e precisando il concetto di «consumatori difettosi», puntualizzando con Riccardo Mazzeo il significato che ha accompagnato in Gran Bretagna gli emblematici disordini a Manchester, presto dilagati nel paese a suon di saccheggi e scorrerie – un resoconto diretto e di grande immediatezza della «rivolta di consumatori frustrati».
Alla radicalità e alla complessità delle trasformazioni economiche e sociali fa riscontro anche un cambiamento radicale delle tendenze culturali. Invale «una cultura del disimpegno, della discontinuità e della dimenticanza». Un punto di vista, quello di Bauman, straordinariamente attento alla dimensione «liquido-moderna», bene espressa dalla TV e dai social network; riguardo ai quali, Riccardo Mazzeo opportunamente cita la seconda delle 44 Letters from the Liquid Modern World: «[…] una volta che si vada in rete, non si ha più alcuna possibilità di stare completamente e veramente da soli. E se non si è mai soli, sarà molto meno probabile che si legga un libro per il piacere di farlo, che si faccia un disegno, che si guardi fuori dalla finestra immaginando mondi diversi dal proprio» (Bauman, 2010). Nonostante l’indubbia preoccupazione manifestata dal pensatore, non potrà sfuggire al lettore la concezione di una «rivoluzione permanente», da attuarsi “genuinamente”, ribadita nel corso delle conversazioni con Riccardo Mazzeo, nel rivolgersi al quale – mi piace infine ricordare –, sottolineando il valore finanche dei più piccoli fermenti culturali, Bauman asserisce che «perfino le querce centenarie provengono da ghiande ridicolmente minuscole».

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