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La presentazione e le recensioni di Economia della felicità, saggio di Luca De Biase. Dalle piccole e grandi biografie dei testimoni dell'evoluzione tecnologica, della globalizzazione, dei creativi che lavorano sui nuovi media, a partire dai blogger, tutti raccontano una storia relativamente nuova: oltre un certo limite non c'è più felicità nella crescita economica. L'aumento indefinito del consumo implica una spinta indefinita di lavoro necessario a finanziarlo e di tempo da dedicare all'attività professionale, a scapito delle relazioni umane. Proprio quelle relazioni che invece costituiscono il principale generatore di felicità. Ma la diffusione dei nuovi media digitali sta creando le condizioni di un ritorno alla dimensione della relazione tra le persone, del gratuito, della partecipazione. Occorre prenderne atto e trame le conseguenze per la progettazione sociale. In sostanza il sistema dei media ne esce trasformato. Se i media sono il massimo generatore di valore nella società dell'informazione, il sistema dei media è anche il settore che attraversa la più grande trasformazione.



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Economia della felicità 2008-04-28 22:21:48 sergiopaoli
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sergiopaoli Opinione inserita da sergiopaoli    29 Aprile, 2008
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Di cosa parliamo quando parliamo di felicità

Credo che sia un libro fondamentale per chi vuole provare a comprendere l'oggi e a immaginare il domani. De Biase ci porta per mano, lungo pagine impegnative, a volte complesse, ma non eccede mai in tecnicismi. Si sforza, e riesce, di essere divulgativo e chiaro, quando ci racconta di teorie economiche, quando si addentra nel penseiro moderno e nella teoria della complessità. Riesce ad affascinare il lettore medio come me.



Ci parla del tempo, come risorsa scarsa e come ricchezza, quando lo si dedica gratis alle relazioni con le persone.



Ci racconta dei nuovi media, di quello che succede in internet, nella blogosfera e nei social network, nei media orizzontali in genere, senza neointegralismi tecnologici e senza nascondere il male che ci si può trovare.



Articola con razionalità i motivi che conducono alla insufficienza delle tradizionali teorie economiche, portandoci sempre dal punto di vista dell'uomo e del suo essere persona.



E' un libro umanista, nel suo senso migliore e più sano. Perchè dice con chiarezza che la felicità non sta nella crescita economica infinita, tra l'altro assurda e insostenibile. Ma sta nella conoscenza, nello scambio, reciproco e gratuito, di informazioni, nella qualità e nel tempo che si dedica alla relazione tra le persone (non consumatori, non clienti, ma persone).



Insiste, e a ragione, sul ruolo dei media tradizionali, e offre prospettive di integrazione proficua e positiva, tra media verticali, media orizzontali. Sulla generazione di senso.



La felicità sta, potenzialmente, in una cultura "che sappia valorizzare l'elemento qualitativo nell'attività umana...Ci vuole senso. Ci vuole una direzione verso la quale andare. Ci vogliono valori. Senza valori non si può essere felici"



Nel mio piccolo, ho sempre pensato che la felicità sia il tempo che dedico alle cose che amo: fare il lavoro che mi piace (scrivere), i figli, gli amici, e le persone che conosco e che arricchiscono la mia vita, gli argomenti di discussione che mi stimolano, la fotografia. Ho studiato economia, ma i numeri, e i soldi, non mi hanno mai entusiasmato.



Ora ho capito qualcosa di più, di quel che pensavo. Spero di poter vedere, e vivere, dentro una repubblica delle idee.



Un difetto? Beh, è veramente impegnativo, quasi da addetti ai lavori. Ma non facciamoci spaventare: la conoscenza, il progredire, richiedono impegno.



Per approfondire? Werner Sombart "Il Borghese. Lo sviluppo e le fonti dello spirito capitalistico". Longanesi

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