Saggistica Scienze umane L'uomo di superficie
 

L'uomo di superficie L'uomo di superficie

L'uomo di superficie

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Cos’è successo all’uomo, alla civiltà? Concentrati su un qui e ora puramente corporei, abbiamo ucciso tutti gli dei e reso la bellezza l’unica nostra religione. Non abbiamo più sogni, non coltiviamo progetti, non sopportiamo il silenzio, facciamo rumore per vincere la solitudine, sradicati come siamo dalle nostre origini, incapaci di amare, di insegnare ai nostri figli e di imparare dai nostri padri. E siamo pieni di paura. Oggi viviamo appiattiti sulla nostra pelle, senza radici e senza futuro. Andreoli non dà giudizi né offre ricette, non ha certezze né dogmi da imporre. Ha però uno sguardo profondamente umano, e la consapevolezza della sua e nostra fragilità, l’unica meravigliosa forza su cui possiamo e dobbiamo contare per risorgere.



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L'uomo di superficie 2012-08-24 21:17:41 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    24 Agosto, 2012
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Il saggio di superficie.

"L'uomo si superficie galleggia sulla società liquida, spinto da un desiderio morto"

E' una società liquida la nostra, senza punti fermi, valori. Senza radici che affondano nella sapienza di secoli e secoli, con lo sguardo immobile sul presente. E' una società in cui il passato sbiadisce, il futuro è un monito inascoltato, il presente appare sempiterno e imperturbabile. E' un mondo diluito dalla stupidità, un filtro a maglie strette che esclude qualsiasi pensiero solido mentre si corre ad occhi chiusi su un ripido pendio che conduce inevitabilmente ad un profondo baratro.

E' la stupidità imperante che cancella l'attrito, è essa che pigia il pedale dell'acceleratore. E' una società senza freni, i cui occhi sono annebbiati dal desiderio di denaro, potere, bellezza.
E' una società che rinnega i concetti per l'incapacità di penetrare nel profondo del pensiero. Solo il concreto, l'aspetto, iniziano a contare mentre lo sguardo dell'umanità si ferma sulla superficie.
L'uomo di superficie, che non è l'uomo superficiale, ha paura del dubbio, teme di penetrare negli abissi dell'animo umano.
E anche se lo si nega, siamo anche in piccola parte schiavi del modello di bellezza imperate, nonostante i nostri sforzi siamo costretti a soggiacere ad una realtà in cui la bellezza è Dio, la cura dell'aspetto religione.

Eppure non credo che il mondo sia questo. Ne vedo i segni, ma so, o almeno spero, che ci sia qualcosa che riscatterà l'uomo, quel brivido di follia che ha aperto le strade all'Homo sapiens sapiens, a quella fragilità che trucchi, tatuaggi e vestiti tentano di nascondere.
Andreoli introduce un tema quanto mai attuale, degno certamente di riflessione.
Un saggio per capire noi stessi, per renderci conto della direzione che stiamo prendendo. C'è uno stupore continuo alle prime pagine, stupore per vedersi così legati alla società, alla civiltà attuale. Siamo dipendenti e per quanto ci sforziamo siamo compromessi. E' uno sforzo immane resistere all'omologazione di massa, e forse non si sarà ricompensati se non dalla libertà del pensiero, dalla dignità intatta. Saremo ricompensati dall'astratto, ma il potere e il denaro e la bellezza ci sfuggiranno dalle mani.

E' un tema profondamente interessante, ma Andreoli rincorre per tutto il saggio un punto che mai è approfondito. L'uomo di superficie per lo scrittore è legato quasi esclusivamente alla bellezza, al massimo alla stupidità. Ma questi sono solo segni tangibili di un degrado che Andreoli non indaga, se non "in superficie". E' il suo uno sguardo umano, che però si perde nell'autobiografia (che non sempre è utile per osservare i cambiamenti intercorsi nella società), o in un'analisi anatomica delle varie parti del corpo, abbastanza dettagliata. E' uno stile poeticamente ironico, che ritorna febbrilmente sul testo per renderlo accettabile, ma il punto centrale sfugge tra le mani. Le immagini, per quanto suggestive, crollano e lasciano un vuoto oscuro. Un silenzio che corrode l'intenzione iniziale. C'è un'attenzione smodata pe la bellezza, per l'ambito erotico, che ricorre incessantemente.

Ma ora chiedo: è veramente questo l'uomo di superficie? E' veramente questo l'ultima appendice di un'evoluzioni plurimillenaria? E' davvero un guscio vuoto, un palloncino che si copre per distogliere l'attenzione dal terribile vuoto interno che degrada la fragilità umana? No, l'uomo di superficie ha nell'amore per la bellezza un sintomo, ma non la causa. E nonostante tutti i racconti, "i mutamenti" che l'autore descrive il testo scivola e resta soltanto un ricordo vago della lettura.
L'uomo moderno ha semplicemente paura del futuro, del dubbio, e per questo rifiuta di pensare.
Un saggio che offre l'occasione di riflettere, ma non i mezzi per farlo.

"La gioia (il riscatto) si cala nel mistero che portiamo dentro", il mistero della vita. L'anelito alla speranza.

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