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U Boot

Saggistica

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Dal 1940 al 1943 le acque dell'Atlantico furono il teatro di una delle battaglie più lunghe e sanguinose della Seconda guerra mondiale, che vide scontrarsi gli U-boote tedeschi con la flotta e l'aviazione alleate. L'obiettivo dell'ammiraglio Karl Donitz, esperto comandante della Unterseewaffe, era ambizioso: distruggere con i suoi sommergibili la flotta mercantile anglo-americana e bloccare il traffico navale tra il Nordamerica e l'Europa in modo da privare di rifornimenti l'Inghilterra e costringerla alla resa. Un disegno che, nelle sue aspettative, avrebbe potuto volgere l'esito del conflitto a favore delle potenze dell'Asse. Donitz si illuse che la dedizione, lo spirito di sacrificio e la disciplina dei suoi marinai potessero ribaltare il consolidato dominio anglo-americano sugli oceani. Un errore di valutazione che, dopo i primi tempi favorevoli, si rivelò in tutta la sua portata: otto sommergibilisti tedeschi su dieci persero la vita nel corso del conflitto e un'unità su tre venne affondata durante la sua prima missione.



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U Boot 2018-10-01 13:31:54 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    01 Ottobre, 2018
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“Voi siete qui per imparare come morire”

Karl Donitz, già comandante di sommergibile nel corso della Grande Guerra, ritenne, non a torto, che il metodo applicato in quel conflitto per ridurre i rifornimenti alla Gran Bretagna potesse essere usato con maggior successo nella seconda guerra mondiale, ricorrendo ad attacchi di massa in superficie. In effetti gli eventi, più o meno fino alla fine del 1942, sembrarono dargli ragione con un’entità di affondamenti considerevole, contro perdite tutto sommato contenute. Tuttavia, gli affinamenti dei sistemi che gli alleati utilizzarono per sventare la minaccia (impianto di localizzazione ASDIC, copertura aerea dei convogli, bombe di profondità più potenti e precise) finirono per ribaltare la situazione, perché a fronte di un marcato calo di navi affondate vi fu un consistente aumento dei sommergibili che non tornarono alle basi. Cosa era accaduto per determinare questa inversione di tendenza? A parte il miglioramento dei sistemi di difesa degli alleati, non si verificarono sostanziali migliorie dei mezzi subacquei tedeschi, divenuti facili prede nel caso di azioni in superficie e impossibilitati a effettuare lunghe percorrenze in profondità per la limitata autonomia delle batterie che dovevano fornire la propulsione elettrica; inoltre, proprio perché le possibilità di maggior successo con minori perdite erano quelle di restare immersi in agguato, si sarebbe dovuto stravolgere la tattica con cui tanti marinai e comandanti erano stati addestrati. Vi è da dire che Donitz, accortosi del problema, cercò di correre ai ripari, promuovendo la costruzione di quelli che si sarebbero poi definiti a ragione sottomarini, e non sommergibili, e in effetti ne furono realizzati non pochi, pur fra le mille difficoltà di una guerra che volgeva al termine con la chiara e ormai inevitabile sconfitta della Germania; fatti i nuovi U-Boot occorreva tuttavia riaddestrare gli equipaggi agli stessi, il che non poteva avvenire in tempi brevi, tanto che la fine del conflitto venne senza che si potessero impegnare in combattimento un numero adeguato di battelli, insomma un po’ come nel caso del Messerschmitt 262, il primo aereo a reazione del mondo, giunto troppo tardi.
Il libro di Sergio Valzania è un interessante saggio di storia militare che affronta il tema della guerra condotta dai sommergibili tedeschi nel secondo conflitto mondiale. L’autore ha la capacità di offrirci una visione completa di ciò che accadde, rispondendo inconsciamente alle classiche domande “come, quando, perché”. In tal modo il lettore riesce a comprendere il motivi degli eventi, riesce a capire come mai a un certo punto della guerra navale nell’Atlantico i battelli tedeschi riuscirono ad affondare mercantili degli alleati in numero elevatissimo, perdite a cui all’inizio, prima di affinare i sistemi di difesa, gli americani risposero costruendo, quasi a catena, un numero spropositato di navi, le cosiddette Liberty, in modo da compensare così i vuoti creati nella flotta. Saranno ben comprensibili, inoltre, le cause che portarono all’inversione di tendenza in questa feroce e lunga battaglia, si sarà in grado di sapere come si viveva, si combatteva e si moriva sugli U-Boot, anche attraverso la narrazione di episodi di particolare risonanza; apparirà così giustificata, nella sua drammaticità, la rilevante entità di marinai sommergibilisti morti, una vera e propria mattanza, tale da far apparire premonitrici le parole del discorso di presentazione ai cadetti della scuola sommergibili tedesca tenuto nel 1918: “Voi avete scelto la più bella professione del mondo. Davanti ai vostri occhi sta l’obiettivo più alto che si possa raggiungere. Qui vi insegneremo na raggiungerlo. Voi siete qui per imparare ciò che dà alle vostre vite il significato definitivo. Voi siete qui per imparare come morire.”.
Lo stile è snello, il ritmo non è blando, ma nemmeno troppo veloce, l’approfondimento è sempre pertinente e mai greve, insomma U-Boot è un libro istruttivo e di gradevole lettura.



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U Boot 2013-08-28 08:35:26 Nadiezda
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    28 Agosto, 2013
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Le mucche da latte

Durante la Prima e la Seconda Guerra Mondiale vennero utilizzati moltissimi U-Boot e con il passare del tempo le tecnologie vennero modifiche più e più volte per migliorarne di giorno in giorno la velocità e la manovrabilità.
Per riconoscere i vari vascelli veniva dato loro un numero dopo il termine U-Boot che molto spesso non era consequenziale ed ognuno di essi apparteneva ad una determinata classe ovvero il Tipo, in base a questa classificazione si decideva come utilizzare ciascuno di essi.
Gli unici U-Boot che possono essere considerati dei sommergibili sono solo quelli del Tipo XXI e XXIII conosciuti anche con il nome Elektroboote.
Il termine U-Boot in realtà è un’abbreviazione della parola UnterseeBoot che traducendo letteralmente significa: battello sottomarino.
Che ruolo avevano durante la guerra?
Il loro compito era quello di far esplodere i convogli che portavano i rifornimenti dall’America all’Europa, ma molto spesso per errore affondarono anche navi che stavano trasportando civili.
Altri vascelli invece venivano utilizzati per il trasporto di rifornimenti e questi venivano denominati “Mucche da Latte” per la loro forma più panciuta e per la loro minore agilità nei movimenti.
Attraverso questo piccolo saggio scopriamo alcune interessanti diatribe successe durante i grandi conflitti mondiali.
Non sempre infatti quando si parla di guerre mondiali si pensa a quello che successe sotto all’Oceano Atlantico.
La scrittura è molto fluida e la suddivisione in piccoli capitoli invogliano il lettore a continuare la scoperta di questo mondo ancora poco conosciuto.
Alla fine del testo l’autore ha deciso di inserire alcune foto dell’epoca che rappresentano alcune classi di U-Boot.

Che altro aggiungere?
È stato un saggio molto interessante che vi voglio consigliare, ma prima di leggerlo vi suggerirei di studiare un po’ il periodo storico che viene citato nel testo.

Buona lettura!

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U Boot 2013-05-30 17:22:20 usnavy
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usnavy Opinione inserita da usnavy    30 Mag, 2013
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Branco di lupi

Spesso quando si pensa alla prima e seconda guerra mondiale ci si concentra sulle battaglie terrestri e si tralascia un aspetto significativo come la battaglia dell'atlantico. I sommergibili tedeschi avevano il compito di affondare i mercantili alleati per privare alla Gran Bretagna i rifornimenti. In questo libro l'autore ci racconta molti episodi durante il periodo di navigazione: da come si viveva a bordo fino alle strategie adottate dagli uboot. Consiglio la lettura del libro perchè si analizza la guerra da un'altra prospettiva che spesso è tralasciata

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