Narrativa italiana Racconti di viaggio L'albero delle quaglie
 

L'albero delle quaglie L'albero delle quaglie

L'albero delle quaglie

Letteratura italiana

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Le suggestioni di anni vissuti in Pakistan si ricompongono nelle storie di personaggi dai significati simbolici, quasi magici, attraversando montagne isolate e città caotiche. Lo straniero si smarrisce e si ritrova in una continua ricerca identitaria che tradisce ogni sua aspettativa. Il Pakistan è disorientamento, amicizia, amore, passione, nostalgie: si scopre che è semplicemente spazio dell'umano, vita. Il senso di questa scoperta è tracciato in una personale geografia dell'animo, dove i luoghi hanno nomi nuovi scelti dal ritmo delle emozioni, a volte delle nevrosi, delle partenze e degli arrivi, e rimangono un segreto. la parabola dell'esperienza muove dalla contemplazione e si proietta nell'assillo di interrogativi e desideri sino all'ultimo, definitivo distacco, che forse altro non è che un mancato ritorno.



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L'albero delle quaglie 2020-10-07 17:24:30 Laura V.
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Laura V. Opinione inserita da Laura V.    07 Ottobre, 2020
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Racconti dal Pakistan

Pubblicata nel 2018 da Bertoni Editore, la raccolta dal curioso e suggestivo titolo “L'albero delle quaglie” offre una piacevole lettura che porta molto lontano, addirittura fino in Asia, in un paese forse letterariamente qui non ancora troppo esplorato. I venticinque racconti di cui si compone il libro, infatti, sono ambientati per buona parte in Pakistan (o con esso trovano un legame), il cui nome per noi occidentali sembra evocare anzitutto un'area geo-politica fragile e complessa in cui si agitano miseria e fanatismo religioso che trovano spazio di tanto in tanto tra le cronache internazionali. Al di là di questo, tuttavia, esiste anche molto altro.
L'autrice, Elena Nicolai, ha saputo trasmettere in queste pagine il fascino d'una terra antica, dove tradizione e modernità sembrano fondersi insieme senza dolore apparente, ricomponendo memorie di viaggio e forse di vita sul posto attraverso una scrittura senza dubbio bella e scorrevole che non manca di coinvolgere sufficientemente il lettore con le sue sfumature poetiche e profonde riflessioni.

“L’uomo non può viaggiare da solo. [...] Non si viaggia da soli. La solitudine frena, indebolisce, spaventa. Non si viaggia soli. O almeno, non si dovrebbe arrivare mai soli. Eppure per brevi tratti o con altre rotte è bellissima, la voragine dell’ignoto, il confine dei propri limiti che si dilata a coprire la necessità. Il sollievo di una parola, scambiata o appresa, il sollievo di un legame iniziato, sospeso, sofferto o gradito. Ma a certi porti non si dovrebbe arrivare soli, non è previsto. E il peso del greve bagaglio non riuscirà mai a pareggiarsi, né con un balzo il corpo sfiderà il ridicolo del calcolo, del presupposto, di un ennesimo bilancio.”

Una prosa a tratti molto affascinante, nella quale, d'improvviso e quasi per incanto, compaiono eleganti aquile che fanno il nido nel cemento o il verde acceso di un pappagallino sulla spalla di un ragazzo, così come si materializzano le case dei villaggi nascosti nella gola della montagna, dove i bambini sono “colorati di terra e miseria”, e si spandono nell'aria profumi di tè zuccherato e di spezie o, ancora, l'odore inequivocabile dell’hashish; racconto dopo racconto, si animano le strade caotiche di Islamabad e quelle fangose di Lahore, ma anche i sentieri della campagna giallo verde lungo cui procedono gli asini appesantiti dai loro carichi, mentre i paesaggi scorrono via veloci e desideri di partenze s'intrecciano e confondono in un tempo talvolta senza tempo.
Scolpita nel silenzio immoto e solitario delle montagne, la gente locale, custode dell'antica poesia dei luoghi che fanno da sfondo a questi racconti, resta come avvolta da un velo di mistero, in contrapposizione agli stranieri che sembrano correre, andare di fretta e violare, in un certo qual modo, quel mistero e quel silenzio.
Una interessante lettura consigliata a chi ama i racconti e si appassiona al tema intramontabile del viaggio (reale e interiore).

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