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Cono e Serenella
Tra gli anni Trenta e Quaranta nel Vallo di Diano, a Monte Rianu, il romanzo narra la storia di Cono Trezza, figlio del mezzadro GIuseppe, e Serenella Pinto, figlia di un artigiano socialista. I due si innamorano in un ambiente prettamente contadino segnato dalla povertà e dalla crescente oppressione fascista. In questo contesto, pur essendo un gran lavoratore come il padre, la vita non è facile per Cono, che ha un carattere fiero e nobile e non accetta le ingiustizie e le prepotenze del regime fascista. Quando Cono si ribella all’arroganza del figlio del podestà, fedele al regime, la sua vita e quella della sua famiglia cambiano radicalmente. Gerardo, aiutante e amico di famiglia viene ucciso a bastonate, suo padre viene imprigionato (e non farà mai più ritorno) e lui viene deportato in un campo di concentramento come prigioniero politico.
La prima parte del romanzo si svolge tutta in paese e racconta la storia, un po’ contrastata, dell’amore tra Cono e Serenella, fino al momento in cui Cono per gelosia, quasi uccide a suon di pugni il figlio del podestà.
La seconda parte del libro avviene tutta nel campo di concentramento. Qui, in qualche modo, Cono si “salva” per il suo fisico prestante e il suo saper “fare a pugni” e viene costretto a combattere in un torneo di boxe, tra prigionieri, organizzato dai nazisti. La sua abilità lo protegge dai lavori più duri, e grazie anche all’aiuto di altri detenuti come Palermo, Gaston e Salvatore, riesce ad arrivare in finale. Ma ciò che lo tiene in vita e lo sprona è il ricordo di Serenella e la speranza di tornare da lei.
Qui si apre la profonda lotta per la sopravvivenza.
“- Mah, a me me pare che egoisti lo semo sempre stati, siamo fatti proprio così noi, per istinto, come gli animali, no? Nun te so’ spiegà. Col tempo ci siamo evoluti, qualcuno ha cominciato a senti’ de più il dolore degli altri, e mica è detto che è una cosa bona questa, perché in natura per sopravvivere ce devi passa’ sopra, al dolore degli altri. Insomma la verità è che siamo prepotenti pe’ natura, lo facciamo pe’ salvacce. Ce importa più dell’unghia incarnita del nostro mignolo che de milioni di persone che soffrono”
Spogliati nei panni e nella dignità i detenuti cadono come birilli, sotto la morsa del freddo, della fame e delle torture. E non è solo una questione di resistenza o di motivazione, perchè alla fine viene meno anche quella, è solo una questione di fortuna.
“Sasà, al mondo la giustizia non esiste, c’è soltanto chi ha fortuna e chi no”.
Passata tutta la sua giovinezza a cercar di capire e far propri gli insegnamenti del padre “le cose che non puoi cambiare devi imparare ad accettarle”, solo qui, in questa finale di boxe, Cono riesce a mettere da parte l’orgoglio di gioventù e la fame di giustizia e diventa adulto e responsabile, per il suo bene e quello dei suoi compagni.
Un romanzo di alti contenuti: libertà, dignità, giustizia, amore, amicizia, solidarietà.
Una suggestiva descrizione dell’ambiente, e una profonda caratterizzazione dei personaggi, (Cono è meraviglioso), fanno da cornice a questa storia, lirica e commovente, con uno stile narrativo che non scade mai nel patetico, e che tiene come suo punto fermo, il ricordo, la memoria.
“La memoria, per chi sa custodirla, è essa stessa radici, restituisce la vita a ciò che non c’è più, a chi non c’è più”.
Indicazioni utili
Molto bello
Anni '30 Vallo di Diana al confine tra Campania e Basilicata si svolgono le vite della famiglia Trezza, lavorano la terra affittata loro dai proprietari e se la passano dignitosamente meglio di tanta povera gente che tira a campare come può , come la famiglia Pinto.
Cono Trezza è il primogenito, un ragazzo atletico, timido, buono e con un profondo senso di giustizia , Serenella Pinto è la più grande della famiglia, è una bellissima ragazza solare che riesce a smuovere la timidezza intrinseca di Cono.
I due ragazzi si amano e fanno progetti ma le loro famiglie sono guardate con sospetto dalla gente , la famiglia d Pinto perchè tacciata di essere socialisti, la famiglia Trezza per una adesione troppo tiepida agli ideali e alle pacchiane manifestazioni fasciste.
Sono tempi diffcili, il fascismo comincia a muovere i suoi artigli sulla vita sociale del paese, chi non si adegua nella migliore delle ipotesi viene messo da parte se non addirittura punito con botte o ostracismo.
Esempio della prepotenza e protervia del regime è Romano, figlio del Podestà, allora una figura di una certa importanza sociale, un ragazzo arrogante e cattivo che sfrutta l'influenza del padre per dare libero e impunito sfogo alla sua stupidità. Più volte ha modo di scontrarsi con Cono del quale ha un timore di fondo dovuto alla forza atletica del ragazzo e al fatto di aver già preso una certa "ripassata" dallo stesso, Romano provoca Cono ma mai direttamente da buon vigliacco.
Ma una notte la situazione precipita, Romano fa qualcosa di terribile e Cono , che lo coglie sul fatto, lo picchia a sangue.
Il ragazzo è costretto a dire addio a Serenella e a fuggire dal paese, finirà per arruolarsi ed essere deportato allo scoppio della seconda guerra mondiale. Nel campo di concentramento il pugilato è considerata un'attività importante , la praticano le guardie e soprattutto i detenuti, un modo per usarli per rendere interessante i tornei in cui i poveri deportati, fiaccati dalle condizioni disumane in cui vivono con lavori massacranti, poco cibo e nessuna cura alle malattie , finiscono per diventare carne da macello.
Non Cono, che non ha mai boxato in vita sua ma ha un fisico da atleta allenato dal duro lavoro nei campi, ed è sostenuto nello spirito dalla promessa fatta a Serenella la notte in cui hanno dovuto separarsi "tornerò da te e ti renderò felice".
Il pugilato diventa per molti una possibilità di riscatto, il giovane Cono , che nonostante le privazioni stende i kapò sul ring come fiossero pupazzi , diventa una specie di giustiziere , toccanti i momenti in cui i compagni di baracca gli mettono da parte qualcosa del quasi niente delle loro razioni quotidiane, magari un pezzo di pane duro, perchè lui possa essere più in forze quando combatte.
Marone punta molto sui rapporti umani tra i prigionieri, in particolare la complicità tra Cono e un ragazzo romano un pò più grande di lui , Palermo, che lo sostiene e lo accudisce come un fratello maggiore, tenedone a bada gli impeti pericolosi con l'obiettivo di riuscire a sopravvivere a quella prigionia e tornare ai propri cari. In quello che è uno dei posti più terribili del mondo Marone racconta quella che è una grande storia di amicizia, vera, essenziale, senza troppe parole, fatta di gesti tutti importanti, direi vitali, in un mondo in cui molti persero la famiglia trovarono dei fratelli, uniti dall'istinto di sopravvivenza ma soprattutto da un sentimento di umana fratellanza .
Finale emozionante , l'autore è riuscito a tornare su un tema trattato ormai innumerevoli volte in letteratura con la sua sensibilità leggera e incisiva.
“Spossessato d’ogni bene, denudato, intorpidito e umiliato, avrebbe affrontato la tempesta con in testa una preghiera quotidiana tra le tante, che la paura della morte
non gli togliesse l’unica cosa che gli era rimasta al mondo, la sua irrinunciabile dignità.”
Molto molto bello.




























