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Lisario o il piacere infinito delle donne
 
Lisario o il piacere infinito delle donne 2014-11-14 17:24:21 antonelladimartino
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antonelladimartino Opinione inserita da antonelladimartino    14 Novembre, 2014
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LA VOCE DI LISARIO

Lisario indossa pizzo sui pidocchi, perle sulle orecchie sporche. Le hanno strappato la voce, ma ha imparato a scrivere. Bella addormentata, è molto più sveglia degli gli altri: il sonno le consente di fuggire attraverso le porte chiuse, di spezzare catene, di scavalcare tempo e spazio. Prigioniera dell’ordine sociale, del padre e del marito, trova sempre un modo e una via per gabbarli, spernacchiarli e fuggire. Lucertola spaventata, Lisario passa gran parte della sua vita fuggendo tra lacrime e sangue, ma anche tra piaceri, allegrie, tenerezze. Per non parlare dell’Amore.

Lisario non diventerà mai Belisaria, donna maritata dal nome completo, ma rimarrà principessa coraggiosa e ci condurrà nella sua fiaba per mari e per terre flagellate dalla guerra, dalle malattie, dalla miseria. C’è chi la ama con passione sincera, chi la vuole uccidere, chi vuole possederla e dominarla, usarla e strapparle il segreto, invidiato e temuto, del piacere senza fine che appartiene soltanto alle femmine. Intanto lei, muta e indomita, scrive i suoi dolori e le sue gioie alla Madonna, senza dimenticare di segnalare il suo indirizzo, non sia mai che la Suavissima la scambi per un’altra.

Insieme a Lisario corriamo e ci nascondiamo nella Napoli di Masaniello, metropoli brulicante di folle, di follia e di vita, così come era stata ritratta nelle tele di Micco Spadaro. Giambattista Basile è morto da poco, ma i temi barocchi della sua grande opera, Lo Cunto de li Cunti, splendono ancora nelle vie e negli antri segreti. La nostra protagonista attraverserà la sua città più di una volta, ma l’abbandonerà per un lieto fine, che non sarà per sempre ma per poco.

Il romanzo è ambientato in un’epoca più violenta della nostra, ma non diversa: sono passati i secoli eppure siamo ancora qua, oppressori e oppressi, uomini e donne, ricchi e poveri, a spiarci senza capirci. Lingua napoletana e lingua italiana concorrono a comporre uno stile fresco e vario come l’ambientazione: odori e umori e colori e architetture si mostrano integri e intensi, tra fogne e gelsomini, grande arte e piccoli raggiri.

I personaggi crescono nelle loro vicende, insieme ai loro pregi e difetti, desideri e talenti, volti e caratteri. In quest’opera generosa non mancano azioni e passioni: la narrazione fa riflettere e sognare, mantenendo una forte risonanza con la Storia, forse il personaggio più avvincente. Ed è proprio la Storia che, nel finale, superata la peste e i postumi della ribellione, saluta il lettore attraverso il ricordo di alcuni giganti, unici nella loro arte: il Caravaggio, di cui si sentono, immensi, risonanze e ricordi; Micco Spadaro che ritrae presente e passato; Alessandro Scarlatti, “nuovo astro musicale”.

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altre opere della stessa autrice, di Napoli e dell'epoca barocca, di pittura e di Basile.
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Commenti

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Entusiasmante questa recensione, Antonella!
Grazie Anna Maria :-) E buona serata!
Posso aggiungere che sento la mano della scrittrice in alcuni punti (l'incipit, ad esempio) prevalere sul tocco della commentatrice? :-)
Ciao!
ciao Antonella, penso che la Cilento sia orgogliosa di questo commento!
anche io ho promosso questo romanzo perchè la Cilento sa scrivere e l'impianto narrativo è degno di nota
Antonella Cilento è una vecchissima conoscenza: ragazza dolce e generosa, forse anche troppo. Ci siamo perse da anni senza un motivo, ma spero tanto che apprezzi :-)
Mi è sparito un commento? Avevo scritto: spero che la mano non sia troppo pesante ;-)
Dimenticavo: la tua recensione mi è piaciuta moltissimo. Splendida :-)
In risposta ad un precedente commento
Bruno Elpis
15 Novembre, 2014
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Ma che pesante! Mano di fata tieni! :-)
In risposta ad un precedente commento
Pia Sgarbossa
15 Novembre, 2014
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Wow Antonella..che intrigante questa recensione...
Ciaooo, Pia.
Ciaooo carissima Pia :-) E buon fine!
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