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L'inverno dei Leoni. La saga dei Florio
 
L'inverno dei Leoni. La saga dei Florio 2021-09-13 08:49:05 Cathy
Voto medio 
 
2.0
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Cathy Opinione inserita da Cathy    13 Settembre, 2021
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«Un vago rumore»

È con un lieve scricchiolio che inizia la fine di Casa Florio. Un lento insinuarsi di crepe appena percettibili nel cuore di una costruzione che sembra ancora solidissima, «un vago rumore» simile all'inizio lontano del rombo cupo e raggelante che precede un terremoto. Ignazio Florio Junior, figlio di un Ignazio e nipote di un Vincenzo, erede di una delle più grandi fortune del suo tempo, siede nel suo ufficio, che prima di lui ha accolto suo padre e suo nonno, e sente quei cigolii diventare sempre più forti e insistenti fino a trasformarsi in una valanga rovinosa che spazzerà via senza speranza tutta la sua ricchezza, tutta la sua vita fatta di divertimenti, amanti, sperpero e fallimentari tentativi di essere all'altezza dei suoi predecessori. Neanche questo romanzo, purtroppo, è all'altezza di quello che lo precede. Non che "I leoni di Sicilia" fosse un capolavoro, ma è una lettura più godibile e piacevole di questa, che eredita i problemi principali del primo romanzo (stile telegrafico e insignificante, scarsa caratterizzazione dei personaggi, tendenza a raccontare più che a mostrare) e in più ne aggiunge di nuovi.
"L'inverno dei leoni" paga forse uno scotto in partenza: leggere dell'ascesa dei Florio, scoprire come abbiano potuto trasformarsi da bottegai a principi della navigazione e del commercio, è più interessante e appassionante che leggere della loro caduta. Anche perché, non appena si introduce il personaggio di Ignazio Junior, si capisce immediatamente come andranno le cose. Rispetto al volume precedente si ha una cura maggiore del contesto storico-sociale ed è chiaro che l’autrice ha condotto un lavoro di ricerca notevole sulle vicende dei Florio, gli affari, le questioni private, le persone che hanno frequentato, i luoghi che hanno visitato, le case che hanno abitato, perfino i gioielli che hanno posseduto e le strade di Palermo che hanno percorso. Tutto questo è senz’altro lodevole, ma purtroppo non è sufficiente a produrre un buon romanzo. Catturare e tenere viva l'attenzione è essenziale, soprattutto quando si scrivono così tante pagine.
E così si arriva al secondo, evidente problema di questo libro: la lunghezza eccessiva. A meno che un autore non sia Tolstoj, deve avere qualcosa di davvero importante o interessante da dire per poter scrivere ben 688 pagine. Il contenuto, poi, non migliora la situazione: lutti, mariti "sciupafemmine", tradimenti, figli morti in tenera età e tragedie varie degne di una fiction di Rai 1. Il sottotitolo di questo romanzo potrebbe essere "Anche i Florio piangono", ispirato a una celebre telenovela che negli anni 80-90 spopolava tra le nonne italiane. Insomma, è un vero polpettone e per giunta prolisso fino all'inverosimile, infarcito di dettagli perlopiù superflui e ripetitivi dei quali si potrebbe fare a meno senza problemi. Lo stile, sebbene molto semplice e adatto alla capacità di lettura di chiunque, non riesce a essere scorrevole, anzi: questo libro è una sorta di enorme matassa sulla quale si inciampa continuamente, una lettura di una pesantezza e di una lentezza assolute che si trascina una pagina dopo l'altra senza alcun piacere solo per arrivare alla conclusione e tirare un respiro di sollievo perché si è scalata la montagna. "L'inverno dei leoni" è una (fin troppo) minuziosa cronaca degli eventi privati e pubblici che colpiscono la famiglia Florio, del tutto priva di quel gusto del racconto che dovrebbe distinguere un saggio da un romanzo.
Molti eventi potenzialmente interessanti, poi, non sono mostrati, ma raccontati. Ad esempio, la liaison francese di Ignazio: si sprecano moltissime parole e altrettanti sospiri per ribadire quanto la perdita della ragazza che amava, sacrificio compiuto nel nome di Casa Florio, sia stata dolorosa per lui, su quanto senta la mancanza di lei e su quanto sia stato felice quando erano insieme. Di tutto questo, però, noi non vediamo nulla, abbiamo solo un resoconto a posteriori. Di conseguenza, è una vicenda che non prende vita, non emoziona e non coinvolge, ma resta inerte sulla carta. In poche parole, Stefania Auci dovrebbe decisamente lavorare sullo "show, don't tell".
Il primo libro della dilogia può essere una proposta valida per chi vuole leggere un romanzo storico discreto, senza doversi impegnare troppo e senza scossoni di nessun genere. Il secondo si potrebbe tranquillamente saltare, ma è chiaro che chi ha letto e apprezzato "I leoni di Sicilia" sarà propenso a leggere anche "L'inverno dei leoni". In tal caso, che la pazienza sia con voi.

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Commenti

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Libro evitato ben volentieri.
Sinceramente io non mi sono entusiasmato troppo nemmeno per il primo e a sto giro mi sa che salto proprio....
In risposta ad un precedente commento
Cathy
14 Settembre, 2021
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Non ti sei perso nulla, tranquillo.
In risposta ad un precedente commento
Cathy
14 Settembre, 2021
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Nemmeno io mi sono entusiasmata per il primo, assolutamente... Già quello avevo diversi problemi e non era nulla di che. Il sequel è veramente una perdita di tempo. Se proprio si vuole scoprire come va finire la storia, si può benissimo leggere saltando un bel po' di pagine.
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