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M. L'uomo della provvidenza
 
M. L'uomo della provvidenza 2025-05-06 16:43:21 lego-ergo-sum
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lego-ergo-sum Opinione inserita da lego-ergo-sum    06 Mag, 2025
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Tra documentazione e creazione

Il secondo volume del romanzo di Scurati su Mussolini si sviluppa in un arco di otto anni, dal 1925 al 1932, attraverso una serie di capitoli per lo più brevi, contrassegnati da una data, dal nome dei personaggi, dal luogo o dalla sede in cui i fatti si sono svolti (“Benito Mussolini, Roma, 15 febbraio 1925”; “Augusto Turati, Roma, 9 novembre 1926, ore 16.30, Parlamento del Regno, Camera dei deputati”). Un tempo narrativo lineare, ma scomposto in una serie di episodi che danno vita ad un organico quadro d’assieme.
Assistiamo al consolidamento del regime, che si trasforma in dittatura attraverso il combinato disposto della violenza e di una serie di provvedimenti, leggi, riforme che privano della libertà il popolo italiano, in un crescendo che culmina con la nuova legge elettorale del ’28: ad un organismo di partito come il Gran Consiglio del fascismo viene assegnato il compito di scegliere i candidati da sottoporre, raccolti in un’unica lista, al “giudizio”, o per meglio dire al plebiscito, degli elettori, i quali dovranno limitarsi a dire un sì o un no. Da quel momento in poi le elezioni in Italia saranno una barzelletta.
Nel frattempo l’occhio del regime scruta nella vita privata di semplici cittadini e di politici, oppositori, ma anche adepti e collaboratori, che diventano tutti possibile oggetto di informative della pubblica sicurezza. Di queste il regime potrà in qualsiasi momento avvalersi contro coloro che giudica pericolosi o ingombranti. A caderne vittime non sono soltanto i nemici storici del fascismo, ma anche quegli stessi che avevano dato il loro contributo nel costruire questa struttura poliziesca e repressiva. Tra questi spicca il segretario del Pnf Agostino Turati, distrutto come uomo, come politico e come giornalista da una corrispondenza amorosa manipolata ad arte. Sono queste forse le pagine più appassionanti e avvincenti del romanzo, perché vi si coglie lo schema tipicamente tragico dell’ ascesa irresistibile, del potere senza limiti, cui fa seguito la caduta ineluttabile, progressiva e senza scampo (uno schema che, con altre modalità, si ripete per Margherita Sarfatti). A volte questo meccanismo agisce in una dimensione più privata e personale, con qualche risvolto umoristico, come quando la voce narrante racconta il trasferimento , dalla sera alla mattina, di un giovane capostazione al quale era stata legata sentimentalmente Edda, da Cattolica ad uno sperduto paesino della Sicilia. E perfino l’Osservatore Romano non potrà non rilevare, nonostante il recente Concordato Stato- Chiesa e l’esaltazione di M. quale uomo della Provvidenza, come l’anarchico Michele Schirru, tornato dall’America per far fuori il duce, sia stato condannato a morte perché “reo di aver avuto l’intenzione di uccidere il Capo del Governo italiano”. Mostruosità giuridiche. Le stesse che si riscontrano, in modo ancor più paradossale e grottesco, ai danni di Roberto Lontano, l’avvocato militare al quale vengono comminati dieci giorni di arresti di rigore per aver tentato di difendere, in base al compito che gli era stato assegnato d'ufficio, il capo dei ribelli libici.
Non mancano, infatti, le pagine non gloriose della nostra spedizione coloniale in Libia, che deve essere consolidata sopprimendo i ribelli che si oppongono all’esercito italiano con una guerriglia che impedisce lo scontro in campo aperto, favorevole agli occupanti. Pagine macchiate dall’uso delle armi chimiche, di cui vengono studiate le caratteristiche riportando uno studio dell’istituto sieroterapico di Milano, a conferma dello scrupolo documentaristico dell’autore.
Scurati adotta una voce narrante esterna, quella di un narratore eterodiegetico che racconta e valuta gli avvenimenti e manifesta la sua condanna di fondo, avvalendosi dei tipici strumenti di cui il romanziere si serve per chiarire la sua posizione: il commento, la satira, l’ironia e il sarcasmo, il semplice accostamento, la concatenazione degli eventi, lo svelamento del vero fine a cui tendono i protagonisti. Ma questa voce si allarga a comprendere anche il punto di vista di questi stessi e di M. in modo particolare, non per decretare una impossibile assoluzione, ma per consentire un’indagine su quelle che sono le motivazioni e le finalità che il duce si proponeva, i suoi umori e malumori reconditi, il doppio registro (pubblico e segreto) che Luca Marinelli ha così bene messo in luce nella bella serie televisiva tratta recentemente da “M., l’uomo del secolo” con i suoi strepitosi “a parte”. E' questa, probabilmente, la novità più rilevante del romanzo. Ecco, ad esempio, il sostanziale disprezzo del capo del fascismo per alcuni dei “ragazzi del 19” divenuti una banda di opportunisti, ormai paghi del potere e della ricchezza e talora inclini alla corruzione, come mostra la vicenda Belloni- Giampaoli e il caso delle tangenti milanesi di cui si macchiarono importanti esponenti del regime. Ed ecco, ancora, quell'intima scontentezza che gli derivava dal non essere riuscito a plasmare il popolo italiano in conformità con i suoi ideali di forza e di grandezza. Ed anzi Scurati non esita ad impiegare una tecnica di narrazione tipica del romanzo moderno, il discorso libero indiretto, con cui viene riportato il pensiero di un personaggio senza utilizzare segni di punteggiatura o verbi di dire, credere, pensare che lo introducano, creando come una zona di confine tra oggettività del racconto e soggettività del punto di vista. Ad esempio, ecco come viene riportato il giudizio di Mussolini su Benedetto Croce e sugli intellettuali che avevano sottoscritto il suo manifesto contro il regime: “Ora però arrivava don Benedetto Croce a sentenziare che la leggenda era realtà: l’intelligenza e il fascismo erano realmente incompatibili […] Ma forse era meglio così. Meglio abbandonare gli intellettuali ai loro meschini egoismi e alla loro innata vigliaccheria” (p. 34).
La documentazione, assai copiosa, viene rifusa nell’onda narrativa, ma spesso è citata al suo interno o riportata a fine capitolo. Si tratta di verbali e atti parlamentari, informative, lettere, intercettazioni telefoniche, titoli , articoli di giornale, memoriali e diari, cioè la base sulla quale l’autore, come ha dichiarato, ha costruito il suo romanzo attenendosi alla realtà storica. E per questo, non essendo presenti personaggi d’invenzione ed essendo il tutto intessuto di una instancabile trama di documenti, se proprio dobbiamo indicare con esattezza il genere di appartenenza di M., lo definiremmo “romanzo documentario”.
Questo limita ovviamente e intenzionalmente la libera invenzione dell’artista, che però si riserva una delicata opera di elaborazione e di “montaggio”, e in questo modo preserva la specificità del romanzo rispetto ad una mera ricostruzione storica. Emblematico al riguardo il già citato capitolo del 16 marzo 1928 alla Camera dei deputati. Il governo ha presentato la legge che segnerà l’inizio della vera e propria dittatura. Starace, subentrato a Turati, vorrebbe prendersela con il vecchio Giolitti, il quale si è appena pronunciato contro la riforma , e accenna ad una reazione violenta. Mussolini lo ferma con lo sguardo, mostrando la sua astuzia politica: per lui Giolitti e il suo discorso sono ormai “archeologia” e non occorre alcuna violenza per stroncarli. E intanto l’ attenzione degli altri parlamentari , come un cicaleccio di fondo, sembra più rivolto al caso di corruzione Belloni-Giampaoli che a quella legge liberticida. Abile costruzione corale, frutto di una immaginazione però incanalata e tenuta a bada dentro gli argini di una scrupolosa documentazione.
Su questo equilibrio si regge l’ottimo lavoro di Antonio Scurati, utile e piacevole lettura per chi la storia la vuol vivere come se si svolgesse davanti ai propri occhi, attraverso un mix di vero e verosimile che si riaggancia allo spirito originario e profondo del romanzo storico.


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Consigliato a chi ha letto...
Il primo volume, "M. L'uomo del secolo", e la serie tv diretta da Joe Wright che ne è stata tratta.
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