I Malavoglia I Malavoglia

I Malavoglia

Letteratura italiana

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Al centro della narrazione sta la "Provvidenza", la barca più illustre della letteratura italiana, la più vecchia delle barche da pesca del villaggio. La vicenda ruota intorno alla sventura dei Malavoglia, innescata proprio dal naufragio della "Provvidenza" carica di lupini presi a credito. Si snoda così tutta una trama straordinariamente complessa che non abbandona mai lo svolgersi doloroso del dramma. Il quale è una serie di rovesci, colpo su colpo contro i Malavoglia, ogni volta che a forza di rassegnazione e coraggio riescono a rialzarsi dal colpo precedente.



Recensione della Redazione QLibri

 
I Malavoglia 2013-10-18 12:51:43 silvia t
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silvia t Opinione inserita da silvia t    18 Ottobre, 2013
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I Malavoglia

Suoni desueti, polvere e salsedine avvolgono Aci Trezza, nascondendola agli occhi dei più; solo chi davvero lo desidera può trovare la chiave per conoscere la casa del nespolo, l'osteria della Santuzza, la piazza del paese; solo chi lo desidera può avere accesso all'essenza dei dialoghi e alla forza propulsiva di una mentalità che non vuol morire, che vuol difendersi, che non è pronta al futuro.
La chiave va conquistata, non è una merce a basso prezzo; si conquista lasciandosi carezzare dalle parole, osservando ciò che è descritto, senza voler capire, senza voler giudicare.
Allora se con l'umiltà di chi non sa, ma vuol conoscere, ci facciamo largo tra la polvere e l'odore di salsedine, cominciamo a scorgere un paese siciliano, simile a mille altri, di un'epoca lontana, ma sempre attuale e cominciamo ad udire il cicaleccio delle comari, le bestemmie degli avventori, il mormorio del mare.
Verga ci accompagna in quest'epoca e già dalle prime pagine si intuisce la portata dell'opera, che pone le basi su delle fondamenta così forti e profonde che ad ogni singola parola se percepisce l'importanza.
Capolavoro del verismo italiano, “I Malavoglia”* rappresenta la società di fine ottocento, ma trascende il tempo e risulta attuale, applicabile anche alla società moderna, caratteristica questa che qualifica un'opera come prodotto artistico.
Le parole si susseguono veloci, le descrizioni precise e attente non lasciano spazio a dubbi, la realtà è descritta per com'è, non ci sono consolazioni, il lettore è solo con le proprie opinioni e deve giudicare e analizzare.
I personaggi sono innumerevoli, ma ognuno ha la sua importanza, ognuno è il tassello di un intarsio, lavorato e levigato per far si che l'opera corale si componga in tutto il suo splendore.
Il vento di novità, l'illusione del benessere, la promessa di un futuro migliore per i propri figli, fa si che le nuove generazioni credano di essere in diritto di possedere, primo germoglio di quelle idee che Verga riprenderà in “Mastro Don Gesualdo”, così 'Ntoni di padron 'Ntoni figlio maggiore, scapestrato, vagabondo, ma con una visione della realtà coerente e reale, non riesce a far collimare il passato col futuro, la sua onestà intellettuale non gli permette di tenere gli occhi chiusi come i gattini appena nati, ma le radici profonde del suo essere lo tengono ancorato ad un terreno fatto di consuetudini e di tradizioni che non permette errori, non permette cambi di rotta, pena la distruzione. In questo personaggio così complicato, come solo gli animi più all'avanguardia sanno essere, c'è l'essenza del romanzo, la voglia di riscatto, ma la totale assenza di un progetto. Il progresso, il benessere e con essi l'agio e l'ozio sono visti da 'Ntoni come una meta, ma i mezzi per raggiungerli non sono in dotazione, così escono vincitori solo coloro che si ritagliano un pezzettino di benessere non allungando lo sguardo fuori dalle mura della città o chi sfrutta il vento per arricchire il proprio orticello: lezione questa che, mutatis mutandis, può essere applicata ad ogni epoca in cui si prospetti un grande cambiamento.
Il lessico che Verga utilizza è semplice, non risente del tempo, accessibile e tipico delle persone semplici; i dialoghi sono freschi e realistici; la scelta di mischiare il discorso diretto a quello indiretto immerge il lettore in quella realtà e gli fa sentire l'odore di chiuso, di morte; la sensazione di claustrofobia e di ineluttabile rovina è resa in modo efficace e penetrante, ma non sfocia mai nel sentimentalismo o nella pietà; il lettore sa, poiché conosce la Storia, dove è la verità, ma non può non comprendere i singoli personaggi, le loro idee, le loro azioni, poiché Verga li caratterizza in modo così attento e profondo, da farli figurare davanti e li rende paradigma di una società e di una umanità che anche se più ricca, più istruita non è poi cambiata di molto, i sentimenti che spingono a determinate azioni, i piccoli e grandi interessi personali, i modi leciti e illeciti di accumulare “la roba” rimangono i medesimi e proprio per questo ci saranno sempre i poveri pescatori che si spaccano le braccia per far mangiare su un tavolo d'oro coloro che oziano tutti i giorni.
Più acerbo da un punto di vista stilistico, ma di più ampio respiro rispetto a “mastro Don Gesualdo”, “I malavoglia” sono un testo che è fondamentale conoscere, ma non può prescindere da una ferrea volontà di accrescere il proprio livello culturale, poiché non è intrattenimento, non è sentimentalismo, è la cruda descrizione dell'umanità nella sua forma più pura senza sovrastrutture o giustificazioni.

*Soprannome della famiglia Toscano che è dato per antifrasi in riferimento alla loro grande volgia di lavorare

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I Malavoglia 2016-11-30 09:29:52 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    30 Novembre, 2016
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Il classico che non passa mai di moda

Siamo nella Sicilia di fine ottocento. Una famiglia fatta di pescatori, onesti lavoratori, sani, pieni di progetti, nel corso di pochi anni vede poco a poco svanire quel poco di benessere di cui dispone. Con quello se ne vanno amici, la casa di famiglia e i fidanzati dei figli. Rimane solo la dignità, l'attaccamento alla famiglia, alle tradizioni e una profonda onestà di fondo. In realtà la trama è molto più complessa di così, ma questo come tutti i grandi libri ha tante sfaccettature, spunti di riflessione ed interpretazioni che spiegarle richiederebbe uno spazio più ampio di quello occupato dal romanzo stesso.
Libro che ha stupito, meravigliato, dato quasi scandalo al suo esoridio. Oggi è ancora del tutto attuale, quasi fosse stato scritto di recente. Basta introdurre qualche auto per strada, un paio di smartphone ed eccoci catapultati ai nostri giorni. Togliamo i termini in dialetto siciliano e sostituiamoli con quelli di unaltro dialetto ed eccoci in qualsiasi altra parte d'Italia. perchè Verga ha sì descritto la vita di Aci Trezza, ma vi ha inserito tutte le dinamiche e le problematiche con cui si trova a combattere ogni famiglia. I figli da sistemare, i debiti da pagare, i presunti amici che si nascondono, lo Stato che latita.
Unica difficoltà, come sempre succede con gli autori che inseriscono parecchie parole dialettali mi deriva dal non essere siciliana, ma è stata facilente superata da un'edizione ricca di note.

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I Malavoglia 2016-04-05 11:56:33 Tatiana77
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Tatiana77 Opinione inserita da Tatiana77    05 Aprile, 2016
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Nel paese di Aci Trezza

“I Malavoglia” di Verga è stato pubblicato nel 1881 ed è ambientato in un villaggio di mare siciliano, Aci Trezza, nei pressi di Catania. La famiglia dei Malavoglia è composta dal nonno Padron ‘Ntoni, dalla madre Maruzza la Longa e dal padre Bastianazzo, dai figli ‘Ntoni, Mena, Alessi e Lia. È una storia drammatica, fin dai primi capitoli, con la tragedia dell’affondamento della barca Provvidenza, in cui ha perso la vita Bastianazzo ed è andato in malora il carico di lupini, da qui il debito verso la zio Cristoforo che pesa come una rovina su questa famiglia. La vita di paese, con gli amori e le liti ma anche la protesta sociale, è rappresentata attraverso le chiacchiere dei vari personaggi che costellano questo romanzo, dalla pettegola Zuppidda all’usuraio zio Crocifisso, dallo speziale repubblicano all’ambizioso segretario comunale Don Silvestro, dall’ostessa Santuzza ad Alfio Mosca, povero in canna e innamorato della Mena. Ci sono molti dialoghi vivaci, insomma il discorso diretto è frequente, ma anche quando parla il narratore assume per lo più la lingua dei personaggi, con un effetto realistico, scendendo al livello dei personaggi, assumendone atteggiamento e stile. Il verismo caratterizza quindi lo stile, ma anche la filosofia di questo romanzo, il primo del ciclo incompiuto dei vinti: il fatalismo permea l’opera in modo dominante, è come se non ci sia salvezza per questi individui tormentati dalla cattiva sorte, non c’è la fede a salvarli, c’è l’attaccamento alla famiglia, che tuttavia non impedisce a ‘Ntoni di perdersi per la via e diventare la croce della famiglia. Mi sono piaciuti molto lo stile e la lingua dei “Malavoglia”, così come i vari personaggi, molto ben caratterizzati e che mi hanno tenuto compagnia per tutta la durata della lettura; è molto interessante il personaggio di ‘Ntoni, che esprime le contraddizioni della giovinezza, dell’aspirazione a una vita migliore e la rabbia di non riuscire a raggiungerla, con l’esito di un comportamento deviante. Anche la trama è molto ben costruita, pur con i suoi risvolti drammatici, soprattutto nella seconda parte. Lo consiglio perché è un classico da scoprire o riscoprire con piacere, come è accaduto a me.

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I Malavoglia 2014-06-30 08:43:04 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    30 Giugno, 2014
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Una capricciosa e inaffidabile provvidenza

"Per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altra" andava ripetendo padron 'Ntoni, patriarca dei Malavoglia, per spiegare come la sua famiglia di pescatori siciliani, grazie alla coesione e al senso del dovere, avesse miracolosamente superato indenne le tante burrasche che nel corso degli anni si erano abbattute sulla casa del nespolo e sulla Provvidenza, la barca ammarata sotto il lavatoio. Tutti grandi lavoratori i Malavoglia, a dispetto dell'antitetico soprannome, ognuno pronto a fare la sua parte per il benessere comune. Ma le burrasche sono sempre in agguato e a volte è sufficiente che una soltanto delle dita allenti la presa perché la mano perda il controllo del remo. Così un episodio spiacevole darà il via a quella che per i nostri eroi sarà una inarrestabile discesa verticale. Comincia tutto con la decisione di padron 'Ntoni di intraprendere un affare consistente nella vendita di un carico di lupini presi a credito. L'intenzione è quella di migliorare il tenore di vita della famiglia ma l'iniziativa fallisce drammaticamente spalancando un baratro sotto i piedi dei protagonisti, quasi la provvidenza avesse deciso di voltare le spalle a chi ha cercato di migliorare la propria situazione, punendolo per la sua avidità e bramosia. La caduta dei Malavoglia è emblematica infatti di quello che è il concetto su cui si fonda l'opera di Giovanni Verga, cioè l'immutabilità della condizione umana. La vana lotta che l'uomo conduce contro il suo destino non può che portare al fallimento. Solo coloro che, come Alessi e Mena, accettano la propria situazione e si adattano a ciò che la vita riserva loro hanno la possibilità di salvarsi. Una concezione pessimistica che trasuda da ogni pagina, riga e parola di questo capolavoro del verismo italiano in cui l'autore mescola le sue virtù letterarie ad influenze dialettali che si notano sia nell'uso dei vocaboli che nella costruzione delle frasi. Siamo in una Sicilia ottocentesca ancora scettica per la recente unità d'Italia, dove il nascente vento di progresso si scontra con tradizioni e abitudini talmente radicate da sembrare incancellabili. La vita del piccolo centro di Trezza ruota tutta intorno al mare, alle vigne, alle chiuse, i pochi punti di riferimento sono la chiesa, la farmacia e l'osteria della Santuzza, le invidie, le malelingue, le rivalità accendono gli animi, le differenze tra chi ha tutto senza dover lavorare e chi si spezza la schiena per poco o per niente sembrano incolmabili. Pagine impregnate di sudore e di salsedine che trasmettono amarezza e disillusione e parlano di vite difficili e di uomini che, allora come oggi, si trovano costantemente in balìa di una capricciosa e inaffidabile provvidenza.

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I Malavoglia 2013-07-08 20:40:39 Ale96
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Ale96 Opinione inserita da Ale96    08 Luglio, 2013
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Il vulcano e le formiche

Milano 1881
La città è in festa per la grande Esposizione Nazionale. In questi giorni alla Scala si rappresenta il Ballo Excelsior che si conclude con l'inno alla Scienza, al Progresso, alla Fratellanza, all'Amore. Questo storico evento rappresenta la massima espressione di una città in pieno fermento industriale e urbano. Milano si riempie di importanti industrie, come la Pirelli, e assume un aspetto nuovo che rispecchia le innovazioni della Belle Epoque (basti pensare alla Galleria Vittorio Emanuele II) e anche la sua estrema vitalità. Gli eventi mondani prosperano e tra i sfavillanti saloni di contesse ma anche di mogli di ricchi imprenditori passeggia un siciliano,conosciuto per un romanzo epistolare intitolato Storia di una capinera. Il suo nome è Giovanni Verga, nobile di provincia, partito prima da Catania poi da Firenze per avere successo. Egli è colpito dai grandi passi del progresso delle tecniche e delle scienze di quel tempo, ma dietro il lusso ostentato della borghesia e dei pochi nobili rimasti, riconosce la folla, divenuta proletariato che vive in condizioni infime e che reclama i propri diritti. Lo scrittore catanese rimane sconvolto dai numerosi individui che si sono lasciati trasportare dalla corsa del progresso e ne sono stati travolti e che ora sono abbandonati nel dimenticatoio della loro triste miseria. Egli vuole smascherare nella luce gloriosa dello sviluppo “quanto c'è di meschino negli interessi particolari che lo producono” e lo fa con un ciclo purtroppo rimasto incompiuto: I Vinti che si apre con i Malavoglia. Ambientazione: la feudale,intatta, solida, fuori dalla storia Sicilia. Soggetto: “lo studio sincero e appassionato del come probabilmente devono nascere e svilupparsi nelle più umili condizioni, le prime irrequietudini pel benessere; e quale perturbazione debba arrecare in una famigliuola vissuta sino allora relativamente felice, la vaga bramosia dell'ignoto, l'accorgersi che non si sta bene, o che si potrebbe star meglio”.

Nel piccolo villaggio di Acri Trezza, nei dintorni catanesi, vive tranquillamente nelle sue abitudini cicliche e stagionali e nelle sue tradizioni di pescatori la famiglia Toscano, chiamata in antitesi con la sua energica voglia di lavoro, Malvoglia. Essa è formata da: Patron 'Ntoni, il più anziano e perno del nucleo famigliare, con le sue ampie conoscenze marittime e con il suo sterminato registro di proverbi; suo figlio Bastianazzo, un uomo dal cuore buono, forte e molto rispettoso nei confronti del padre; sua moglie Mariuzza (Maria) detta la Longa, un'ottima e affettuosa massaia, e i loro figli 'Ntoni, un ragazzo buono ma ingenuotto e un po' brontolone, Luca, molto più giudizioso del fratello, Mena (Filomena), giovane timida chiamata Sant'Agata perché passa tutto il suo tempo a tessere, Alessi (Alessio), birbantello tutto suo nonno e la più giovane di tutti, Lia (Rosalia). Questa unita famiglia vive serenamente nella casa del nespolo grazie alla propria imbarcazione, chiamata Provvidenza. Ma il bucolico idillio viene interrotto dalla chiamata in leva di 'Ntoni, il quale andando lascia più lavoro agli altri familiari. Allora patron 'Ntoni, per ottenere un cospicuo guadagno nel quale possa rientrare la dote di Mena, accetta di far trasportare un carico di luppoli (senza saperlo avariati) presi a credito da zio Crocifisso Campana di Legno, l'usuraio di Acri Trezza. Tuttavia succede una disgrazia: in una tempesta la Provvidenza affonda con il suo carico e con Bastianazzo. Iniziano le sciagure per la famiglia Malavoglia: lutti, malattie, debiti, pignoramenti, minacce, sacrifici assaltano i suoi membri che rimangono comunque uniti e disposti a ricreare le antiche fortune, aggiustando il relitto della Provvidenza. Ma di provvidenza alla Manzoni non se ne trova le tracce, la casa dei Malavoglia è continuamente visitata dalla Morte e dalla Sfortuna. Oltre a questo ad aggravare la situazione ci si mette il giovane 'Ntoni, tornato dalla leva per sorreggere la famiglia, che odia il suo mestiere, il suo destino misero ed immutabile mentre in città aveva visto uomini andare in carrozza tutto il tempo e donne ricoperte tutte di seta. Che senso ha lavorare quando la Sorte torna a sempre a disfare quel poco che si è ricostruito? In un paesino dove tutti si conoscono tra loro, e dove ognuno sparla dell'altro, tra pettegolezzi e intrighi rusticani, i poveri Malavoglia riusciranno a risollevarsi dalle sciagure che li colpiscono continuamente? E pensare che tutto ciò è stato causato dal desiderio di guadagno proveniente da un carico di luppoli!

Verga con questa storia- epurata del romanzesco, dell'intreccio a vantaggio di una struttura circolare che richiami la ciclicità della dimensione contadina dominante nell'opera- ci mostra la sua visione pessimistica della realtà, dove ognuno non può far nulla per cambiare il proprio destino e innalzare la propria posizione e vincere la propria miseria, dove gli apparenti vantaggi del progresso aggravano solamente la situazione in quanto la natura è dura e malvagia e distrugge eternamente le opere che gli uomini costruiscono e ricostruiscono in una spirale senza fine. Come afferma Vincenzo Consolo, “il mondo come luogo aspro e inospitale al pari d'un vulcano; la vita degli uomini come quella precaria e disperatamente ostinata delle formiche. E nel deserto della natura e della storia, unica consolazione si trova nella fratellanza umana; si trova nelle religione della tradizione e dei legami famigliari, nell'attaccamento, tenace come quello dell'ostrica allo scoglio, al paese natio”. E tutto ciò si incarna nella figura del patriarca 'Ntoni, strenuo difensore del principio “per menare il remo bisogna che le cinque dita s'aiutino l'un l'altro”.

Dunque Verga ci lancia un richiamo al regresso, al ritorno alle tradizioni degli antenati, al culto dell'unità famigliare, alla fratellanza rusticana, uniche soluzioni alle meschinità che si celano dietro il progresso. Il tutto con uno stile quanto più oggettivo e realistico possibile, con la resa acuta e precisa del dialetto popolare, grazie all'uso del discordo indiretto libero, il quale stile, specie all'inizio, può confondere il lettore e che richiede comunque una continua attenzione. Ma ne è valsa veramente la pena. Non posso dire altro che consigliarvi energicamente questo breve romanzo e augurarvi una buona lettura!

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I Malavoglia 2013-03-19 09:47:03 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    19 Marzo, 2013
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L’immutabilità del proprio status

“Un tempo i Malavoglia erano stati numerosi come i sassi della strada vecchia di Trezza; ce n’erano persino ad Ognina, e ad Aci Castello, tutti buona e brava gente di mare, proprio all’opposto di quel che sembrava dal nomignolo, come dev’essere.”


Dei romanzi di Giovanni Verga questo è indubbiamente il più conosciuto, anche perché oggetto di studio nella scuola italiana.
Si tratta di un’opera di notevole valore, una storia corale di una famiglia di pescatori di Aci Trezza, un paesino vicino a Catania. E’ una vita dura quella che conducono i Toscana, soprannominati Malavoglia per pura e semplice antifrasi, in quanto di voglia di lavorare ne hanno in abbondanza.
La loro è una famiglia patriarcale facente capo a Padron ‘Ntoni e che si avvale per l’attività di un’imbarcazione dall’emblematico nome di Provvidenza. Il capostipite, vedovo, dimora presso la casa del nespolo insieme con il figlio Bastiano, detto Bastianazzo, sposato con Maruzza, da cui ha avuto cinque figli. Vivono tutti alla giornata, ma dignitosamente, in una sorta di perenne immobilità fino a quando ‘Ntoni, il maggiore dei figli di Bastianazzo, viene chiamato nel 1863 alla leva militare del nuovo Regno d’Italia; è una bocca in meno da sfamare, ma sono anche braccia in meno per il lavoro, così che il vecchio, padre e padrone, decide di tentare un’avventura, al di fuori della consueta attività. Compra infatti una partita di lupini, che poi risulteranno avariati, da un suo compaesano chiamato Zio Crocifisso per via del suo incontenibile pessimismo. La merce è affidata al figlio Bastianazzo affinché vada a rivenderla a Ritorto, ma nel corso del viaggio per mare la barca naufraga, il carico va a fondo e il giovane muore. Di colpo, da un affare sperato si arriva a una disgrazia immane, perché non solo c’è la perdita di Bastianazzo, ma occorrono i soldi per pagare la partita di lupini e per riparare la Provvidenza.
Purtroppo la tragica vicenda non è che l’inizio di una serie di disgrazie che colpiscono i Malavoglia, che sembrano diventati di colpo predestinati alle sciagure.
La visione di Verga è decisamente pessimistica e sa cogliere quell’immobilità di tempo che caratterizza le sue genti, con quell’impossibilità di mutare il proprio status, in una lotta con il destino da cui si esce sempre soccombenti. Anzi, a voler tentare di modificare la propria sorte, non può che riuscirne una peggiore dell’originaria, secondo il concetto che nulla è concesso all’essere umano per una sua elevazione; pescatori a giornata erano i Malavoglia e pescatori a giornata rimarranno, così come altri personaggi delle sue celebri novelle ai quali si può e si deve guardare con compassione.
E’ certamente un ritratto crudo, e forse anche crudele, delle genti siciliane dell’epoca dell’autore, il quale ha la tendenza di accettare come immutabile l’ordine delle cose, anche se questo stringe la vita in una morsa senza speranza.
No, non è possibile cercare di migliorare le proprie condizioni economiche, perché inevitabilmente si finirà male e solo chi si adatta al ruolo predestinato si salverà. Ecco, appunto, la condizione immutabile di cui anche l’autore è partecipe, nella sua mediocre qualità di piccolo nobile di campagna, i cui frutti sono scarsi al punto da rendere costante la continua ricerca di denaro per mantenere il decoro del titolo, senza speranza di andare oltre le barriere invisibili, ma possenti, dello status sociale.
Al di là di questa tematica, ricorrente in Verga, I Malavoglia si fa apprezzare per lo stile del tutto particolare e in cui predominano i dialoghi e quella capacità di astrazione che tende a evidenziare l’oggettività del narrato, lasciando ampia e completa libertà di interpretazione al lettore, una caratteristica propria del verismo di cui Verga e De Roberto sono senz’altro i maggiori esponenti.
E corre l’obbligo anche di evidenziare come nonostante si tratti di opera scritta nella seconda metà dell’ottocento il linguaggio non appaia desueto e anzi presenti una propria forza dirompente che il lettore non potrà che apprezzare.
Quindi è per tutto questo che I Malavoglia è considerato un capolavoro, un grande classico meritevole di studio ed approfondimento, proprio per questo rientrante nei programmi scolastici.
Da leggere, senza dubbio.

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I Malavoglia 2013-02-02 13:51:13 AndCor
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AndCor Opinione inserita da AndCor    02 Febbraio, 2013
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Il 'Progresso' e i suoi due volti

Ecco qui uno dei romanzi "scolastici" più difficili da leggere e da analizzare: trama parecchio elaborata, stile non particolarmente scorrevole e fondamentale conoscenza del contesto politico-economico per inquadrarlo al meglio.

Bisogna tenere conto anche della tecnica dell'impersonalità, attraverso la quale l'autore si esprime "per bocca" dei suoi personaggi. Questi ultimi, uniti dalla stessa cultura, compiono diverse scelte di vita, ma rimangono e permangono sempre e comunque "soggiogati" a un Fato superiore. Punto cardine del romanzo è il Progresso, con i suoi pro e contro, con Verga che rappresenta scene di quotidianità lasciando trasparire il suo tono pessimista e la sua visione "da sconfitto".

L'"ideale dell'ostrica", l'attaccamento alla politica, il feudalesimo corale di Aci Trezza e la religione completano le peculiarità di quello che probabilmente si può definire il più grande romanzo verista. Non tanto per il giudizio della critica, ma perché straordinariamente attuale.

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Consigliato a chi ha letto...
Rosso Malpelo e altre novelle.
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I Malavoglia 2012-07-05 01:04:27 rakovic
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rakovic Opinione inserita da rakovic    05 Luglio, 2012
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senza entusiasmo

La trama narra le disgrazie di una famiglia siciliana alla quale non ne va bene una! Le disgrazie hanno inizio con il naufragio delle imbarcazione "provvidenza" che trasportava un carico di lupini: da lì una concatenazione di eventi avversi porterà tutti allo sfacelo..
I personaggi sono ben delineati, zio crocefisso, la Zuppidda, Piedipapera, sono indimenticabili nei nomi come nelle loro singolari caratteristiche, ma lo stile di Verga è assai sgangherato, mescolando discorso diretto con discorso indiretto e si ha la sensazione di camminare in un campo arato, con difficoltà a procedere in un terreno così sconnesso.
Tutto sommato però, una volta prese le misure si riesce ad andare anvanti anche se di... Malavoglia!!

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I Malavoglia 2011-11-05 17:03:34 Nadiezda
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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    05 Novembre, 2011
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I Malavoglia

Il romanzo narra che presso Aci Trezza vive la famiglia Toscano la quale viene soprannominata Malavoglia.
Il patriarca è Padron 'Ntoni, che vive presso la casa del nespolo insieme al figlio Bastiano detto Bastianazzo sposato con Maria detta Maruzza la Longa. Bastiano ha cinque figli: 'Ntoni, Luca, Filomena detta Mena, Alessi e Lia. Il principale mezzo di sostentamento è la Provvidenza una piccola imbarcazione utilizzata per andare a pesca. Nel 1863 'Ntoni, il maggiore dei nipoti, parte per la leva militare. Per far fronte alla mancanza, padron ‘Ntoni tenta un affare comprando una grossa partita di lupini da un suo compaesano. Il carico, affidato al figlio Bastianazzo perché li vada a vendere, sfortunatamente naufraga, assieme a Bastianazzo.
Tornato del servizio militare, 'Ntoni non rappresenterà alcun sostegno alla famiglia.
Luca, uno dei nipoti, muore nella battaglia di Lissa (1866) e questo determina l'annullamento delle nozze della figlia Mena con Brasi Cipolla. Il debito causerà alla famiglia la perdita dell'amata Casa del nespolo e via via la reputazione della famiglia andrà peggiorando. Un nuovo naufragio della "Provvidenza" porta Padron 'Ntoni ad un passo dalla morte, dalla quale, fortunatamente, riesce a scampare. In seguito Maruzza muore di colera. Il primogenito 'Ntoni deciderà di andare via dal paese per far ricchezze, ma una volta tornato ancora più impoverito, si dà al contrabbando e finisce in galera dopo aver accoltellato il Brigadiere don Michele.
Padron 'Ntoni, ormai vecchio, muore senza riuscire a rivedere la sua vecchia casa. Lia, la sorella minore, vittima delle malelingue, lascia il paese e si abbandona all'umiliante mestiere della prostituta. Mena sceglie di rinunciare a sposarsi con compare Alfio, di cui è innamorata, e rimarrà in casa ad accudire i figli di Nunziata e di Alessi, che continuando a fare il pescatore ricostruirà la famiglia e potrà ricomprare la "casa del nespolo". Quando 'Ntoni, uscito di prigione, torna al paese, si rende conto di non poter restare a causa del suo passato di detenuto.

Il modo di scrivere di Giovanni Verga mi piace molto perchè mescolando il discorso diretto con quello indiretto rende il tutto molto più espressivo e vicino al lettore. Inoltre per far capire meglio il carattere di ogni singolo protagonista usa spesso proverbi ed un linguaggio marinaresco.

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