Narrativa italiana Racconti Finché il cuculo canta
 

Finché il cuculo canta Finché il cuculo canta

Finché il cuculo canta

Letteratura italiana


"Gustin era un uomo senza fede ma, a quarant'anni, venne folgorato sulla via di Erto. Gli uomini non hanno pace, non riescono a stare tranquilli. Cosa li tormenta? Molti scalano la carriera, altri le montagne per vie pericolose. A volte, in questa pratica, succedono incidenti che portano alla morte, altre volte accadono episodi ridicoli, spassosi. Qualcuno sentenzia che la natura gioca brutti scherzi, invece la natura non reagisce, non si vendica. Se ne sta lì, impassibile."



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Finché il cuculo canta 2014-07-08 15:19:07 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    08 Luglio, 2014
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In armonia con la natura

“…Di sera, riscaldati da un fuoco di mughi, nella remota casera Galvana parlavamo un po’ di tutto: della fortuna, della salute, dei soldi, dei figli, della vita, insomma. Mi lamentavo per l’ingiustizia del mondo, della mia poca fortuna che in realtà è molta e della sua che è davvero poca. >…”

Testimone e superstite di un mondo arcaico, in cui l’uomo era parte integrante e rispettosa della natura, Mauro Corona è approdato al secondo millennio dopo una vita travagliata, dopo la tragedia del Vajont, grazie a una sua filosofia dell’esistenza che sa cogliere in ciò che spesso ci rifiutiamo di vedere, o guardiamo superficialmente, un senso profondo che non solo aiuta a tirare avanti, ma consente anche che ciò avvenga con gioia. I profondi silenzi dei boschi in inverno, il fruscio dei ruscelli, la compagnia di autentici amici, la volontà di realizzare realizzando se stessi sono fondamenta inalienabili che reggono solidamente la debole struttura dell’esistenza, una scelta di vita non scevra di difficoltà, ma capace di infondere gioia e speranza. Con questa raccolta di racconti Mauro Corona si avvicina ulteriormente alle scelte narrative di un altro grande montanaro, Mario Rigoni Stern, con la capacità, parlando di se stesso, di parlare di tutti gli uomini, dei loro sogni, delle loro paure, delle loro aspirazioni. Sono venti prose, una più bella dell’altra, venti memorie di un tempo che è stato e che probabilmente ma più ritornerà, e in cui la natura è al centro dello svolgimento, perché anche dove sembra che il dominus sia l’uomo alla fin fine questi non è che un attore che interpreta una parte che al più è da spalla della protagonista, dell’assoluta bellezza del creato, delle notti stellate, dei picchi assolati, delle distese di mughi.
Lo stile è quello a cui ci ha abituato: scorrevole, né lento né veloce, con ogni tanto qualche pausa breve destinata a un approfondimento. Tante sono le storie raccontate di cui l’autore è stato testimone diretto o indiretto e a volte si avverte, ancora dopo anni, l’emozione originariamente provata, come nel caso di un racconto particolarmente bello e commovente:”La camoscina”. Non intendo svelare nulla, ma Corona è capace con quella semplice naturalezza che è propria della poesia di toccare le corde del cuore, non di sfiorarle, bensì di pizzicarle, affinché abbiamo l’opportunità di riscoprire in noi quell’intima bontà che la furia del progresso pare avere cancellato. E se alcune prose possono apparire meno interessanti, come quelle relative ad alcune sue scalate, dico solo di leggerle con attenzione, perché si finirà con lo scoprire che dietro l’indomito alpinista esiste l’uomo, a tratti spavaldo, più spesso timoroso e sempre, dico sempre, estasiato dalla natura.
Temevo che questi racconti, in fondo di vita vissuta, non fossero all’altezza dei suoi romanzi, permeati da una misticità naturale, e invece, con piacere, ho dovuto ricredermi, convincendomi una volta di più che Mauro Corona è uno scrittore di razza, uno di quelli che forse anche nelle opere minori – e questa non lo è – lascia un segno che non si cancella.
Quindi il mio invito è di leggere “Finché il cuculo canta”, piacevole sotto tutti gli aspetti e in grado di portare, attraverso un crescente entusiasmo, a uno stato di gioiosa serenità.

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