Narrativa italiana Racconti Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti
 

Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti

Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti

Letteratura italiana

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Sedici racconti che da vicino rivelano una straordinaria varietà di temi, di ambienti, di figure, e da lontano danno un'insolita sensazione di unità.



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Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti 2023-08-20 12:59:50 Calderoni
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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    20 Agosto, 2023
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«Tutto si accomoda, volendo»

Un variopinto mondo viene descritto tra una storiella di paese e l’altra dall’ultimo Piero Chiara. Il contesto è quello del lago Maggiore, quello più congeniale allo scrittore di Luino. Ci si muove tra la provincia di Varese, quella di Novara e la vicina Svizzera. L’arco temporale è piuttosto ampio perché si parla di un periodo compreso tra l’ultima età fascista e gli anni successivi al miracolo economico italiano. La narrazione è in prima persona e a parlare è il signor Giuseppe Cuniberti, attento osservatore della vita della sua provincia. Egli stesso affermava di essersi «solo divertito moderatamente, con le donne come con le carte e anche con i libri, per ingannare il tempo e per riuscire a sopportare la noia della vita di provincia». Cuniberti è abbastanza ricco da non poter lavorare e attraverso una narrazione aneddotica ricostruisce alcuni fatti che ha vissuto direttamente sulla sua pelle e ne illustra altri che gli sono stati raccontati da terze persone. Il Cuniberti è il prototipo del dongiovanni. L’atmosfera di ciascuno dei sedici racconti è gradevole e domina senz’ombra di dubbio la leggerezza, anche se poi alcuni fatti hanno comportato dei problemi alla folla di personaggi che popolano i brevi racconti di Chiara. Lo scrittore di Luino riesce ad alternare nel migliore dei modi l’aneddoto malizioso e il piccante scorcio di costume, riesce a equilibrare al meglio le due componenti e ne guadagna l’autentica umanità dei personaggi. Inoltre, ne esce un bel affresco di un’Italia sempre vitale nei diversi decenni presi in esame. Lo stile proposto da Chiara è per lo più colloquiale e la pagina scorre via veloce.
Nel racconto Alla luce delle stelle emerge bene il tema della fuga di molti italiani del Nord Italia nella vicina Svizzera durante gli anni più cruenti della dittatura fascista e durante i feroci scontri della Seconda guerra mondiale, tanto che l’ultimo racconto (Trenk, il mansueto) restituisce uno splendido spaccato dell’estate 1942 che viene definita «sospesa fuori dalla realtà e addirittura fuori dal tempo, durante la quale il popolo italiano, abbandonato a un’ultima vacanza, parve dimentico di se stesso e indifferente al proprio destino». La confederazione elvetica viene descritta con queste parole: «La Svizzera era un’isola circondata dalle fiamme, dentro la quale vivevano milioni di uomini liberi e decine di migliaia di profughi militari e civili». In Come se la cavò Cavalcalovo l’autore definisce bene le cronache quotidiane della via di provincia, le quali ispirano ciascuno dei sedici racconti della raccolta. Si legge: «Ma il tempo, la noia della vita di provincia e i veleni che nei paesi si nascondono dentro i più quieti recessi, cominciarono presto a sfumare i contorni dell’immagine che il Cavalcalovo aveva presentato al suo arrivo». È il pettegolezzo che muove i fili, anche perché nella maggior parte dei casi il tema centrale dell’aneddoto è il tradimento o l’avventura amorosa proibitiva (come quando il Cuniberti si innamora di una liceale o come quando allaccia una relazione con la moglie del capostazione). Essendo il pettegolezzo così preponderante, è interessante analizzare anche la portata di quello che si è venuto a sapere da terze persone perché, come spesso accade, tanti fatti vengono travisati, ingigantiti, modificati. Scorrono così le figure umane che svaniscono dopo poche pagine nell’aria, perché in fondo nella nostra esistenza sfioriamo, viventi o trapassati, cogliendone solo un nome, un gesto, un aspetto, vero o falso, dell’esser loro. E poi tanti personaggi danno proprio l’idea di vite sprecate, quasi gettate al vento («Martiri di nessuna fede, ombre che sono passate senza lasciare un segno»).
I pretesti da cui prendono avvio le narrazioni sono dei più svariati; il più singolare riguarda il racconto Che tempi, che fichi, nel quale il pretesto è proprio il fico che, come scrive Chiara, dalla Persia alle Canarie «è presente in tutta la zona nella quale si è svolta la civiltà umana». «Il fico ancora occhieggia e si fa presente, individuo ben caratterizzato che in bene o in male ha sempre fatto la sua parte tra i vegetali e tra gli uomini» conclude lo scrittore. Direi che alla fine, una delle morali che emerge da questa simpatica carrellata di aneddoti è che «tutto si accomoda, volendo», perché tutto può essere più forte del pettegolezzo.

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Il capostazione di Casalino e altri 15 racconti 2011-12-14 08:16:37 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    14 Dicembre, 2011
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Per non dimenticare

Con il Capostazione di Casalino Chiara scrive gli ultimi racconti, mentre combatte con la malattia che lo porterà alla morte.
Si tratta di sedici prose, sedici memorie di fatti e accadimenti di quel mondo della provincia di cui l’autore luinese rimarrà il magnifico cantore.
Per quanto l’ironia sia sempre arguta, in sottofondo è presente la malinconia di chi sa che sono le ultime occasioni per far rivivere personaggi, spesso oscuri, e che pure, nel loro piccolo, hanno contribuito alla storia del mondo.
Dalla vicenda quasi kafkiana del signor Pettoruto alla figura rassegnata, e pur illusa, dell’amico Trenk, passando per il ferroviere svizzero Camillo e, soprattutto, per il personaggio di Giuseppe Cuniberti, in cui l’autore sembra voler riflettere se stesso, è tutta una carrellata di ignoti a cui la penna e la scrittura donano luce e fulgore, ombre che tali sarebbero rimaste, se di loro Chiara non avesse stilato l’ultimo epitaffio.
Siamo lontani dai clamori e dalle risate di Il piatto piange, no qui al più si strappa un sorriso, ma protagonisti e vicende sono di quelli che più restano dentro perché lontani dalle caricature, più umani, per non definirli più simili a tanti che non conosciamo e che incontriamo per la strada; ognuno, per quanto ignoto, ha la sua storia e tutti insieme concorriamo, senza saperlo e magari senza lasciar traccia indelebile del nostro passaggio, alla grande storia dell’umanità.
In un racconto (I fratelli Mascherpa) l’autore giustamente scrive “ Vite sprecate, gettate al vento, si potrebbe dire. Martiri di nessuna fede, ombre che sono passate senza lasciare un segno.” Conclude, però, con quattro righe in cui c’è tutto il pensiero di Chiara “ Ma sulla tomba del Tonchino, un loculo in fondo al portico di un cimitero, è scritto sopra una piccola lapide il suo nome e cognome: Mino Mascherpa. Sotto, a caratteri più piccoli, si legge: “Armida Perego non lo dimenticherà mai.”.
Ecco, con queste ultime prose anche Piero Chiara ha posto una lapide sul loculo di un mondo che c’era e che è ormai scomparso, ha dato voce e luce a ombre che altrimenti si sarebbero perse nel buio, ai tanti del piccolo, del paese, di quelle comunità che ora sono più numeri statistici che esseri umani connessi in un unico destino, tanto che è come se in calce, ma non in caratteri minuscoli, bensì a chiare lettere avesse scritto: Piero Chiara non vi ha dimenticato.
E sono così belli questi racconti, completi, storie che hanno un inizio, una fine, uno svolgimento talmente esauriente da non far rimpiangere un loro eventuale ampliamento in romanzo, per quanto breve, il che, come riporta Giovanni Tesio nell’introduzione, dimostra un particolare attaccamento dell’autore per la prosa breve, ribadito anche nella risposta che diede a una domanda sul “perché” del racconto: “Bisognerebbe chiederci perché il romanzo”.
Il capostazione di Casalino è un canto del cigno, ma è un canto stupendo e, forse, è il capolavoro di Piero Chiara.

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