Narrativa italiana Racconti Lo splendore del niente e altre storie
 

Lo splendore del niente e altre storie Lo splendore del niente e altre storie

Lo splendore del niente e altre storie

Letteratura italiana

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Storie di donne ribelli, di coraggio e di resistenza. Sullo sfondo di una Sicilia che dalla Spagna passa ai Savoia, poi agli Asburgo e quindi ai Borbone di Spagna, Maria Attanasio attraverso il racconto storico si riappropria del passato e lo interpreta con sensibilità e forza. Ci rende consapevoli di figure ai margini della storia, rendendole protagoniste grazie anche alla sua scrittura poetica efficace e assolutamente unica. Raccogliere in un unico volume questi racconti, variamente editi tra il 1994 e il 2014, corrisponde alla necessità di dare più completa conoscenza ai lettori di una scrittrice appartata ma la cui opera è accompagnata oggi da una crescente attenzione, da una continua curiosità. Il volume mette assieme: la lunga novella, quasi un breve romanzo, Correva l’anno 1698, che dissotterra la vicenda di Francisca, uomo-femmina, «masculu fora e fimmina intra»; la bellissima Lo splendore del niente – storia di potenza flaubertiana di Ignazia Perremuto, di superba e nobile famiglia, che a lussi, amori e doveri propri del suo stato preferisce contemplare il nulla, prefigurando le ribellioni alla sottomissione femminile –, oltre a più rapide escursioni attraverso destini di donne del Settecento. Recuperati, tutti, dalle antiche cronache e riportati in vita da una scrittura che suscita immagini a ogni rigo.



Recensione della Redazione QLibri

 
Lo splendore del niente e altre storie 2020-04-08 08:14:36 Molly Bloom
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
2.0
Molly Bloom Opinione inserita da Molly Bloom    08 Aprile, 2020
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Del niente e altre storie

Un libricino che si legge velocemente, anche in un pomeriggio volendo, e che contiene sette racconti in cui la protagonista è una donna. Donne di facili costumi come Levia, altre dedite completamente alla famiglia come Catarina, mezze streghe che preparano pozioni velenose come Giovanna Bonanno, altre donne indipendenti come Francisca o intellettuali come Ignazia, artiste come Annarcangela e badesse animaliste, tutte storie vere di donne realmente esistite tra seicento e settecento e che l'autrice rielabora riportandole alla luce della memoria. Donne che a loro tempo sono state "sopra le righe" e in un modo o un altro, ci lasciano la pelle. Siamo anche nel periodo dell'Inquisizione quindi vuoi per accusa dello stato o semplicemente perché esistono in un periodo che non consente spazio allo sbocco della propria indole (come ad esempio nel caso di Ignazia), quasi tutte e sette trovano la loro fine o bruciate sul rogo oppure affogate nella propria depressione. Solo Francisca sembra salvarsi, "masculu fora e fimmina intra", donna di grande tenacia.

Con una citazione di Marguerite Yourcenar che da inizio ai giochi (grandissima scrittrice che mi ha subito riportato in mente la bellezza e la vividezza di "L'opera al nero" ambientata anche essa in un remoto passato) è stata per me una lettura non gradevole per vari motivi. Innanzitutto la dimensione: molto brevi, il che non è un difetto, ho letto racconti di Kafka ad esempio brevissimi ma di una intensità e poesia che stordisce. Certo nomino una eccellenza quindi non incolpo l'autrice di non riuscire a toccare certe vette, MA, considerando che queste storie sono realmente esistite e quindi prese da vecchi documenti, mi aspettavo che il lavoro di elaborazione fosse più impegnativo e quindi un po' più ampio, che valesse insomma la pena di ridare vita a questi personaggi. A me invece, in questi racconti molti dei quali davvero brevi eppure suddivisi in prefazioni, parti, mini capitoli, movimenti, postfazioni ed epiloghi, è sembrato che sia stato aggiunto ben poco. Per non parlare del fatto che in un racconto spesso viene descritta tutta la vita del personaggio nonché nominati alcuni eventi storici, come per esempio il terremoto in Sicilia del 1693, ma rapportando l'ampiezza del testo alla quantità di informazioni fornite, alla fine il risultato è un mero resoconto che non appaga e non lascia nulla al lettore. Avrei preferito la descrizione di un'ora significativa della vita dei personaggi (come ad esempio l'interrogazione di Francisca davanti al giudice con la descrizione dei luoghi e delle sensazioni provate) piuttosto che quella della loro intera vita, sorvolando quindi su tutto. Secondo la mia modesta opinione di lettore, il racconto è lo squarcio su una scena, la descrizione minuziosa un fatto curioso, un tuffo nell'intimo dei personaggi, altrimenti leggo un romanzo. Non ho riscontrato nulla di tutto ciò e nessun personaggio mi è rimasto impresso proprio perché non è stato personificato, inoltre per la scarsità di dettagli nemmeno nell'ambientazione sono riuscita a penetrare.

Oltre alla dimensione e alla struttura, neanche la prosa lascia il segno. Sicuramente l'impegno ci sarà stato perché un leggero sforzo l'ho avvertito tra le righe, ma non ho avuto la sensazione di una prosa fluida e armoniosa perché l'introduzione di termini datati, allora in uso, stonano con l'utilizzo di altri moderni, di oggi (tipo "pub" o "discoteche" ma poi le donne "sgravano" o usa termini come "Coriosità", "hominigno", "bresbigio"). La parola è molto elastica, in un testo si può mettere di tutto e l'ho visto fare in molti libri, ma secondo una ricetta, una logica, altrimenti l'insieme non è piacevole.

Infine la morale della storia, che è debole pure essa. Certo si parla di altri tempi e bisogna contestualizzare il tutto perché le situazioni presentate non sono più attuali. Ci unisce a quei tempi la forza delle donne e la volontà di combattere ma è debole come messaggio se unito a quello che ho descritto sopra.

Concludo con una nota positiva, una delle due frasi che mi sono piaciute nel libro e che ho sottolineato:

"La vita- ripeteva alle donne che maliziosamente gli chiedevano quando si sarebbe deciso- è bella solo se raccontata. Dentro le parole non c'è freddo, né carestia, né paura: Gli uomini possono soffrire senza dolore, mangiare senza pane, morire senza morte." (tratto dal racconto "Correva l'anno 1698...")

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