Cosima
Letteratura italiana
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Grazia-Cosima
In “Cosima” Grazia Maria Cosima Damiana Deledda ci narra della sua esistenza per mezzo di quella che altro non è che una autobiografia narrata in terza persona. Non mancano quelli che sono gli elementi canonici della sua produzione, dalle descrizioni dei luoghi, alla tradizione di una terra dalle origini ancestrali, sino alla spietatezza di una vita che nulla risparmia. “Cosima” ha la capacità unica di raccontare la vita e la terra, l’animo umano, il sogno ed anche le speranze disilluse.
Conosciamo così una figura curiosa e intelligente che rivive le tappe fondamentali del suo esistere. E vi riesce anche grazie a una ingenuità che la rende autentica agli occhi di chi legge e che ben si coniuga con le varie età che tocca e vive. Tanti i momenti che affronta e che vanno dalla nascita della sorellina sino al lasciare la casa materna per provare ad inseguire un sogno. Tra cadute, desiderio di provarci e farcela, ancora cadute e desideri. Tra queste non mancheranno i successi di pubblicazione e le difficoltà inerenti perché gli scritti della narratrice non mancheranno di severe critiche.
È un testo che viene, ancora, pubblicato postumo e che ha subito diatribe diverse di pubblicazione in quanto gli eredi non volevano che diventasse di dominio pubblico.
«Ci sono molte donne che vivono del ricordo di un amore fantastico, e l'amore vero è per esse un mistero grande e inafferrabile come quello della divinità.»
Pagina dopo pagina emerge tutta quella che è la passione per la scrittura dell’autrice. Il desiderio di narrare, di raccontare, di vivere le vicende anche su carta che viveva nella vita, sono una costante che pulsa in modo vivido. Scopriamo anche delle difficoltà che la scrittrice ha incontrato nell’abbracciare questo suo amore per lo scrivere, perché alla fine solo il fratello Andrea ha creduto in lei e nella sua possibilità di divenire.
Non mancheranno, altresì, gli abbandoni, non mancheranno le separazioni ma la Deledda, a sua volta, non cederà e affronterà le varie difficoltà sempre a testa alta e forte del suo bagaglio di vita e di scrittura.
«Magari anche la confessione era un po’ fraudolenta, come quella del famoso contadino che tentò d’ingannare il confessore dicendogli di aver rubato una corda, e alle insistenti inquisizioni dell’uomo di Dio, finì col dire che alla corda c’era attaccato un bue.»
“Cosima” di Grazia Deledda, non è un testo privo di sbavature, anzi. Non può certo annoverarsi tra gli scritti più belli della sua produzione e non è nemmeno tra i più maturi. Ma ha un suo perché ed arriva, nonostante tutte le sue imperfezioni, al conoscitore curioso che vi si avvicina. Non lo consiglierei a un lettore che non si è mai avvicinato all’autrice come primo titolo quanto più come opera successiva, quando cioè la produzione della stessa è già nota.
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Grazia Deledda
Grazia Maria Cosima Damiana Deledda è un'autrice che purtroppo molti lettori non degnano neanche di una lettura. Si cercano a volte autori così geograficamente lontani da noi quando in casa abbiamo un Premio Nobel. Anche la scuola purtroppo in questo non aiuta, mentre l'autrice andrebbe proprio sponsorizzata con tutta la sua produzione e soprattutto con questo che manda un messaggio di facile comprensione: non fermarti davanti agli ostacoli, se hai un sogno seguilo anche se dovrai combattere contro tutti e tutto.
Grazia Deledda nasce alla fine dell'Ottocento in un ambiente arcaico e stretto per una ragazza moderna come lei. La sua passione viene vista come una perdita di tempo quando invece dovrebbe puntare a trovare un buon partito. Ma lei è diversa:
“pare venuta da un mondo diverso da quello dove vive, e la sua fantasia è piena di ricordi confusi di quel mondo di sogni”.
“Cosima” è l'autobiografia romanzata scritta dall'autrice poco prima della morte, infatti pubblicata postuma. In questo meraviglioso romanzo, la Deledda ci racconta la sua infanzia e come è nato l'amore per la scrittura, le sue sconfitte ma anche la sua forza e tenacia e la partenza da Nuoro.
Riusciamo anche a percepire dove l'autrice abbia trovato le idee per i suoi capolavori:
“Più efficaci furono le lezioni pratiche che il fratello volenteroso le procurò facendole conoscere tipi di vecchi pastori che raccontavano storie più meravigliose di quelle scritte sui libri, e portandola in giro, nei villaggi più caratteristici della contrada, alle feste campestri, agli ovili sparsi nei pascoli solitari e nascosto come midi nelle conche boscose della montagna”.
Rispetto agli altri suoi lavori che spesso non hanno un lieto fine, in questo romanzo ho respirato aria di speranza e sono venuta a conoscenza di tutta la sofferta che la piccola Grazia ha trovato sul suo cammino.
Un romanzo autobiografico che ci avvicina ad un'autrice che merita una lettura. Poche pagine e tanta ammirazione per una donna che si è fatta da sola e da sola ha conquistato il mondo.
Buona lettura!!!
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L'amore per la scrittura
Grazia Maria Cosima Damiana Deledda, qui semplicemente Cosima, ripercorre le tappe fondamentali della prima parte della sua esistenza attraverso un romanzo che in realtà è una vera e propria autobiografia raccontata in terza persona. Prosa impeccabile, favolose descrizioni paesaggistiche di una terra bella e spietata come la Sardegna, capacità di raccontare l'animo umano sono gli elementi alla base di quest'opera, pubblicata postuma e in parte censurata dagli eredi. Spicca la destrezza dell'autrice, ormai matura, di descrivere il mondo in maniera diversa a seconda dell'età, quasi riuscisse ad immedesimarsi nella se stessa di tanti anni prima e guardare, giudicare, esporre attraverso quegli occhi. Conosciamo la scrittrice così piccola da non avere neanche l'età per andare a scuola, curiosa, intelligente e alle prese con uno dei più affascinanti misteri della vita: la nascita, in questo caso di una nuova sorellina. La lasciamo ormai tanto cresciuta da poter abbandonare il nido materno per inseguire il suo sogno letterario, scrittrice in erba sull'onda dell'entusiasmo per i primi successi editoriali. Nel mezzo tante piccole tappe che compongono il cammino di crescita della protagonista segnato, come per ognuno, da gioie, dolori, amori, lutti, speranze, delusioni, momenti di giubilo e altri di sconforto. Su tutto un'unica costante: l'amore per la scrittura, la capacità di trarre storie dalla sua fervida fantasia ma anche di rielaborare su carta le tante vicende che si susseguono all'interno del proprio nucleo familiare o di cui soltanto sente parlare nel microcosmo chiuso e spesso intollerante della piccola realtà di provincia in cui vive. Nel talento di Cosima però non sono in molti a credere. Fermatasi alla quarta elementare, più avvezza al dialetto che ad un italiano che, a pochi anni dall'unità d'Italia, resta quasi una lingua straniera, la ragazza troverà nel fratello Andrea, ormai capofamiglia, un fervido sostenitore. Grazie a lui potrà continuare a coltivare la sua passione, anche contro le malelingue che circolano in paese sulle donne che si dedicano ad una simile attività, barriere ideologiche ancora oggi difficili da abbattere. Troverà editori disposti a pubblicarla, ma anche detrattori le cui critiche sembrano più vicine ad una discriminazione di genere che a vere e proprie analisi letterarie negative: "Torni, torni, la piccola grafomane, nel limite dell'orticello paterno, a coltivare i garofani e la madreselva; torni a fare la calza, a crescere, ad aspettare un buon marito, a prepararsi ad un avvenire sano di affetti famigliari e di maternità". Ma la nostra eroina non si lascerà scoraggiare da niente e nessuno e per lei arriverà il momento di abbandonare Nuoro e andare incontro ad un avvenire pieno di successi e riconoscimenti che la porterà fino al premio Nobel. "Il profumo quasi violento delle rose, e il loro colore, le parvero vivi, caldi, sanguinanti: più che dal coro delle fanciulle e dal ronzio delle musiche della strada, sentì da quell'alito quasi carnale venirle incontro la vita: ma quando si decise a prendere il mazzo dalle mani del garzone che la guardava con occhi maliziosi, si sentì pungere da una spina acuminata: e pensò che la vita anche sotto l'illusione delle cose più belle e ricche, nasconde le unghie inesorabili'.
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SONO NATA IN SARDEGNA
Cosima quasi Grazia fu il titolo voluto da Antonio Baldini per la prima edizione di un’opera postuma, incompiuta e forse solo abbozzata, pubblicata dapprima in puntate nel 1936, l’anno stesso della morte, e poi edita in volume per i tipi Treves l’anno successivo. Cosima è il secondo nome del Premio Nobel, è dunque la sua vera identità, svelata in una sorta di memoriale scritto in terza persona e teso a recuperare il perché di un’esistenza, il suo andamento, la sua origine. Si tratta di un’autobiografia romanzata e purtroppo rivista e censurata dal figlio Sardus e dallo stesso Baldini. Sul finire di questo 2016, anno deleddiano per volontà della Regione Sardegna ( ricorre l’ottantesimo anniversario della morte e il novantesimo del Nobel), la casa editrice Edes ne ha proposta un’edizione critica epurata dagli eccessi correttivi.
Che cosa si andava a celare, a camuffare, a sminuire? Semplice! Tutto ciò che comunque trapela anche dalla lettura dell’edizione baldiniana. Ci si rende conto immediatamente che lo spazio e il tempo hanno potuto poco rispetto all’amore per la scrittura, a poco è valso nascere a Nuoro nel 1871, e di contro proprio quel destino spazio- temporale ha decretato il perché di tutta la scrittura deleddiana che è profondamente intrisa nella terra di appartenenza.
Se si riesce a superare la ruvidezza di un’opera postuma, queste pagine possono essere godute come un documento sulla condizione femminile nella Sardegna di fine Ottocento e primi del Novecento, seppur in prospettiva di gran lunga privilegiata, la nostra autrice appartenendo ad una famiglia mista già avviata al processo di imborghesimento e dunque ben lontana da altri e più terribili destini.
E allora non si sarà molto lontani dai sogni giovanili, dalle speranze che animano il cuore, dai tremori che accompagnano le prime simpatie, non si sarà neanche tanto lontani da quelle delusioni cocenti che svelano l’intima essenza della famiglia di provenienza, le sue debolezze, i suoi limiti. Si scoprirà come si forma un animo esposto a miti, leggende, usanze, credenze, valori culturali che nella loro potenza distruttiva minano per sempre il cuore di chi se ne nutre; si vedrà anche come una giovane possa leggere questo bagaglio culturale trasformando l’onta in identità attraverso il necessario e doloroso passaggio del distacco, dalla propria famiglia, dalla tradizione, dalla terra, infine, di certo pagando lo scotto di sentirsi diversa, non uniformata, di sicuro colpevolizzata per il fatto di voler far valere il semplice diritto di autoaffermazione. Vale il Nobel anche solo per questo. D’altronde cosa si poteva pretendere da un una signorina sarda, bruttina, avvezza solo al dialetto, scolarizzata fino alla quarta elementare, immersa in una cultura profondamente maschilista? Brava Grazia!
“Sono nata in Sardegna, la mia famiglia composta di gente savia ma anche di violenti e di artisti produttivi, aveva autorità e aveva anche biblioteca ma quando cominciai a scrivere a tredici anni fui contrariata dai miei...” (dal discorso al conferimento del Nobel nel 1926).
Ecco perché è importante ricordarla, scoprirla, rileggere le sue opere.