Una persona alla volta Una persona alla volta

Una persona alla volta

Letteratura italiana

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Da Kabul a Hiroshima, una narrazione appassionata e avventurosa delle radici che hanno ispirato Gino Strada, giorno dopo giorno, viaggio dopo viaggio. Ma anche una riflessione radicale sull’abolizione della guerra e sul diritto universale alla cura. Il racconto dell’impegno e delle esperienze che lo hanno condotto da giovane chirurgo di Sesto San Giovanni fino ai Paesi più lontani, per seguire l’idea che portava avanti con la sua passione e con Emergency: salvare vite umane e lottare per i loro diritti. Curare le vittime e rivendicare i diritti, una persona alla volta: ne era convinto Gino, che dalle sale operatorie in Afghanistan a quelle del Centro Salam di cardiochirurgia in Sudan ci ha insegnato che l’unica medicina possibile è quella che si fonda sull’uguaglianza e sull’umanità. Persona dopo persona, diritto dopo diritto.



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Una persona alla volta 2022-09-24 16:06:28 siti
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siti Opinione inserita da siti    24 Settembre, 2022
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The power of peace

Refrattario a qualsiasi forma di autobiografia, Gino Strada, nel suo ultimo anno di vita ha lavorato a questo scritto con Simonetta Gola, sua seconda moglie e responsabile della Comunicazione e delle Campagne di raccolta fondi nazionali dell'Organizzazione non governativa Emergency, di cui come sappiamo Gino Strada è stato il fondatore. Il libro alla sua morte non era concluso per cui è spettato a Simonetta Gola curarne l’ultimazione affinchè esso fosse da testimonianza soprattutto per le giovani generazioni.

Esse dovranno sapere infatti che è meglio credere a ciò che molti reputano un'utopia, la pace, più che alla guerra, non solo perché essa genera morte e aggrava i problemi a cui ha cercato di dare risposta ma anche e soprattutto perché è un affare che arricchisce pochi e sottrae preziose risorse a tutti. Il nesso guerra - salute - cultura è ben esplicitato nelle riflessioni dell’autore che, ricalcando le tappe del suo percorso umanitario come chirurgo nelle zone di guerra, riesce a dimostrare che l’utopia è un sogno a cui si smette di credere, e che quindi, al contrario, con tenacia è sempre perseguibile, e soprattutto che le risorse economiche devono essere dirottate verso il perseguimento dei diritti fondamentali siglati da più convenzioni, carte, costituzioni che purtroppo rimangono lettera morta. E si badi bene, non si sta parlando solo di zone rurali dell’ Africa o di Afghanistan e di altre zone di guerra, la riflessione infatti si estende anche al territorio europeo e a quello nazionale in particolare, lo stesso che ha visto scoperchiare le sue illusioni di uguaglianza e di benessere con la pandemia da Covid - 19: la formazione dei giovani medici e la loro penuria, la dilagante privatizzazione della sanità, le molteplici convenzioni statali con i privati che assorbono tutte le risorse comuni ancora una volta a vantaggio di pochi, la mercificazione del diritto alla salute, la triste realtà dei medici in frontiera dove la trincea ora è rappresentata dall’ospedale pubblico.

Emerge chiaramente la visione globale e l’interdipendenza non solo geografica, economica ma soprattutto culturale ( deriva socio-economica all’insegna del mito della ricchezza) di questo mondo, segnato dall’ inesorabile orologio dell’Apocalisse, elaborato dagli scienziati atomici del “Bulletin of the Atomic Scientists”, empirico e del tutto simbolico: se nel 1947 esso segnava sette minuti alla mezzanotte, orario coincidente con la fine del mondo, nel 2021 la distanza era coperta da appena cento secondi.

Questi solo alcuni degli spunti di riflessione, doveroso rimandare alla lettura del testo.

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