Narrativa straniera Narrativa per ragazzi Storia del signor Sommer
 

Storia del signor Sommer Storia del signor Sommer

Storia del signor Sommer

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Ma dove lo portavano le sue peregrinazioni? Qual era la meta delle sue marce interminabili? Per quale ragione e a che scopo il signor Sommer correva su e giù per la regione dodici, quattordici, sedici ore al giorno? Non si sapeva. Le misteriose passeggiate del signor Sommer, un romanzo magico e sognante dell'autore del Profumo.



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Storia del signor Sommer 2011-05-09 16:53:32 serena...mente
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serena...mente Opinione inserita da serena...mente    09 Mag, 2011
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Un po' Forrest Gump e un po' piccolo principe..

Ho letto questo libro questa sera con mia figlia. Leggendo "con i suoi occhi" mi sono lasciata incuriosire e affascinare da questo misterioso sig. Sommer che trascorre tutte le sue giornate camminando freneticamente senza mai fermarsi e senza mai parlare con nessuno ed ho provato subito simpatia per il bizzarro ragazzino un po' imbranato, incapace di andare in bicicletta, che adora arrampicarsi sugli alberi e che sogna di volare. Ma la parte migliore, quella in cui io e mia figlia abbiamo riso come se avessimo entrambe 10 anni, è quella in cui Süskind descrive una lezione di pianoforte con tanto di muco sul fa diesis (soprattutto perché abbiamo pensato all'insegnante di pianoforte di mia figlia che è giapponese e, per questo popolo, almeno per gli anziani è ancora abbastanza "strana" la nostra usanza di "soffiare il naso" in un fazzoletto e conservare il muco in una tasca...)

«Così suonammo Diabelli a quattro mani, la signorina Funkel muggendo a sinistra nel registro basso, e io con entrambe le mani all'unisono a destra in discanto. Per un certo tempo il tutto funzionò a meraviglia, mi sentivo sempre più sicuro e ringraziavo il buon Dio per aver creato il musicista Diabelli, e alla fine nel mio sollievo dimenticai che la sonatina era in sol maggiore e che quindi all'inizio era indicato in chiave il fa diesis, il che significava che non si poteva continuare a usare comodamente i tasti bianchi, ma che in determinati punti, senza ulteriori indicazioni nel testo musicale, bisognava toccare un tasto nero, giustappunto quel fa diesis che si trovava immediatamente sotto il sol. E quando il fa diesis apparve per la prima volta nella mia parte non lo riconobbi subito, mi spostai prontamente poco più in là e suonai un fa, cosa che, come ogni amante della musica capirà subito, produsse una sgradevole stonatura. «Tipico!» sbuffò la signorina Funkel smettendo di suonare. «Tipico! Alla prima difficoltà il signorino sceglie subito la strada sbagliata. Non hai gli occhi per vedere? Fa diesis! È indicato qui, grosso e chiaro! Tienilo a mente! Un'altra volta, da capo! Uno-due-tre-quattro...» Ancora oggi non riesco a spiegarmi del tutto come mai ripetei lo stesso errore. Probabilmente ero così teso nel cercare di non farlo che in ogni nota sospettavo un fa diesis, fin dall'inizio avrei voluto suonare solo fa diesis, dovevo veramente sforzarmi per non suonare fa diesis, non ancora fa diesis, non ancora... finché... sì, finché, arrivato al punto ben noto, suonai ancora il fa anziché il fa diesis. Di colpo la signorina Funkel divenne paonazza in viso e strillò: «Ma non è possibile! Fa diesis, ho detto, accidenti! Fa diesis! Non sai che cos'è un fa diesis, zuccone? Senti!» - peng, peng - e con la punta del dito indice, che dopo decenni di lezioni di pianoforte era diventata larga come una moneta da dieci pfenning, batté il tasto nero sotto il sol: «... Questo è un fa diesís!...» - peng, peng - «... Questo è...» E a questo punto dovette starnutire. Starnutì, si pulì rapidamente i baffi col succitato dito indice e batté il tasto ancora due o tre volte strillando: «Questo è un fa diesis, questo è un fa diesis...!» Quindi si tolse il fazzoletto dal polsino e si soffiò il naso. Ma io fissavo il fa diesis ed ero impallidito. Sull'estremità anteriore del tasto era appiccicato un grumo di muco fresco e vischioso della lunghezza di un'unghia e dello spessore quasi di una matita, vagamente vermiforme e di colore giallo-verdastro, che evidentemente proveniva dal naso della signorina, da dove per via dello starnuto era finito sui baffi, dai baffi, quando se li era puliti, era passato sull'indice, e dall'indice era approdato sul fa diesis. «Ancora una volta, da capo!» sentii ringhiare. «Uno-due-tre-quattro...» e ricominciammo a suonare. I trenta secondi seguenti si possono annoverare tra i più spaventosi della mia vita. Sentii che il sangue mi defluiva dalle guance e il sudore della paura mi saliva alla nuca. Mi si rizzarono i capelli in testa, le mie orecchie passarono dal caldo al freddo e infine si chiusero, come se fossero tappate. Non riuscivo neppure più a sentire la piacevole melodia di Anton Diabelli, che peraltro suonavo meccanicamente senza guardare le note; dopo la seconda ripetizione era come se le mie dita suonassero per conto proprio... Fissavo soltanto con gli occhi spalancati il sottile tasto nero sotto il sol, su cui era appiccicato il grumo di muco di Marie Luise Funkel... ancora sette battute, ancora sei... era impossibile premere il tasto senza finire in mezzo al grumo di muco... ancora cinque battute, ancora quattro... ma se non ci finivo dentro e suonavo il fa per la terza volta anziché il fa diesis, allora... ancora tre battute... o Dio misericordioso, compi un miracolo! Dì qualcosa! Fa' qualcosa! Squarcia la terra, fracassa il pianoforte! Fa' andare il tempo a ritroso, affinché non debba suonare questo fa diesis! ... ancora due battute e il buon Dio taceva e non faceva nulla. Ed ecco l'ultima terribile battuta, consisteva - lo ricordo ancora con precisione - di sei crome, che dal re scendono fino al fa diesis e con una semiminima terminavo sul sol al di sopra ... Come in un incubo infernale le mie dita barcollarono giù per questa scala cromatica, re-do-si-la-sol... "Adesso, fa diesis!" sentii gridare accanto a me... e io, in piena coscienza di quel che facevo, con totale disprezzo della morte suonai fa naturale. Ebbi appena il tempo di togliere le dita dal tasto che il coperchio della tastiera si richiuse con fragore e contemporaneamente la signorina Funkel balzò su accanto a me come un diavoletto a molla"

Eppure... Eppure questo è un libricino speciale, capace di far riflettere su come, col passare del tempo, riusciamo ad assuefarci a ogni stranezza, smettiamo di interrogarci, di domandarci il perché delle cose e ci disinteressiamo di tutte quelle persone che fanno parte, o hanno fatto parte della nostra vita, spesso condividendo con noi la nostra quotidianità. Semplicemente "smettiamo di vederle" pur continuando ad averle davanti...
Pensando ad un altro romanzo di Süskind, "profumo" non posso che ammire la grandezza di questo scrittore che riesce ad essere cinico, erotico, perverso e al tempo stesso così dolce, amabile e sensibile.


Colonna sonora gentilmente offerta da Lou Reed http://www.youtube.com/watch?v=WZ88oTITMoM

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Consigliato a chi ha letto...
"Il piccolo principe" ma non ha riso nemmeno un po'...
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