Narrativa straniera Racconti Di cosa parliamo quando parliamo d'amore
 

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore Di cosa parliamo quando parliamo d'amore

Di cosa parliamo quando parliamo d'amore

Letteratura straniera

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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore? Parliamo di un bicchiere di gin che si rovescia in una stanza dove discutono due coppie stanche. Parliamo di vecchi amici che forse per noia, forse per altro, commettono senza rendersene conto un delitto terribile. Parliamo di pasticceri a cui non hanno ritirato torte di compleanno. Parliamo di gesti che sembrano insignificanti, e invece sono in grado di restituire a ogni vita tutta la grazia nascosta dietro la banalità della cattiveria e della paura. I diciassette racconti che hanno reso Raymond Carver un autore di culto: l'espressione più limpida di una scrittura che con miracolosa semplicità arriva sempre al cuore delle cose.



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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore 2021-04-30 16:31:01 lego-ergo-sum
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lego-ergo-sum Opinione inserita da lego-ergo-sum    30 Aprile, 2021
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La variante di Carver

Uno scrittore di talento presenta al suo editor un libro di racconti. Il curatore d’edizione, anche lui provvisto di talento letterario, interviene pesantemente, corregge, modifica, elimina. Lo scrittore accetta, ma gli resta nel cuore quella prima versione dei racconti, ha in animo di pubblicarli come li aveva pensati. La morte glielo impedisce. I racconti vengono recuperati e pubblicati postumi ad opera di alcuni studiosi, con il costante incoraggiamento della moglie. Date allo scrittore il nome di Raymond Carver, all'editor quello di Gordon Lish, una sorta di guru del minimalismo, alla donna quello di Tess Gallagher, ai ricercatori quello di alcuni studiosi dell’università di Hartford. Procuratevi ora la prima raccolta, “Di cosa parliamo quando parliamo d’amore”, e quella postuma, “Principianti”, che cronologicamente precede la prima. Si delineerà sotto i vostri occhi una vicenda di uomini appassionati di letteratura, di perfezionisti delle soluzioni formali, con le loro aspirazioni, frustrazioni, cedimenti, rivalse. E potrete valutare meglio questa opera che, pur ponendosi nel solco della grande tradizione americana del racconto breve (Hemingway sopra tutti), apparve subito rivoluzionaria e dominò il dibattito letterario di quel decennio, fino a diventare una moda e a generare una folla di emuli non sempre all’altezza. Come accade quando l’ispirazione genuina di un artista diventa moda e genera “ismi”. (Il confronto tra le due raccolte richiede ovviamente l’anticipazione di qualche finale).
Protagonisti sono ancora uomini e donne del Midwest, dei sobborghi, dell’America profonda, degli abitati distanziati da lunghe distese deserte, lontani dall'ambientazione metropolitana e soprattutto newyorchese di epigoni come David Leavitt e, ça va sans dire, dalle sue tematiche gay.
Al centro della narrazione amanti in crisi, coniugi traditori o traditi, aggrappati ad un frammento di felicità perduta, magari il ricordo di due anziani che offrirono loro un sorso d’acqua e li portarono a visitare il gazebo della propria fattoria, illudendoli di poter invecchiare insieme alla stessa maniera (“Gazebo”). Oppure abbarbicati a quella parola che non riescono a dire, al “discorso serio” col quale vorrebbero chiarire ogni cosa al partner, bloccati dell’afasia che li prende ogni volta che stanno per pronunciarlo. A volte si dimenticano perfino che cosa volevano dire, come L.D. nella storia conclusiva, sfiorando così l’effetto comico.
Crisi latenti, che erano finora affiorate solo in un’ombra di stanchezza, nella noia di un caldo pomeriggio estivo trascorso con mogli, figli, amici, in cui esplode la furia omicida di Jerry nel tragico “Di’ alle donne che usciamo”. Anche quando regna l’accordo, c’è il destino ad irrompere nella serenità di una vita familiare, manifestandosi all'improvviso con l’incidente e l’agonia di un figlio (“Il bagno”), dove l’apparente, fredda oggettività degli eventi, è accompagnata dal ritmo angoscioso della cronaca, scandita dalla serie interminabile di tempi passati: “la madre andò…il panettiere ascoltò…la madre decise per la torta…il bambino stava andando a scuola…il bambino fu investito da un’auto”. Il realismo delle cose e dei fatti, la struttura paratattica di frasi coordinate che incalzano, compongono un sottofondo musicale sottilmente angoscioso, preludio ad un tragico epilogo.
Qui cogliamo la differenza profonda tra il racconto come l’aveva pensato Carver e come si struttura dopo l’intervento dell’editor, che fa terminare la vicenda con la beffarda e surreale voce al telefono del panettiere, tagliando il finale consolatorio dei genitori a cui l’involontario stalker, per farsi perdonare, offriva le sue piccole e buone cose nella bottega dove i due lo avevano raggiunto.
Lo stesso omicidio di Jerry, che avveniva nell'originale al termine di un drammatico colloquio con la vittima, eliminato quest’ultimo assume la forma di una mostruosa follia omicida, di una furia distruttiva che brucia ogni residua umanità.
Ma proprio in forza delle loro scelte stilistiche radicali, Lish-Carver appassionano, sorprendono, con il loro stile asciutto, incalzante, dove si sprecano i “dico”,” dice”, “dico” che scandiscono i dialoghi con il loro ritmo martellante, le frasi brevi, secche, imperniate sul solo verbo, i pochi complementi necessari all’intelaiatura della frase, i pochissimi aggettivi e avverbi, in una sintesi estrema che talvolta indebolisce la coesione narrativa, facendo rimpiangere la più distesa versione originaria.
Non manca qualche finale lieto, come la rinuncia di un giovane padre alla battuta di caccia a cui tanto teneva, per stare accanto alla figlia e alla moglie preoccupata per la salute della bambina: un matrimonio forse salvato in extremis con questo atto di rinuncia (“Gli si è appiccicato tutto addosso”). Ma ci pensa la struttura del testo, articolato su due piani temporali, quello del presente e quello del passato, a stendere un velo di malinconia e di sofferenza su ciò che è stato e non è più.
Altrove è l’empatia, la condivisione dell’altro a riscattare la solitudine in cui sono precipitati uomini rimasti soli, come i protagonisti dei primi due racconti. E si potrebbe estendere all'intera poetica di Carver la conclusione di “Perché non ballate”, dove una ragazza racconta il suo incontro con un tizio che vendeva i suoi mobili esponendoli in giardino: “Continuò a parlarne. Lo raccontò a tutti. Restava qualcosa, che non riusciva a dire. Ci provò, poi smise”.
Di cosa parliamo quando parliamo d’amore? Il titolo non si adatta dunque solo all'ultimo racconto, una sorta di minidialogo platonico, non privo di opinioni non scontate sulla vera natura di questo nostro “pensiero dominante”, ma si estende a ragione all'intera raccolta. La relazione di coppia, nelle sue molteplici sfaccettature, domina quasi tutte le vicende narrate, anche quando veniamo distratti dalla bellezza di un paesaggio lunare (“Riuscivo a vedere ogni più piccola cosa”) e dall'incontro notturno della protagonista narrante con un vicino a caccia di vermi (ed anche la sua vicenda è ben narrata e intrecciata con quella principale). Ma anche qui il punto focale si sposta poi sul rapporto di Nancy col marito, che, quando ritorna a letto, gli appare non molto diverso da “quelle cose che Sam Lawton cospargeva di polvere”. Quanto diverso, ancora una volta, l’originale, che si chiudeva con le parole inascoltate di Nancy al marito che continuava a dormire, parole insieme di insoddisfazione e di amore, ma comunque liberatorie, che la facevano scivolare dolcemente nel sonno! Tutto saltato, tutto ridotto all'osso, per lasciare posto ad un senso di distacco, come di disgusto, che inchioda la vicenda ad un finale senza prospettive. E il sonno diventa qualcosa che deve sbrigarsi a venire per sprofondarvi dentro col proprio dolore.
Leggere questi due libri uno accanto all'altro è un esercizio di critica delle varianti che fa capire bene come siano sottili e sempre in bilico gli equilibri dell’opera narrativa. Ed aiuta a mettere in risalto, per contrasto, l’autentico mondo poetico di Raymond Carver.

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Consigliato a chi ha letto...
I racconti di Hemingway, i racconti e i romanzi di David Leavitt, per un confronto nell'ambito del minimalismo, "Principianti", per un confronto tra versione originaria e..."versione Lish-Carver".
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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore 2018-10-11 11:48:04 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    11 Ottobre, 2018
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Spero non di questo

Un titolo così non poteva non attirare un’inguaribile romantica come me, inoltre avevo sentito parlare di questo autore conosciuto per le “short story”.

Il libro è composto da diciassette racconti basati, secondo l’autore, sull’amore, io ne ho qualche dubbio. L’amore ha davvero tante sfaccettature, ma l’autore ne ha veramente preso il peggio.

Da apprezzare il suo stile essenziale e minimalista, che con poche pagine ti fa entrare nella storia e ti lascia lì in sospeso a crearti il tuo personale finale con i pochi elementi di cui disponi.

Un libro questo che si può scegliere di leggere per avvicinarsi a questo stile particolare, non certo per come l’argomento è trattato.

Buona lettura.

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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore 2017-05-24 20:17:13 Valerio91
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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    24 Mag, 2017
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Un bicchiere di gin tonic

Avevo spesso sentito parlare di Carver, del suo stile essenziale privo di ogni cosa superflua. Ho scoperto che questa però non è una peculiuarità propria dell'autore, che questa sua fama di autore "essenziale" è merito del suo editor Gordon Lish, che tagliava interi pezzi delle sue opere come un barbiere taglierebbe i capelli a Tarzan.
Ho deciso definitivamente di leggere Carver quando ho visto "Birdman", film premio Oscar, in cui il protagonista è un attore teatrale impegnato a mettere in scena proprio un racconto dell'autore: quello che da il nome a questa raccolta che sto per recensire.
La peculiarità di Carver (almeno in questo caso specifico), sta nel lasciare la maggior parte dei racconti in sospeso. Se da una parte gli amanti delle storie fatte e finite (quelle dove il cerchio si chiude sempre) storceranno il naso, dall'altro alcuni saranno entusiasti dello spazio che verrà lasciato alla fantasia del lettore, che si potrà lasciare andare a riflessioni e cercherà disperatamente di entrare in contatto con i personaggi, in modo da provare a indovinare come la storia potrebbe andare a finire. Personalmente, mi schiero con i secondi, e devo dire che Carver, in poche pagine del racconto, ci da tutto quello che è necessario per concludere la storia per conto nostro. Potremmo indovinare cosa farà un personaggio, in base a quelle poche cose che gli abbiamo visto fare e che l'autore è stato così bravo a mettere in risalto.

Nei diciassette racconti di questo libro, il tema principale (come è chiaro dal titolo) è l'amore. L'amore in alcune delle sue infinite sfaccettature: quello sincero; quello appena sbocciato; quello che non sfiorisce nemmeno nella vecchiaia; quello passionale; quello possessivo che spesso sfocia nel violento e che può finire in tragedia. L'amore che è stato, ma che ormai è finito. Ma a quali di questi ci riferiamo quando parliamo d'amore? Qual'è l'amore autentico? Tutti. E nessuno.
L'amore è un sentimento troppo grande e complesso: ingloba in sé molti altri sentimenti ed emozioni e questi ultimi non fanno altro che dargli una sfumatura diversa, rendendo impossibile tracciare i contorni. Non lo si può inquadrare pienamente, mai. Non ci riusciamo noi, e non ci riescono nemmeno i quattro personaggi di Carver che sono seduti attorno a un tavolo a bere gin tonic e a provare a dare una definizione a questo sentimento indefinibile.
Dunque: "Di cosa parliamo quando parliamo d'amore?"
In fondo la risposta la conosciamo tutti, ed è: non lo sappiamo, e non lo sapremo mai. Ne parliamo e basta. L'amore è tutto e niente, è il più grande sentimento che proviamo, ma è anche il più grande mistero dall'alba dei tempi, ed è forse il suo essere così enigmatico ad attrarci tanto. Proviamo a sviscerarlo con la mente, ma arriviamo a capirne qualcosina soltanto quando lo sentiamo col cuore. E ogni volta non è mai uguale al precedente.
In questa sua fatica è come se Carver avesse tentato di sviscerare l'amore come a volte proviamo a fare noi, ad analizzarlo nelle sue varie forme, e anche se non ci è riuscito ci lascia comunque un gioiellino da ammirare. E questo, almeno a me, basta e avanza.

"Le cose cambiano, dice lui. Non so come. Ma le cose cambiano, e senza che nessuno se ne accorga o lo voglia. [...] Però non si muove dalla finestra, ricordando quella vita passata. Avevano riso. Appoggiati l'uno all'altra, avevano riso fino alle lacrime, mentre tutto il resto - il freddo e dove lui era andato in quel freddo - restava di fuori, almeno per un po'."

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Di cosa parliamo quando parliamo d'amore 2015-09-21 11:17:34 martaquick
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martaquick Opinione inserita da martaquick    21 Settembre, 2015
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Racconti piatti

Mi sono avvicinata a questo libro di racconti pensando fosse un libro di poesia e per aver letto una citazione bellissima nel film "Birdman" (film fantastico) che diceva:

And did you get what you wanted from this life, even so?
I did.
And what did you want?
To call myself beloved, to feel myself beloved on the Earth.

Putroppo il resto di questi racconti non mi è piaciuto più di tanto. I temi sono quelli dell'amore e dei sentimenti e delle piccole cose della quotidianità. Ma devo dire che non ho sentito niente leggendolo.
Forse leggendolo in lingua originale è tutta un altra cosa quindi gli darò un altra possibilità in inglese.
Rimane il fatto che la citazione qui sopra rimane davvero bellissima.

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