La vita altrove
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Quale destino?
Le relazioni a nutrimento degli otto racconti di “ La vita altrove “, una scrittura densa, essenziale, fluida a penetrare un quotidiano nebuloso tra reale e immaginario, sogni, destino, fatti fortuiti, speranze disattese.
Relazioni prevalentemente famigliari, assenti, smarrite, negate, recuperate, irrecuperabili, rottura ed evasione per ridiscutere il se’ e l’ altro, un nuovo inizio, un solco relazionale nato per caso, frutto del destino, relazioni estese alla natura e al mondo animale, a oggetti che prendono forma nella mente dei personaggi, riacquisendo un senso smarrito o che si credeva altro.
Anni difficili quelli pandemici, una clausura forzata ad azzerare e a ridefinire la socialità nel lento torpore della dimenticanza, il lavoro, l’ amore, la famiglia, i figli, un nuovo mostrarsi percosso da un disagio mimetizzato e camaleontico.
Il presente mostra crepe evidenti, incomunicabilità, inquietudine, silenzio, chi sono i propri figli, che cosa è rimasto di noi, dei nostri convincimenti, desideri smarriti e sottratti tra vuoto e intontimento.
C’è chi ricerca emozioni altrove, chi vuole preservare e conservare un improbabile equilibrio famigliare, chi riscopre in una pianta le profonde radici della propria infanzia, chi dopo anni si affaccia a un’ intimità parentale sottratta, chi entra furtivamente in momenti e luoghi di vita altrui rendendoli propri, chi respira nel quotidiano uno stato prolungato di sonnolenza, chi pensa di riconoscere e condividere altrove la propria condizione di orfano, chi scopre in una specie aviaria un ritorno alle origini e un viaggio di solitudini condivise.
Altrove, casualità, destino, parole che ritornano con la sensazione che si tratti solo di un sogno, inseguendo pregiudizi, fantasmi del passato, non focalizzati nel presente.
La famiglia e i suoi misteri irrisolti, menzogne, segreti, scoperte, le sue inconfessabili turbolenze, la consapevolezza che il male ci tocca direttamente, percorsi da uno stato di assopimento che guida le nostre vite amare.
Cos’è il reale e che come si mostra? Chi siamo e come ci vedono gli altri? Relazioni vivide o percezioni distorte? Universi paralleli o singoli accadimenti?
Ci sono luoghi che custodiscono un archetipo di umana presenza, il ricordo delle proprie radici, volti che sembravano persi, mimetizzati in uno stato di sterilità , che esprimono altro, stanze che richiamano presenze, assenze, desideri di una vita che non è, strappata, svuotata, negata, persa, un senso di vuoto onnipresente, non sapendo esattamente quando e come sentirsi a casa.
…”il mondo è pieno di rarae aves, di bestie rare che non sanno neppure di essere tali” …
…” di sicuro mi dimenticheranno come dimenticano tutto e finiranno con l’ abituarsi alla mia assenza. Forse arriveranno persino a credere di avermi conosciuto in sogno”…
Guadalupe Nettel riesce a trasferirci il meglio di se’, un universo cangiante di relazioni e accadimenti a richiamare un senso di spiritualità sovente disatteso nell’ incomunicabilità di silenzi protratti. Una scrittura limpida nelle acque limacciose del presente, quella vita moribonda che richiama il proprio senso più autentico cercando, dove possibile, una direzione oltre il semplice stato di sopravvivenza.
Non sempre ci riesce, nelle piccolezze del quotidiano si nascondono le verità più vere, quel respiro che induce alla riflessione rendendoci fragili, soli, infelici, dimenticati, misteriosi, ma ancora autenticamente vivi.