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I promessi sposi
 
I promessi sposi 2014-02-06 15:45:00 Renzo Montagnoli
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Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    06 Febbraio, 2014
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Croce e/o delizia di tanti studenti delle scuole superiori è indubbio che I promessi sposi, al di là dei suoi meriti, sia un’opera conosciuta proprio perché inserita nei programmi d’insegnamento scolastico. Ma perché studiarla, perché questa e non un’altra? Credo che il motivo risieda soprattutto nell’uso esemplare della nostra lingua, un italiano doc potrebbe dire qualcuno, e su questo fatto non ci sono dubbi, perché mai prima d’allora era stato scritto un romanzo avulso da inflessioni di idiomi locali, oppure con un ricorso così particolareggiato e preciso alla grammatica, con una certosina ricerca di termini che per l’appunto dovessero dare luogo a un lavoro impeccabile, un preciso riferimento per chi poi avesse voluto mettere nero su bianco le sue idee in un linguaggio comprensibile e scorrevole per ogni italiano, dal siciliano al piemontese.
Però, l’opera non presenta solo questa valenza, ma è meritevole di lettura e di studio anche per ben altro.
Benché la vicenda si svolga in Lombardia nella prima metà del XVII secolo, allorchè vi dominavano gli spagnoli, e la ricostruzione d’epoca, pur a fronte di un parto di fantasia, sia impeccabile grazie alle accurate ricerca d’archivio propedeutiche e quindi si possa parlare di un romanzo storico, le intenzioni del Manzoni andavano oltre questa storia di un amore fra due giovani tanto ostacolato da un potente. Sono dell’avviso, infatti, che in tal modo l’autore abbia voluto in effetti, camuffando l’epoca, proporre quella a lui contemporanea, fatta di prepotenze e di angherie praticate da chi deteneva il potere nei confronti dei più deboli. E per estensione, ma questo Manzoni non poteva saperlo, finisce con il diventare la trama esempio di tutto ciò che si è sempre verificato e che sempre si verificherà: l’eterna lotta fra il Male e il Bene, il costante contrasto fra chi domina e chi è soggiogato, direi una caratteristica propria dell’umanità, e d’altronde non si spiegherebbe il perché ben pochi detengano la maggioranza assoluta della ricchezza e di conseguenza abbiano in mano le leve del potere.
Sebbene Manzoni abbia rilevato questa peculiarità, la sua religiosità finisce con il permeare il romanzo e senza perciò nemmeno ipotizzare una rivolta dei deboli per liberarsi dei forti fornisce una sua chiave di soluzione del problema di carattere del tutto cristiano, nel senso che occorre avere fede e così la divina provvidenza finirò per mettere a posto ogni cosa. L’esperienza insegna che non è sempre così, ma nulla toglie a questo pensiero, che si richiama altresì alla quasi sempre inascoltata parola del Cristo.
Un’altra caratteristica, che spesse sfugge, è data dal fatto che nel romanzo chi detiene il potere sovente è ben poco preparato per esercitarlo, anzi la capacità appare indifferente alla carica e la carica stessa, che non ha corrispondenti qualità, sembra così funzionare meglio, basandosi solo sull’autorità, sul fatto che si può fare ciò che gli altri non possono fare, gli altri che devono solo temere e stare a capo chino. Questo concetto verrà poi più compiutamente espresso in quel suo capolavoro che è La storia della colonna infame.
Inoltre, è rivoluzionario per l’epoca il fatto che i protagonisti, possiamo anche definirli i nostri eroi, cioè Renzo e Lucia, siano di umile ceto, cioè non appartengano ai nobili, fra i quali anzi spesso s’annidano i tiranni. Non è quindi una storia di principi azzurri, di cavalieri indomiti, ma è la vicenda del povero diavolo che, senza colpe, si scontra con qualche cosa di molto più grande di lui e questa è certamente una grossa novità in un panorama narrativo che tendeva invece a escludere la presenza preponderante di soggetti delle classe più debole.
Spero che queste indicazioni possano essere utili per chi è costretto a studiarlo, ma anche per chi ha voglia di dilettarsi a leggerlo e al riguardo assicuro che la prosa è molto snella, il ritmo azzeccato e che quindi è un piacere scorrere quelle pagine, dalla prima all’ultima, anche sapendo a priori come andrà a finire.
Se giudicarlo un capolavoro può sembrare eccessivo, mi permetto solo di ricordare che le sue caratteristiche sono tali da avere il dono dell’universalità, perché in fondo vicende come quella di Renzo e Lucia, sotto altra forma, sono consuetudine anche altrove e l’analisi dell’uomo in quanto tale è sottile ed oculata, ma posta al lettore in modo semplice e convincente.

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Storia della colonna infame, di Alessandro Manzoni
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Concordo con te che sia un romanzo ancora oggi meritevole di lettura. Alcune riflessioni di Manzoni sull'arroganza e la stupidità di chi esercita il potere, il fanatismo delle plebi sono di grande attualità, la sua capacità di alternare con sapienza i momenti drammatici con quelli comici , l'ironia con l'indignazione è propria di un grande scrittore. Bisogna poi aggiungere che Manzoni non aveva alcun modello a cui riferirsi ( il suo è il primo grande romanzo moderno in Europa ) , a differenza di ciò che accadde per esempio a Tolstoj.
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