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Bunker diary
 
Bunker diary 2018-09-08 12:50:21 La Lettrice Raffinata
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
La Lettrice Raffinata Opinione inserita da La Lettrice Raffinata    08 Settembre, 2018
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...e nessuno ne restò.

Avete mai riflettuto sull’enorme potere che deteniamo in quanto lettori?
Uno scrittore infatti potrà anche comporre la più maestosa tra le opere, ma spetta al lettore darle vita con la propria immaginazione. Il lettore si scopre così detentore di un potere assoluto sul libro: la storia narrata non è reale finché non viene letta, esiste solo nel momento della lettura, e nel bene o nel male il destino dei protagonisti è vincolato alla volontà di chi legge.
Kevin Brooks fa un passo oltre questo concetto già molto interessante, portandoci ad ipotizzare cosa accadrebbe ai personaggi di un romanzo se il lettore ne interrompesse la lettura. Si salverebbero forse da un fato ormai letteralmente scritto?
Come nel caso de “La storia infinita”, un romanzo pensato per un pubblico relativamente giovane è stato capace di trasmettermi messaggi più forti e significativi di molte letture più “adulte”.
Va detto che il target di riferimento influisce comunque sul tono della narrazione che, sulla base delle premesse illustrate nella sinossi, mi aspettavo maggiormente ricca in quanto ad azione, suspense e twist narrativi.
La storia si concentra invece sulle riflessioni e le emozioni del protagonista Linus, giovane clochard inglese che per scelta ha lasciato la casa del padre assente, rinunciando al lusso per una vita nomade sempre in compagnia della sua fida chitarra, grazie alla quale si guadagna da vivere.
La narrazione ha inizio quando Linus, vittima di un misterioso rapimento, si trova rinchiuso in un bunker antiatomico sotterrano e decide di tenere un resoconto giornaliero della sua prigionia.
Il ragazzo pensa inizialmente che il rapitore punti ai soldi del padre, ma la faccenda ben presto si complica con l’arrivo nel bunker di altre persone, tutte sequestrate con vari stratagemmi dallo sconosciuto antagonista.
Con queste basi, già potete prevedere come la storia si profili ricca di scene via via sempre più cruente e lontane dalla comune idea di civiltà; come già detto però il romanzo è pensato per dei ragazzi, e qui l’autore dimostra la propria bravura, glissando sui momenti violenti e limitandosi a degli accenni che lasciano solo intuire quel che succede veramente.
A parte il protagonista, del quale veniamo a conoscere tutti i pensieri ed i retroscena, la cerchia degli altri personaggi si limita al rapitore e alle altre sue vittime. Merito anche del loro numero esiguo, tutti risultano ben caratterizzati, mostrando la propria essenza nelle azioni anziché attraverso le parole dell’autore. La sola delusione è stato l’antagonista per il quale speravo in un ruolo più attivo, mentre dopo essersi tenuto nell’ombra per parecchi capitoli, è solo nella seconda metà del volume che lo si vede tormentare attivamente i protagonisti, trattandoli come fossero le cavie per il suo perverso esperimento sulla resistenza umana.
Tra le vittime il mio preferito è indubbiamente Fred, soprattutto per l’inaspettata abilità nel rimanere sempre calmo e nel saper gestire il gruppo fino al limite.
Vista la situazione in cui si trovano i personaggi, tutte le storie brillano per la loro tragicità, in special modo quelle della piccola Jenny e di Russell, orbo e malato di tumore ad uno stadio terminale; personalmente però ritengo che la vicenda di Anja, sempre tenuta in secondo piano rispetto alle altre, sia la più straziante.
Le stile di Brooks è ricercato e godibile, e ne ho apprezzato principalmente gli sforzi per mantenere fede al peculiare registro narrativo. Interessanti le sequenze nelle quali Linus si rivolge agli immaginari lettori del suo diario e li chiama in causa, li sfida a rendere reale la sua condanna a morte e a mostrare il loro coraggio continuando la lettura.
La narrazione si presenta sempre fluida e molto diretta, con dialoghi per lo più brevi, quasi tronchi, a volte trascritti come si trattati del copione di un testo teatrale. Particolare anche il frequente ricorso a delle onomatopee, tra le quali è quasi comico il rumore prodotto dalla salita e dalla discesa dell’ascensore di accesso.
Personalmente avrei preferito uno sviluppo più maturo per la storia; comunque l’idea di base, che ricorda molto “Il condominio” di Ballard, è di certo degna di nota.

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