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Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta
 
Gran Circo Taddei e altre storie di Vigàta 2014-09-10 08:38:17 Renzo Montagnoli
Voto medio 
 
4.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
5.0
Renzo Montagnoli Opinione inserita da Renzo Montagnoli    10 Settembre, 2014
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Il divertimento è assicurato

Si tratta di otto racconti ambientati a Vigàta in periodo fascista, un motivo in più questo per una satira graffiante e amara di un regime che aspirava a essere serioso in misura tale da provocare invece ilarità. Del resto, il credere all’incredibile, il magnificare la mascolinità mica li ha scoperti come vizi italici Benito Mussolini; no, lui non ha fatto altro che ricamarci su una visione d’insieme tesa a nobilitare una dottrina (quella del ventennio) che, stringi stringi, si riduceva a un florilegio di luoghi comuni, che poi sono gli stessi che gli imbonitori della democrazia pompano e ripompano per assoggettare il popolo bue.
Quindi queste storie hanno lo straordinario pregio di mettere in luce eterne e irrinunciabili caratteristiche degli italiani, veri e propri vizi a cui, se pur consapevoli, ci piace indulgere.
Non è un caso, pertanto, se nella prosa Gran Circo Taddei, da cui il nome dell’intera raccolta, si combinano amore, sogno di potere e piccole astuzie di ogni giorno, volte a definire il mito italico del furbo che, poi, come si potrà leggere, non è che sia così tanto astuto, perché troverà chi lo è più di lui.
Ci sono vicende dal sapore un po’ boccaccesco, come certe pellicole italiane degli anni ’70, ma il tutto non è finalizzato a un erotismo un po’ becero, bensì costituisce il mezzo per parlare dei nostri, invero molti, vizi. Magari si fanno apprezzare di più per l’abilità creativa che per un messaggio civile a cui Camilleri non è mai insensibile, come per esempio la vendetta di La congiura, oppure il gioco d’azzardo di Regali di Natale, o le corna di Il merlo parlante. Sono brani che non hanno grosse pretese se non quella di divertire e ci riescono piuttosto bene. Ma Camilleri non sarebbe il narratore che è se non avesse anche nel cerchio del mirino qualche cosa di più di una pur valida pochade e allora è opportuno approfittare di un tema scottante, come la fecondazione eterologa, scrivendo un racconto misurato e di grande spessore umano come La fine della missione. E poi a questo mondo ci deve essere spazio per tutti, anche per i brutti , e da questo concetto nasce un brano struggente come Un giro in giostra; e se poi ormai gli esseri umani sembrano in aperto contrasto con la teoria dell’evoluzione, con gente che crede all’incredibile, perché non allestire un racconto che unisca trama ingegnosa, amore e anche un po’ di felicità? E così c’è pure La trovatura.
Quello che però è il più stupefacente è l’ultimo (La rivelazione), in cui un comunista antifascista e perciò condannato al carcere e al confino, alla liberazione alla fine della guerra fa di tutto per non tornare al suo paese dove farebbe il segretario del suo partito. Imbrogli, fede, anche un po’ di fanatismo animano il racconto che, secondo me è quello che meglio concilia qualità, originalità e capacità di divertire.
Penso, insomma, che abbiate capito che la lettura di questo libro è veramente piacevole e gratificante.

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