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Il custode
 
Il custode 2014-09-29 16:48:12 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    29 Settembre, 2014
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Verbi coniugati al passato già sconfessati della l

La collana iVitali è composta da 12 volumetti connubio di 4 mani; Andrea Vitali, medico di base e scrittore e Giancarlo Vitali pittore di fama consolidata. Andrea Vitali è sempre stato un autore capace di tessere trame immaginarie senza sbavature, metaforiche fin nel midollo e con una forma scritta solare ed energica, tratto immancabilmente trasmesso anche ai suoi protagonisti. Giancarlo avvalora e rivoluziona le parole del letterale ideatore con tavole enigmatiche, originali ed indiscusse; immagini che restano impresse nella mente del lettore e che donano quel “qualcosa in più”, che costituiscono quella “cornice” che altrimenti risulterebbe mancante; una unione inscindibile.
Ne “Il custode” l’autore non è da meno alle precedenti edizioni ma si rimette audacemente alla prova ed con un qualcosa di estremamente diverso. Chi è il custode. E’ il Custode delle parole. Come si diventa custode. Da padre in figlio o figlia. Un solo figlio; ottenuto il primo si procede alla castrazione. Il silenzio. Il genitore istruisce il figlio al mestiere. Silenzio.
Sincopato, claustrofobico, simbolico. Cupo ed imprevedibile. Cosa e chi sono le maschere? Vermi. Odore di putrefazione. Lo sbaglio del figlio. Nessuna parola. Niente più parole. Solo numeri. Perché ha guardato nelle scatole. Odore di Vermi. Tradimento. Il custode ha fallito, non è riuscito a custodire le scatole chiuse, le parole non sono più articolabili, numeri, numeri, numeri e soltanto numeri. Le scatole sono state private di animo. Le cose non hanno più animo. Autopunizione del figlio.
Il romanzo è strutturato sotto la forma di un diario; quello del custode. Si autocrea e autodistrugge senza dare una spiegazione al lettore che dunque è alla ricerca del significato nascosto delle parole. Credo che ognuno sia libero di identificare il proprio nello scorrere della narrazione, nel caso di specie, vi riporto di seguito il significato DA ME attribuito al racconto.
Cosa sono queste maschere che emanano un odore “di sentimenti avuti, perduti, mai creduti”? Cosa rappresenta il custode? Che sia il nostro io che raccoglie e deposita tutte le maschere di cui siamo soventi rivestirci? Che le maschere non ci lascino tranquilli perché cassaforte del nostro vero io? Che il figlio rappresenti il momento e la persona che scopre le nostre falsità inorridendo, spaventandosi e fuggendo?
Il custode vive nella consapevolezza del risiedere in un’esistenza senza significato, priva di libertà, spersonalizzata. E’ il guardiano delle falsità che l’uomo inizia ad indossare alla sua nascita e cessa di rivestire alla sua morte deponendo le armi come un cavaliere vinto in guerra. E’ il conservatore delle maschere che gli uomini indossano per fuggire da loro stessi. E’ il protettore del nulla perché niente può essere lasciato da una memoria artefatta. E’ la testimonianza dell’inutilità della vita che non ha il coraggio di essere vissuta.
L’opera visiva che fa da cornice al testo non è da meno. Sembra chiedersi costantemente:-“ Dov’è la libertà di essere se stessi?”- -“Ti osservo, ti giudico, so che non sei il vero tu”-. I volti umani si alterano, si deformano. La copertina dell’opera non è da meno. Essa altro non è che una riproduzione del quadro di Giancarlo Vitali intitolato “La coda dell’ermellino”, 1998, all’interno della quale è possibile scorgere sullo sfondo in alto a sinistra una riproduzione di “La dama con l’ermellino” di Leonardo. A mio modesto e singolo parere esiste una connessione tra testo ed immagini così come tra testo e copertina del libricino. Osservandola uno stato di inquietudine prende possesso del nostro animo, angoscia che stona con la vivacità dei colori usati dall’artista e che sembrano rimarcare la gioia, l’allegria, la vivacità. Il quadro ci trasmette la sensazione della falsità in ciò che ci circonda. Tutto è una maschera, sembra sussurrarci. Se vogliamo riscoprire chi e cosa siamo dobbiamo forse imparare a riapprezzare e notare la bellezza dell’arte e delle passioni che oggi sono sempre più abbandonate per dare adito alle frivolezze? E come questo dato è percepibile dalle immagini lo è anche dal testo: il brano di Vitali è privo di ogni riferimento alla bellezza, all’arte, al futuro. E’ interamente scritto al tempo infinito presente. Il custode che non guarda oltre e si ferma all’oggi, alle maschere proprie e degli altri, non può salvarsi, perde ogni possibilità di andare oltre.
Come Pirandello i Vitali rimarcano i nostri mille volti, i costumi che indossiamo anche inconsapevolmente; quei volti che alterano ciò che crediamo essere. Il nostro lato oscuro torna a galla e ci mette alla prova. Saremo capaci di affrontare, vivere e percepire il nostro vero io?
Un testo che vuol essere ascoltato, perfettamente concatenato, ricco di emozioni dissonanti, dalla disperazione all’inquietudine di essere. Incisioni e testo dialogano, si contrappongono e coordinano. Silenzio.
Un breve incipit:
“Vivere nell’infinito presente significa dimenticare un sacco di cose.
Significa entrare nell’immobilità del tempo e imparare la sua lingua, il silenzio.
Coniugare i verbi senza costrutto, distruggere il loro significato.
Senza verbi la vita resta sola con se stessa e si guarda e ride.
Tra noi, in casa, il silenzio è la regola.
Non è prescritta, nemmeno imposta.
Cresce da sé.
L’oblio delle parole è la conseguenza della loro inutilità”.

[..] “.. Verbi coniugati al passato già sconfessati della loro stessa inutilità”.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
a chi ha letto Merk e i Gatti e le precedenti uscite della collana ma anche a chi desidera leggere un racconto breve ma con libera interpretazione.
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