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In quel preciso momento
 
In quel preciso momento 2015-03-01 16:02:35 Rollo Tommasi
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    01 Marzo, 2015
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sprazzi

“Di che hai paura, imbecille? Della gente che sta a guardare? Dei posteri, per strano caso? Basterebbe una cosa da niente: riuscire a essere te stesso, con tutte le stupidità attinenti, ma autentico, indiscutibile. La sincerità assoluta sarebbe di per se stessa un documento tale! Chi potrebbe muovere obiezioni? Questo è l'uomo, uno dei tanti se volete, ma uno. Per l'eternità gli altri sarebbero costretti a tenerne conto, stupefatti.”

“La formula”: il titolo evocativo di questo racconto di poche righe... forse il più breve scritto da Dino Buzzati. Ma tra i più potenti.
Apre la raccolta intitolata “In quel preciso momento”, la cui caratteristica principale è appunto l'estrema brevità di racconti, frammenti e riflessioni. Eppure lo scrittore milanese non tradisce la sua purezza di stile, stavolta sacrificando i dialoghi e la strutturazione di situazioni e accentuando la sua vena intimista e descrittiva (seppure col rischio che questo lavoro possa scontare una minore varietà di linguaggi narrativi rispetto ai precedenti).
Oltre a quello citato, vari altri racconti condensano mirabilmente (e in poco più di una pagina) i temi cari a Buzzati. La “Lettera anonima” si rivolge alla scaltrezza di un giovane e brillante architetto che sta percorrendo una veloce carriera, salvo scompaginare il senso delle ambigue lodi nelle righe finali; “Il corridoio del grande albergo” è invece quello nel quale l'umanità borghese sacrifica masochisticamente le proprie funzioni corporali a malintese regole di pudore: il risultato è un piano dell'hotel che, allo spuntar del sole, pare ridotto a campo di battaglia.
Con altre storie, l'autore sembra cimentarsi in “variazioni sul tema” di racconti già scritti: è il caso di “Uno ti aspetta”, che si rivolge direttamente al lettore laddove “Ombra del sud” (novella contenuta nella precedente raccolta intitolata “I sette messaggeri”) ripercorreva la medesima vicenda in prima persona. Per certi versi, un “lusso” da grande scrittore.
Non per caso Buzzati è un maestro nell'immergersi con levità nelle piccole miserie e timori dell'animo; così come di innalzarsi, d'improvviso, ad accarezzare i massimi principi della condizione umana...

“Ma così, mentre noi stiamo fermi sul bordo della via sognando strane cose, le ore, i giorni, mesi ed anni ci raggiungono uno per uno, con la loro abominevole lentezza ci sopravanzano, si perdono in fondo alla strada. Poi al mattino ci accorgiamo di essere rimasti indietro, ci mettiamo all'inseguimento. In questo preciso momento, vogliamo dire volgarmente, finisce la giovinezza.”

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Commenti

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Buzzati è certamente un grande scrittore, impegnativo, ma interessante. Bel commento, Rollo.
"Di che hai paura, imbecille? Della gente che sta a guardare? Dei posteri, per strano caso? Basterebbe una cosa da niente: riuscire a essere te stesso, con tutte le stupidità attinenti, ma autentico, indiscutibile. La sincerità assoluta sarebbe di per se stessa un documento tale! Chi potrebbe muovere obiezioni? Questo è l'uomo, uno dei tanti se volete, ma uno. Per l'eternità gli altri sarebbero costretti a tenerne conto, stupefatti.”

meravigliosooooooooooooooooooo
Ciao Annamaria.
Azzardo un'ipotesi, ovvero che Buzzati si possa leggere su due piani diversi: uno più superficiale, che porta a lasciarsi "cullare" (non è male farsi intrattenere dalle sue storie); l'altro più profondo, che mira davvero a decifrare la grandiosa profondità di questo scrittore.

:) Si, Laura, sono d'accordo: un modo meraviglioso per declinare il famoso detto "sii ciò che sei". Famoso quanto piuttosto inascoltato.
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