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L'arte di essere fragili
 
L'arte di essere fragili 2017-02-05 20:17:45 Anna_Reads
Voto medio 
 
2.3
Stile 
 
2.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
2.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    05 Febbraio, 2017
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Illusioni Stabili.

L'Arte di Essere Fragili - Alessandro D'Avenia, 2016

L’ho preso male, inutile girarci intorno.
E anche peggio quando mi sono accorta che le sottolineature che ho fatto erano (quasi) tutte citazioni fatte dallo stesso D’Avenia.
Soprattutto l’ho trovato decisamente fanfarone, un po’ ad esaltare Leopardi, un po’ad ammiccare e a dire “guarda che comunque io…”.
Poi ho fatto una bella (?) riflessione personale e mi sono accorta che anch’io ho la tendenza a parlare spesso dei miei studenti e di quello che mi succede a scuola. Esattamente come prima parlavo dei “miei” pazienti. Poco da dire, lavorare con l’umanità è sfiancante, ma riempie la vita (SE è qualcosa che vuoi fare e ti piace. Ho conosciuto logopedisti e insegnanti che avrebbe fatto del bene, a sé stessi e a tutti gli altri, facendo qualsiasi altra cosa), e capisco che si abbia voglia di condividere.
Non di meno il nostro mi ricorda un po’ i neogenitori che magnificano le doti dei loro neofigli (comprensibile) e postano su fb foto di vasini pieni e commenti di giubilanti. Facilitando enormemente il mio obiettivo del contenimento delle “amicizie” in un numero a due cifre.

Dicevo.
Il Lisander che esalta Leopardi e intanto ci racconta di come cura la scrofolosi imponendo le mani, mi ha un tantino stuccato. E le parafrasi, i commenti le “lezioni” su Leopardi mi hanno annoiato. Devo anche ammettere che probabilmente ho un cattivo rapporto con la seconda persona, perché non mi ha convinto neanche in “Stupro, una storia d’amore” della Oates.
Amo Leopardi visceralmente e ammetto anche che non mi piaccia vederlo maneggiare senza guanti di velluto ed abiti curiali. Poi ho pensato che mentre ero al liceo mi sarebbe piaciuto leggere questo libro. Leggerlo mentre leggevo Leopardi per la prima volta.
E così mi sono riletta Leopardi. Le mie amatissime Operette Morali e anche le liriche.
(Le Operette le ho riprese diverse volte negli anni, le poesie… insomma, non è molto il mio genere).
Soprattutto la Ginestra che all’epoca avevo trovato ostica e che invece… caspita!
Diciamo che ha raggiunto Le Ricordanze. Lo Zibaldone è rimasto dov’era, cioè a portata di mano, che ogni tanto aprirlo a caso fa un gran bene. Soprattutto non conoscevo la lettera al padre ed è stata illuminante.
E poi gli altri che il nostro cita.
Eliot, Ungaretti, Brodski (ci imposterò la lezione introduttiva sulla poesia ai bimbi), Grossman (Vasilij, non l’altro) che leggerò quanto prima, perché il pezzo sull’amicizia è bello (e vero) da morire, non quelle menate da adolescenti ;) e sto facendo un pensierino (che probabilmente resterà tale) sul leggere un po’ di poesie.
E insomma non è proprio da buttar via, come risultato.

Penso che non fosse l’obiettivo del nostro professore, ma insomma, qualcosa lo porto a casa.
E un po’ di merito bisogna (pur) attribuirglielo.

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Oh benissimo, Anna. Si è parlato molto (troppo) di questo libro. Avevo le mie perplessità a leggerlo. Poi non mi piace la mitizzazione di Leopardi, forse la più grande delle 'vittime' fatte dalla mentalità materialistica nel suo passaggio dall'Illuminismo (dov'era minoritaria) al Positivismo (dove divenne 'maggioritaria'). Questo fa riflettere su come sia importante non lasciarci intaccare dalla cultura dominante del momento storico in cui ci è dato di vivere.
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