L'acustica perfetta L'acustica perfetta

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Marco Caggese Opinione inserita da Marco Caggese    26 Novembre, 2019
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Un romanzo di formazione

Sempre una nuova sorpresa, i libri di Daria Bignardi.
Confesso di essermi avvicinato a lei come autrice con grande diffidenza, ma i suoi contenuti mi lasciano sempre un grande senso di di soddisfazione, perché le sue storie prendono allo stomaco.
Credo che “L’acustica perfetta” si possa considerare un romanzo di formazione, una di quelle complesse storie che tanto sono amate perché, come in questo caso, il lettore finisce sempre per trovare i parallelismi tra la propria esperienza e quella dei protagonisti della storia.
Arno e Sara si sono voluti bene da ragazzini finché lei ha troncato la loro storia di netto. Passano tredici anni e i due si rincontrano e subito scoppia un sentimento pieno e completo che li porterà in breve al matrimonio ed alla nascita di tre figli. E’ a questo punto che succede qualcosa che distorce completamente la storia, che costringe Arno a guardare la sua vita con Sara sotto una nuova luce. Lentamente scoprirà storie, segreti e bugie che trasformano totalmente l’idea che aveva della donna alla quale è stato profondamente legato da sempre.
E’ questo che rende questo romanzo un’avvincente lettura, la capacità dell’autrice di scendere nelle pieghe della vita delle persone, di far sentire le gioie e i dolori dei protagonisti sulla pelle, vividi, urticanti.
Il finale ha poca importanza, come sempre è il viaggio importa, e questo romanzo è un splendido viaggio.

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Phoenix25 Opinione inserita da Phoenix25    10 Novembre, 2016
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in ansia

La Bignardi mi è sempre piaciuta come giornalista e questo è il primo dei suoi romanzi che ho provato a leggere.

La storia di Arno e Sara mi ha lasciato un po' interdetta, come se arrivando all'ultima pagina si palesasse di fronte a me una sola domanda: "quindi?"

Lo stile del romanzo è scorrevole, linguaggio semplice e con periodi non troppo arzigogolati, ma il contenuto in alcuni passaggi sfugge, lasciando un senso di incompiutezza.
La storia ha un qualcosa di molto attuale, il non conoscersi mai davvero. Nemmeno dopo anni insieme, nemmeno dopo dei figli insieme.

Mi ha lasciato molta tristezza addosso e non lo consiglierei proprio per questo motivo. Perchè si tratta di una tristezza immotivata, che non fa crescere, nè riflettere.

Proverò a leggere gli altri romanzi, aspettandomi forse, qualcosa di più.

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FediMons Opinione inserita da FediMons    27 Ottobre, 2014
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Dubbiosa

Ho finito di leggere l'acustica perfetta ieri e tutt'ora, ripensandoci, non sono ancora del tutto convinta. Sicuramente è un libro molto veloce da leggere, leggero e scorrevole. Capitoli molto brevi e ben strutturati, anche se questo continuo cambiamento in: quando avevo 15 anni, quando avevo 25 anni, quando avevo 30 anni e il presente lascia una grandissima confusione in testa e spesso, per dare un filo logico al tutto, devi soffermarti per cercare di rimettere insieme i vari pezzettini.
La trama è molto interessante, coinvolgente e convincente: parla del viaggio di Arno nel cercare di comprendere sia il passato di una moglie mai veramente conosciuta, ma anche le motivazioni del suo scarso interesse in lei. Peccato sia stata ripetutamente accantonata e lasciata in secondo piano per raccontare dettagli non rilevanti di luoghi e personaggi secondari.
Durante la lettura sono stati toccati, anzi sarebbe più opportuno dire sfiorati, argomenti interessanti e intriganti, puntualmente mi sono ritrovata a pensare: finalmente la storia si sta facendo concreta, finalmente succede qualcosa, finalmente cominciamo a conoscere veramente il lato oscuro di Sara ma, ogni singola volta, il capitolo finiva, si passava ad un altro ricordo e l’idea veniva lasciata in sospeso per non essere più ripresa.
Mi è sembrato un vero e proprio libro incompleto. Arrivata all’ultimo capitolo mi sono convinta che la storia avrebbe avuto un seguito, ne sarei stata contentissima, e invece le ultime pagine danno una conclusione affrettata e per niente credibile.

Rimango in attesa di un secondo capitolo.

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BettiB Opinione inserita da BettiB    24 Marzo, 2014
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Un'acustica leggera

“Il dolore è insensato. Come l’amore”. E’ la frase (presa dal libro) che meglio lo rappresenta, lo identifica. Secca, di poche parole. Dolore e amore assimilati senza possibili fraintendimenti, entrambi irrazionali.

E’ di questo che ci parla la Bignardi: di un amore irrazionale e doloroso che prevale sulla ragione e la certezza di una vita piatta e programmata. Arno e Sara sono sposati da tredici anni e hanno tre figli. Hanno deciso di sposarsi dopo solo tre mesi. Si erano amati da ragazzini, poi si erano persi di vista per dieci anni e quando il destino li ha fatti riunire l’amore ha trionfato. O così pensavano tutti: i genitori, i parenti, gli amici. Ma l’amore non può vincere il grigio del dolore, inquinato come Milano. Sara scappa, pochi giorni prima di Natale, senza dire niente se non due frasi su un biglietto: “Devo partire, devo farlo per forza”. Dallo stupore misto a rabbia per lo scherzo – sì perché Arno è convinto sia uno dei soliti scherzi di pessimo gusto della moglie mezza pazza – comincia una ricerca nel passato e, man mano passano i mesi e Sara non torna, tra la nuova organizzazione in casa e lo scoprire com'è esserci davvero e stare con i figli, Arno capirà come ha vissuto quei tredici anni di matrimonio. Quanto di sé stesso ha dato, quanto non ha saputo dare, vedere, ascoltare. Scopre il passato della donna che ama, una donna che a quanto pare non conosce per nulla, che ha giudicato troppo in fretta e troppo sommariamente, che nasconde dolore e tenerezza. Ha aperto gli occhi e regalato nuove possibilità. Nonostante tutte le premesse la storia finisce bene: “Ho sentito il dolore, sì, e l’ho messo in quello che amo”.

Lo stile è scorrevole. Si è rivelato un libro velocissimo da leggere, facile, senza intoppi – benché io abbia trovato certe frasi troppo artificiose, il linguaggio poco omogeneo (dal tono placido e pacato a imprecazioni colorite e fervide, che forse cozzano tra loro) e un tantino ridondante. Quindi, una volta ripulito dalla patina linguistica la storia scorre. Peccato che il tema centrale (immagino), la musica, non abbia un vero ruolo centrale. Non c’è uno filo conduttore, come invece credo fosse nelle intenzioni dell’autrice. Ci sono flashback e ricordi, supposizioni e viaggi mentali, dialoghi e spaccati di vita. Un percorso veloce (quasi superficiale), poco spazio per le vere sensazioni che un abbandono dovrebbe suscitare, senza contare che i personaggi caratterizzati si contano sulle dita di una mano: Arno, Sara (per vie traverse e attraverso la ricostruzione che è il fulcro del libro), Maria, Massimo, Rino (parzialmente). Tutti gli altri sono personaggi sullo sfondo, alcuni labilmente dipinti, altri totalmente muti – per esempio i figli. Insomma, pure immagini statiche.

In sintesi: un libro carino, con una gran bella idea di fondo, bella la ricerca della donna amata attraverso il suo passato, peccato averla sviluppata in modo così scarno e veloce. Consigliato a chiunque volesse un libro leggero ma non inutile, un po’ di compagnia non invadente.

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mia77 Opinione inserita da mia77    06 Dicembre, 2013
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Non scontato

E' un romanzo semplice, con una scrittura scorrevole, ma anche attenzione al dettaglio.
Questo libro ci porta a riflettere sulla conoscenza vera o presunta del nostro partner, della persona che abbiamo accanto. Come molte volte accade, c'è un uomo talmente preso da sè stesso e dal proprio lavoro, da non accorgersi di ciò che gli sta intorno, di come si stia modificando e sgretolando. Da non accorgersi dei sentimenti della propria donna e delle sue necessità. Lei, a sua volta, dopo una giovinezza un pò da " sbandata", si accontenta della stabilità che un uomo che sembra amarla le offre ( ma i due si sono mai amati?). La cosa più difficile, per me che sono madre, è capire come la protagonista abbia potuto abbandonare completamente i propri figli, senza lasciare traccia di sè. Senza avvisarli di stare bene e di non preoccuparsi, perchè la mamma prima o poi sarebbe tornata. Comunque carino, leggibile, non scontato. Lo consiglio

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rondinella Opinione inserita da rondinella    02 Novembre, 2013
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La malinconia di una vita

Immagina che tua moglie un giorno va via, così, va via di casa salutandoti con un biglietto. Un biglietto corto, poche righe, vago.
Tu, padre di tre figli, che dividi il matrimonio con tua moglie e con il tuo strumento, un uomo tranquillo ed equilibrato. Finché dopo questo abbandono ti scopri in grado di provare rabbia, molta rabbia, nei confronti della tua donna a cui hai dato tanto.
La tua Sara Arno... le hai dato davvero tutto quello che credi?
Chi è quella donna che ha dormito con te per anni, ma di cui non sai quasi nulla?

E' un libro breve e tranquillo, si legge gradevolmente, le pagine volano via senza fatica.
Lo stile è semplice ma con belle parole, adatto a tutti, anche se personalmente l'ho trovato troppo 'pacato' per la storia che la Bignardi ha voluto raccontare.
Tutto in questo libro mi è sembrato troppo 'pacato'.
Sarà che non sono abituata ai romanzi di genere, non so bene cosa cercare, ma la storia travagliata di Arno e Sara mi ha coinvolta fino ad un certo punto. Ho compreso lo spaesamento del protagonista e condiviso la sua rabbia, ma non la sua sofferenza.
A mio parere il filo conduttore che lega gli eventi non è ben approfondito: la musica, lo strumento di Arno, è un nodo fondamentale, ma io tutta questa passione non l'ho percepita.
Invece si passa direttamente all'abbandono del nido familiare, e tutta la vicenda s'incentra sulla ricerca di segreti nascosti, di anni sepolti, di parole non dette. Una narrativa sicuramente intrigante e con le sue motivazioni, ma io avrei preferito capire meglio il perché di tutto questo invece che assistere al solo percorso interiore che si prolunga per tutto il libro. Non sono riuscita a sviluppare un legame intimo con il protagonista, lui e gli altri personaggi mi sono sembrati lontani, le loro voci mi sono arrivate ovattate e un po' fredde, nonostante il linguaggio che ispirava tenerezza, o dolcezza, o calore.
Io mi domando: le donne possono mettersi nei panni di uomini quando scrivono? Scommetto che la maggior parte crede di sì, ovviamente bisogna essere delle brave autrici.
Per me invece resterà sempre un no categorico: il protagonista maschile ha dei tratti irreali che lo rendono inverosimile. E' un uomo, senza alcun dubbio, ma un uomo come lui non esiste.

Che cosa dire? E' un libro scorrevole e che si legge in breve, la struttura è ben costruita così che ogni pezzo del puzzle si incastra perfettamente. Il finale è aperto, al lettore l'immaginazione.
Per quanto mi riguarda l'ho trovata una lettura 'delicata', ho letto il libro volentieri riprendendolo con piacere ogni volta, ma non è una storia che mi rimarrà impressa.

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Narrativa di genere
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LaMarta Opinione inserita da LaMarta    28 Giugno, 2013
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UN ROMANZO LEGGERO E PROFONDO

Era da un pò che osservavo quel libro da distante.
Non mi ha suscitato uno slancio improvviso, un colpo di fulmine, un'attrazione viscerale e inspiegabile come spesso mi succede.
Sapevo che c'era, che era a scaffale, e mi sono ripromessa più volte di leggerlo.
L'ho letto in due sere, tanto è scorrevole (per carità, neanche tanto impegnativo) e piacevole.
A memoria non ho ricordi di un personaggio femminile descritto in maniera più delicata, affascinante, misteriosa e profonda. Quando sono arrivata alle ultime pagine avrei desiderato continuare a leggere di Sara, perché Sara mi ha conquistato.
Sono convinta che ogni personaggio di libro che ci attrae o che ci disturba reca in sè qualcosa di noi. E comel'egoistica tenacia di Gemma di "Venuto al mondo" mi ha infastidito come l'orticaria ad agosto, di Sara mi sono innamorata.
Perché è un essere indefinito, fragile, profondo, come l'aria, che respiri ma non vedi.
E come il vento non riesci ad afferrarla ma la senti sulla pelle.
E' una storia d'amore, questo nuovo libro della Daria.
Una storia d'amore anche di quelle belle, a pensarci, tranquille, nientediche.
Solo che poi succede un fatto, che poi è il punto di partenza, lo scatto in avanti della storia stessa, che sovverte l'ordine delle cose. E allora capisci che la tranquillità è solo negli occhi di chi la vuole vedere, di chi crede di vederla. Di chi (e quante volte succede, poi...) scatta una foto di un momento perfetto e la chiude in un cassetto della memoria. E però così facendo non si accorge che le persone cambiano, mutano, chiedono aiuto, anche. Perché se rimaniamo fermi a "quello che eravamo" non riusciamo a vedere quello che siamo diventati.
E così Arno, marito di Sara, non riconosce più la donna che ha sposato, e per cercare di afferrarla, dovrà iniziare un lungo viaggio, dentro e fuori di sè.
Il finale un pò così così, ma per il resto davvero una buona lettura.

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mauriziocasamassima Opinione inserita da mauriziocasamassima    15 Febbraio, 2013
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Acustica del dolore

Il percorso che induce Arno, il protagonista, alla scoperta autentica di sè è accidentato, passa attraverso un mistero, un dolore intrecciato che risuona nell'acustica perfetta di un'anima che vaga alla ricerca del senso. In realtà ciò che manca a questo amore imperfetto è il "sentire", l'accorgersi del respiro dell'altro, soprattutto quando è rallentato da un singhiozzo soffocato...E' una storia triste quella tra Arno e Sara...anche la maternità mi pare vissuta in modo assolutamente strumentale. In realtà ciò che manca in quest'acustica d'amore non è il sentire che ci propone l'autrice, ma "l'idem" sentire, la condivisione, la com-passione che avrebbe dovuto indurre Sara, madre amorevole, alla condivisione autentica....Senza condivisione non può esistere amore. Non può esistere la musica, che la realizza squarciando il silenzio, in un'acustica perfetta. E infine anche il dolore, per acquistare il senso che ricerchiamo, va condiviso. Come insegna Arno, che infine lo ha "messo" in ciò che ama. Sara ha taciuto. Parola e musica sono doni reciproci che attraverso la condivisione ci conducono all'amore autentico, speranza di eternità.


Citazioni:
"Dalla sua pace la mia dipende, quel che a lei piace vita mi rende, quel che incresce morte mi dà"
"il dolore è insensato, come l'amore"
"Consegnare agli altri, per quanto sconosciuti, le cose più care è dare la vita"
"lo spazio di accoglienza degli altri è anche spazio di accoglienza del dolore"
"ho sentito il dolore. E l'ho messo in quello che amo"

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katia 73 Opinione inserita da katia 73    25 Gennaio, 2013
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Discreto

Avevo molta curiosità di leggere un libro della Bignardi perché quando compravo Vanity fair mi precipitavo a leggere la sua rubrica sempre molto interessante e scritta bene.

Sulla trama non mi soffermo anche perché è molto scarna : Arno si alza una mattina come tante e scopre che sua moglie Sara è già uscita, l’aspetta per tutto il giorno, le telefona ma niente, Sara è proprio sparita.
Dopo un primo periodo di smarrimento prende in mano le redini della famiglia organizzandosi tra lavoro e figli e comincia l’estenuante ricerca di sua moglie cercandola tra le pieghe del suo oscuro passato .
Arno è convinto che proprio li si trovi il motivo che l’ha spinta a questo folle gesto dato che lui non manca di nulla, questo pensa: di essere un padre e un marito modello.

Così si svolge il romanzo, tra il presente ,flashback della loro storia e testimonianze dirette di chi ha conosciuto Sara, devo ammettere che a volte mi sono un po’ persa nella lettura non è facile tenere le redini di un libro strutturato così, Arno era in Sardegna ? A volte non capivo subito se era il presente o il ricordo dei loro viaggi, ma questa probabilmente è una mia pecca che non ho riscontrato in altre recensioni.
La voce narrante è quella di Arno ma si sente che i pensieri sono femminili quindi l’ho trovato un po’ poco credibile in alcuni passaggi , avrei preferito una narrazione in terza persona e tutto sommato ho trovato la storia nel complesso un po’ inverosimile, quale donna parte all’improvviso e sparisce per lungo tempo abbandonando i figli ? Va bene il marito ma i figli mi suona male.
Ci sono frasi molto belle che ho letto e riletto con piacere, se lo scopo della Bignardi era intrattenere il lettore con un libro godibile c’è riuscita ma se lo scopo era quello di scrivere qualcosa che restasse indelebile nel cuore del lettore e che emozionasse per quanto mi riguarda la sua missione è fallita.
Consigliato ma senza aspettarsi troppo.

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LuigiDeRosa Opinione inserita da LuigiDeRosa    26 Dicembre, 2012
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Yo soy yo y mi circunstancia...Josè Ortega Y Gasse

Arno Cange suona il violoncello nell'orchestra della Scala,dopo sedici anni incontra Sara Ferrando, il suo primo amore, conosciuta a tredici anni al "Bagno Vela" a Marina di Pietrasanta in Versilia, i due si sposano e costruiscono insieme una famiglia perfetta, lui lavora col suo violoncello notte e giorno"ha la musica in testa" direbbe Giovanni Allevi,lei si prende cura notte e giorno dei loro tre bambini una femmina e due maschi. Arno ha anche un amico perfetto
Massimo Sanna, sardo professore di Filosofia, conosciuto durante il servizio civile presso la comunità "Anime Sante" dove si occupavano di tossicodipendenti e malati mentali, condivide con lui la passione per il surf. Arno ha un padre, Guelfo , economista che non rinuncia ad una vita bucolica nelle campagne di Anghiari dove passa il tempo allevando galline e coltivando l'orto divide la sua vita da sempre con Klara, tedesca sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale dalla quale ha avuto due figli, Arno e Guido,ancora una famiglia perfetta.
Un giorno però quest'acustica perfetta viene sconvolta per sempre,Arno trova un biglietto di Sara, la moglie gli dice che ha bisogno di prendersi un periodo di risflessione e gli chede di comprenderla e di non cercarla.Quattro giorni prima di Natale Arno Cange scopre di essere stato abbandonato dalla donna della sua vita, dapprima pensa ad uno scherzo, poi si concentra sui suoi figli, viene aiutato in questo arduo compito dal suocero Rino, elettrauto in pensione. Durante la convivenza con Rino, Arno apprende della moglie molte vicissitudini che la donna gli aveva taciuto, poi da una vecchia lettera trovata per caso fra le carte di Sara scopre della sofferenza , anch'essa taciuta, che le aveva procurato la perdita della prima figlia ,Chiara, e del fatto che le era stata vicina in quel momento Massimo. Arno comincia a dubitare di tutto e tutti, sta scoprendo di aver avuto per tredici anni una donna completamente diversa da quello che credeva o è lui che per tredici anni non si è occupato di nient'altro se non del suo violoncello ignorando tutto il resto?
Comincia così una ricerca dura e affascinante che alla fine del percorso gli rivelerà molto di più di quanto lui e noi lettori ci saremmo aspettati.
Daria Bignardi firma un romanzo "acustico" nel senso che leggendolo si avvertono vibrazioni che ci rapiscono come un assolo di violoncello, ma solo chi ha esperienza della gioia e del dolore sa come si suona, sa come far vibrare il cuore.

di Luigi De Rosa

“Yo soy yo y mi circunstancia, y si no la salvo a ella no me salvo yo”
(io sono io e la mia circostanza e se non salvo questa non salvo neppure me)
da Meditaciones del Quijote di Josè Ortega y Gasset
Daria Bignardi,scrittrice

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C.U.B. Opinione inserita da C.U.B.    15 Dicembre, 2012
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Perfettamente orecchiabile

Questa e’ la storia di Arno e Sara, un primo amore adolescenziale, poi di nuovo insieme da adulti, quando la vita sembrava averli dirottati su altre strade. Hanno superato da un po’ i quarant’anni entrambi, tre figli. Arno e la sua famiglia perfetta : tre bravi ragazzini, una bella moglie che lui sente di amare come il primo giorno, la sua musica nell’orchestra della Scala, sogno di bambino meravigliosamente esaudito. Arno che non ha mai tradito, che si e’ sempre dedicato alla sua Sara, bellissimo, tutto bellissimo, che altro desiderare dalla vita quando si ha tutto cio’ che serve.

Questa e’ la storia di Arno, io narrante del racconto, che un bel giorno e’ costretto a interrompere il piacevole scorrere della sua esistenza e a compiere passi a ritroso, scavando nel passato di sua moglie e scoprendo il retrogusto amaro delle perfezioni provvisorie, entrando in contatto con la vera personalita’ di una donna che non ha mai veramente voluto capire, scoprire.

Un buon libro di scorrevole lettura, moto realistico nei contenuti, narra la semplice storia di una famiglia comune, di fatto. Chi piu’ , chi meno, quanto in un rapporto di coppia siamo veramente in grado di soddisfare il nostro ego ed allo stesso tempo di volere scoprire e rispettare quello altrui ?
Quanto spesso e’ piu’ semplice trovare un compromesso, chiudere un occhio, un debito oggi un credito domani per poi innescare la miccia di uno scoppio atomico, che non solo causa distruzione ma blocca a lungo il naturale germogliare di un nuovo sentimento ?

Perfettamente orecchiabile questo romanzo, anche se non mi ha emozionata particolarmente.
Ma questo e’ affar mio, a voi auguro una buona lettura.

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Sharma Opinione inserita da Sharma    05 Dicembre, 2012
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Sentire ma non vedere

Arno e Sara sono una coppia di adolescenti che si conoscono al mare in Toscana, si mettono insieme, a lui sembra di toccare il cielo con un dito, è riuscito ad avere, non sapendo come, la ragazza più strana, insolita, solitaria, amante della natura e graziosa che nella sua giovane età, abbia mai conosciuto. Ma lei con il tempo darà mostra del suo essere, lo lascerà perché “ama gli amori infelici”. Così si conclude la prima relazione tra i due ragazzi. Molti anni dopo Argo con tanto sforzo e dedizione riesce a diventare violoncellista della Scala di Milano, sempre preso dalle prove, dai concerti dalle tournée, ma non ha mai dimenticato quella ragazza piccolina così particolare, incontrata anni prima. Il destino intreccia sempre le nostre strade quando i nostri destini devono essere incrociati, in aeroporto proprio dal ritorno da una tournée Argo la rincontra, ed è accaduto così naturalmente come se non si fossero mai lasciati prima di allora. Da quel momento non si lasceranno più e si sposeranno dopo solo qualche mese. Resteranno insieme per tredici anni, tre figli, una vita impeccabile, una moglie e madre onnipresente, ma un giorno tutto finisce. A pochi giorni del Natale lei lascerà un biglietto dove scrive che deve andar via perché ne ha bisogno. Si dischiude un nuovo romanzo, una nuova trama, che si tinge di giallo. Ma così in effetti non sarà, sarà solo un viaggio alla ricerca della moglie, ma soprattutto, alla ricerca di se stesso, che lo porteranno a capire i motivi della moglie che serviranno a capire i suoi di motivi che lo legano effettivamente a questa donna e a tutta la sua famiglia. Un romanzo non lunghissimo che si legge anche in un solo giorno, semplice lineare e fresco nella scrittura e nello stile. La Bignardi mirabilmente ci porta per mano nelle motivazioni di lei, alle scoperte di lui, dischiude tutto un mondo, cosa sa lui realmente della moglie conosciuta da ragazza, sposata e vissutoci per molti anni? La risposta e presto data “nulla, il nulla più assoluto”. Grazie alla moglie, agli amici, parenti e altri personaggi comprende l'incomprensibile lui non ha mai cercato realmente di sapere cosa si celasse dietro il nome Sara, del suo passato, di quello che era prima di lui, lo ha ignorato, mascherando tutto questo non sapere dal suo smisurato egoismo. Decantava la sua presenza costante nella vita della moglie e della famiglia, di aver fatto sempre le cose insieme. Ma la verità non era quella che lui si raccontava, il suo mondo girava solo intorno al suo lavoro e a voler fare soltanto quello, non aver tempo per niente e per nessuno se non solo per se stesso. In questo lungo viaggio alla ricerca di Sara, alla scoperta delle bugie raccontate da lei e al ritrovamento della verità, lui troverà tutte le risposte, ma soprattutto una risposta: lui ama e vuole solo il suo lavoro e il suo violoncello. Daria Bignardi ci ha raccontato l'assenza delle persone in famiglia pur essendoci fisicamente sono assenti mentalmente, a lungo andare logora qualsiasi amore per grande che possa essere stato, ma soprattutto ci sottolinea quando poco attenti siamo nella vita di tutti i giorni, sentiamo ma non vediamo. Arno la sentiva ma non la vedeva, non vedeva il male dentro, ma è stato bravissimo a creare un'acustica perfetta per far echeggiare la fine di un amore.

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Opinione inserita da luca ferri    03 Novembre, 2012

Una romanzo d'amore che si tinge di giallo

"Quand'è che sei diventata così Sara?
Quando l'ho conosciuta era diversa. Somigliava a un gatto, a suo agio in ogni momento e fedele solo a se stessa. Faceva e diceva sempre quel che voleva, era serena e soddisfatta. Dava pace starle accanto, come guardare il fuoco.
Adesso è come un cormorano: la scorgi galleggiante inquieta tra le onde, il lungo collo nervoso, e poi - splash - improvvisamente si immerge e non sai dove riemergerà."
Un commento al libro di Daria Bignardi non può che cominciare dalla quarta di copertina e da questa splendida riflessione di Arno.
"Non riaffiora mai dove ti aspetti, e se la incontri mentre nuota sott'acqua ti spaventa. Una volta mi è capitato di sfiorare un cormorano che nuotava velocissimo: un incontro inquietante. Se fuori sembrava una creatura fragile ed elegante, sott'acqua mi aveva dato l'impressione di essere aggressivo, rapace. Mi aveva guardato cattivo, con gli occhietti duri.
Avrei paura di incrociare la vita sottomarina di Sara. Per questo evito di guardare la sua posta e i suoi messaggi. Le poche volte che è successo, avrei preferito non averlo fatto."
Non siamo ancora a pagina 20 quando queste parole, che ti trasmettono ansia e inquietudine e ti gettano senza rete nei meandri di questa complicata storia d'amore, fanno capire che "L' Acustica Perfetta" non sarà una passeggiata di salute fra romanticismo e coccole, ma piuttosto una vera e propria indagine, a 360 gradi, sul modo diverso di vivere il dolore, sui segreti di coppia spesso mai esplorati per il quieto vivere, sull'equilibrio apparente di tanti amori, in cui la crisi è dietro l'angolo e sembra continuamente di muoversi dentro a una cristalleria.
"Sara ha sempre amato la natura, è l'unica cosa in cui non è cambiata, ma nel tempo ho capito che il suo è un amore ossessivo, estremo. Come se nei tramonti, nei cieli, tra le nuvole, cercasse l'assoluto che gli umani non potevano darle. Allora non me ne rendevo conto, ma Sara è sempre stata ostinatamente alla ricerca di qualcosa, come se la vita da sola non le bastasse."
E qui capisci già che, dietro al racconto in prima persona di Arno, emozionante e pieno d'amore, appassionante e avvincente come un giallo investigativo, ma al tempo stesso crudo e difficile da digerire come ogni cosa che scava anche dentro al tuo vissuto, c'è la storia parallela, inizialmente più nascosta ma, con lo scorrere delle pagine, violenta ed esplosiva, di una donna fragile e inquieta, che per 42 anni è andata invano alla ricerca di un equilibrio che forse, per essere trovato, necessitava di un gesto estremo.
La trama, in due parole.
Arno e Sara, lui 15 anni, lei 13, si conoscono al mare e si piacciono.
Per Arno, quella ragazzina, ribelle e bellissima, rappresenterà fin dal primo giorno l'amore della vita.
Sara dimostra invece i suoi tormenti da subito, lasciandolo, quasi senza motivo, con la sola frase "Mi piaccioni gli amori infelici".
Da quel momento passano 16 anni e solo un incontro casuale fa di nuovo incrociare le strade di Arno e Sara.
Come se fosse un destino scritto, il tempo sembra non esser mai passato e si amano nuovamente, si sposano e fanno 3 figli.
13 anni dopo Arno si sveglia una mattina e trova solo un bigliettino: "Arno, devo partire. Sai quando devi fare una cosa per forza? Ho bisogno di stare da sola, di andare a caso, di uscire dalla gabbia che mi sono costruita. Non ti dico dove vado nè quando torno perchè non lo so. Pensa tu a cosa dire ai bambini.
Ciao, S."
Siamo a pagina 61 e questo, da un certo punto di vista, è il vero inizio del libro.
Abbiamo conosciuto i protagonisti, sappiamo già del grande amore, ormai trentennale perchè mai interrotto nonostante il distacco, di Arno per Sara e sappiamo della difficoltà di arginare il carattere inquieto di Sara dentro qualsiasi recinto, fosse anche dorato.
Ed è qui che il libro inizia a spiazzarti e ti coinvolge al punto da non riuscire più a staccare la spina dalle pagine, che vorresti divorare.
Perchè cominci a pensare ad eventuali analogie con le tue storie passate e recenti, ti chiedi come reagiresti al posto di Arno e vivi, immedesimandoti completamente, il suo crescente sconforto di fronte a un fatto così imprevedibile e devastante.
E l'indagine da cuore in gola di Arno, il suo scavare senza più fermarsi nel misterioso passato di Sara, a costo di trovarsi di fronte alle scoperte più angoscianti, quelle su cui, forse per paura, aveva preferito non indagare nei 13 anni di vita insieme, ti toglie il respiro, come nel più intricato dei libri gialli.
I problemi di Sara, il non aver realizzato i sogni giovanili, le cattive compagnie, la grande disgrazia nascosta a tutti, le bugie sulla sua famiglia, le continue ansie di vivere affogate nell'amore per i figli, il bisogno di fuggire, tutti i misteri svelati nel corso dell'indagine di Arno sul suo passato, sono sufficienti a spiegare il perchè di un distacco così improvviso e doloroso dalla famiglia?
Non ci sarà forse qualcosa da approfondire anche nella psicologia di Arno e nella sua apparente perfezione di uomo fedele e innamorato come il primo giorno?
Forse la sparizione improvvisa di Sara non era stato un fulmine a ciel sereno.
E anche il momento in cui Arno, la mattina della scomparsa di Sara, scorge il fatidico bigliettino di addio, dimostra che c'erano già dei segnali, bastava saperli leggere.
"....Mi avrai scritto un'altra delle tue lettere dolenti e chilometriche, era un pò che non lo facevi.
Non muoio dalla voglia di leggerla: sono anni che scrivi le solite cose, non vere, che mi descrivi in un modo in cui non mi riconosco, che pretendi di sapere quello che penso e sento, ma il più delle volte sbagli. Lascerò che ti sfoghi. Parli da sola, ormai. Fammi pisciare, almeno, prima di leggerla."
Quel fammi pisciare prima di leggerla è per certi versi devastante.
Finito il primo attimo di superficialità e resosi conto della gravità della situazione, Arno deve capire perchè la moglie non gli ha quasi mai detto la verità, nascondendo pensieri e fatti importantissimi, e non si è mai fidata completamente di lui nonostante 13 anni di vita insieme e tre bellissimi figli.
Ma lui ha mai cercato veramente di conoscere la moglie? Di capire se stava soffrendo e perchè? Di rendersi conto se la loro vita insieme le consentiva di esprimere se stessa e di non sentirsi ingabbiata?
Un biglietto trovato da Arno pochi giorni dopo la scomparsa, che Sara aveva tenuto nascosto per 7 lunghi anni, sarà l'inizio di un dolore ancora più grande, ma anche un maggiore impulso a cominciare le indagini, che toccheranno i genitori di lui e il padre di lei, il migliore amico di Arno, un'amica di Sara, da lei frequentata nei 16 anni in cui erano stati lontani, un vecchio amore di Sara, e una donna che si rivelerà poi decisiva nell'evolversi dei fatti.
"...mi sono reso conto di non averla mai ascoltata nè osservata bene, proprio come diceva lei.
Quasi quasi, l'ascolto e la vedo meglio ora che non c'è.
......Quando mi dicevi che sono egoista mi ribellavo. Io ti ho voluta più di ogni altra donna al mondo. Non c'è mai stata un'altra nella mia vita, oltre a te..... Mi hai rimproverato di averti idealizzata, di averti messa su un piedistallo piuttosto che fare la fatica di conoscerti e di amarti per come eri davvero, non per come io pensavo o volevo che fossi. Non ho mai capito cosa mi stavi dicendo....Ero ferito, deluso e irritato dal fatto che non ti fidassi di me, che mi chiedessi qualcosa che non capivo. Mi sembrava che non avrei potuto amarti più di quanto facevo.
Mi sto rendendo conto che forse mi chiedevi solo di guardarti."
Come si fa a non immedesimarsi nei pensieri di Arno, di una persona che a 44 anni accetta di rimettere in gioco tutto per capire cosa può esser successo alla donna che ha sempre amato e si butta a capofitto in una ricerca che potrebbe distruggere la sua vita?
Ma questo è solo apparentemente il libro di Arno, che pure racconta sempre in prima persona.
In realtà è la storia di Sara, che è presente, con tutte le sue ansie e i suoi problemi irrisolti, dalla prima all'ultima pagina, per ricordarci che amare va molto al di là della quotidianità e comporta un impegno totale difficilissimo da raggiungere.
Amare Sara, come amare una qualsiasi altra persona, vuol dire prendersi tutto il "pacchetto", che va sempre scartato, anche a rischio di trovarci brutte sorprese.
L'ultimo stralcio del libro era a pagina 100, esattamente a metà.
Ora inizia la ricerca nel passato, una sorta di giallo che non ti aspetti e un finale bellissimo, imprevedibile e strappalacrime.
Che dire, se non che questo splendido libro riesce continuamente a sorprenderti e spiazzarti?
Parla dalla prima all'ultima pagina di vita vera e di sofferenze reali, lo puoi leggere e interpretare in tantissimi modi, ti offre mille spunti e potresti trascorrere intere serate a discutere su cosa è giusto o sbagliato da parte di Arno e Sara, perchè la loro storia non è così diversa da quello che ciascuno di noi può aver vissuto.
Complimenti, l'Acustica è stata davvero Perfetta.

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