Il cacciatore di aquiloni Il cacciatore di aquiloni

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Clangi89 Opinione inserita da Clangi89    01 Mag, 2022
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C'è un prima e un dopo, sempre

Leggere il cacciatore di aquiloni tocca le corde del cuore. Hosseini ci trasporta in una terra, l'Afghanistan, prima dalla tempesta di guerre violente, a partire dalla seconda metà degli anni '70.
Il giovane ragazzino, Amir, vive nella Kabul dei privilegiati, cresce senza madre, con il padre Baba ricco e prosperoso. La villa ha ben due servi, Ali e il figlio Hassan, dal labbro Leporano, gli occhi a mandorla ed il viso da bambola. Intimi amici di Baba, il cui amore è causa delle gelosie di Amir.
Il nostro protagonista studia e sa leggere ma tutti i pomeriggi dell'infanzia trascorrono nei giochi con Hassan. Molte le scorribande, le gare di aquiloni e le merende con l'amico Hassan, analfabeta ma che lo ama senza limiti.
L'infanzia però cessa velocemente, le prime guerre e una grossa colpa che macchia l'animo di Amir fa chiudere il sipario dell'amicizia fraterna. Baba è sconvolto della irreparabile rottura, tiene molto ai due servi ma il destino èsegnato.
Nell'arco di pochi anni Baba e Amir diventano profughi, fuggono  con molte difficoltà a San Francisco. Dalla ricchezza di Kabul alla vita umile negli Usa, dalle feste sfarzone, alla vendita di oggetti nel mercatino delle pulci.
Amir cresce, il padre muore e la vita segue un evolversi inatteso che lo riporta alle radici afgane, tra segreti scoperti e molta sofferenza.
La guerra ed i talebani hanno trasformato la terra che conosceva da bambino. Le brutture, la sofferenza, la distruzione, gli orfani sono ovunque.
La devastazione dei luoghi arriva fino al cuore dei bambini afgani, in special modo in Sohrab, figlio di Hassan ed orfano di entrambi i genitori.
Un amore che nasce timidamente, fatto di silenzi e sofferenze nella non facile adozione del bambino. Un racconto intenso e che fa riflettere su cosa lascia la guerra, sullo strascico di desolazione fisica, morale ed etica nelle persone, senza scampo.
Mi sono posta molte domande su una terra poco conosciuta, per me. Mi sono infatti imbattuta in una lettura chiara, scorrevole e dilaniante che sfiora molti sentimenti umani. Dall'amore, all'abbandono, alle menzogne, alla malattia, alla lotta. Non c'è un bianco né un nero ma sfumature che avvolgono la realtà deturpata che viene descritta.

"C'è  un solo peccato. Uno solo. Il furto. Ogni altro peccato può essere ricondotto al furto. Se uccidi un uomo gli rubi la vita. Rubi il diritto di sua moglie ad avere un marito, derubi i suoi figli del padre. Se dici una bugia a qualcuno, gli rubi il diritto alla verità. Se imbrogli, quello alla lealtà. Capisci?"

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Consiglio anche MILLE SPLENDIDI SOLI del medesimo autore. Per rimanere in questi temi ma in luoghi diversi, consiglio OGNI MATTINA A JENIN.
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Maria Fazio Opinione inserita da Maria Fazio    30 Ottobre, 2017
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La vita è come un aquilone trasportato dal vento

Questo romanzo ci racconta la vita di un ragazzo cresciuto senza la madre, che cerca l’affetto di un padre il quale sembra non comprenderlo, e non apprezzare il suo carattere tranquillo, né il suo amore per i libri. Ma la distanza di un genitore e i suoi silenzi hanno radici profonde a cui soltanto il tempo potrà dare risposta.

Questa storia di Khaled Hosseini, pubblicata nel 2004, è intensa e a tratti dolorosa, e mostra l’amicizia profonda fra due ragazzini, Amir e Hassan, socialmente troppo distanti.

I due ragazzi giocano da sempre insieme, e insieme hanno imparato a far volare gli aquiloni. Ma il loro destino sarà quello di separarsi, e con il sopraggiungere della guerra le loro strade non potranno più incrociarsi.Le esperienze di ogni bambino segnano un percorso, avvenimenti che determinano le scelte successive e che indirizzano chi si diventerà da adulti. Il Cacciatore di AquiloniLe paure possono trasformarsi in rigidi vincoli, e può accadere di commettere uno sbaglio di cui pentirsi per il resto dei propri giorni. Così il protagonista di questo romanzo, Amir, diventa un uomo che deve imparare a costruire la fiducia in se stesso, con la consapevolezza di non poter tornare indietro nel tempo.

Ma la vita è come un aquilone trasportato dal vento, la cui direzione è imprevedibile, e il cui filo si può spezzare. Eppure, quando un filo si spezza, è ancora possibile seguire con lo sguardo l’aquilone e talvolta persino ritrovarlo, fin dove il vento lo ha trascinato. E chissà, forse è possibile riannodare il filo proprio dove ha ceduto, per farlo volare ancora.

Un romanzo sul senso della famiglia, sulla cultura afghana, sul legame dell’amicizia. Un romanzo la cui bellezza risiede nella sensibilità dell’autore nel coinvolgere il lettore e nel farlo sentire parte del racconto stesso.

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Opinione inserita da Eloh    08 Settembre, 2017

Una storia che resta impressa

“Per te questo ed altro”, gridò Hassam, rivolgendosi ad Amir nella gelida giornata invernale del 1975, in cui tutto cambiò.

Il cacciatore di aquiloni è il primo romanzo scritto da Khaled Hosseini, uno straordinario caso editoriale presto tradotto in più di trenta Paesi.
In Italia ha venduto quasi due milioni di copie, un successo spontaneo e inatteso che ha portato la critica a definirlo il “miracolo del passaparola”.

Khaled Hosseini nasce nel 1965 a Kabul, in Afghanistan, quinto di cinque fratelli, figlio di un'insegnante e di un diplomatico.
Con l’arrivo dei Russi, ottiene asilo politico negli Stati Uniti trasferendosi con la famiglia a San José, in California, dove tuttora vive con la moglie e i suoi due figli.
Laureato in medicina, nel 2004 pubblica il suo romanzo d’esordio, Il cacciatore di aquiloni che riscuote molto successo. Nel 2007 dà alle stampe Mille splendidi soli e infine, a diversi anni di distanza, esce il suo terzo libro E l’eco rispose.

Il cacciatore di aquiloni racconta la storia di Amir, Hassan e quella di un popolo, quello afghano; fondato su tradizioni, come quella del volo degli aquiloni, e su valori, quali l’onore, l’orgoglio e il coraggio. Un popolo d’altronde invaso e profanato di tutte le sue bellezze dalla cattiveria dell’uomo.
Amir, il protagonista, all’età di 13 anni, si fa carico di una colpa terribile in uno stretto vicolo di Kabul, il cui senso di colpa lo affligge da ormai 26 anni nonostante il suo trasferimento negli Stati Uniti.
Tale angoscia lo avrebbe continuato a tormentare se non fosse stato per la telefonata di un caro amico, il quale gli confida un modo per tornare ad essere buoni e porre fine al rimorso.
Il romanzo ha inizio con il flashback di Amir che, ormai trentanovenne, narra le vicende della sua vita a Kabul in compagnia del suo inseparabile amico, nonché servo hazara Hassan.
Anche le cose belle che sembrano essere destinate a durare per sempre hanno però una fine, così come l’amicizia di Amir e Hassan. Infatti i due ragazzi, a causa della guerra, sono costretti a non rivedersi mai più per seguire strade differenti che li porteranno lontani dalla loro città natia.
Un legame così profondo non può non avere ripercussioni sul futuro, infatti Amir torna a Kabul 26 anni dopo quando viene a conoscenza dell’esistenza di un bambino, figlio di Hassan, chiuso in un orfanotrofio. Il protagonista decide quindi di sottrarlo dagli abusi sessuali a cui sono sottoposti gli orfani di Kabul, ad opera dei talebani che occupano la capitale afghana.
Coloro erano stati ritenuti dal popolo veri e propri liberatori dopo la cacciata dei mujaheddin, i quali in passato avevano sottratto il potere dalle mani dei sovietici. Poco tempo passò prima che gli stessi applicassero nel Paese un regime basato sulla Sharia che riversò l’Afghanistan in condizioni di assoluta povertà e degrado.

La maggior parte della narrazione è costituita dal flashback del protagonista e arricchita da numerose prolessi o flashforward che introducono avvenimenti, spesso negativi, che devono ancora verificarsi.
Il linguaggio è chiaro, scorrevole e ricco di descrizioni, le quali sono focalizzate sull’aspetto esteriore dei personaggi mentre quasi completamente assenti sulla caratterizzazione psicologica degli stessi.
Tale accuratezza si riscontra anche nella descrizione dei luoghi, tradizioni e usi e costumi afghani; il che ha suscitato in me notevole interesse per questo popolo la cui nomea oggi è legata esclusivamente alla guerra che lo ha afflitto e continua a farlo.
Nonostante la narrazione in prima persona permetta di stabilire un’empatia con il protagonista e captare le sensazioni da lui stesso provate, un narratore esterno avrebbe fornito una visione più ampia sulle vicende descritte e una maggiore caratterizzazione psicologica degli altri personaggi coinvolti.

Dai vari temi proposti da Khaled Hosseini ne Il cacciatore di aquiloni, il messaggio da me particolarmente percepito è che la risoluzione ai sensi di colpa dovuti ad un errore commesso, non si ottiene con il trascorrere del tempo, bensì dal riscatto, anche indiretto, del male conferito.

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Mille splendidi soli, E l'eco rispose
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Opinione inserita da LisaG    17 Febbraio, 2016

"Esiste un modo per tornare ad essere buoni…"

Il cacciatore di aquiloni è la storia di tutto il popolo afghano.
Le tradizioni del popolo afghano appaiono ovunque nel libro e, sebbene quest’ultimo emerga in certi tratti come superficiale, con usanze a volte arcaiche e basate su apparenza , è indubbio che il libro sottolinei e ci introduca in un’atmosfera permeata di tradizioni, onore, rispetto del prossimo e coraggio; valori che nella nostra cultura sembrano purtroppo sbiadire di fronte ad una superficialità galoppante.
L’Afghanistan ha una nomea piuttosto negativa, basi solo pensare all’ 11 settembre, ai talebani e al terrorismo in generale. Il libro racconta la storia di questo paese ed è una storia (un passato attualissimo) che andrebbe raccontata e raccontata, perché violenze e bestialità simili non accadano più.
Il libro racconta della nascita di regimi totalitari in Afghanistan e del diffondersi di fanatismi verso i quali l’occidente non è vittima ma concausa: i talebani che hanno distrutto Kabul e riportato l’Afghanistan in una situazione quasi medioevale (donne oppresse, nessuna libertà e violenze alla luce del giorno) non sono altro che una conseguenza dell’ invasione brutale del paese da parte dell'URSS nel 1979.
La guerra con i mujaheddin (i patriottici afghani che furono finanziati, armati e addestrati da Stati Uniti, Pakistan e Arabia Saudita) fu infatti lunga e cruenta e al suo termine il fronte dei mujaheddin era talmente frammentato e disunito che ciò consentì la presa del potere da parte della fazione dei talebani.
Proprio i talebani applicarono al paese una versione estrema della shari'a e ogni deviazione dalla loro legge veniva punita con estrema ferocia.
“Amir agha, purtroppo l'Afghanistan della nostra infanzia è morto da tanto tempo. La gentilezza non abita più nel nostro paese ed è impossibile sfuggire alla morte. Kabul è in preda al terrore.”
Questa è la storia raccontata in prima persona da un bambino - poi diventato adulto – di come il fanatismo abbia prosperato a Kabul, degenerando fino alle atrocità più impensabili e di come violenza generi violenza, sempre.
Tanto il paese è sfortunato, tanto il protagonista (Amir) è tormentato da demoni, paure, scotti da pagare.
Amir rischia di passare tutta la sua vita con il rimorso di non essere intervenuto per salvare il suo amico Hassan e si porta dietro colpe orribili fino a quando: “Amir, esiste un modo per tornare ad essere buoni…”.
E noi assistiamo alla sua straordinaria avventura d’amicizia, coraggio, espiazione dal peccato e amore.
Il delitto che esige sempre il castigo.
Non bastano i sensi di colpa, la soluzione per ritrovare la pace perduta è impegnarsi in qualcosa che ci renda buoni di nuovo, perché si ottiene il riscatto e la pulizia della propria coscienza solo facendo del bene ad un'altra persona. Ecco il potere della confessione e del fare del bene.
Non si tratta di religione cristiana ma di religione delle religioni, di ricerca della felicità e di dare un senso a questa vita.

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Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    08 Mag, 2015
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“Il tempo degli aquiloni è finito…”?

Prima di addentrarmi nei dettagli del mio commento vorrei sfatare un mito, o almeno credo che lo sia, dato che lo ho constatato di persona. Molti vedono “Il cacciatore di aquiloni” come un libro “pesante”, forse per il titolo o chissà cos’altro, perché un motivo ben preciso non c’è. Lo ammetto, anche io avevo questa immotivata impressione e ora, dopo averlo letto, posso affermare con certezza l’esatto contrario. E’ un libro che scorre veloce, per niente pesante.
Khaled Hosseini riesce a tenere un buon ritmo e si lascia leggere bene, in certi tratti quasi come un autore da thriller o poliziesco, seppure la trama di questo libro sia quanto di più lontano esista da questi generi e debba molta della sua efficacia al gusto personale del lettore.

“Il cacciatore di aquiloni” è la storia di Amir, di Hassan, di Baba, di tutto un popolo: quello afghano. Un popolo alla ribalta negativa della storia recente di questo mondo; in un modo o nell’altro il fanatismo e i difetti umani hanno trovato terreno fertile per prosperare nei confini di Kabul, degenerando fino alla ferocia più nera. Eppure non si può dire che il popolo afghano sia colpevole di qualcosa.
La storia di Amir è la storia di un essere umano come tutti gli altri, diverso soltanto per certi tratti esteriori e insignificanti, e altri che fanno parte di una cultura diversa; ma diverso non vuol dire peggiore, anzi, nella maggior parte dei casi è sinonimo di bellezza. Quest’uomo è in fin dei conti uno come gli altri, che ha nel suo passato la storia tormentata di sé stesso e di un intero paese sfortunato, ma in fin dei conti è un uomo come tanti, con i suoi demoni, timori, prezzi da pagare, amori. E noi assisteremo alla sua curiosa storia d’amicizia, coraggio, rimorso, amore.
Hosseini ci fa conoscere l’Afghanistan e la sua cultura. Quando sentiamo il nome di questo paese, non riusciamo a fare a meno di pensare alla guerra, all’11 settembre, ai talebani, al terrorismo; ma non bisogna dimenticare che oltre a questo c’è molto altro, e Hosseini ce lo mostra chiaramente. Dietro l’apparenza c’è un paese brutalmente raso al suolo e privato di qualsiasi prospettiva; c’è una cultura ricca di tradizioni, fatta d’onore, rispetto e coraggio e che dalle cose semplici costruisce la sua infinita bellezza. Cose semplici come far volare un aquilone. Un popolo che si è visto strappato alla propria terra, costretto a fuggire o a morirci, e che deve sopportare che essa venga denigrata all’unanimità, senza avere una colpa globale. Un popolo che pensa al passato con gli occhi lucidi, e continua a sperare che gli aquiloni possano tornare a volare.

"Mi sedetti contro un muro della casa. Mi stupii di scoprire dentro di me un attaccamento così profondo alla mia terra. Era passato molto tempo, quanto bastava per dimenticare ed essere dimenticati. Nel paese in cui vivevo adesso, la mia terra sembrava appartenere a un’altra galassia. Pensavo di averla dimenticata. Ma non era così. E nel chiarore biancastro della luna sentivo sotto i miei piedi la voce dell’Afghanistan. Forse neppure l’Afghanistan mi aveva dimenticato."

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Mephixto Opinione inserita da Mephixto    05 Dicembre, 2014
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Commerciale al punto giusto...

Adesso che il successo è via, via scemato mi sono detto: “perche non affrontare il cacciatore d’aquiloni ?”
Che dire, è sicuramente un bel romanzo scritto per il grande pubblico: intenso e commovente. Scritto bene, in uno stile diretto e immediato. Forse un po’ troppo americano. E per certi aspetti poco affine alla realtà.
Il difetto più grande è anche il suo più grande pregio: l’essere scritto come memorie autobiografiche di Amir. Tale scelta pone il lettore ad osservare la storia a farla propria grazie al fattore empatico che si viene a creare nei confronti del protagonista, ma anche a percepirla da un unico punto di vista, in classico stile USA. (Ricordiamoci che l’Afghanistan è ridotto così proprio grazie a loro, gli Usa, che hanno permesso , dopo l’aiuto logistico fornito ai ribelli, ai Talebani di prendere il potere)
Io personalmente avrei preferito una narrazione in terza persona, con un approfondimento sui vari personaggi e vicende emotive di ognuno di essi: questo avrebbe restituito a mio parere un romanzo completo scevro da condizionamenti.
Il testo in se è avvincente, in particolare la parte centrale. Ma avrebbe potuto dare molto, molto di più, spesso è frammentario a tratti superficiale. L’aspetto positivo è stato forse proprio l’aver mostrato al mondo quello che il mondo già sapeva, ma non voleva accettare. In sintesi un romanzo/fiaba piacevole, che ha la capacità di rapire, l’impressione ancora una volta è che dietro a tutto questo c’è un gran lavoro di editing e marketing, che immancabilmente finisce poi a storcere ciò che è il reale valore dell’opera.

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ferrucciodemagistris Opinione inserita da ferrucciodemagistris    15 Settembre, 2014
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Il cacciatore di aquiloni

La storia di una vita in un paese che subisce drastici cambiamenti politici, religiosi, sociali; un’infanzia spensierata che finisce presto a causa dell’invasione, della guerra, del fanatismo. La vita continua ammantata da un forte rimorso che si riesce ad attenuare solo rischiando in prima persona al fine di fare un’opera di bene, un’ammenda che deve essere, in qualche modo, risolta. E’ la prima volta che leggo un romanzo di Khaled Hosseini; la narrazione è molto semplice anche se, a tratti, cruenta; accadimenti di un adolescente, poi diventato adulto, che si intrecciano con gli il sentiero percorso dall’Afghanistan dall’inizio degli anni ’70 fino allo sbocciare del XXI secolo. L’epilogo è indirizzato alla speranza di una nuova vita, di un nuovo inizio.

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pierpaolo valfrè Opinione inserita da pierpaolo valfrè    16 Luglio, 2014
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Una storia ben costruita

Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, uno dei best seller internazionali più amato in Italia, è una storia molto coinvolgente a livello emotivo, con personaggi che si imprimono bene nella mente e che affronta temi che da sempre abitano il cuore umano e catturano l’attenzione dei lettori, in una ambientazione tanto affascinante quanto drammatica come l’Afghanistan degli ultimi decenni.
Si può provare a spiegare il successo del libro proprio con questa felice combinazione: i grandi ed eterni valori su cui l’uomo si interroga (il coraggio, la fedeltà, il tradimento, l’amicizia, la colpa, la famiglia) interpretati in un contesto che è allo stesso tempo lontano e vicino. Lontano quanto basta per poter offrire al lettore occidentale un viaggio in una civiltà diversa e affascinante, ma anche assolutamente vicino e presente nella vita di tutti, dalle Torri Gemelle in poi.
E’ un libro scritto benissimo, che commuove, indigna, stupisce nonostante alcune banalizzazioni che non saprei dire se siano dovute più ad un difetto o a un eccesso di mestiere. Propendo per la seconda ipotesi, ma trovo che la furbizia non è qualità necessariamente censurabile in un romanziere.
Per dire, il “cattivo” che fin da piccolo ammira Hitler e poi diventa un capo talebano (nascondendo i suoi freddi occhi azzurri dietro occhiali alla John Lennon) fa un po’ sorridere, ma non è da escludere che abbia contribuito anch’esso a trainare le vendite. Lo stesso cattivo, preparandosi al duello finale con il suo antagonista, annuncia ai suoi giannizzeri: “uno solo tra noi due uscirà vivo da questa stanza: se è lui ad uscire, lasciatelo andare”. Una frase che nell’immaginario collettivo evoca chilometri di pellicole “western”.
Anche la preveggenza di papà Baba, che nel lontano 1975 si augura che il suo Paese non debba mai essere governato dai mullah, non sembra molto credibile: però è affermazione di sicura presa su noi occidentali, abituati per anni a considerare la barba di Bin Laden come l’autentica bandiera dell’Afghanistan.
Si potrebbero fare altri esempi di scarsa “autenticità”, ma si rischierebbe di fermare lo sguardo al dito invece che rivolgerlo alla luna.
Perché Il cacciatore di aquiloni è romanzo che funziona e lascia il segno. Si sente il profumo di culture, di tradizioni e di popolazioni antiche, a cui viene spontaneo calcare ogni zolla della loro terra con una fierezza, un’intensità e una consapevolezza di sé da suscitare grande rispetto e ammirazione. Noi occidentali non ci siamo più abituati, non si può dire che sia il tratto dominante dei nostri pensieri e dei nostri sentimenti.
Partecipiamo alle vicende di Amir, di Hassan, di Ali e di Baba con grande trepidazione, in qualche punto tratteniamo il fiato, proviamo sgomento, angoscia, stupore, meraviglia. Ci lasciamo trasportare dalla poesia degli aquiloni in volo, una poesia resa più struggente per il fatto che sappiamo bene in che modo l’incanto sia stato spezzato. E poi si piange, in qualche pagina il groppo in gola si fa troppo forte.
Libro che fa anche riflettere? Non più di tanto. Sui temi di cui tratta non si va molto sotto la superficie. Hosseini li utilizza per caratterizzare i personaggi che, non a caso, tendono ad avere poche sfumature. E quando finalmente compare una contraddizione dentro uno di loro, una di quelle di cui è piena la vita, la storia avverte una sorta di potente movimento tellurico. E’ il caso di Baba, prima e dopo la grande rivelazione.
Chiudo con un dettaglio (i dettagli a volte spiegano molte cose): Sanaubar, la madre di Hassan, mi ricorda un po’ la madre di Esmeralda in Notre-Dame de Paris. Fatte le debite proporzioni, c’è più di un’ analogia nei due personaggi e soprattutto nei melodrammatici ritrovamenti della prole perduta, anche se all’infelice e scellerata Sanaubar è stata data in sorte una fine più dolce (e almeno le è stata risparmiata l’esecuzione del figlio). Le invenzioni letterarie, come le ricette di cucina, sembrano infinite, ma gli ingredienti no. E dunque spesso si rielabora, si ricompone, si toglie una spezia qua, si aggiunge una salsa là, si trovano abbinamenti nuovi e originali.
Con semplicità e gusto per la narrazione, Hosseini è riuscito a darci emozioni, a farci viaggiare e conoscere luoghi e persone che ricorderemo. Senza la pretesa di entrare nella grande letteratura, ma con l’ambizione di piacere a molti.

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diogneto Opinione inserita da diogneto    20 Giugno, 2014
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"la tristezza poi ci avvolse come miele"

C’è una canzone di Guccini che, ieri sera mentre pensavo a questa recensione, mi sbarluccicava nella testa. Si tratta di “Incontro” dove, due ex amanti, si incontrano dopo 10 anni e, come se il tempo e il mondo intorno a loro si fermasse, rimangono soli nella scena ripercorrendo le strade della memoria. Ma non è tanto il senso della canzone che mi ha portato a legarla al libro di Khaled Hosseini “Il cacciatore di aquiloni” [ PIEMME 2004] quanto l’atmosfera che si crea intorno a chi legge il libro, la sensazione che il mondo si fermi intorno, e alla strofa “la tristezza poi ci avvolse come il miele…”

Tristezza e miele… sembrano quasi un ossimoro, sopratutto se si pongono sullo sfondo di una storia ambientata negli anni più crudi dell’Afganistan, invece racchiudono le verità di ogni vita dove la tristezza e il miele si uniscono in un unico gusto da assaporare fino al giorno in cui, con una visione d’insieme che solo l’età ti può dare, puoi trovare miele nella tristezza e tristezza nel miele.

Così è la storia del piccolo Amir che si fa compagna di vita la paura di non essere all’altezza delle prospettive del padre, la non capacità di contraccambiare l’amicizia del “servo” Hassam, la vita da estraneo tra i suoi fino a che, l’aspirale che lo porta lontano da se stesso, non gli ripropone la sua stessa storia a ritroso in modo da chiudere ogni porta lasciata aperta e concedere, alla sua stessa vita, quella chiusura che rende tutto perfetto come un cerchio.

In un romanzo crudo come questo, dove le figure dei talebani vengono dipinte nella loro assurda osservanza a qualcosa che neanche conoscono, anche l’Islam può essere letto nella sua forma più profonda e veritiera. Gli estremi, anche in questo caso, si contorcono ma lasciano intravedere quell’umanità profonda propria di questa confessione che, ponendo al centro l’uomo, lascia i terreni dell’ortodossia cieca e muta per camminare, con Amir adulto, sui campi dell’amore e della misericordia.

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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    10 Febbraio, 2014
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The Kite runner

Lo avevo letto molto tempo fa, ma non so bene il perché inizialmente non mi ero sentita di recensirlo anche se questo romanzo mi era piaciuto tantissimo.
Questi giorni mi sono decisa e dopo molte riletture mi sono messa a scrivere alcune righe su questo testo.
L’autore è Khaled Hosseini uno scrittore americano di origine afgana e questa è la sua prima grande opera.

Questa storia parla di Amir il quale non ha avuto un passato facile e purtroppo anche se è trascorso molto tempo la sua ferita è molto profonda e non si è mai rimarginata.
La vita di Amir è cambiata quando il suo amico Hassan ha avuto un brutto incontro in uno stretto vicolo di Kabul.
Amir è da molto tempo che non abita più a Kabul, ma il suo passato si ripresenta ed un giorno riceve una strana ed inattesa chiamata nella sua casa a San Francisco.
Pondererà bene la sua scelta e deciderà di partire per Kabul per riparare agli errori di gioventù, ma scoprirà che Kabul non è più lo stesso posto.
I bellissimi aquiloni che prima si libravano tranquillamente nei cieli ora non ci sono più e la felicità non abita più nel suo paese natale.

Mi è piaciuto moltissimo il modo in cui è stato scritto questo libro, attraverso i flash back che si formano nella mente del protagonista principale, ed attraverso questi viene raccontata tutta la sua storia, inoltre è un libro molto avventuroso e ricco di suspense.
Attraverso questo libro si viaggia per il mondo in un posto ricco di culture e tradizioni a noi poco note.
L’autore ha deciso inoltre di utilizzare spesso parole arabe per farci entrare con più enfasi nel vivo della sua storia.

Che altro posso dirvi?
Mi sento di consigliare a tutti questo emozionante libro, non ve ne pentirete assolutamente.

Buona lettura!

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Opinione inserita da Maya    04 Dicembre, 2013

L'emozione ha un titolo

Commettiamo errori.
Siamo tutti accomunati da questo particolare “talento”.
Le cause che ci inducono a sbagliare sono così tante che sarebbe pura follia volerne stilare una lista.
Per Amir, il protagonista, i motivi che l’hanno indotto a cadere in errore sono per lo più la vigliaccheria e la paura di non essere accettato da quel uomo forte, audace e risoluto incarnato nella figura paterna.
Girare le spalle a colui che ti ha sempre aiutato, sostenuto e difeso nei momenti di maggior paura e tristezza non è uno sbaglio da poco.
E questo Amir lo sa.
E la sua coscienza non sarà più la stessa.
Su questo filo scorre la narrazione rapida e piacevole, contornata da dettagli di una vividezza sorprendente che aiutano il lettore ad immergersi nel pieno della storia di Amir e del “cacciatore di aquiloni” e del loro paese, ovvero l’Afghanistan, in un viaggio culturale e storico che sicuramente arricchisce chiunque lo legge.
Il racconto si conclude con un tentativo di “espiazione” da parte di Amir che, nella mia modesta opinione, altro non è che è un tacito stratagemma da parte dell’autore ingegnato per sbatterci in faccia la dura realtà delle cose e a porci le seguenti domande:
Si può sempre rimediare agli errori commessi?
Si può “ritornare ad essere buoni”?
Al lettore l’ardua sentenza.

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mia77 Opinione inserita da mia77    03 Dicembre, 2013
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Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini

Amir viene richiamato da un passato che lo ha sempre tormentato. A causa della sua codardia e del suo egoismo, il suo migliore amico Hassan viene violentato in un vicolo e lui non interviene. In quel momento, addirittura, lo abbandona e lo allontana da sè. Questo bellissimo e toccante romanzo ci entra nell'anima, ci coinvolge e ci spinge a guardarci dentro. Ci parla della fragilità insita in ognuno di noi, della sofferenza per il rimorso di non " avere agito". Il protagonista, durante il romanzo ha una sorta di redenzione e ritorna per cercare il figlio di Hassan. Ritorna per vincere la gara vera, non quella con gli aquiloni, ma quella con la propria coscienza, la quale cerca di fargli aprire gli occhi che " quel maledetto giorno" lui aveva deciso di chiudere.
Anche se questo è un libro serio e importante, si riesce a leggere tutto d'un fiato: semplicemente meraviglioso!

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Michela T Opinione inserita da Michela T    01 Settembre, 2013
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“Vieni. Esiste un modo per tornare ad essere Buoni

“Vieni. Esiste un modo per tornare ad essere Buoni”, e Amir questo lo sa bene. Emigrato in America a causa dell'inizio della guerra in Afganistan, il protagonista ha trascorso un'infanzia felice a Kabul insieme al padre Baba e all'amico Hassan, il ragazzo dal viso di bambola, il cacciatore di aquiloni. Ma proprio in questo paradiso, durante il giorno più felice della sua vita, si macchia di una colpa terribile che lo accompagnerà e lo tormenterà fino in America, dove riuscirà, tuttavia, a coronare il suo sogno: diventare scrittore. La sua quiete verrà però minata nel momento in cui riceverà una telefonata lo costringerà a tornare nella terra nativa dove lo aspettano non solo il perdono ma anche una sconvolgente verità.
PERSONAGGI:
Baba: è il padre di Amir. E' una persona forte, schietta e dalle idee chiare, tanto da aver ideato una sua filosofia del peccato che va al di là delle prescrizioni sella Sharia o del Corano. Appare come un personaggio carismatico e socievole in quanto ovunque egli si trovi tutti lo conoscono o ne fanno piacevolmente amicizia. Non è in grado di esprimere, però, i suoi sentimenti e ciò è dimostrato dal rapporto sempre un po' distaccato con il figlio anche se per lui è sempre presente.
Amir: è il figlio di Baba ed è il suo opposto. Egli non è pratico e pragmatico come Baba ma è un grande sognatore, per questo decide di fare lo scrittore. Al contrario del padre non riesce in nessuna disciplina, ama solo leggere. Entrambi esprimono i propri sentimenti in modo diverso: Amir è sempre tormentato dall'aver tradito Hassan ma riesce a confessarlo alla moglie, Baba nasconderà il suo segreto fino oltre la morte1. Il percorso di vita di questo personaggio richiama in diversi punti l'esperienza di vita dell'autore: nato a Kabul ma trasferitosi in America nel 1980.
Hassan: quando Hosseini ci dice che è il “ragazzo con il viso di bambola” ci spiega già tutte le caratteristiche del personaggio. È puro, fedele e leale nei confronti di Amir, è l'amico perfetto. È sempre presente nel momento del bisogno e, nonostante il tradimento del suo compagno dimostra la sua costante amicizia cercando di riappacificarsi e ripristinare la loro vecchia amicizia. A mio avviso è possibile intravedere una relazione tra la purezza e la gioia di questo bambino e l'Afghanistan prima della guerra, in tutto il testo sembra proprio trapelare che Hassan sia il simbolo di questo territorio.
Rahim: secondo la mia opinione le caratteristiche di Rahim, socio in affari di Baba, non sono state ben definite dall'autore ma, essendo egli stesso di centrale importanza in alcuni punti della narrazione, tale compito è stato affidato al lettore che non può esimersi dal raccogliere il messaggio inviato da Hosseini: Rahim è il padre che Amir ha sempre voluto. Uomo perspicace negli affari quanto, al contrario di Baba, nel comprendere i sentimenti e i tormenti di Amir è l'unico in grado di incoraggiarlo e spingerlo verso la retta via. Due sono i momenti salienti in cui ciò è dimostrato a pieno: quando Amir riceve da Rahim, come regalo di compleanno un quaderno su cui poter scrivere le sue storie e quando lo richiama in Afganistan per offrirgli la possibilità di riscattarsi nei confronti dell'amico Hassan ed eliminare quindi i tormenti del passato.
COMMENTO
La narrazione scorre chiara e veloce, soffermandosi sugli eventi e sui sentimenti dei personaggi. A mio avviso è riscontrabile un susseguirsi tra uno stato di quiete e tormento. L'infanzia a Kabul insieme ad Hassan rappresentano la quiete, il tradimento e la dipartita verso Peshawar sono, al contrario, il tormento, e di nuovo la quiete è rappresentata dalla vita in America, smossa però da un tragico viaggio in Afganistan. Anche quando il protagonista torna a casa con Sohrab tutto sembra essere perduto ma la gara di aquiloni e le parole del bambino servono a riportare la felicità iniziale. In questo testo la cultura americana si fonde perfettamente con quella afgana: tutti i personaggi del libro provengono dalla stessa terra, riescono a mantenere la loro cultura e la loro religione ma possono anche godere del sogno americano in quanto tutti lavorano (ad esempio sia Amir che la moglie riescono a trovare il lavoro che hanno sempre sognato).
Nonostante la semplicità della trama, per certi aspetti un po' scontata, è sicuramente un testo coinvolgente e negli ultimi capitoli anche molto emozionante.

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Nanà_ Opinione inserita da Nanà_    24 Agosto, 2013
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‘’Essere guardato e non soltanto visto,

essere ascoltato e non soltanto udito.’’

È questo che sogna Amir, un bimbo che ha bisogno di vero affetto paterno.

Amir però non è come il padre, per niente.
Non ha le “palle”, è un vigliacco; a differenza del suo servo Hassan, coraggioso e buono… ma di stirpe hazara, destinato a rimanere inferiore, indegno dell’amicizia di Amir.

Amir è un ragazzo tormentato da se stesso… e dalla colpa che l’ha macchiato per sempre.
Una serie di eventi non trascurabili cambierà la vita di entrambi. Non è possibile tornare indietro, ma c’è sempre un modo per rimediare.

“Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente”, ma non è mai troppo tardi: “esiste un modo per tornare ad essere buoni”.

Particolare è il personaggio di Baba, padre di Amir, figura rigida, restio nel dimostrare affetto e sentimenti. Si tratta di una personalità rivoluzionaria, per lui religione non significa non mangiare carne di maiale o non bere alcolici. Per Baba il delitto più grave è il furto: “se uccidi un uomo, gli rubi la vita, rubi il diritto di sua moglie ad avere un marito, derubi i suoi figli di un padre. Se dici una bugia a qualcuno, gli rubi il diritto alla verità. Se imbrogli quello alla lealtà”

Hosseini racconta una storia toccante di amicizia, tormento e tradizione, ambientata in un paese in cui la società è molto gerarchica e fondamentalista. “Tornare a Kabul era come imbattersi in un vecchio amico e scoprire che la vita era stata impietosa con lui, privandolo di tutto.”

“Il cacciatore di aquiloni” insieme a “Mille splendidi soli” sono due eccellenti ritratti dell’Afghanistan, in tutte le sue sfaccettature. Da leggere almeno una volta nella vita.

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Mille splendidi soli
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    14 Mag, 2013
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Volare nel cielo sospinti dal vento.

Come un aquilone afghano.

L’aquilone è un gioco che, da sempre, esprime il senso della libertà. Durante l’infanzia, io stesso ne ho costruiti: incrociavamo due cannucce, applicavamo la carta velina colorata e ritagliata a rombo, appiccicavamo una coda ad anelli del medesimo, leggerissimo materiale. Un filo di cotone arrotolato in un rocchetto e poi … via, nel vento! Oggi mi capita – facilmente in spiaggia – di vedere qualche bambino che fa volare l’aquilone e non nascondo che, in quella visione, la mia mente vola.
Naturale – con un passato artigianale come quello descritto – rimaner colpiti dall’interpretazione che, in una diversa cultura (quella afghana), viene data al gioco.
A Kabul la caccia agli aquiloni è un evento del quartiere: due ragazzini amici, coetanei e conviventi, Amir (l'io narrante, di etnia Pashtun) e Hassan (di etnia hazara e figlio di Alì che presta servizio nella casa di Amir) vi partecipano. Amir patisce una sorta d’inferiorità-complesso nel rapporto con il padre Baba, che sembra addirittura prediligergli Hassan (ha pagato di tasca propria l'intervento chirurgico per correggere il labbro leporino del bambino). Quando Amir compie dodici anni, la caccia agli aquiloni è forse l’ultima occasione per dare al padre una prova di abilità. E conquistarlo. A qualsiasi prezzo.
Lo scopo del gioco è tagliare, per mezzo del proprio aquilone, il filo di quello degli altri concorrenti. Gli aquiloni diventano di proprietà di chi li recupera. Chi taglia il filo del penultimo aquilone rimasto in aria ha vinto la competizione e, se riesce a recuperarlo, ne fa il suo trofeo.
Amir riesce finalmente a vincere la gara: nell’operazione di recupero del penultimo aquilone per l'amico, il fido Hassan s’imbatte in tre ragazzi che, sospinti dall’odio razziale e per vendicare un episodio passato, umiliano il ragazzino con una terribile violenza. Amir assiste, ma non interviene: è paralizzato dalla paura e soprattutto teme di vedersi sfuggire il trofeo con il quale spera di conquistare definitivamente la stima di suo padre.
La storia prosegue, lunga e complessa, intersecando i fatti di guerra che devastano l’Afghanistan e il senso di colpa di Amir, che – emigrato negli Stati Uniti – diviene scrittore. Una telefonata inattesa lo raggiunge nella casa di San Francisco e gli offre l’occasione per attenuare il rimorso: tornando nella sua terra natale, per trovare Sohrab, il figlio orfano di Hassan, e saldare i conti con i propri errori mai espiati. Ma a Kabul, oltre ai fantasmi del passato e della colpa, Amir incontrerà una verità sorprendente, in una cultura ove le donne sono oppresse e in una realtà ove gli aquiloni sono ormai relegati nello scantinato della memoria.
L’opera è coinvolgente, ricca di risvolti storici e culturali, oltre che psicologici. Inoltre consente di entrare nel tessuto vivo e dilacerato di un paese che, purtroppo, ricorre troppo spesso nei bollettini di guerra: e attraverso l’autore, ho vissuto finalmente un dolore che la ricorrenza quotidiana delle notizie – ahinoi, per un cinico meccanismo umano: quello dell’assuefazione - ha purtroppo anestetizzato.

Bruno Elpis

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... la poesia "L'aquilone". Bellissima!
"Il corpo umano" di Paolo Giordano.
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JessicaHu Opinione inserita da JessicaHu    16 Gennaio, 2013
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Divorare non significa piacere

Attenzione SPOILER:
Mi avevano parlato molto bene di questo libro;non è come me l'aspettavo. Un tempo ero convinta che se stavo divorando un libro troppo in fretta,di sicuro mi stava piacendo. Di solito,quando il protagonista non mi piace,smetto di leggere e finisce li'. Ma per questo libro è stato diverso. Qualche volta mi fermavo,alzavo gli occhi e riflettevo. Non volevo sapere in quanti altri modi,Amir avesse deluso Hassan e...me. Poi mi scappava un sorriso timido. Ero innamorata del personaggio di Hassan.
Cosi' gentile e altruista;sempre pronto a difendere Amir e a non tradirlo mai.
Era troppo per Amir. Amir non lo meritava.
Per questo sono rimasta molto delusa,quando Amir non ha reagito mentre tre ragazzi si approfittavano di Hassan.
E' solo un hazara,pensava Amir,non vale più di un aquilone azzurro.
"Sono diventato la persona che sono oggi all'età di dodici anni,in una gelida giornata invernale del 1975."
Davvero? E' veramente diventato quel dodicenne che scappo' via,fece finta di niente,consegno' l'aquilone azzurro al padre e distrusse per sempre la loro amicizia?
Amir,ci sono altri tornei di aquiloni,non è mai troppo tardi per conquistare il cuore di Baba. Nonostante Amir mi avesse delusa più di una volta,ho continuato a leggere. Era una specie di droga,non mi piaceva ma continuavo a leggere.
Sohrab mi piaceva come personaggio.
La cosa che mi ha sorpresa è stata Assef,non era cambiato dai suoi quattordici anni. Era rimasto lo stesso di prima. In quel momento ho pensato che Amir aveva la sua occasione. Poteva sfogarsi su di lui,chiedergli perché avesse abusato di Hassan e poi del figlio,picchiarlo a sangue,vendicarsi.
Invece no, perché Assef aveva ribaltato i ruoli.
Avevo poggiato la mano sulla fronte.
Amir ce l'avrebbe fatta? Da ferito,avrebbe avuto la speranza di rispondere e avere tempo di recuperare tutto?
Per alcuni è stato un colpo di scena,per me è stata un'altra delusione.
Sohrab aveva colpito con la fionda del padre,Assef.
Non poteva colpirlo milioni di volte? Farlo soffrire per i mali commessi di un'agonia lenta e dolorosa?
Lo aveva solo accecato! Mentre Assef ha ridotto male Amir per davvero.
Le mie prime impressioni? Pensavo che Hassan amasse Amir e Amir amasse Hassan. Pensavo si amassero teneramente,che fosse stato un amore fraterno. Speravo una storia piena di intrighi,una storia omosessuale in un'Afghanistan violenta. Il mio shippare coppie non finisce mai.
La storia è scorrevole e il stile è molto semplice. L'ho letto in pochissimo tempo. L'ho divorato e rigurgitato.

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AndCor Opinione inserita da AndCor    13 Gennaio, 2013
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Non è mai troppo tardi

Che delizia leggere Hosseini, che probabilmente avrebbe dovuto anteporre la carriera editoriale a quella medica.
Perché la trama è fantastica, e si avverte tutta la profondità del suo cuore nei protagonisti del romanzo: figure incredibili e quasi magiche, capaci di trasformarsi progressivamente lungo tutta la narrazione nonostante vivano in una zona del mondo ricolma di integralismo, di contraddizioni e di subdolo fascino.

Tutti noi sappiamo dire a parole che "non è mai troppo tardi", e Amir non è altro che lo stereotipo moderno dell'omertà. Si comporta in maniera codarda e meschina nei confronti di Hassan, metafora sublime della fedeltà e dell'amicizia, ma non ha fatto i conti con i sensi di colpa derivanti dalle sue scelte sbagliate.
Tuttavia, c'è sempre quell'ultima possibilità di tirare una riga definitiva sul passato e di salvare ciò che ancora non è irrimediabilmente perduto. E l'ultimo capoverso del romanzo merita un posto d'onore negli aforismi di tutti i tempi.

Non può mancare nelle librerie delle nostre abitazioni. Imprescindibile.

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antares8710 Opinione inserita da antares8710    19 Dicembre, 2012
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Piacevole e immediato...ma troppo prevedibile!

Mi è stato regalato qualche anno fa e l'ho letto nel giro di due giorni. Si tratta di un libro amabile, con uno stile semplice (a volte pure troppo), una trama semplice ed efficace ma troppo prevedibile. Senza dubbio ci sono romanzi meno conosciuti ma di gran lunga più belli. E' un libro adattissimo a chi cerca una distrazione o a chi cerca una lettura poco impegnativa e profonda. La caratterizzazione dei personaggi è buona ma alcuni mi sembrano poco convincenti (come il padre di Amir).
Per passare un pò di tempo è l'ideale, se cercate una trama più impegnativa allora lasciate perdere.

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C l a r a Opinione inserita da C l a r a    07 Settembre, 2012
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"Per te questo e altro."

Alcuni libri, si sa, sono come il vino... Vanno lasciati riposare, fermentare e stagionare per acquisire pienamente la loro forza e bellezza.
"Il cacciatore di aquiloni" per me è stato uno di questi.
Un libro che da subito è diventato un caso editoriale, vendendo milioni di copie in tutto il mondo, e da cui nel 2008 è stato tratto un film diretto da Marc Forster, anche questo con incassi riduttivamente stratosferici.

Argomenti caldi, trama avvincente senza leggerlo sapevo che avrebbe avuto tutte le carte in regola per piacermi.
Eppure l'ho lasciato lì.
Ho aspettato che il libro mi chiamasse, ho aspettato il "momento giusto".

"Una volta quando ero molto piccolo, mi sono arrampicato su un albero ed ho mangiato delle mele verdi, acerbe. La pancia mi si gonfiò e divenne dura come un tamburo. Mi faceva male. La mamma mi spiegò che se avessi aspettato che le mele fossero mature, non mi sarebbe successo niente. Così adesso quando desidero molto qualcosa, penso alle mele".

E quando l'ho letto è stato amore.
L'ho profondamente amato.
Ho amato l'ambientazione storica e spaziale, la storia dell'Afghanistan degli ultimi decenni, una storia a tinte fosche: terribile e tragica. Un puzzle d'orrori composto con le tessere di vite spezzate, di esistenze straziate ed umiliate, di infanzie rubate e di piccole e grandi ingiustizie.

Ho amato e seguito con passione le vicende dei protagonisti. La loro amicizia quasi fraterna.
Un rapporto che però, ben riflette tutte le fragilità del animo umano.
Un rapporto in cui l'imparare a "darsi" all'altro è il fulcro reale di un legame che attraversa 30 anni di storia e di sofferenze.
"Essere guardato e non soltanto visto, essere ascoltato e non soltanto udito."

E infine ho amato lo stile magico di Khaled Hosseini, in grado di stregare il lettore, di incollarlo alle pagine e di farlo entrare nella vicenda per vivere in prima persona i travagli interiori di Amir, sentendo fischiare i proiettili russi prima e talebani poi sopra alla propria testa, per ritrovarsi poi il viso rigato di lacrime al primo sorriso di Sohrab.

Io mentre ve lo consiglio ho ancora i brividi...

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amuleto Opinione inserita da amuleto    21 Agosto, 2012
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Un 'amicizia "fraterna"

Un libro che apre la mente: 50 anni di storia afghana in un romanzo, nel sottofondo una grande storia di amicizia, che rivelerà solo verso la fine un legame di sangue tra HAssan e Amir: figli dello stesso padre: uno la parte onesta, l'altro il vigliacco, che poi pagherà le sue colpe e si riscatterà.Un libro che parla anche della condizione femminile, del loro atteggiamento in società, delle proibizioni inculcate dai talebani, che regnano in Afghanistan per un buon periodo. è un libro commovente e l'autore è un vero SCRITTORE.

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Annabelle Opinione inserita da Annabelle    23 Aprile, 2012
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Il peso del passato

Con il cacciatore di aquiloni conosciamo la storia di Amir,figlio di un commerciante afgano e del suo servo Hassan.i due ragazzini crescono assieme,giocano assieme,fino al giorno in cui Amir assiste senza tuttavia intervenire,ad una violenza ai danni di Hassan.Da quel giorno il senso di colpa e i rimorsi accompagneranno Amir per tutta la vit.Passando attraverso il trasferimento suo e del padre in America,al primo incontro con Soraya che sarà sua moglie,Amir diventerà un uomo che cercherà di dimenticare il suo antico errore,senza tuttavia riuscirci mai del tutto,fino a quando un giorno si troverà costretto suo malgrado a tornare in Afghanistan e li si troverà di fronte un paese violento,assolutamente diverso da come lo ricordava lui,una Kabul tutta bombardata e piena di mendicanti,in balia della violenza dei talebani,e proprio da loro deve passare Amir per placare i suoi rimorsi e riparare a quel grosso errore commesso tanti anni prima...Un romanzo straordinario come pochi che ci mostra come in fondo le nostre fragilità non ci abbandonano mai e come solo un atto di grande amore può aiutarci a diventare delle persone migliori.un libro molto intenso caratterizzato dalla voglia di dimenticare e dai ricordi a tratti malinconici di un un uomo che troverà alla fine la strada giusta per riscattarsi.In conclusione veramente molto interessante,a tratti anche commovente

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Cla93 Opinione inserita da Cla93    12 Febbraio, 2012
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Struggente e meraviglioso

Devo dire la verità: questo libro non mi è piaciuto fin da subito. Non mi è piaciuto da subito, perché trovavo veramente antipatico il comportamento del protagonista!
Dopo il secondo capitolo però sono riuscita ad entrare nella sua ottica e ho capito...ho capito come si sentiva... cosa provava...
Adoro leggere un libro e provare ciò che provano i personaggi: mi fa sentire parte del libro, è come se lo scrittore rubasse ogni volta una parte di me.
Un libro travolgente, che ci fa capire molte cose e ci illumina su molti aspetti della vita.
Un libro che merita.
Che fa rimanere con il fiato sospeso.
Che ci fa sognare.
Che ci fa credere di essere anche noi lassù...lassù nel cielo a volare tra gli aquiloni.

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Ironkarlo Opinione inserita da Ironkarlo    08 Febbraio, 2012
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C'è speranza per tutti...

Libri come questi ti fanno riflettere, ti fanno vedere il mondo con occhi differenti, ti aprono la mente e ti portano in luoghi lontani eppure così vicini a noi.
Quando si comincia a leggere la storia di questi due bambini non ci si stanca mai delle loro avventure, dei loro sogni e delle loro angosce.
La bontà d'animo di Hassan e suo padre (due servi tuttofare) vi colpirà molto così come ha emozionato me; forse troverete un po'
antipatico il piccolo Amir seppur tanto fragile ed incompreso
tranne dal suo "amico" Hassan che per lui darebbe la vita, ma un grave episodio li porterà ad un doloroso distacco.
La storia, inoltre, si intreccia con le tragiche vicende che colpiscono il paese con l'invasione dei sovietici prima e con
l'odio ed il terrore dei Talebani poi, ed inducono il
protagonista a fuggire con il padre in America.
Sarà l'amico di sempre a farlo ritornare alla sua terra madre per riconcigliarsi con il passato e per tentare di espiere le proprie colpe.

Che dire, opera ben riuscita dello scrittore Afgano; un racconto intrinso di angoscia e tristezza ma che ha sempre uno spiraglio di luce e speranza.
Lo consiglio a tutti per lo stile semplice e diretto in cui riesce a descrivere e rendere realistico lo stato d'animo dei personaggi.

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marroncelli Opinione inserita da marroncelli    20 Gennaio, 2012
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avvincente

si fa fatica a dimenticare un libro scritto bene e con una così bella storia.in una terra bella e ricca di trasizioni come l'afghanistan, sconvolta tuttavia dai comunisti, prima, e dai talebani ,poi, si intrecciano le storie di due amici, che saranno fraternamente legati dalle vicende della vita. si spera fino in fondo che la vita darà l'occasione ad uno di loro di riscattare il torto subito dall'altro, considerato da tutti diverso per estrazione sociale e razza, in relatà diverso perchè come lui ce ne sono pochi. la tramma è avvincente e il finale è tutto da scoprire. indimenticabile. consigliato a tutti perchè è una storia umana e di umanità e fratellanza.

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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    16 Gennaio, 2012
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A metà strada tra un buon romanzo e un feuilleton

Ecco un libro che sta esattamente a metà strada tra un buon romanzo e un feuilleton.
E' lodevole aver raccontato al mondo la tragedia della popolazione afgana, passata dall'invasione comunista alla morsa dei Talebani. Poetico è il ricordo dell'Afghanistan in tempo di pace, gli alberi da frutta, la gara degli aquiloni che colora il cielo, il sorriso dei bambini, Kabul imbiancata dalla neve e non ancora sporca di sangue. E profondo - si sente - è l'amore dell'autore per il suo paese d'origine.
Il problema sta nella trama, fin troppo prevedibile, nel continuo rimpianto dei bei tempi andati e degli errori commessi, che alla lunga stanca, e in certi episodi un po' stiracchiati. Il protagonista, di fatto un rammollito, imparerà ad esserlo meno alle soglie dei quarant'anni, in un arco di tempo che va dagli anni Settanta al 2001, anno della caduta delle Torri Gemelle. Dopo poco più di duecento pagine, le prime avvisaglie di noia: ci si chiede che altro ci sia da dire e come si arriverà a quasi quattrocento. Si arriva, allungando il brodo con piccoli prevedibili colpi di scena, ma il finale, per quanto ben scritto e tra le parti più ispirate del romanzo, non è in sostanza molto diverso da quello che ci si aspettava.

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Pelizzari Opinione inserita da Pelizzari    07 Gennaio, 2012
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Un'anima tormentata

E' un libro che ha avuto un successo strepitoso, assolutamente meritato, in tutto e per tutto. Per lo stile, per la storia, per l'umanità, per le emozioni, per l'ambientazione in Afghanistan, paese in cui i bambini non hanno un'infanzia. I combattimenti di aquiloni sono un'antica tradizione afghana, che da fa filo conduttore nella storia, dall'amicizia fra Amir e Hassan, fino al sorriso, che un aquilone riesce a far comparire sul dolce volto di Sohrab. E' un libro dove i bambini corrono, dove gli adulti soffrono. E' splendida la devozione incondizionata che Hassan prova verso Amir, fino a perdere la propria innocenza di bambino in un vicolo, solo per portare ad Amir il trofeo dell'ultimo aquilone rimasto in volo. E' meraviglioso il modo in cui viene trasmessa al lettore tutta l'interiorità di Amir, i suoi sensi di colpa, i fantasmi della sua coscienza, la sua bontaà. E' un romanzo pieno d'atmosfera, emozionante, coinvolgente, indimenticabile e di una forza straordinaria.

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Georgia Opinione inserita da Georgia    29 Ottobre, 2011
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Passato e presente

Qualunque sia l’angolo della terra nel quale rifugiarsi, è possibile sfuggire al giudizio scomodo degli altri ma non è possibile sfuggire al giudizio di noi stessi. Dall’Afghanistan alla California…..dall’infanzia alla maturità, un faticoso e lungo percorso! Ma la notevole distanza geografica e temporale non ha permesso ad Amir di chiudere i conti con il suo passato e con la sua coscienza. Il ricordo di Hassan, del suo amico gentile e protettivo, del suo compagno di squadra nella caccia agli aquiloni, che abbandonò al suo destino in una strada di Kabul, lo tormenta dolorosamente. Divorato dai sensi di colpa per non essere intervenuto a difenderlo, prima, e per averlo allontanato, poi, Amir coglie l’unica occasione di riscatto che la vita gli offre. Riceve inaspettatamente una telefonata da Rahim Khan, grande amico di suo padre, il quale gli riferisce la morte di Hassan per mano dei Talebani. Amir ha ora una missione da compiere: deve tornare a Kabul, lì dove la guerra sconvolge e distrugge, per trovare il figlio di Hassan. In realtà troverà molto di più….., in quella terra che un tempo è stata la sua casa, dove i sogni sono infranti e gli aquiloni sono solo un ricordo.

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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    11 Settembre, 2011
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Tutto può essere perdonato......

Leggere Il cacciatore di aquiloni è come viaggiare in una storia di segreti, tradimenti, guerre, amori, colpe e responsabilità su cui aleggia costantemente un velo di disperazione; è la storia di due ragazzi, legati fino alla morte da un legame taciuto, ma divisi dalla loro condizione..... uniti solo nel gioco degli aquiloni. L'autore ci parla di amicizia, un'amicizia che sembrava indissolubile, ma che alla fine si spezza a causa della viltà e della gelosia, l'amicizia tra Hamir ed Hassan. E dopo la loro divisione, la vita per Amir sembrava continuare: una moglie, il matrimonio, il desiderio di avere bambini, ma il passato non si può cancellare. Perché è proprio quando tutto sembra perfetto che esso riemerge ed è pronto ad afferrarti con i suoi artigli e trascinarti in un mondo che si era cercato di dimenticare. Così Amir dovrà fare i conti con il suo passato, espiare la sua terribile colpa ed affrontare le sue responsabilità. Il tutto sullo sfondo a tinte forti, di un' Afganistan distrutto, martoriato dalla guerra, in cui ci si abbandona alla disperazione e dove, purtroppo, non c'è più spazio per giocare agli aquiloni. Un cammino di redenzione che porterà Amir a correre di nuovo, ad imparare la semplicità di una vita non corrotta e a far volare di nuovo in alto un aquilone. Una storia toccante, che non può lasciare indifferenti, che è come un pugno in pieno stomaco. Questo, è un romanzo crudo, forte, che non lascia scampo al Lettore, lo trascina alla conoscenza di un dramma che noi, non abbiamo mai conosciuto fino in fondo. Il cacciatore d'aquiloni è un romanzo di vita, la testimonianza triste, ma nello stesso tempo vivace di eventi terribili da cui stracolma disperazione. Un libro che dovrebbe far riflettere, una pagina della Storia che non si può e non si deve dimenticare, un testo che rapisce e scuote l'anima con la forza delle parole, semplici, ma efficaci. L'autore traccia un ritratto indimenticabile del suo paese e conduce il Lettore in un viaggio nostalgico, nel quale si contrappongono disperazione e vivacità; Khaled Hosseini indaga i rapporti umani, la loro fragilità e mutabilità, nella speranza del perdono che non può mai essere negato. Nonostante abbia letto il libro qualche mese fa, ogni volta che ripenso ad un labbro leporino, ho un tuffo al cuore. Consigliatissimo.

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A tutti quelli che amano i valori e vogliono capire un paese che pur essendo su tutti i giornali, non si conosce veramente: l'Afganistan.
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pikkola monella Opinione inserita da pikkola monella    10 Settembre, 2011
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Il cacciatore di aquiloni

Il cacciatore di aquiloni, autobiografia fittizia scritta da Kaled Hosseini, è una storia di segreti, guerre, responsabilità, errori, pentimenti, amicizia, amore. Protagonista della vicenda è Amir, figlio di Baba, ricchissimo commerciante di Kabul. La madre del bambino morì dandolo alla luce e tale episodio ha segnato la vita di Baba per sempre, tanto che mai è riuscito a perdonare il figlio per una colpa che non ha comesso. Essi dimorano in una sontuosissima villa di Kabul insieme ad Ali, hazara al servizio della famiglia da sempre, e suo figlio Hassan, inseparabile compagno di giochi di Amir e miglior cacciatore di aquiloni della città. E’ tradizione infatti, che a Kabul si organizzino tornei invernali di caccia agli aquiloni, i quali vedono sempre l’esperto duo composto da Amir e Hassan in finale. L’idillio tra il “pilota” e il “cacciatore” però si spezza quando Amir, dopo aver assistito nell’ombra e senza agire in difesa del suo inseparabile compagno d’avventure stuprato dal coetaneo Assef, fa in modo che Ali e suo figlio abbandonino la villa per evitare i rimorsi causati dalla sua presenza. Con l’arrivo dei Russi a Kabul, Baba e Amir fuggono in America, dove dopo qualche anno di sacrifici del pragmatico capofamiglia, il primo muore a causa di un cancro. Amir sposa invece la dolce Soraya, figlia di un ex generale afghano, e realizza il suo sogno di bambino di diventare scrittore. Tutti i sogni sembrano essersi realizzati, ma una telefonata inattesa riaprirà la ferita sul cuore di Hassan, risucchiandolo nel vortice di un passato che invano aveva tentato di dimenticare. L’interlocutore è Rahim Khan, amico fraterno di Baba che chiede ad Amir di recarsi a Kabul a distanza di circa venticinque anni per cercare Sohrab, unigenito rimasto orfano di Hassan, assassinato insieme alla moglie Farzana dai Talebani. Hassan, nato da una relazione fra Baba e la moglie di Ali, fuggita dopo aver partorito il bimbo dal labbro leporino. Hassan, a sua insaputa fratellastro di Amir. Un viaggio straziante per il suo paese, ormai ridotto a un misto fra guerra e disperazione, e all’interno di sé. Un viaggio che costringerà Amir a fare i conti con una viltà mai confessata e il legame indissolubile di un’amicizia chiusa in un cassetto, ma mai dimenticata.
Io ho trovato “Il cacciatore di aquiloni” un libro bellissimo, di quelli che scuotono l’anima, rapiscono il lettore emozionandolo con l’accuratezza delle descrizioni e la ricerca di un linguaggio semplice, ma realista. Una storia che non illude, ma al tempo stesso fa sperare. Una storia tagliente che si legge tutta d’un fiato. Una storia che non può non essere presente nella libreria di ognuno di noi.

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Azzurrella Opinione inserita da Azzurrella    22 Agosto, 2011
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non c'è errore che non possa essere perdonato...

Sembra non manchi proprio nulla: amicizia, segreto,sacrificio, riscatto, redenzione e l'eterno binomio amore e guerra da cui non ha potuto sottrarsi neanche Hosseini a dimostrazione che certe cose non fanno differenza di cultura e storia ma appartengono all'essenza stessa dell'uomo. Lo scenario è quello di un paese in continua ricerca di pace dove le vittime indiscusse della violenza restano la parte migliore della società: i bambini.

Chi legge questo romanzo non può che prendere coscienza dell'incredibile fragilità dei rapporti umani e di come essi condizionino una vita, di come il passato possa tornare a tormentare il nostro presente e di come il futuro possa offrire un'opportunità di riscatto perchè non c'è errore che non possa essere perdonato...

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Fonta Opinione inserita da Fonta    02 Giugno, 2011
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un acquilone che vola tra le emozioni

A dirla così un po' mi vergogno ma, alla fine di questo libro mi sono ritrovato le guace rigate dalle lacrime! E non sono un ragazzo con il lacrimatoio facile!!! =)
Un romanzo bellissimo, dove Hosseini ci fa scoprire una cultura diversa, una vita difficile, una storia travagliata di una Kabul in subbuglio politico! Tutto visto dagli occhi di due bambini con storie e vite diverse ma legati da una amicizia che sta per essere distrutta. I bambini diventano adulti ma la vita crea sorprese!
E' difficile parlare di questo libro..è più facile leggerlo e farsi travolgere dal fiume di emozioni!
Uno dei libri più belli che abbia mai letto!
Provare per credere!!!

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..e non ha mai pianto per un libro!
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kamele9308 Opinione inserita da kamele9308    30 Mag, 2011
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tu chiamale se vuoi "emozioni"

ora che ho appena finito di leggere questo libro mi accorgo di aver aspettato troppo tempo prima di farlo. Come "Mille splendidi soli" anche "Il cacciatore di aquiloni" non ha deluso le mie aspettative, è un libro che non si dimentica, che ti lascia dentro la sua storia con tutta la sua drammaticità e con tutta la sua speranza. D'altro canto davanti all'infanzia non si può non rimanere coinvolti e nel nostro caso i protagonisti sono proprio due bambini Amir e Hassan, due bambini di Kabul che si divertono a far volare gli aquiloni. Un giorno per caso Amir assiste ad una violenza ai danni di Hassan, decidendo però di scappare,come un vigliacco. Da qui l'incipit del romanzo. un percorso verso la redenzione, verso la riscoperta di un coraggio che è nascosto in ognuno di noi e perchè in fondo "non è mai troppo tardi per tornare ad essere buoni". Un libro che commuove fino all'ultima riga, una grande scrittura le cui parole incantano. Khaled Hosseini si riconferma uno dei miei scrittori preferiti.

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Annalisa64 Opinione inserita da Annalisa64    01 Mag, 2011
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Un grande romanzo storico

All'interno di un romanzo storico si muovono persone "normali" con le loro debolezze e con i loro punti di forza. Il risultato è un affresco di quelli che restano fissi nel tempo. Scritto senza girare intorno ad argomenti tristi e violenti che dimostrano come il popolo sia la principale vittima di ogni guerra e come l'intolleranza porti solo alla violenza. La debolezza delle democrazie intesa come la debolezza degli esseri umani e la tirannia come l'aspirazione di alcuni di dominare gli altri come egoismo. Chi è il cattivo? Colui che compie il male o anche colui che si volta da un'altra parte? Chi è più intelligente? L'eroe che affronta con coraggio i violenti rimettendoci la vita o il pavido che nascondendosi e fuggendo preserva la propria? Questi gli elementi che rendono questo libro una lettura obbligatoria per capire, più che l'Afghanistan, di che pasta siano fatti gli uomini.

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ludo94 Opinione inserita da ludo94    18 Aprile, 2011
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un capolavoro

Probabilmente il miglior libro che io abbia mai letto, "il cacciatore di aquiloni" è una di quelle storie che ti scuote, ti turba e che ti fa pensare. Sullo sfondo di un paese dilaniato dalla guerra, l' Afghanistan, l' autore ci offre un punto di vista alternativo di quello propinatoci dai mass-media, regalandoci descrizioni paesaggiastiche minuziose e stralci di vita quotidiana, facendo con ciò immergare il lettore all' interno di questo mondo affascinante. La storia, invece, ci fa riflettere sui più grandi valori della vita: l' amicizia, l' amore, la colpa, il perdono, il rispetto. Ci fa capire come una persona possa rimanere segnata da un errore, come esso possa influenzare le azioni di tale persona e come, al termine, possa essere perdonato. La trama è estremamente originale e lineare e lo stile dell' autore mai esagarato: la coniugazione di questi due elementi permette una lettura impegnativa ma al tempo stesso molto appassionante. Consiglio la lettura a tutti, incondizionatamente.

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Elizabeth Opinione inserita da Elizabeth    27 Marzo, 2011
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La legge del cuore

Un libro che ti travolge immediatamente, che ho sentito mio. Sarà che anche io ho un'amica che mi sa leggere nel cuore. “Hassan non conosceva l’alfabeto, ma sapeva leggere dentro di me. Avere qualcuno che in ogni momento sapeva di cosa avevo bisogno, era fastidioso, ma anche rassicurante”. Così diceva Amir. Un uomo che ha avuto la forza di ricominciare da se stesso. Un racconto di rinascita, fratellanza e amore. Un amore che può andare oltre ogni confine, insieme agli aquiloni.

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Alex81 Opinione inserita da Alex81    10 Marzo, 2011
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Brillante


Romanzo da leggere tutto d'un fiato. In grado di rapire il lettore dalla prima all'ultima pagina. Ottime le descrizioni pesaggistiche e dei personaggi. Ottima la trama, sempre coinvolgente.
Il contenuto sempre emozionante.
Questo e'un libro in grado di scavare dentro l'anima del lettore e lasciarlo "stordito" per qualche giorno.
Struggente, faticoso, triste, minaccioso, felice, sporco, cupo, armonioso, sono solo alcuni degli aggettivi che esprimono le emozioni che la storia regala al lettore.
Fantastico!

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Cristina V Opinione inserita da Cristina V    25 Novembre, 2010
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Struggente.


Non è facile dire qualcosa che non sia già stato detto, in tante opinioni...

Un romanzo struggente, dalla prima all'ultima pagina. E pensare che io diffidavo, come sempre per i Best sellers , troppo osannati.

L'incipit ti inculca un senso di attesa, per tutto ciò che verrà dopo.
E sarà una storia grandiosa.
Quella frase di Hassan:-Per te qualsiasi cosa- assumerà poi , nello scorrere della storia, il suo pieno significato.

La storia di un popolo, quello Afgano, martoriato dalla guerra; la storia di vite violate, di infanzie distrutte e private dei diritti più elementari; la storia di gente a cui viene tolto tutto, il bagaglio culturale, la dignità...la vita stessa.

La storia di un'amicizia vera; di una fratellanza negata per le convenzioni sociali; di un conflitto generazionale tra padre e figlio; soprattutto l'intensa storia di un uomo e dei suoi tormenti interiori... Dei suoi sensi di colpa, che lo faranno ripercorrere all'indietro un cammino , tale da potere avere ancora rispetto di sè stesso, e di riscattarsi!
Tutto questo è stato per me il romanzo.

Una storia struggente , che ci porta in un paese straziato dove gli aquiloni non volano più.

Le ultima cinquanta pagine sono strappa-cuore; ho pianto, quando Sohrab ha accennato finalmente un sorriso, .."perchè la primavera scioglie la neve fiocco dopo fiocco, e forse io ero stato testimone dello sciogliersi del primo fiocco.".

Indimenticabile!

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elfina Opinione inserita da elfina    03 Novembre, 2010
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"Per te questo e altro"

Emozionante!!! Un aggettivo che, utilizzato per questo libro, ne racchiude tanti altri.
Non ci rendiamo davvero conto di come si possa vivere in un paese travolto dalla guerra. E i bambini? coloro che dovrebbero giocare con gli aquiloni costretti a subire violenze di ogni genere, dall'assistere all'uccisione dei propri genitori alle violenze sessuali.
E' una storia che va letta! Non puoi non affezionarti ad ogni personaggio. Attraverso loro impari a conoscere il cuore dell'Afghanistan fatto di tradizioni, sapori, colori, odori e di gente. Gente umile e buona. E insieme a loro ti arrabbi, piangi, ridi, giochi, combatti...
Ho pianto in diversi punti perchè mi sono proprio resa conto di quanto sono fortunata!

Naturalmente fa da sfondo la scena politica. Quando si parla di Afghanistan si tende a pensare alle vicende accadute dal 11 settembre 2001 in poi. Anche per me era così prima di leggere questo libro.

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Titti 1974 Opinione inserita da Titti 1974    14 Settembre, 2010
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Un libro indimenticabile

Non credo di avere la capacità di dare voce a tutte le emozioni che hanno accompagnato questa lettura. Mi vien voglia di riprendere la critica che consiglia: "Se avete tempo di leggere un solo libro in un anno, fate che sia "Il cacciatore di aquiloni".
Nulla di più vero. Un Afghanistan sconosciuto sotto tutti i punti di vista, che affascina, ma che fa tanta paura. Personaggi che ti conquistano, facendoti arrabbiare, vergognare e che regalano le loro emozioni, le loro paure, ogni loro emozione, facendola diventare tua. Amir, Hassan, Sorhab, Baba, Ali, Khamir entrano nella vita e nel cuore, impari ad amarli, ti affezioni, e quando arrivi all'ultima pagina hai già nostalgia della loro presenza. Una storia delicata e dura che tocca le corde del cuore e che commuove e che fa piangere. Una storia che non solo si legge, ma che si vive in modo intenso e vero. E quando chiudi quel libro, non sei più la stessa persona e gli occhi si alzano al cielo a cercare un aquilone che faccia sciogliere il primo fiocco di neve al sole.

Un libro indimenticabile

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fabiomic75 Opinione inserita da fabiomic75    30 Luglio, 2010
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Ricordo indelebile

Ho letto questo primo libro di Hosseini diverso tempo fa ma ne conservo un ricordo vivissimo. Si tratta di un romanzo emozionante e commovente che non può non toccare il cuore ad un lettore dotato di un minimo di sensibilità. Le condizioni in cui versano gli abitanti dell'Afghanistan durante il regime talebano sono descritte nel racconto in maniera estremamente vivida e cruda.
Consiglio la lettura a chi si fosse lasciato "infastidire" dal tam tam mediatico che il libro ha suscitato anche in seguito all'uscita del fortunato film di Forster, non abbiate pregiudizi... è un peccato! Bellissimo.

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katia 73 Opinione inserita da katia 73    09 Giugno, 2010
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il cacciatore di aquiloni

Forse l'unico libro molto reclamizzato che non mi ha deluso, anzi mi è piaciuto veramente tanto. Un romanzo toccante ed emozionante come pochi, l'autore ci porta in un mondo e in una cultura molto lontani ma ce li fa sentire vicini,i personaggi sono "vivi" e i luoghi che descrive ti sembra di vederli veramente .E' la storia di un amicizia tra due ragazzi che finirà per essere spezzata da un evento più grande di loro, ma è anche la storia di un paese difficile e di un popolo che cerca di sopravvivere alla violenza da cui è circondato. Un libro assolutamente da leggere e devo dire che anche il film gli ha reso giustizzia.

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alexandros Opinione inserita da alexandros    09 Giugno, 2010
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Un aquilone per sognare, sperare...rinascere.

Questo romanzo e' diventato, meritatamente, grazie al passaparola iniziale prima un successo mondiale e poi un libro di culto. La storia è inserita nei trent'anni della storia afghana, partendo dalla caduta dell'impero russo alla fine del regime talebano fino ai nostri giorni. E' scritto con un linguaggio ricercato ma comprensibile, esprime i pensieri, le paure, le preoccupazioni dei protagonisti in modo molto partecipe rendendo la storia ancor più realistica. Decisamente un bellisimo libro , che parla del rapporto padre-figlio, dell'amicizia, del tradimento, del perdono . Ma soprattutto ci fa' scoprire la cultura afghana importante per capire, o almeno provare a capire, come il regime dei talebani sia riuscito ad imporre, con la paura e la violenza, la repressione di ogni slancio libertario dell'anima. Leggendolo mi sono sentito trascinare , come in un gorgo senza fondo, in un mondo contradditorio, violento e per me spesso incomprensibile. Ho amato e odiato i personaggi descritti da Hosseini in questo romanzo emotivamente coinvolgente ma anche stimolante dal punto di vista della riflessione sulla liberta' individuale, sulla religione e sul potere. Gli aquiloni mi sono sembrati il simbolo di tutti i sogni di gioia e di liberta', insomma il simbolo della speranza e della rinascita !

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A chi ama le storie profonde ed emotivamente coinvolgenti....impossibile non indignarsi , arrabbiarsi,commuoversi...Consigliatissimo !!!
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NomeUtente Opinione inserita da NomeUtente    21 Mag, 2010
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Da leggere assolutamente

Premetto che ero scettico dl momento che mi è stato consigliato da troppe persone, e di solito non è un buon segno.
E' un libro che affronta temi delicati come guerra, stupri, razzismo e soprusi.
La cosa più interessante è come questi temi siano fusi con la società, l'educazione e le abitudini del paese nel quale si sviluppano, l'Afghanistan.
L'autore riesce a far capire che nessun comportamento può essere gudicato a prescindere dal suo contesto e come l'educazione e le abitudini di un popolo siano difficili da modificare.
Non tutti gli uomini che agiscono in maniera sbagliata sono cattivi, l'analisi del contesto è l'unica strada per capire.

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Opinione inserita da giovanna    26 Aprile, 2010

bambini senza infanzia

a me una delle cose che ha piu' atrocemente colpito sono le condizioni in cui sono costretti a vivere soprattutto i bambini. "in afganistan ci sono tanti bambini ma non c'e' infanzia". poi alcuni personaggi cosi' saggi, cosi' intensi. veramente commovente! non sono d'accordo con chi dice che e' banale troppo "perbenista" buoni e cattivi. il protagonista principale e' il primo che sin dall'inizio dimostra di non essere perfetto, anche il personaggio Baba aveva commesso i suoi errori! eppure proprio per questo l'ho trovato magnifico! un libro che consiglierei a tanti ragazzini viziati...

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storie di guerra
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Lidenbrock Opinione inserita da Lidenbrock    17 Aprile, 2010
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Un libro che ti costringe a diventare asociale...

La lettura è piacevole. Si divora in pochi giorni.
Più volte - in treno - mi è capitato di spalancare la bocca o commuovermi...
In alcuni punti si notano alcune forzature dell'autore... troppe coincidenze o casi fortuiti... ma rimane sempre una bella storia.
Si diventa asociali perchè per una settimana in treno mi sono alienato da tutto e tutti, allontanandomi dai miei abituali compagni di viaggio... e dimenticando SEMPRE di avvertire mia moglie Claudia di venirmi a prendere alla stazione...



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Ginseng666 Opinione inserita da Ginseng666    16 Aprile, 2010
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Il valore dell'amicizia...

E' la storia dell'amicizia di due bambini: uno è il figlio del padrone, l'altro è il figlio del servitore...
All'inizio questa differenza sociale non preclude il loro rapporto che è gioioso e allegro come quello di tutti i bambini..Il loro passatempo preferito è quello di inseguire aquiloni e il padre ne costruisce per loro sempre più colorati e vivaci..
A causa di un avvenimento tragico l'amicizia dei due piccoli si spezza e Amir fa cacciare il suo amico Kabul per non avere sotto gli occhi il frutto della sua colpa..
Ma gli errori e le colpe ci seguono ovunque e non servirà per Amir fuggire in un altro paese per dimenticarsi del terribile errore commesso.
Dovrà infatti tornare dopo molti anni e fare i conti con la propria coscienza per il suo comportamento pavido.
Troverà un paese in guerra, violento, oppressivo con le donne e dove non c'è più posto per il gioco degli aquiloni.
Un romanzo bellissimo che evidenzia il valore dell'amicizia.
Complimenti all'autore.
Ginseng666

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A tutti coloro che credono nell'amicizia e anche a coloro che non ci credono..
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sefora Opinione inserita da sefora    02 Aprile, 2010
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Il semplice diventa straordinario .

Quando ho cominciato a leggere il romanzo, avevo molta difficoltà ad interromperne la lettura. Le pagine si susseguono con incredibile sorpresa, nulla viene dato per scontato. Ciò che più mi ha colpito è come un semplice gesto (il volo di un aquilone)possa divenire per un intero popolo il simbolo di una libertà negata. Non è solo la storia di due amici/fratelli che viene raccontata ma anche la storia di un intero paese in cui tutto viene proibito:tagliarsi la barba, smaltarsi le unghia,leggere, ballare, ascoltare musica....e...far volare gli aquiloni!
Ho apprezzato ancora di più la mia vita libera in un paese libero in cui possiamo scrivere liberamente la nostra opinione su un libro letto!!!

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mille splendidi soli
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Minny Opinione inserita da Minny    02 Aprile, 2010
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Un romanzo sopravvalutato

Capisco di essere una delle pochissime voci stonate e fuori dal coro quasi del tutto unanime di lodi.
Ho letto due volte , e con attenzione il "Cacciatore di aquiloni": onestamente il mio giudizio, negativo, è restato lo stesso.
Messe da parte le belle descrizioni di una ambientazione assolutamente interessante e poco nota , ho avuto l'impressione di un testo studiato completamente a tavolino e a freddo , per cosìdire, a partire dalla trama , il cui finale è più che prevedibile e che è già pronta per essere tradotta in un film di cassetta.La tematica - amicizia, libertà, perdono- è indubbiamente nobile, ma anch'essa , secondo me, è stata attentamente scelta e programmata. La psicologia dei personaggi è poi elementare ed al tempo stesso sopra le righe, melodrammatica : i buoni sono ottimi, i cattivi pessimi. Insomma , mi sembra un libro in gran parte scritto col bilancino, ossia tenendo conto delle tematiche che avrebbero riscosso sicuramente consenso e successo presso i lettori.

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ed ama i romanzi a tesi in salsa buonista.
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Opinione inserita da Milena    23 Novembre, 2009

Pubblicità ingannevole?

Amir, un pusillanime di ricca famiglia scappa con suo padre negli Stati uniti quando l’Afghanistan viene occupato dall’esercito russo, nel 1981.

Dopo vent’anni viene rintracciato da un vecchio amico di famiglia che gli chiede di ritornare in Afghanistan per salvare il figlio di Hassan, il suo ex servetto, che è rimasto solo al mondo. Amir torna e scopre nell’ordine che:

- Hassan è in realtà il suo fratellastro

- Suo padre non era l’esempio di moralità che Amir aveva sempre pensato

- La madre di Hassan era tornata da suo figlio dopo averlo abbandonato alla nascita (a volte ritornano), vivendo con lui fino alla morte

- Il Talebano che ha rapito il figlio di Hassan è l’ex bulletto di quartiere che terrorizzava i bambini quando Amir e Hassan erano piccoli.

Dopo mille peripezie, e dopo aver confermato di essere un pusillanime, Amir riesce a portare il figlio di Hassan negli Stati Uniti.



Una serie allucinante di coincidenze e intrecci da soap opera. Sembra che Kabul sia un borgo di una decina di famiglie, dove la prima cosa che ti puoi aspettare è di imbatterti nelle stesse persone, all’infinito. Ma mentre per le soap opera questo è giustificato da esigenze di budget, fidelizzazione del pubblico, e, obiettivamente, dalla pochezza della storia, in un libro che senso ha? L’autore ha voluto risparmiare sulla fantasia?

Sullo sfondo di una trama da feuilleton appena meno romantico, la storia di Kabul e dell’Afghanistan, con le occupazioni e le guerre. Ma proprio sullo sfondo. Così sullo sfondo che il libro non aggiunge niente all’eco lontana della cronaca che i nostri mezzi d’informazione riportano da quella terra.

Un libro che ammicca smodatamente ai gusti del pubblico occidentale (americano nella fattispecie), ma che non va in profondità nella cultura afghana. Si limita a creare empatia coi singoli personaggi, col solo risultato che il lettore prende coscienza del fatto che in Afghanistan ci vivono anche persone normali, oltre a Bin Laden e montagne deserte da bombardare.

Francamente un po’ poco.

Unica nota positiva: lettura scorrevole

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qualsiasi libro di Maria Venturi
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    25 Luglio, 2009
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IL CACCIATORE DI AQUILONI

Il romanzo coinvolge il lettore in una panoramica della storia afgana degli ultimi trenta anni.

Il filo conduttore è dato dall'amicizia tra due bambini di Kabul cresciuti insieme,simili e diversi al tempo stesso. Gli anni scorrono e in parallelo muta la vita dei protagonisti e quella del loro paese.

Lo stile e il linguaggio di Hosseini sono molto fluidi e le pagine che ritraggono Kabul e la sottomissione della popolazione sono di facile lettura.

Un libro che merita di essere letto.

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romanzi a cui fa da sfondo la realtà politica di una nazione
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