Soffocare Soffocare

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    18 Aprile, 2020
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Victor Mancini

«Immaginati una persona che cresce tanto stupida da non sapere che la speranza non è che una delle tante fasi che prima o poi si superano. Che davvero ha pensato fosse possibile fare qualcosa, una cosa qualsiasi, che durasse per sempre»

Un giovane americano, Victor Mancini, con un lavoro arrangiato e uno stipendio ancor meno ben remunerato che si inventa uno stratagemma per guadagnare facile e pagare la retta della residenza psichiatrica in cui la madre soggiorna, altro non è che il protagonista di questa eclettica storia a firma Chuck Palahniuk. Opera, quest’ultima, che o si ama o si odia perché già dal suo incipit l’avvertimento è chiaro: “Se stai per metterti a leggere, evita. Tra un paio di pagine vorrai essere da un’altra parte. Perciò lascia perdere. Vattene. Sparisci, finché sei ancora intero”.
Ed effettivamente nessun avvertimento può essere più azzeccato perché la sensazione che sussegue nella lettura è esattamente quella di un volersi trovare da tutt’altra parte. Perché l’autore nulla risparmia al conoscitore che viene travolto da descrizioni talvolta molto volgari (sessuali, sull’infanzia e non) e da un costante senso di “navigazione a vista” e da un travagliato senso di vivere allo sbando mixato al perenne senso di solitudine.
Perché il messaggio che arriva si riassume nell’espressione: “Si nasce soli e si muore soli”. Ogni individuo è affiancato da relazioni di maggiore o minore intensità, amicizie, conoscenze, legami, relazioni e chi più ne ha, più ne metta, che non fanno altro che far da cornice al vissuto perché nulla può colmare davvero quel bisogno di affetto e di costante ricerca di quel qualcosa che ci faccia sentire pieni.
Pagina dopo pagina iniziamo inoltre a scoprire del passato di questo antieroe cresciuto con una madre che a sua volta vive di espedienti (addirittura prostituendosi) ma che sinceramente prova affetto per quel figlio che viene di poi affidato ad una famiglia affidataria ma che ella a tutti i costi vuole riavere con sé.
Un libro caratterizzato da una penna cruda e da un messaggio duro che divide. O si ama, o si odia.

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vivian84 Opinione inserita da vivian84    17 Febbraio, 2020
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L'ESISTENZA CHE OPPRIME

“Se stai per metterti a leggere, evita. Tra un paio di pagine vorrai essere da un’altra parte. Perciò lascia perdere. Vattene, sparisci, finché sei ancora in tempo.”

Con questo monito, Victor Mancini entra in scena per sconvolgere il lettore attraverso il suo racconto crudo e tremendamente sincero, descrivendo la parabola di uomo segnato dai tormenti ed in perenne bilico emotivo; cinico ed apparentemente incapace di provare sentimenti tuttavia alla perenne ricerca di quell’amore incondizionato privatogli dalla madre, una donna affetta da gravi disturbi mentali ed assai incline alla delinquenza, che egli identifica come la causa ogni male presente nella sua vita incolpandola per tutti i suoi fallimenti: da brillante studente in medicina a lavoratore precario in una riserva, da ragazzino impacciato ed insicuro a uomo sesso-dipendente, misogino e parecchio egoista. Con la madre continuamente in carcere, Victor è stato costretto a passare da una famiglia adottiva all’altra, senza riuscire a sviluppare quell’autostima e sicurezza di sé necessari per affrontare l’età adulta, giungendo pertanto a quasi trent’anni senza il benchè minimo progetto di vita e campando alla giornata.

In questa sua assurda esistenza tuttavia uno scopo esiste: ogni sera finge di soffocare nei ristoranti di lusso della città per farsi salvare dal primo animo nobile presente in sala. Il perfido intento di Victor è quello di far nascere nel cuore del suo salvatore un sentimento di forte pietà misto a gratitudine, che induca il malcapitato nel sentirsi in obbligo ad inviargli periodicamente dei soldi. Questo denaro, accompagnato da un biglietto o una lettera e tante parole amorevoli, gli è strettamente necessario per pagare la costosissima retta della casa di cura dove è ricoverata la madre ormai prossima alla morte.

Palahniuk dedica una buona parte del romanzo, attraverso dialoghi composti da brevi frasi, parole taglienti e toni ironici, a Victor ed al suo disperato e continuo tentativo di conciliare l’odio puro per quella madre pazza ed egoista con il primordiale bisogno di quell’amore che ella gli ha negato. Eternamente combattuto fra il delirante desiderio che muoia e la speranza che, continuando a pagarle le cure, lei viva abbastanza per dirgli finalmente ciò che vuol sentirsi dire, quella verità assoluta che sembra essere custodita in un diario segreto scritto in una lingua straniera.

Un malessere profondo che esplode nella voragine di sesso ed inganno nei confronti del prossimo, quello stesso imbroglio escogitato dalla madre per coinvolgerlo e renderlo complice dei suoi discutibili atti vandalici a ribellione del “sistema”; un copione che anche lui, ogni sera, ripropone all’ora di cena per raccogliere affetto e qualche spicciolo da perfetti sconosciuti.
Egocentrismo e complesso di inferiorità sono alla base di questo romanzo, attualissimo e dalla potenza istruttiva: le metafore utilizzate sono chiare ed arrivano diritte all’inconscio del lettore, così come le numerose immagini forti e scabrose che “sporcano” e disturbano la quiete interiore.

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Cristina72 Opinione inserita da Cristina72    12 Novembre, 2018
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Emozioni tra le righe

Palahniuk non è per tutti i palati: troppo forte, persino stucchevole, ma il retrogusto dei suoi romanzi non si dimentica. Parlare di una dipendenza – sessuale, nel caso specifico – dosando alla perfezione dramma e ironia è una sfida che lo scrittore americano accetta spesso e volentieri, in barba al buon gusto, a volte, e ai benpensanti, sempre.
Del politicamente corretto Palahniuk non sa proprio che farsene, dei buoni sentimenti men che meno: le emozioni autentiche, quelle che inumidiscono gli occhi, con lui si leggono tra le righe, sono però scritte a lettere cubitali.
Ed è così che ci sorprendiamo a provare empatia per la sorte del protagonista e di altri personaggi estremi, fino ad immedesimarci con il loro sentire e a ritrovarci dall’altra parte dello steccato, tra la feccia della società, i “depravati”, che ti porgono perle di saggezza con mani sudicie:
« È patetico come non siamo capaci di convivere con ciò che non comprendiamo. Come abbiamo bisogno di etichettare e spiegare e dissezionare tutto quanto. Persino le cose inspiegabili per definizione. Persino Dio».
Cos'è in fondo una dipendenza se non un modo per mettere un argine all'imprevedibiltà dell'esistenza, scegliendo la fine che più ci aggrada? Considerazione paradossale, certo, ma arrivando all'ultima pagina viene da pensare che c'è sempre un po' di logica nella follia:
«“Libertà” non è la parola esatta, ma è la prima che viene in mente».

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Lyda Opinione inserita da Lyda    20 Febbraio, 2018
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Si nasce soli e si muore soli.

L'autore narra con una scrittura diretta e molto colorita la vita disadattata di un giovanotto americano che ha un lavoro poco remunerato pertanto inventa uno stratagemma per racimolare soldi e pagare così la retta della clinica psichiatrica in cui è ricoverata la madre.
Dalle pagine di questo scrittore statunitense che arrivò al successo con il primo romanzo “Fight Club”, divenuto best-seller, emerge un'immensa e devastante solitudine: nessuno resta immune dalla descrizione cruda e a tratti volgare di una vita di stenti che combatte - o crede di farlo - quel lento e deprimente 'navigare a vista' tramite l'inconscio meccanismo di sesso-dipendenza.
“Si nasce soli e si muore soli”
L'esistenza umana è un insieme di persone e conoscenze più o meno approfondite ma dentro a ognuno di noi, nel nostro profondo essere, siamo completamente soli, che ci piaccia o no.
E il protagonista, Victor Mancini, di persone ne incontra moltissime ogni giorno, soprattutto di sesso femminile, vista la sua patologia, ma rimane comunque sempre carente d'affetto e alla perenne ricerca di qualcosa o di qualcuno.
E' interessante il tratteggio narrativo del personaggio bambino e delle avventure scapestrate al seguito della madre pazzoide che ruba, si prostituisce, vive di espedienti ma che comunque vuole davvero bene a suo figlio e prova ne è il fatto che quest'ultima, ogni volta che il piccolo viene affidato a una famiglia cosiddetta regolare si lancia in rocambolesche imprese per riprenderlo con sé.
Nel libro vi sono citazioni da considerarsi perle di saggezza, da tenere bene a mente.
A caso:
“Finché non trovi qualcosa per cui lottare, ti accontenti di cose contro cui lottare.”
“La gente è pronta a fare i salti mortali se solo la fai sentire onnipotente.”
“E' patetico come non siamo capaci di convivere con ciò che non comprendiamo, neghiamo l'esistenza di ciò che non sappiamo spiegare.”
“Una volta oltrepassato un limite è impossibile fermarsi e non c'è via di fuga per chi vive in fuga.”
Al romanzo scritto con una penna di un'impudenza volutamente sgarbata 10 anni fa fece seguito l'adattamento cinematografico scritto e diretto da un regista debuttante, Clark Gregg.
Il film presenta tra l'altro una simpatica curiosità: in una delle ultime scene, sull'aereo, seduto accanto al protagonista appare lo stesso Pahalaniuk.

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Njna Opinione inserita da Njna    10 Dicembre, 2015
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Irriverente, esilarante e spesso sacrilego in una

Irriverente, esilarante e spesso sacrilego, in una parola Palahniuk. L’autore riconferma a pieno il suo stile dimostrando ancora una volta una straordinaria capacità di scrittura a fronte delle tematiche, delle situazioni surreali e di un plot tutt’altro che scontato.
Non è necessario che abbia letto altri libri di Palahniuk perché il lettore sia calato senza troppo disagio in un universo narrativo fatto di parolacce, linguaggio osceno e situazioni che rasentano la pornografia. È un codice studiato a tavolino e il lettore (annoiato e maliziosetto che c'è in ognuno) non può che farlo proprio perché lo scrittore è così forte da riuscire a rispettarne la coerenza sempre. Il punto di vista assunto è quello del protagonista della storia , il sessodipendente Victor e le zone d'ombra create da questa mimesi potrebbero suggerire qualche falla nella trama ma abbiate fiducia, non mancherà il colpo di coda che farà quadrare i conti.
È un libro che si legge con un sorrisino scemo sulle labbra che con facilità potrebbe trasformarsi in una sonora risata; non per questo manca lo spazio per la riflessione; al contrario Soffocare è intriso di messaggi importanti, di moniti alla messa in discussione di se stessi, alla ricerca del riscatto e dell'amor proprio perduti.
C’è da dire che le peculiarità di questa scrittura che in prima battuta ne costituiscono la forza alla lunga potrebbero stancare e l'entusiasmo che facilmente si prova a leggere per la prima volta questo autore potrebbe intiepidirsi.
Vi segnalo inoltre che esiste una trasposizione cinematografica del 2009 meno nota del più fortunato Fight Club.

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mery75 Opinione inserita da mery75    16 Agosto, 2015
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Dipendenze

Ad ogni visita in libreria mi ritrovavo sempre con la tentazione di leggere questo libro, ma leggerne la sintesi che si trova sulla quarta di copertina mi scoraggiava dal proposito; è completamente fuorviante. Per fortuna mi è stato dato e così non ho avuto più scuse, l’ho letto ed è diventato uno dei miei libri preferiti degli ultimi anni.
Dalle prime righe sono stata conquistata da Palahniuk, che non se ne frega niente di compiacermi raccontandomi storie rassicuranti, con personaggi controcorrente e dalla solida etica, magari scritto utilizzando un linguaggio ricercato in modo da assecondare ed alimentare le mie convinzioni narcisistiche, facendomi illudere di essere uno spirito e un intelletto elevato……….
L’intento di P. è completamente opposto.

“Se stai per metterti a leggere, evita. Tra un paio di pagine vorrai essere da un altra parte. Perciò lascia perdere. Vattene. Sparisci, finchè sei ancora intero. Salvati. Ci sarà pure qualcosa di meglio alla TV".

Uno degli incipit, più belli mai incontrati, che racchiude in sé tutto lo spirito del libro e che mette in guardia su uno stile ironico e grottesco ma anche crudo, macabro, volgare e non per tutti gli stomaci.

Quello che fa Palahniuk,infatti, è portare a galla la merda che c’è dentro ognuno di noi e la cosa geniale è che riesce nell’intento facendoci anche divertire con il suo umorismo grottesco, e prendendoci in giro confondendo i piani del reale e dell’irreale.

Le descrizioni realistiche e dettagliate degli accoppiamenti e dell’espletamento di altre funzioni fisiologiche del protagonista, o la volgarità del linguaggio, potrebbero sembrare eccessive, ma in realtà, sono sempre funzionali alla genialità della storia; non sono mai gratuite.

Soffocare è una storia sulla dipendenza, che si manifesta in milioni di forme nelle storie degli esseri umani (dalla sessodipendenza alla sassodipendenza…), ma ha sempre la stessa matrice: il bisogno di amare ed essere amati, la sensazione di inadeguatezza rispetto alla potenza di quel bisogno e la conseguente sensazione di solitudine che ci opprime e che ci porta a rifugiarci in qualsiasi comodo angolo, fosse anche un angolo fatto di perversione, secondo il comune sentire (e il comune senso del pudore…), o contrario alla natura umana.. ma che ci procura un rassicurante calore, destinato però a rivelarsi puntualmente apparente e transitorio.
Per il protagonista della storia e per i personaggi che gravitano intorno al suo mondo, è la dipendenza dal sesso la valvola di sfogo di questa distorsione, ma ognuno di noi trova il suo rifugio in una sua personale ossessione, per sfuggire alle dure leggi dei rapporti interpersonali, alla noia o alla paura della morte.
“Le dipendenze, sono solo uno dei tanti modi per curare lo stesso problema. Le droghe, la bulimia, l'alcol, il sesso, sono strumenti per trovare un po' di pace. Per sfuggire a ciò che conosciamo. A quello che ci insegnano. Al nostro boccone di mela.”
Tutte le relazioni interpersonali sono impregnate di questa legge; i rapporti fra i sessi (“Le donne non vogliono la parità dei diritti. Hanno molto più potere se vestono i panni delle oppresse. Gli uomini devono essere i nemici che tramano contro di loro. È il pilastro sul quale poggia la loro identità.”), i rapporti madre-figlio, le generiche interazioni con gli sconosciuti.
Sono tutte relazioni fra soffocante e salvatore, dove non è mai certo e definitivo chi sia la vittima e chi il salvatore…. (“io ho bisogno che qualcuno abbia bisogno di me, ecco cosa. Ho bisogno di qualcuno per cui essere indispensabile. Di una persona che si divori tutto il mio tempo libero, il mio ego, la mia attenzione. Qualcuno che dipenda da me. Una dipendenza reciproca. [...] Come una medicina, che può farti bene e male al tempo stesso”)
“Fingendoti debole acquisisci potere. E al tempo stesso fai sentire le persone più forti. Lasciandoti salvare, tu salvi loro.”, è una delle frasi che condensa meglio questo imprevedibile gioco delle parti.

Nel corso della lettura del libro, ci riscopriamo destabilizzati mentre realizziamo che fino a quel momento abbiamo solo creduto di fottere la vita, mentre dalla vita venivamo sodomizzati, come l’uomo grottesco che, sotto le “grinfie” della scimmia e delle sue palline, è sorridente mentre ne subisce le violenze.
Il fascino di questo libro sta nel fatto che mi ha costretta a mettermi in discussione e mi ha fatto riguardare con onestà a tutti quegli angoli bui della mia anima che, per istinto di conservazione, di solito, tendo a lasciare nella penombra.
Vedere rappresentati i propri limiti, non è però solo causa di sofferenza.. è anche un grande stimolo per cercare di superarli. Magari seguendo il suggerimento che lo stesso P. dà alla fine del libro:
“Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi. A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro. Oppure possiamo scegliere da noi. E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito”
Buona salvezza a tutti…(sempre che salvarsi sia una priorità..).

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FrankMoles Opinione inserita da FrankMoles    11 Agosto, 2014
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Dipendenze e alienazione

L'inizio del romanzo prospetta un libro che sconvolgerà colui che si appresta a leggerlo, poichè ci si cala in una realtà fatta di dipendenze e pazzie e che appare distorta e filtrata dai pensieri del protagonista.
Victor Mancini è un fallito sessodipendente e proprio grazie alla sua dipendenza riesce ad alienarsi dalla quotidianità di una vita che non l'ha mai soddisfatto per la presenza ingombrante di sua madre, che fin da piccolo è stata per lui fonte di angosce e incertezze. La madre è ora malata e per sostenere le gravose spese Victor va in giro per locali e finge di soffocare al fine di farsi salvare e farsi mantenere dalla pietà dei suoi salvatori. I personaggi che Victor incontra nella sua realtà sono altrettanto confusi e inseriti perfettamente in un mondo in cui la razionalità è del tutto assente, forse anche per critica alla società contemporanea che porta alla necessità di crearsi delle dipendenze. L'incontro con l'enigmatica Paige cambierà però le carte in tavola grazie anche alle rivelazioni che questa gli farà riguardo al suo vero padre. Rivelazioni che instilleranno ancora di più il contrasto con la moralità nello spirito di un uomo internamente afflitto.
L'opera, complessivamente piacevole ma a tratti vaneggiante, si conclude con un finale sorprendente e sicuramente il pregio dell'autore è quello di aver creato un libro in cui non si sa mai cosa aspettarsi dalle pagine successive. Tuttavia, talvolta risulta a mio parere evitabilmente confusionario, mescolando più fili narrativi e temporali che possono disorientare il lettore.
L'obiettivo di Victor è quello di crearsi un nuovo futuro, una nuova vita e un nuovo sè, seguendo un precetto datogli nell'infanzia da sua madre:
"Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi. A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
Oppure possiamo scegliere da noi.
E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito."

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TheStrapy Opinione inserita da TheStrapy    01 Mag, 2014
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Racconto Pirandelliano

Il mio primo romanzo di Palahniuk.
Lo stile è senza dubbio un punto di forza in quanto è diretto nel linguaggio (spesso molto volgare, senza filtri). Non sono mancate le frasi che mi hanno fatto sorridere davvero, il che risulta spesso difficile davanti a un libro anziché a un film.
Leggo dappertutto l'aggettivo bizzarro, ed è forse proprio questo un altro punto di forza. Non capivo infatti il personaggio di questo bambino diventato un fallito sessodipendente, e alla fine pensavo di imbattermi in un finale che lo svelasse, ma che invece mi ha lasciato sorpresa non essendo poi così scontato (in realtà non sapevo che aspettarmi).
Racconto Pirandelliano perché tra gli elementi di pura follia c'è un Palahniuk che riflette su alcune cose interessanti e vere, che raccontano i punti deboli della società senza filtri.
Non vedevo l'ora di finirlo e quando l'ho fatto non posso dire di essere rimasta insoddisfatta. Userò una sua frase di questo libro come spunto di una tesina scolastica che dovrò fare, quindi non è assolutamente da buttare anche se il contenuto è un racconto un po' "blando".

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Agli amanti di Palahniuk e a coloro che vogliono leggere qualcosa di stravagante e insolito.
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Sara S. Opinione inserita da Sara S.    14 Dicembre, 2012
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Sessodipendenze e altre follie

Il primo libro di Palahniuk che leggo. Descritto come un autore grottescamente geniale, paragonato a Welsh (che io adoro!), personalmente non ho trovato questo romanzo (con media di 4 stelline su anobii) così TANTO straordinario. Certo, è una storia assolutamente grottesca, assurda, visionaria, con humor nero e risate amare, ma l'impressione che ne ho avuto è stata un po' altalenante. Se da una parte ci sono alcuni capitoli che mi hanno divertita moltissimo, da leggere e rileggere (vedi il capitolo sullo "stupro" programmato, troppo forte!), ce ne sono altri che invece non mi hanno lasciato proprio nulla. La storia infatti non è lineare, è composta da storia presente, aneddoti vari, passato, considerazioni... diciamo che se l'autore si fosse concentrato solo sulla storia presente senza troppe divagazioni mi sarebbe piaciuta di più. La trama scritta sulla quarta di copertina trae un po' in inganno perché punta l'attenzione solo su un aspetto del romanzo, mentre la trama è diversa, è molto incentrata sul sesso, e il linguaggio è volutamente esagerato e volgare. Non mi scandalizzo, solo che alcune scene sono sopra le righe in maniera che oserei definire "fanatica", l'obiettivo sembra sia DISGUSTARE il lettore, mentre io in questo genere di libri preferisco un tipo di volgarità sagace e umoristica, cosa che qui non sempre riesce. Se oscenità e follia allo stato puro non vi infastidiscono non è un brutto libro, si legge in fretta, non annoia, però non è esattamente quello che io intendo per romanzo GENIALE. Leggerò sicuramente altri libri dell'autore per farmene un'idea migliore.

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Lo consiglio in primis ai lettori uomini amanti dei romanzi grotteschi e taglientemente ironici, che sapranno meglio apprezzare lo "squilibrio mentale" e la sessodipendenza del protagonista :-) Alle donne amanti delle letture "tradizionali" che non amano le volgarità gratuite lo sconsiglio. Se invece (come me) siete già avvezze a romanzi politicamente scorretti potrebbe piacervi.
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Magritte Opinione inserita da Magritte    27 Agosto, 2012
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Tanto sesso e niente arrosto

Osannato dal pubblico, dalle critiche e dalle vendite, il libro si apprestava ad essere, in seguito al mio acquisto, una bella lettura forte dell'eccitazione di poter trovare una nuova opera come altre di Palahniuk. Così non è stato, anzi, mi sono imbattuto in un tipo di romanzo che sebbene abbia argomenti di grande attrazione per un pubblico giovanile, ha serie carenze di significato. Ciò che mi ha condotto a finire la lettura è stata solo la curiosità per la conclusione di questo paradosso talmente irreale e decostruttivo da essere volto a far felice solo un pubblico che desidera trovare, conoscendo lo stile dello scrittore, una rivoluzione finale degli eventi. Temi caldi e centrali di questo libro sono il sesso, la crisi d'identità dello studente universitario e un impossibile verificarsi di eventi strani, non per dire che certe cose non possano verificarsi, ma chi ha letto il libro sa di cosa sto parlando. Non che il libro non sia completamente non riuscito o che non mi sia piaciuto ma a mio parere non trova una sua vera e propria identità, non crea stupore se non nella parte finale. Da valutare come un romanzo divertente, pseudoporno, dalla lettura leggera e piacevole ma di certo non un libro che possa trasmettere qualcosa di valore per la propria mente. La mia critica è volta al negativo per il semplice fatto che, conoscendo le capacità dello scrittore da Invisible Monsters a Fight Club, mi sarei aspettato qualcosa di più ed invece ho iniziato a credere che Palahniuk abbia dato più importanza al business e alla vendita trovando ispirazione in qualche buona idea ma senza curarla in modo approfondita come in passato.

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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    08 Agosto, 2012
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Un gran Palahniuck

"Se stai per metterti a leggere, evita.
Tra un paio di pagine vorrai essere da un'altra parte. Perciò lascia perdere. Vattene. Sparisci, finchè sei ancora intero.
Salvati."

Come puó non attrarti un libro che inizia così. Ok, premetto, sono di parte, Fight Club è uno dei miei film preferiti e uno dei miei libri preferiti, ma Palahniuck è un genio. Ho preso questo libro per caso, perchè lo ho trovato vicino alla cassa, e una volta iniziato lo ho finito in due giorni ( 278 pagg.). Il libro racconta della storia di uno studente di medicina, Victor Mancini, che per pagare le cure della madre, ex tossicodipendente, si inventa un modo tutto suo per fare soldi senza lavorare: fingere di soffocare. Ebbene si, il protagonista va a cena in un ristorante, e tramite una tecnica ormai collaudata, a metà cena si butta per terra con le mani al collo fingendo di soffocare e aspetta che qualche facoltoso signore corra in suo aiuto per salvarlo. Una volta aiutato il nostro Victor, il salvatore, si ritiene così contento del suo gesto, così soddisfatto per aver dato un senso alla sua vita, che rimane riconoscente a Victor per sempre, e periodicamente invia a quest'ultimo dei soldi, proprio come farebbe un padre con il proprio figlio. E la cosa più bella è che ha fatto così tante volte questa farsa che ormai quasi quotidianamente riceve del denaro. A questa storia si aggiunge anche la sessodipendenza di Victor. Questo libro infatti dovrebbe essere la sua fase quattro di dodici e cioè quella in cui il malato di sesso scrive tutto quello che ha fatto su un diario per favorire così la sua guarigione. Ed infine la costante corsa contro il tempo per salvare sua madre, ormai ricoverata in una clinica ed in fin di vita, che non lo riconosce più e puntualmente lo scambia per il suo avvocato. Un viaggio attraverso le dipendenze, ogni genere di dipendenza (addirittura c'è chi raccoglie sassi di ogni tipo e dimensione), un viaggio in cui nessuno fa nulla per uscirne da queste dipendenze, ma al contrario fanno di tutti per viverci insieme. Anche lo stile di Palahniuck non è semplice, frequenti i flashback e l'intreccio delle varie storie. Si passa da un capitolo che parla della sessodipendenza ad un altro che parla della sua infanzia, spesso ció accade anche nell'arco di poche righe. Inoltre, tipico del suo modo di scrivere, sono anche i dettagli tecnici legati all'argomento trattato, spesso si parla di dettagli scientifici riferiti a malattie e sindromi varie (Victor è uno studente di medicina) così come in Fight Club si parlava tecnicamente ed in maniera accurata di come comporre esplosivi o altro. Non manca poi, classico di Palahniuck, la critica alla civiltà contemporanea. Splendido il finale a sorpresa che ti lascia letteralmente a bocca aperta. Un libro avvolgente, affascinante, a tratti visionario, ma che non puó lasciare indifferenti. Palahniuck o lo ami o lo odi, e secondo me, nel suo genere, è uno dei migliori scrittori contemporanei. Da leggere assolutamente.

"Possiamo passare la vita a farci dire dal mondo cosa siamo. Sani di mente o pazzi. Stinchi di santo o sessodipendenti. Eroi o vittime. A lasciare che la storia ci spieghi se siamo buoni o cattivi. A lasciare che sia il passato a decidere il nostro futuro.
Oppure possiamo scegliere da noi.
E forse inventare qualcosa di meglio è proprio il nostro compito."

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Glicera Opinione inserita da Glicera    01 Ottobre, 2011
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Parzialmente deludente

Non avevo mai letto nulla di Palahniuk e mi aspettavo molto da questo libro, ne avevo sentito parlare fin troppo bene. Le mie aspettative però in parte sono state deluse.
Il suo punto di forza è lo stile. E' scritto molto bene, per niente prolisso; inoltre la divisione in piccoli capitoli permette di frazionare la lettura e questo può risultare comodo per chi non ha disposizione molto tempo.
Il contenuto è interessante ma, a mio avviso, è abbastanza ripetitivo; sembra che voglia dire qualcosa in più rispetto a quello che ha già scritto ma non ci riesca. Il finale mi è piaciuto.

In ogni caso consiglio di leggerlo, non fosse altro che per cultura personale.

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Marghe Cri Opinione inserita da Marghe Cri    21 Agosto, 2011
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Non hai mai letto Palahniuk???

Mai letto nulla di Palahniuk. Forse c’ero rimasta solo io al mondo... Ecco che rimedio!

Victor, il protagonista, ha due punti focali nella sua vita: la madre – una dei tanti disadattati che incontreremo leggendo - e l’incapacità di gestire la dipendenza sessuale che lo costringe ad incontri frequenti e meccanici nonostante il tentativo di recuperarsi con una terapia di gruppo.

Ha abbandonato gli studi di Medicina, sbarca il lunario con un impegno di figurante storico in un parco a tema - un ambiente squallido e deprimente, magistralmente descritto - e arrotonda le entrate con una piccola truffa: si provoca il soffocamento col cibo cenando al ristorante solo per farsi “salvare” con la classica manovra di Heimlich.
Perché? Perché ha scoperto che chi ti salva la vita, ti adotta per gli anni a venire e si sente responsabile per te.
Così per ogni manovra andata a buon fine, Victor riceve anno dopo anno dal suo salvatore un assegno a ricordo dell’evento. Una truffa che regala a chi ne è vittima l’impressione di essere un eroe. E Victor, con questo, sente di chiudere in pari la partita.

Naturalmente il libro è molto più di questo, ma non voglio svelarne la trama.
I personaggi comprimari sono disegnati con acume ed ironia e accompagnano Victor fino alla comprensione del suo passato.
La prosa piana e piacevole fa sembrare normali situazioni inverosimili e alterna momenti di alienazione dalla realtà, di introspezione , di violenza, di poesia.
Victor è un disadattato “normale” che percorre la strada del menefreghismo e del cinismo ed effettua le sue scelte chiedendosi ogni volta: "Cos’è che Gesù non farebbe?" , ma nel suo profondo si percepisce il bisogno d’affetto e d’amicizia che è dentro ogni uomo.
Il finale è inaspettato e soffuso di tristezza.
Da leggere.

"A questo punto dovrei dirle la verità. Ovvero che io quelli che hanno una dipendenza li ammiro. In un mondo in cui tutti quanti non fanno altro che aspettare ciecamente questa o quella catastrofe, questa o quella malattia fulminante, chi ha una dipendenza perlomeno sa a grandi linee cosa l'aspetta dietro l'angolo. Ha assunto una parvenza di controllo sul suo destino, e la dipendenza fa sì che per questa persona il modo in cui morirà non sia un mistero.
In un certo senso avere una dipendenza è sinonimo di intraprendenza."

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darkala92 Opinione inserita da darkala92    24 Marzo, 2011
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Il trionfo della pazzia

La realtà. Cosa c'è di più complesso della realtà! Crearla, inventarla, ipotizzarla, viverla.. La realtà è ciò di cui noi abbiamo bisogno, è ciò di cui sentiamo la necessità di farne parte. 'Come' però non lo sappiamo. Il perchè neppure.
E' questo quello che si chiede Victor Mancini.
Essere una pedina della realtà, ingoiandola così com'è, oppure produrne una tutta diversa, con fiumi e monti dai nomi assurdi, bizzarri.. Iniziando da uno stupido diario dalla copertina rossa, oppure da un quadernetto nel quale scrivere la quarta fase della disintossicazione dal sesso.

Ma cos'è, in fondo, la dipendenza?
In America tutti devono averne una: più originale è la tua, e meno fallito sei.
La dipendenza (dall'alcool, dalle droghe, dal sesso), è un modo per evadere da questa pseudo-realtà, un pò difficile da definire, da delinearne i contorni. Si può essere in grado di crearne una? Bisogna avere poteri divini per poterlo fare? Oppure basta una semplice immaginazione (colei che può tutto) alimentata dalle pazzie di una madre folle, di una dottoressa folle e di un amico, Denny, altrettanto folle.
Sembra di vivere nel paese dei pazzi. Ecco il trionfo della pazzia.

Può un pazzo essere buono? essere un salvatore?
"Essere salvato per salvare", per creare degli eroi, per decorare la fantasia di poveri uomini manipolati dalla realtà, che diventa una vera matrigna. Victor VUOLE essere buono, vuole essere importante, non tanto per se stesso, ma per qualcuno. Vuole circondarsi di amore, ma il destino gli riserverà qualcosa di diverso.
Victor, "sano di mente o pazzo; stinco di santo o sessodipendente; eroe o vittima; buono o cattivo?".

... Io intanto ci penso, poi vi faccio sapere!

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di artemisia Opinione inserita da di artemisia    27 Febbraio, 2011
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Madre disordine

Victor è un sessuomane. Lavora come “personaggio” in un museo vivente che fossilizza l’America nell’anno 1734.
Ha la Madre in una clinica per malati psichiatrici, e paga le spese mediche attraverso un ingegnoso trucchetto che adotta nei ristoranti, fingendo di soffocare e facendosi salvare da qualche avventore, a cui si lega attraverso biglietti di ringraziamento e corrispondenti assegni di mantenimento.

Falso. Vero. E’ la trama superficiale.
Victor finge di soffocare la prima volta per liberarsi dalla Madre disordine. E’ una richiesta di aiuto. E’ una richiesta di stabilità. Soffoca, nei ristoranti, per lasciarsi salvare la vita e lasciarsi amare. Per dare un senso a sè offrendolo agli altri.
Ma è un inganno.
Anche il mondo è inganno. Le regole, le leggi per proteggersi, i finti divertimenti:tutto per sopravvivere alla vera natura del mondo: corruttibilità, malattia, degenerazione. Occlusione del colon. Blocco intestinale. Crampi, febbre, setticemia, arresto cardiaco.
La Madre lo sa e glielo ha insegnato.
Victor è dilaniato tra la Madre e il Mondo. Non riesce ad amare, ad essere vero. Soffre.
La sofferenza va anestetizzata.
Il suo anestetico è la dipendenza dal sesso. Victor è un sessuomane.
Victor dovrà soffocare la Madre, accettare la necessità della follia (dov’è il confine tra ciò che è vero e ciò che non lo è?) per ricostruirsi e ricostruire la sua vita.

E’ Palahniuk. Allucinato.
In “Soffocare” troppo volutamente disturbante.
In fondo, gli stessi temi del Fight Club. Individuo e società, dolore e vita, follia e amore, distruzione e rinascita. Ma quel libro è tutta un’altra cosa.

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silvia71 Opinione inserita da silvia71    19 Dicembre, 2010
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Fuori dagli schemi

Crudo, tagliente, fuori dagli schemi. Questo è Palahniuk.
Il protagonista del romanzo è un uomo che vive ai margini della società, con una storia familiare che lo ha segnato per sempre e circondato da persone problematiche come lui con cui condivide un abissale degrado. Insomma, l'autore ci propone un affresco di una umanità minore, intrappolata in vizi e miserie, dove per sopravvivere si arriva a fare qualsiasi cosa.
E' una lettura molto forte per le situazioni trattate e per il linguaggio adottato, ossia diretto, privo di fronzoli, realistico, dissacratore e scurrile.

Personalmente non è il genere che preferisco, ma reputo utile e illuminante conoscere tutte le correnti letterarie, anche queste moderne più estreme.

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Minny Opinione inserita da Minny    02 Aprile, 2010
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Soffocare : l'originalità a tutti i costi

E' il primo romanzo di Palahniuk che ho letto : mi ha lsciato piuttosto insodisfatta. Senza dubbio è scritto benissimo , ma la ricerca ostentata e continua dell'originalità ad ogni costo finisce con l'annoiare il lettore: come pure l'insistere sempre sugli stessi temi volutamente bizzarri e fuori della norma. Inoltre, come è stato giustamente osservato, la storia non decolla: il finale poi è deludente.
C'era un tema che poteva essere approfondito e che sarebbe stato veramente originale ( in senso positivo): il protagonista lascia morire la madre , in stadio terminale, senza prendere una decisione circa una terapia azzardatissima che forse avrebbe potuto salvarla. La cura estrema si rivela poi una illusione menzognera , frutto della mente alterata di una dottoressa folle , ma il protagonista non fa niente per dare il via a questo postremo tentativo di strappare la madre alla morte: sostanzialmente la questione non gli interessa, preferisce scandalizzare con le sue frasi il personale della clinica.
Il tema è appena abozzato e naufraga nella prolissa descrizione delle stranezze sessuali del protagonista , un sessodipendente , che vive circondato da altri sessodipendenti: a lungo andare anche questa umanità , le cui bizzarrie vengono minutamente e reiteratamente descritte , finisce con l'essere sempre uguale a se stessa, in una parola,noiosa.
Sinceramente mi aspettavo di più.

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