Narrativa straniera Racconti Il libro di sabbia
 

Il libro di sabbia Il libro di sabbia

Il libro di sabbia

Letteratura straniera

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Nel febbraio del 1969, a Cambridge, su una panchina davanti al fiume Charles, Borges incontra un uomo che ha la sua stessa voce e gli è più intimo di un figlio nato dalla sua carne. L'uomo è Borges ventenne, a Ginevra, seduto su una panchina davanti al fiume Rodano. Comincia così, con un vertiginoso ritorno al «vecchio tema del doppio» e alle atmosfere lucidamente visionarie degli scritti degli anni Quaranta, "Il libro di sabbia", che raccoglie tredici, memorabili, racconti - cui se ne aggiungono qui, in appendice, altri quattro. Racconti di carattere fantastico. O forse sogni. O forse incontri con apparizioni spettrali. «In questi esercizi da cieco» scrive Borges «ho voluto essere fedele all'esempio di Wells: la congiunzione di uno stile piano, a volte quasi orale, con una trama impossibile» - e il risultato è una prosa pacata ed essenziale, ma come non mai modulata e musicale.



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Il libro di sabbia 2018-08-29 16:59:38 Rollo Tommasi
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Rollo Tommasi Opinione inserita da Rollo Tommasi    29 Agosto, 2018
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Troppo per un solo uomo... pur se scrittore.

Leggo Borges e mi viene da sorridere, memore di quella strana teoria secondo cui non sarebbe mai esistito alcun Jorge Luis Borges: una conoscenza e uno stile così erudito mal si concilierebbero con una persona sola, e dietro il nome si nasconderebbe un “collettivo” che ha inteso dare sfoggio di alta letteratura.

“Non conviene dare impulso al genere umano. C’è chi lo considera un organo della divinità, per prendere coscienza dell’universo, ma nessuno sa con certezza se tale divinità esista.”

Sì… viene da sorridere.
Due caratteri peculiari cuciono la maglia su cui poggiano i racconti di Borges, specie nei suoi ultimi libri: il NARRARE in se stesso, ed il MITO… Due caratteri spesso alternativi, ma che, a volte, in quei racconti si intrecciano.

Il MITO (intrecciato al NARRARE) è ne “Il Parlamento”, nell’idea di Don Alejandro Glencoe di creare un parlamento del mondo, per rappresentare tutti gli uomini di tutte le nazioni. E questi uomini decidono che un consesso del genere deve disporre di tutti i libri che possano servire… sino all’epilogo: “Il Parlamento del Mondo è cominciato nel primo istante del mondo e continuerà quando non saremo che polvere”…
il MITO è ne “Il disco”, dove un taglialegna incontra un re, che stringe tra le mani il suo stesso titolo, di cui l’altro intuisce solo un bagliore… E quel lampo è sufficiente, al taglialegna, per desiderare… “E’ il disco di Odino. Ha un solo lato. Sulla terra non c’è nient’altro che abbia un solo lato. Finché l’ho in mano sarò il re”…
il MITO è ne “Lo specchio e la maschera”, dove un altro re, il Grande Re, chiede al poeta di comporre quel poema che ne canti le gesta. E negli anni arriva il primo, e il giudizio del sovrano committente: “Se tutta la letteratura di Irlanda andasse perduta, con la tua ode classica si potrebbe ricostruirla senza una lacuna. Trenta scribi la copieranno dodici volte”. Poi il secondo poema: “Questo supera in tutto il precedente e lo annienta. Incanta, sorprende e abbaglia. Non lo meritano gli ignoranti, ma i dotti, i pochi. Un cofano d’avorio custodirà l’unico esemplare”. Infine, mentre ogni cosa invecchia, arriva il terzo: “Il poeta disse il poema. Era di un solo verso. Senza azzardarsi a ripeterlo a voce alta, il poeta e il suo Re l’assaporarono, come fosse una preghiera segreta o una bestemmia. Il Re non era meno meravigliato né meno scosso dell’altro. I due si guardarono, pallidissimi”…

Il NARRARE in se stesso è nei racconti che il lettore sa degni di essere tali... altrimenti perché lo stesso Borges annuncerebbe, sin dall’incipit, di tirarli fuori dal passato e predisporsi a raccontarli?
Il NARRARE in se stesso è in quell’unico giorno con “Ulrica” (“Per un uomo celibe già avanti negli anni, l’offerta dell’amore è un dono che ormai non ci si aspetta”), è nel mistero de “Il libro di sabbia” (“Pensai al fuoco, ma ebbi paura che la combustione di un libro infinito fosse altrettanto infinita e soffocasse il pianeta nel fumo”), è nell’incontro con “L’altro” (“Il mio sogno dura ormai da settant’anni. In fin dei conti, al risveglio, non c’è nessuno che non incontri se stesso. E’ quello che ci sta accadendo ora, solo che siamo in due. Non vuoi sapere qualcosa del mio passato, e cioè del futuro che ti attende?”)

In una raccolta di diciassette racconti, pochi fanno eccezione: “There are more things”, dove un edificio sconosciuto genera suggestioni angoscianti che prendono da Lovecraft; o “La corruzione”, dove due professori universitari – l’uno affermato, l’altro all’inizio di una promettente carriera – si scontrano, giocandosi la reputazione su un sottile dilemma morale. Poche eccezioni alla tentazione di cesellare ogni singola storia attraverso la leggenda e la magia stessa del narrare...

Raccontando il mito, raccontando il racconto, forse Borges ha inteso nascondervisi, e forse sparire… e fa sorridere, per l’appunto, pensare che qualcuno – con l’intento magari di un omaggio – abbia fatto circolare la teoria secondo cui nessun José Luis Borges sia mai esistito… Magari non ancora, proprio come qualche sperduto oggetto di qualche suo racconto...

“Nella mia scrivania di Calle México conservo la tela che qualcuno dipingerà, fra migliaia di anni, con materiali oggi dispersi sul pianeta.”

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
"L'Aleph" e altre raccolte di racconti di Borges.
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