Dettagli Recensione
L'impossibilità della tragedia
Alberto Moravia è un autore che senza dubbio avrei dovuto avere già letto. In passato sono stata frenata da molte ragioni, fra cui anche il timore di imbattermi in scritti noiosi e estremamente pesanti. Invece, a partire dall’incipit de “Gli indifferenti” sono stata rapita da questa storia, dalla prosa di Moravia che ti avviluppa nelle sue spire e ti risucchia all’interno del romanzo.
“Gli indifferenti”, pubblicato nel 1929, è il romanzo d’esordio di Moravia e introduce per la prima volta il tema della noia, dell’estraneità, dell’indifferenza, dell’incapacità di appassionarsi alla vita e di attraversarla con un sentimento di efficacia da parte di una borghesia italiana ormai decadente e decaduta. Queste tematiche saranno sviluppate, qualche anno dopo, da scrittori come Jean-Paul Sartre e Albert Camus, nella corrente letteraria dell’esistenzialismo.
Il romanzo si svolge in un paio di giorni, soprattutto in ambienti chiusi e con la prevalenza di dialoghi: tutti questi elementi ricordano una scrittura per il teatro. I protagonisti, resi reali dalla penna di Moravia, appartengono a una famiglia un tempo ricchissima, adesso con difficoltà economiche, composta da una donna di mezza età, vedova da tempo, con due figli adulti, Michele e Carla. Al nucleo familiare si unisce un losco personaggio, affarista e donnaiolo senza scrupoli, Leo Merumeci, che per molti anni è stato l’amante della madre e adesso ha messo gli occhi sulla figlia, Carla. Tutti i personaggi sono infelici e incapaci di agire positivamente, eccetto Leo, che invece associa la sua assenza di preoccupazione morale a un certo successo negli affari e nelle conquiste erotiche.
Michele, probabilmente il protagonista del romanzo, è il classico inetto, figura non nuova nella Letteratura italiana, (basta pensare a Svevo) che non riesce più ad appassionarsi alla vita, non riesce ad agire, non può più accedere alle forme eroiche dell’esistenza e nemmeno alla tragedia, come era avvenuto per le generazioni a lui precedenti. Questo lo porta sul baratro della noia e dell’indifferenza.
«Quel giorno, mentre se ne andava passo passo lungo i marciapiedi affollati, lo colpì, guardando in terra alle centinaia di piedi scalpiccianti nella mota, la vanità del suo movimento: “Tutta questa gente” pensò, “sa dove va e cosa vuole, ha uno scopo, e per questo s’affretta, si tormenta, è triste, allegra, vive, io… io invece nulla… nessuno scopo… se non cammino sto seduto: fa lo stesso”. Non staccava gli occhi da terra: c’era veramente in tutti quei piedi che calpestavano il fango davanti a lui una sicurezza, una fiducia che egli non aveva; guardava, e il disgusto che provava di se stesso aumentava; ecco, egli era dovunque così, sfaccendato, indifferente; questa strada piovosa era la sua vita stessa, percorsa senza fede e senza entusiasmo, con gli occhi affascinati dagli splendori fallaci delle pubblicità luminose, […]»
La madre viene presentata come una donna completamente ripiegata su se stessa, concentrata soltanto sul dolore che le causa la perdita dell’amante, dovuta alla fine della sua bellezza e giovinezza. È un personaggio meschino e allo stesso tempo ingenuo e ridicolo.
Carla, giovane donna annoiata dalla vita che sta facendo, che non le dà stimoli né prospettive di crescita, vorrebbe in qualsiasi modo che si verificasse un cambiamento. Ma, come per Michele, il cambiamento è impossibile, l’unica strada praticabile, oltre all’estraniarsi da se stessi, è quella dell’adattamento a quel mondo privo di valori.
«[…] Carla non fece che alzare la testa: “Questo vorrei sapere” ripeté, “se sia possibile continuare così, tutti i giorni, con questa noia, e non cambiare mai e non lasciar mai queste miserie e compiacerci di tutte le stupidità che ci passano per la testa, e discutere e litigarci sempre per le stesse ragioni e non staccarci mai da terra, neppure di tanto” ella alzò la palma della mano sulla tavola, gli occhi adirati le si empivano di lagrime, tremava;[…]».
Una delle parole più usate da Moravia in questo romanzo è «disgusto». I personaggi sono spinti soltanto da bassi istinti, come sesso e soldi. Sono diventati incapaci di aderire ai grandi ideali del passato.
«Un disgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto; nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e l’abbiezione di cui aveva pieno l’animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva fra lui e la vita; […]».
“Gli indifferenti” ebbe fin dalla prima pubblicazione un grande successo. Moravia, allora giovanissimo, aveva intuito un tema certamente nuovo per quel tempo ma di cui possiamo cogliere, ancora oggi, l’attualità, che rende sicuramente questo romanzo un classico del Novecento.
Indicazioni utili
Commenti
| 1 risultati - visualizzati 1 - 1 |
Ordina
|
| 1 risultati - visualizzati 1 - 1 |





























Anch'io ho apprezzato molto questo romanzo. Immagino la sorpresa innovativa di quando venne pubblicato.
Tutto ruota intorno a 5 personaggi. Attraverso le loro interazioni si delinea la convenzionalità, il formalismo , l'aridità di un mondo che può apparirci lontanissimo e nel contempo inquietantemente vicino.