Narrativa italiana Classici Gli indifferenti
 

Gli indifferenti Gli indifferenti

Gli indifferenti

Letteratura italiana

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"Gli indifferenti" è il primo romanzo scritto da Moravia appena diciottenne e pubblicato nel 1929. Tema principale è la rappresentazione della borghesia nel momento della decadenza nel passaggio da un'epoca all'altra, con tutti i suoi più grandi difetti: la superficialità, le ipocrisie e il suo clima di menzogna. Chi vive in questa società, come i protagonisti del romanzo, sono perciò "indifferenti" di fronte alla vita, sono degli inetti incapaci di agire ma solo in grado di subire passivamente ciò che accade. La struttura del romanzo richiama quella di una pièce teatrale; le vicende si svolgono in due soli giorni e sempre in interni borghesi che si alternano, descritti in modo preciso per rispecchiare la vita di chi li occupa, poiché la priorità di Moravia è la rappresentazione psicologica dei protagonisti.



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Gli indifferenti 2021-03-17 15:30:37 Calderoni
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Calderoni Opinione inserita da Calderoni    17 Marzo, 2021
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Una recita ipocrita, stupida e immorale

Il libro dello scandalo. Gli indifferenti segna l’esordio di Alberto Moravia ed è uno dei romanzi imprescindibili della nostra letteratura. Su Gli indifferenti la produzione critica dal 1929, anno della pubblicazione, ad oggi è veramente amplissima. Vorrei, perciò, soffermarmi su alcune curiosità legate alla gestazione del romanzo. Moravia inizia a scriverlo nell’ottobre 1925, quando aveva solamente 16 anni, dopo che era stato dimesso da un sanatorio di Cortina d’Ampezzo, dove era stato per un paio d’anni per combattere la tubercolosi ossea che lo affliggeva dall’età di nove anni. Moravia, come scritto in una breve autobiografia letteraria datata 1986, ha composto il romanzo al mattino mezz’ora al giorno a letto perché era convalescente e si stancava subito. Una volta terminata la stesura, presentò il dattiloscritto a Cesare Giardini di Alpes (casa editrice presieduta da Franco Ciarlantini: questo nome tenetelo a mente per i successivi sviluppi editoriali), ma la risposta non fu immediata. Il giovane Moravia aspettò un mese a Stresa, poi tornò a Roma dove ricevette la notizia della pubblicazione a patto di pagare di tasca propria 50mila lire. Alberto le chiese al padre e nel luglio 1929 il romanzo Gli indifferenti uscì. Cinque edizioni, ognuna delle quali composta da mille esemplari, tutti venduti. Poi, la storia editoriale del primo romanzo di Moravia si interruppe momentaneamente per l’intervento del fascismo. Chi iniziò a osteggiarlo? Proprio il già citato Ciarlantini, che ricopriva anche il ruolo di responsabile dell’ufficio stampa del Partito Fascista. Ciarlantini si era fidato del suo redattore Giardini, che aveva riconosciuto da uomo di lettere il grande valore artistico dell’opera di Moravia. Inoltre, Ciarlantini aveva acconsentito per la pubblicazione anche perché era stato lo stesso Moravia ad autofinanziarsi. Per il regime e in primo luogo per Ciarlantini, però, Gli indifferenti aveva un carattere fortemente anti-fascista, poiché costituiva una critica a quella borghesia che aveva sostenuto l’ascesa al potere di Benito Mussolini e aveva permesso allo stesso fascismo di trionfare. In aggiunta a ciò, il regime non poteva accettare l’indifferenza prorompente nelle pagine di Moravia. Gli indifferenti, infatti, è un romanzo esistenziale che riflette sul conflitto emotivo e ideologico del rapporto dell’io con il mondo. La grande indifferenza che alberga in casa Ardengo non riguarda i sentimenti di Michele e Carla, i figli di Mariagrazia, ma più in generale la mancanza di assunzione di responsabilità verso sé e verso gli altri, venendo meno ogni principio d’autorità morale ed economica. Viene rappresentata, come detto, la civiltà dell’urbanesimo borghese e il racconto acquisisce slancio e fervore nel confronto polemico con il microcosmo familiare. Non si tratta di un’educazione sentimentale, ma di un’educazione alla realtà: è un’assuefazione al disgusto. Michele è disgustato dal fatto di giocare sempre un ruolo, di essere una maschera. Si pone Moravia su una linea biologica: a muovere i suoi personaggi sono bisogni brutali (denaro e sesso, proprio come ne La Romana). Non sorprende, dunque, che una famiglia in declino come quella di Mariagrazia cerchi di imparentarsi con un uomo ricco come Leo Merumeci. Quello che mette in scena Moravia è un perfetto teorema narrativo, tanto che il romanzo si conclude quando sta per esplodere lo scontro madre (Mariagrazia) e figlia (Carla), il cui minimo comune denominatore si chiama Leo. Inizia già nel primo romanzo a delinearsi quell’ossessione al realismo che contraddistinguerà tutta la carriera letteraria di Moravia. La sua scrittura è già piena di cose, ovvero di oggetti materiali legati alla sfera quotidiana. Nomina le cose e così facendo ne conferma l’esistenza, ossia le rappresenta. Gli oggetti sono riportati quasi intatti, come se fotografati perché il tempo narrativo è istantaneo. Servono per stabilire una continuazione tra scrittura e quotidianità. Oltre a meravigliosi intrighi sentimentali, colpiscono ne Gli indifferenti le descrizioni. Si può quasi intendere, a mio modo di vedere, la casa, arredi compresi, come il sesto personaggio del romanzo. È utile per offrire una quantità maggiore di realtà: i fondali e l’oggettistica fanno parte della recita. Dal canto loro, Michele, Carla, Mariagrazia, Leo e Lisa (amante di Michele), molto simili a marionette, ripetono ossessivamente il canovaccio di una recita ipocrita, stupida e immorale.

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Gli indifferenti 2020-05-21 09:28:05 lapis
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lapis Opinione inserita da lapis    21 Mag, 2020
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Prigionieri della vita

Sono i ruggenti anni Venti. A Roma, i giovani dell’alta borghesia ballano il charleston al Ritz, sorseggiano indolentemente champagne e sfrecciano in automobile. Ma questa è solo la levigata e dorata superficie esterna della sfera; cosa si cela invece all’interno? Questo romanzo, con cui un giovanissimo Moravia esordì nel 1929, si pone l’obiettivo di esplorare proprio quell’interiorità, di rappresentare in modo disilluso e spietato quei meandri oscuri in cui albergano malessere, insoddisfazione, indifferenza.

Tutto in queste pagine è volto a restituire questa soffocante e claustrofobica sensazione. Salotti bui, illuminati solo dalla luce fioca di una fredda lampada. Strade sferzate da una pioggia autunnale, che disturba ma non purifica. L’arco narrativo collassa infine in quarantotto ore di pura introspezione. Sulla scena, il dramma borghese di una famiglia in rovina, che sta per perdere tutto, ricchezza e posizione sociale, a causa di uno spregiudicato affarista, sedicente amico. Ingiustizia, umiliazione, vergogna dovrebbero accendere l’animo del giovane Michele, innescare una reazione di rabbia o di orgoglio, invece è come se in quel mondo di apparenza e falsità non ci fosse più spazio per sentimenti autentici.

“Un disgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto”. Per salvarsi da quell’aridità che gli asciuga la bocca e gli screpola l’anima servirebbe una goccia di sincerità, di fede. Una goccia di odio puro o di amore vero. Ma le emozioni non si possono cercare, o fingere, solo vivere; e senza passione, resta il disagio di una mente che pensa e si arrovella, incapace sia di lasciarsi scivolare sulla scintillante e vacua superficie di abitudini e convenienze, sia di trovare una via d’uscita. Mentre dentro di sé, una voce continua a reclamare "Non è questa la mia vita".

La forza di questo romanzo sta nell’urgenza di raccontare una condizione interiore che chiede di essere narrata: l’infelicità di vivere una vita vuota e insoddisfacente, una vita che non si vuole ma che non si è in grado di cambiare. Gli indifferenti sono dunque i giovani – e non solo -, di ieri come di oggi, trascinati dalla noia e dall’indolenza di chi ha tutto, ma in fondo incapaci di agganciarsi alla realtà, di appassionarsi, di agire davvero. Prigionieri della vita.

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Gli indifferenti 2019-09-30 21:55:27 cristiano75
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cristiano75 Opinione inserita da cristiano75    30 Settembre, 2019
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Gli indifferenti ovvero i nichilisti di Dostoevski

Premetto, non sono un grande appassionato di autori italiani, ma per me Moravia è un Grande vero, una mente illuminata che ha creato libri belli e senza tempo.
Gli indifferenti è un libro veramente bello, scritto con uno stile asciutto, diretto, senza moralismi e patetismi.
Insomma una lettura che non può mancare se si ha passione per i tratti psicologici della società italiana e in special modo di quella giovanile.
Un libro scritto decenni fa, ma drammaticamente attuale.
Credo che l'idea germinale dell'autore sia stata un po presa dal grande genio Dostoevsskij e il suo concetto estremo di nichilismo.
Certo, bisogna anche vedere se esiste un autore che non sia stato influenzato dalla grandiosa e unica letteratura russa classica.
L'indifferenza è uno stato mentale che aliena i vari personaggi che affrontano o cercano di affrontare gli eventi della vita.
E' una indifferenza abbastanza snob, con il Moravia, sempre molto affascinato dall'alta borghesia romana e dai quartieri dei vip capitolini.
Perchè sono indifferenti: lo sono, poichè avendo tutto ciò che desiderano, alla fine non hanno più necessità di andarsi a sbattere per ottenere le cose. Lo sono, poichè i rapporti che intrecciano sono alterati dall'interesse economico e dallo status sociale.
A me piace molto leggere i romanzi di Moravia, poichè ho vissuto quasi tutta la vita in uno dei quartieri chic che egli ben descrive (anche se ora di quella signorilità non ne è rimasta quasi nulla) e quindi quando sfoglio le pagine, leggo dei palazzi, i giardini, le strade che ben conosco, mi ritorna alla memoria la gioventù e le amicizie oramai sparite per sempre, inghiottite dal tempo e dall'ineluttabile corso degli eventi.
Moravia era un grandissimo scrittore, quasi profetico. Conosceva bene la psicologia delle masse e soprattutto aveva ben presente come il contesto cittadino abbia una influenza decisiva sull'indirizzare la vita delle persone.
Un grande scrittore, un fine conoscitore dell'animo umano.
Poco tempo fa, sono venuto a sapere che c'è anche un museo a lui dedicato nel quartiere Prati. Eravamo vicini di casa, ecco perchè lo sento così vicino e familiare. Presto andrò a far visita al suo studio ove scriveva questi ineguagliabili testi, che arricchiscono la biblioteca di chi ha la fortuna di leggerli.

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La noia
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Gli indifferenti 2019-06-13 15:52:16 siti
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siti Opinione inserita da siti    13 Giugno, 2019
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Anticipando Camus

1929. Ventidue anni per il giovane autore. La sua opera d'esordio.

Sarebbero sufficienti queste coordinate per capire il valore di questa opera se ricordassimo semplicemente che siamo in epoca fascista, che fare letteratura all'epoca, soprattutto per dissentire, era pressoché impossibile e che la stessa letteratura, se voleva calarsi nel reale, non aveva altra scelta se non quella di contribuire a celebrarne i fasti.
Eppure questo è un potente romanzo realista e segue capolavori quali La coscienza di Zeno (1923) e Uno nessuno e centomila (1926). Pirandello, Svevo, Moravia: giovanissimo e già capace di rappresentare la stanchezza, la noia, il disincanto, lo stallo più assoluto della classe borghese e di farlo, tra l'altro, sulla scia delle potenti letture che avevano riempito la sua giovinezza malata: Joyce, e Dostoevskij. Senza dimenticare lo stesso Svevo di Senilità. Impossibile non ricordare Emilio Brentani in Michele, con i dovuti distinguo. Realismo appunto a restituire una situazione di stallo totale. Tutto nella narrazione è funzionale a ottenere il più assoluto immobilismo: il tempo rappresentato, appena due giorni, lo spazio gestito nelle dicotomie aperto-chiuso, grande- piccolo, o attraverso atmosfere cupe, coltri polverose di vecchi tendaggi, luce soffusa o assente. I personaggi, cinque appena, al centro la famiglia monca e decaduta, una coppia, guarda a caso fratello-sorella, un trio con la madre, un quartetto con Leo, una cinquina esplosiva con l'amica della madre. Rapporti tesi, difficili, ambigui fra di essi, sulla scia di un latente erotismo declinato nelle sue più rocambolesche variazioni. Dialoghi pressanti, è tutto un vociare che tace la verità. Ambivalenza totale, rovelli interiori, consapevolezza assoluta e presa di coscienza della propria inettitudine, accettazione totale di essa secondo differenti scelte: Michele e Carla che Carlotta non può divenire. Un finale aperto e ambiguo. Un 'opera magistrale.

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Camus
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Gli indifferenti 2017-10-02 13:50:49 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    02 Ottobre, 2017
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ils sont indifférents..

Pensare che Moravia ha scritto questo romanzo quando aveva appena vent’anni, è sorprendente. Siamo negli anni ‘20/30, Carla, suo fratello Michele e la madre, Mariangela, appartengono a una nota famiglia della media borghesia, una media borghesia impoverita e sull’orlo del tracollo. Leo, uomo di mezza età, amante della madre e di poi della figlia, si insinua nelle esistenze dei protagonisti portando scompiglio ma anche riuscendo nell’intento di condurre alla luce quella che è la società fascista.
Questa viene infatti descritta quale falsa, utopica, convenzionale, menzognera, illusoria, di facciata, di apparenza. Meschinità e ipocrisie sono all’ordine del giorno, diventano costanti con cui convivere, con cui coabitare. I personaggi vi si assuefanno, sono indifferenti al dato, alla circostanza. Questa non rileva, è così e così deve essere. Soltanto Michele, tra tutti (un po’ come ne “La Ciociara” ove lo stesso ruolo è detenuto da un personaggio omonimo), si rende conto delle conseguenze di questa apatia, di questo laissez faire. Tanto che si interroga, cerca di smuovere le coscienze, di portare alla ribalta il dato, ma, senza successo.
Perché questa indifferenza, prima attrice delle pagine di Alberto Pincherle, non è altro che un’inerzia morale, non è altro che il lento consumarsi delle emozioni, emozioni e sensazioni che si tramutano in disinteresse per quel che circonda e che cedono di fronte alla vita sino a consacrare una condizione in cui quest’ultima non è vissuta bensì subita (basti pensare al comportamento di Carla con Leo, alla sua arrendevolezza innanzi al desiderio di lui e al disgusto di lei innanzi a quell’uomo in sovrappeso, calvo, anziano, consunto dagli anni che sono passati). Un’inerzia, un’indifferenza che è delineata, ancora, attraverso il canale del doppio binario: se da un lato Moravia la affronta nel suo rapporto verso il mondo esterno, verso gli altri, dall’altro, concentra la sua attenzione su quello che è l’aspetto interiore, su quel sentirsi inermi, incapaci, demotivati. Quale soluzione può dunque essere adottata se non quella di concedersi e abbandonarsi al disprezzo verso sé, all’autodistruzione?
Il tutto si palesa e si appresta alla realizzazione in un arco temporale di appena due/tre giorni e mediante una staticità di luoghi che sono quasi interamente concentrati presso l’abitazione della famiglia per spostarsi, al massimo, nei saloni destinati a incontri sociali o presso i locali dell’amante.
L’autore, ci rende destinatari di una scrittura precisa, realistica e ricercata, una scrittura forse lenta ma senza dubbio perfetta per la realizzazione degli intenti. E state pur certi che, giunti a conclusione, gli indifferenti non vi avranno affatto lasciati tali. Anzi. Il desiderio di entrare nell’opera, di spronarne gli attori, è una delle caratteristiche preminenti dell’elaborato, caratteristica che si perpetra dalla prima all’ultima battuta.

«Un disgusto opaco l’opprimeva; i suoi pensieri non erano che aridità, deserto; nessuna fede, nessuna speranza alla cui ombra riposare e rinfrescarsi; la falsità e l’abbiezione di cui aveva pieno l’animo egli le vedeva negli altri, sempre, impossibile strapparsi dagli occhi quello sguardo scoraggiato, impuro che si frapponeva tra lui e le vita; “un po’ di sincerità” si ripeteva riaggrappandosi alla sua vecchia idea fissa, “un po’ di fede.. e avrei ucciso Leo… ma ora sarei limpido come una goccia d’acqua”.»

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Gli indifferenti 2016-06-19 08:48:35 Antonella76
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Antonella76 Opinione inserita da Antonella76    19 Giugno, 2016
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Siamo circondati da "Carla" e "Michele"...


Romanzo d'esordio di Alberto Moravia...e quello che davvero stupisce è che sia stato scritto da un Moravia poco più che ventenne!!! (anzi, iniziato quando non aveva ancora 18 anni).
Nel romanzo egli descrive, con grande realismo, le meschinità e le ipocrisie della società borghese degli anni '20/'30, tacciandola di essere falsa, di facciata, convenzionale e menzognera.
"L'indifferenza" protagonista di tutto il romanzo, non è altro che un'inerzia morale, un'apatia sentimentale, un lento e graduale spegnersi delle emozioni, un disinteresse nei confronti della vita, che invece di essere vissuta viene subìta.
Ma, soprattutto, l'indifferenza di cui parla Moravia non è tanto quella rivolta verso gli altri, ma quella verso se stessi...il sentirsi totalmente inermi e demotivati da cercare un'ultima disperata soluzione facendosi quasi violenza, disprezzandosi e autodistruggendosi.
La scrittura è sagace, precisa, realistica, e pur nella sua semplicità, è ricercata e formale...il ritmo è lento (circa 300 pagine per raccontare appena 3 giorni di vicenda), i toni sono seri, ma frequentemente mettono "in ridicolo" i modi di fare e di agire dei protagonisti.
Una "tragedia grottesca" insomma...
Tanti sostengono che Moravia non si presti alla lettura e/o rilettura a distanza di così tanti anni perché troppo circoscritto ad un preciso momento storico e sociale...io non sono d'accordo: questa apatia dei giovani protagonisti nei confronti di se stessi e di tutto ciò che li circonda è poi così lontana dal mondo degli attuali ragazzi così frequentemente annoiati e passivi nei confronti di una società, di cui riconoscono tutti i limiti e difetti, ma che non riescono a cambiare? Io credo di no...
Quanti "Michele" e quante "Carla" ci circondano, con la consapevolezza di volersi disfare del marcio che la società presenta loro, ma incapaci di agire in tale direzione?
Trovo molti aspetti di questo romanzo ancora attuali, purtroppo!
Le miserie di oggi non sono poi così diverse da quelle di ieri (se pur in contesti differenti).
Un grande Moravia.

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Gli indifferenti 2015-06-26 13:35:36 Giovannino
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Giovannino Opinione inserita da Giovannino    26 Giugno, 2015
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L'indifferenza che fa la differenza.

Inizialmente, prima ancora di leggerlo, non capivo a cosa si volesse riferire Moravia con questo titolo "Gli indifferenti", è infatti di per sè un pò vago in quanto si può essere indifferenti a mille cose o ad una in particolare e soprattutto il termine può avere a seconda dei caso un'accezione negativa o positiva. Poi ho letto il romanzo, in sei giorni, ed ho concluso pensando che non si poteva trovare titolo migliore, praticamente perfetto, calza come un abito di sartoria al romanzo.

Questo è il primo romanzo "vero" di Moravia, lo finisce all'età di 22 anni e per farlo pubblicare è costretto a pagare di tasca sua. Il romanzo poi una volta uscito riscuoterà un grandissimo successo e ancora oggi viene considerato una delle sue opere migliori, se non addirittura la migliore in assoluto (anche Dacia Maraini la pensa così). In quest'opera Moravia anticipa un movimento che poi verrà ripreso in Francia qualche anno dopo, l'esistenzialismo, e che vedrà in Camus e Sartre due massimi interpreti. E proprio Camus, 20 anni dopo, scriverà "Lo Straniero", opera per molto versi simili a questa, soprattutto nei contenuti.

"Gli Indifferenti" racconta della vicenda di una famiglia borghese ma da poco caduta in miseria, costretta a vendere casa per pagare alcuni debiti. I personaggi sono il vero fulcro del romanzo, sono pochi, ma ognuno ha un ruolo determinante. La famiglia è composta da Mariangela, madre di due giovani, Carla e Michele, i veri protagonisti della storia, poi c'è Leo, il creditore ma allo stesso tempo amante di Mariangela, uomo accecato dal sesso e dai soldi. Infine c'è Lisa, cinica amica di Mariangela. Mariangela è gelosissima di Leo, e non si accorge nè del fatto che Leo la sta costringendo a cedere la casa dove vivono nè soprattutto del fatto che Leo da qualche tempo sembra più interessato a Carla che a lei. Lisa invece ha scoperto l'attrazione di Leo per Carla (ricambiata), ma nasconde tutto per rivolgere le sue attenzioni verso Michele. E poi ci sono i veri due protagonisti della storia, gli indifferenti, i due figli. Carla, che inizia un tira e molla con Leo, prima cede alla sua passione, poi ci ripensa, poi cede ancora e così via. Non è attratta da lui, ma lo fa solo per noia e per dimostrare alla madre che può e sa essere indipendente. L'altro figlio, Michele, è invece l'esaltazione dell'indifferenza. Pensa continuamente il contrario di quello che fa, vorrebbe agire, ma un secondo dopo ci ripensa. Viene più volte insultato e maltrattato da Leo ma non riesce mai a rispondere o a farsi rispettare, e le poche volte che apre bocca poi chiede scusa. Anche quando viene a scoprire che Leo e Carla hanno una storia non riesce a mostrare un minimo di odio nei suoi confronti e addirittura è costretto a fingere dei sentimenti che non prova. L'emblema dell'indifferenza, o forse peggio ancora della passività.

Il romanzo finirà poi in un modo abbastanza prevedibile, d'altra parte l'indifferenza dei protagonisti parla chiaro, ma il senso del racconto è unico ed innovativo per quel tempo.
La scrittura è pulita e semplice, non ci sono periodi lunghi o frasi complesse, la lettura risulta molto scorrevole e piacevole.

In definitiva un libro molto interessante, probabilmente il più bello scritto da Moravia e con un significato ancora profondo ed attuale.

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Gli indifferenti 2015-05-25 15:55:54 Belmi
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Belmi Opinione inserita da Belmi    25 Mag, 2015
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Non ti lascia indifferente...

Scritto nel 1929, questo romanzo rappresenta l'esordio del giovane Moravia nel mondo della letteratura del Novecento.

Non so voi, ma io ho sempre preferito essere amata oppure odiata piuttosto che rimanere indifferente agli altri; l'indifferenza è proprio un'emozione, se così si può definire, che reputo intollerabile.

Moravia, con il suo romanzo, ci catapulta in una realtà in cui l'indifferenza la fa da padrone.

Una realtà in cui il pensiero principale dei giovani protagonisti (Carla e Michele) è "E' la fine", ma pur essendone consapevoli, non riescono ad uscire dal loro torpore, dallo loro stato di indifferenza.

""Vediamo" pensava "si tratta della nostra esistenza... potremmo da un momento all'altro non avere di che vivere materialmente"; ma per quanti sforzi facesse questa rovina gli restava estranea; era come vedere qualcheduno affogare, guardare e non muovere un dito"

"Nessuna azione di Leo, per quanto malvagia, riusciva a scuotere la sua indifferenza; dopo un falso scoppio di odio, egli finiva sempre per ritrovarsi come ora, con la testa vuota, un poco inebetito, leggerissimo."

Moravia ci racconta la vita della borghesia fascista; in poco più di 48 ore, ci mostra una realtà che ci fa male.

""Come si fa?" disse la madre; "non si può mica sempre dire la verità in faccia alla gente... le convenzioni sociali obbligano spesso a fare tutto l'opposto di quel che si vorrebbe... se no chi sa dove si andrebbe a finire.""

Il realismo dell'autore non ti lascia indifferente; vorresti entrare nel romanzo e scuotere i protagonisti, spronarli. Leggi i loro pensieri ma poi vedi le loro azioni così incoerenti.

Un Moravia cinico, amaro e mai volgare. Già con "Il disprezzo" mi aveva convinto, questo è una conferma.

Non mi ha lasciato indifferente, anzi mi ha fatto riflettere anche sulla società di oggi; molte persone sono capaci di vivere così, in uno stato di torpore e pur avendone le possibilità non ne vedano la necessità e la ragione di uscirci.

Lo consiglio.

Buona lettura!!!

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Gli indifferenti 2013-05-05 03:48:11 Bruno Elpis
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Bruno Elpis Opinione inserita da Bruno Elpis    05 Mag, 2013
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Cedo la parola...

Per commentare il romanzo-capolavoro di Moravia, questa volta … me ne sto zitto (!). E cedo la parola al prof. Angelo Fàvaro: si occupa di letterature classiche, di ibridazioni fra le arti e la letteratura, di teatro, e collabora con il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Roma “Tor Vergata”, e con l’Associazione Fondo Alberto Moravia, di cui è Presidente Dacia Maraini.
Nessuno più di lui è titolato a commentare, visto che ha ideato e progettato la terza edizione del convegno internazionale “Alberto Moravia e la Ciociara – Letteratura. Storia Cinema” in programma per il 10 maggio a Palazzo Caetani a Fondi, nei luoghi del romanzo “La Ciociara”.
Queste le sue parole:
“Gli indifferenti come disse Moravia sono una tragedia senza la tragedia: una considerazione soltanto, se rileggiamo il romanzo, oggi, adesso, e ci concentriamo sul personaggio di Michele, sulle sue esitazioni, sulle paure, sulle reticenze, sulla sua coscienza rivoltata, vi ritroveremo la nostra gioventù. Gli indifferenti sono un grande romanzo sull’infelicità e sulla pulsione beffarda all’azione che confligge con l’impossibilità d’agire. È lo spettacolo della vita che viene messo in scena, quando la vita non si riesce a vivere. Quando non si riesce a cambiare il mondo che non si accetta e non si ama.”
Io, nel mio piccolo, posso solo dire che mi riconosco perfettamente in quello che Angelo ha detto dal profondo della sua cultura.
La mia mente va al sentimento di vuoto che ho provato quando, da giovane, ho chiuso le ultime pagine del romanzo, immaginando la festa alla quale Mariagrazia e “gli indifferenti” si stanno recando. Segno che l’autore aveva colpito il bersaglio. Nel centro del mio cuore.

Bruno Elpis

Nel mio sito ho pubblicato l’intervista realizzata con Angelo Favaro su Moravia. Davvero, è una ghiotta occasione per chi ama o sta studiando questo autore. Il link è il seguente:
http://www.brunoelpis.it/le-interviste/568-intervista-a-angelo-favaro-ideatore-dellevento-convegno-internazionale-alberto-moravia-e-la-ciociara-letteratura-storia-cinema-in-programma-per-il-10-maggio-a-palazzo-caetani-a-fondi-nei-luoghi-del-romanzo

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La Ciociara, e altre opere dello stesso autore
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Gli indifferenti 2013-02-03 15:05:23 aivlis
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aivlis Opinione inserita da aivlis    03 Febbraio, 2013
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La palude (che originariamente doveva essere il ti

Carla e MIchele sono due personaggi di un'Italia fascista decadente. Vivono con coscienza la loro condizione sociale, disprezzano i pregiudizi, gli opportunismi, le falsità del mondo borghese in cui sono immersi...ma. C'è un "ma" che è il fulcro di tutta la questione su cui ruota il romanzo: essi non riescono a reagire, non riescono a muoversi nella palude, nella melma che gli immobilizza e li trascina giù; essi sono consapevoli della tragica situazione in cui si trovano ma non riescono a muoversi, preferiscono conformarsi e lasciarsi trascinare giù.

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