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Marcovaldo, ovvero le stagioni in città
 
Marcovaldo, ovvero le stagioni in città 2014-08-06 08:24:18 enricocaramuscio
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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    06 Agosto, 2014
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Miraggi, illusioni e delusioni

Quando si è circondati dal cemento, dall'asfalto, dallo smog, quando i ritmi di vita sono quelli frenetici e caotici della grande città industrializzata, anche il più insignificante indizio di una vita vegetale o animale può dare l'illusione di un riavvicinamento alla natura, di un'esistenza più sana e genuina. Così, soffocato e oppresso dalla grande metropoli, frustrato da un lavoro alienante e per niente gratificante che gli permette a malapena di sbarcare il lunario, Marcovaldo, stralunato manovale proletario, vaga per la città senza badare a segnali stradali e insegne pubblicitarie ma attratto da quel po' di natura che sopravvive alla cementificazione selvaggia: una famigliola di funghi cresciuti in una squallida aiola, una fresca cupola di rami di ippocastano, un piccione, una vespa, qualche alberello ai bordi dell'autostrada, una pianta in vaso all'ingresso della ditta creano nella mente del nostro eroe il miraggio di un contatto diretto con un mondo incontaminato che in realtà non esiste. Quella che si trova tra il trambusto di automobili e di tram, tra strade, marciapiedi e palazzi, non può essere la natura fresca e gioiosa che sogna Marcovaldo, ma una natura sofferente, opaca, corrotta anch'essa dal boom economico. E ogni volta che questa triste verità si palesa agli occhi del protagonista, la delusione prende inevitabilmente il sopravvento. Calvino racchiude tutto ciò in venti storielle comiche e strampalate che non nascondono una vena critica e malinconica, i cui tempi sono scanditi dal lento e ciclico avvicendarsi delle stagioni. Alternando una prosa semplice e scanzonata a passaggi più suggestivi e poetici, l'autore descrive il disagio dell'uomo moderno costretto a vivere tra asfalto e ciminiere, obbligato a lavorare in aziende simboli di sfruttamento e di folle consumismo, biasimando il concetto di civiltà industriale ma al contempo distruggendo le inani velleità di chi sogna un ritorno ad una vita più sana e campestre perché, come la storia ci insegna, tornare indietro è quasi impossibile.

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Commenti

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Bravo Enrico.
Del libro ho un gradevole ricordo.
Ripensato oggi, mi pare un po' ripetitivo e con una punta di ideologizzazione.
Ciao Enrico,
io ho rapportato il tuo commento e l'opera al tempo in cui è stata scritta... pensa un po' cosa dovrebbe/potrebbe scrivere Calvino se sviluppasse il medesimo tema nei nostri giorni... Ma - mi rendo conto - è un ragionamento per assurdo!
Ciao!
bellissimo commento Enrico!
Che bello mi piace !
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