Venuto al mondo Venuto al mondo

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enricocaramuscio Opinione inserita da enricocaramuscio    11 Febbraio, 2022
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Ritorno a Sarajevo

È mattina presto, una mattina estiva del 2008. Roma dorme ancora. Dorme Giuliano, a torso nudo come sempre, con quel grugnito da bestia placida che è solito cavare fuori dalla bocca. Dorme Pietro, con i piedi fuori dal lenzuolo, in quel letto diventato ormai troppo piccolo, ai cui piedi giace la sua chitarra. Dorme la città, dormono la sua festa ed il suo pantano, dorme anche il Papa. Gemma invece è già sveglia quando arriva la telefonata da Sarajevo. È il suo amico Gojko, il poeta, la guida turistica, l'importatore di improbabili gadget occidentali da piazzare ai suoi connazionali. Gojko il guerriero, Gojko il cupido. Ci sarà una mostra a Sarajevo, per ricordare i lunghi e sanguinosi giorni dell'assedio, verranno esposte anche le fotografie di Diego. Gemma non può mancare, dopo sedici anni in cui è stata lontana dalla città che le ha cambiato per sempre la vita, che le ha dato l'amore per poi rubarglielo, che le ha fatto conoscere la morte e le ha regalato la vita, dove ha stretto amicizie e legami più forti di quelli che è mai riuscita a coltivare in patria. Non può mancare, così come non può esimersi dal portare con sé Pietro. Pazienza se dovrà lottare per convincerlo, se dovrà faticare a sconfiggere i pregiudizi verso quella che il ragazzo chiama ancora "Jugoslavia". Deve imbarcarsi anche lui, neanche lui può tirarsi indietro davanti a questa sorta di viaggio della speranza. "Speranza, penso a questa parola che nel buio prende forma. Ha la faccia di una donna un po' sgomenta, di quelle che trascinano la loro sconfitta eppure continuano ad arrabattarsi con dignità. La mia faccia, forse, quella di una ragazza invecchiata, ferma nel tempo, per fedeltà, per timore." Giuliano no, lui resta a casa, Sarajevo non gli appartiene, non perlomeno nel modo in cui appartiene a Gemma e Pietro. Perché Giuliano è arrivato dopo, è arrivato a salvare una madre impacciata, miracolosamente scampata all'assedio, e il piccolo fagotto che si è portata dietro. O come lui preferisce raccontarla, a farsi salvare da loro. Perché prima c'era l'altro, il ragazzo di Genova, il fotografo delle pozzanghere, l'ex ultrà del Grifone, il chitarrista eroinomane, il magro, stralunato, innamorato Diego. Quel Diego che Gemma ha conosciuto proprio nella capitale bosniaca, con cui ha fatto l'amore per la prima volta nel letto della mamma di Gojko, con cui è ripartita per l'Italia rispedendolo nella sua Genova per tornarsene a Roma con l'idea di non rivederlo più. Quel Diego che invece non uscirà più da lei, che la sposerà, che lotterà insieme a lei contro il destino, contro la genetica, contro ogni morale e ogni tipo di burocrazia per regalarle Pietro. E Allora comincia questo viaggio tra madre e figlio, un viaggio fatto di continui flashback che vanno a spezzare il presente. Un presente in cui il ragazzo parte svogliato, costretto, privo di aspettative, pronto a snobbare la terra che lo ha visto nascere, a suo dire, solo per caso, solo perché suo padre era impegnato a Sarajevo come reporter di guerra e sua madre era voluta restare lì al suo fianco. Ma più passano i giorni, più Pietro è contento di essere lì, più resta su quella terra, più conosce la storia di quel popolo barbaramente trucidato, di quella patria violentata, umiliata, bagnata con il sangue dei suoi figli, più gli è difficile l'idea di staccarsene. Perché il legame con le proprie radici lo si sente sulla pelle, nelle ossa, nel sangue, e Pietro a Sarajevo non ci è nato davvero per caso. Ma per conoscere la verità dobbiamo affrontare assieme ai protagonisti questo viaggio, tuffarci e rituffarci in questo continuo sali e scendi temporale, guidati dall'abile penna di Margaret Mazzantini, dalla sua fine capacità di raccontare i sentimenti umani, dalla sua sensibilità, dalla dovizia di particolari che caratterizza la sua prosa. Al centro del racconto ci sono la guerra e l'amore, concetti diametralmente opposti che in queste pagine convivono in uno straziante conflitto, arrivando in alcuni casi a toccarsi, sovrapporsi, confondersi. L'amore è la base, il punto di partenza e insieme di arrivo, il motore capace di dare la forza per vivere. Ma, come i protagonisti sanno bene, l'amore spesso è guerra, è contrasto, è lotta, con gli altri, con noi stessi, con una vita incapace di darci quello di cui abbiamo bisogno. "Guardai il mare, e immaginai di prendere Diego per mano e di fare un salto, laggiù, oltre la schiuma. Chissà se sotto tutto quel mare avremmo ritrovato un'altra vita. Pesci, pensai, non siamo altro che pesci... branchie che si gonfiano e si chiudono... poi viene un gabbiano che dall'alto ci prende e mentre ci smembra ci fa volare, forse questo è l'amore." La guerra è il contorno, è l'ambientazione, un'indesiderata compagna di viaggio che distrugge città, case, speranze, vite, che violenta donne, che sevizia bambini, che calpesta ogni diritto, ogni dignità. È quella guerra che Gemma e Diego hanno voluto vivere da vicino, volontariamente, sentendone i sibili, gli scoppi, vedendone il sangue, l'orrore, subendone la fame, la paura. La stessa davanti alla quale troppo spesso ci giriamo dall'altra parte, per non sporcare le nostre coscienze immacolate, tanto "che si ammazzino tra di loro", come ha fatto l'Occidente nel caso dei Balcani. "Ora avrei la cura per i potenti del mondo, per gli uomini in giacca e cravatta intorno al tavolo della finta pace. Bisognerebbe posare il bambino blu su quel tavolo. Dovrebbero restare chiusi in quella stanza, senza potersi muovere. Restare. Vedere la morte che fa il suo lavoro metodico, che se lo mangia da dentro. Distribuire panini, sigarette, acqua minerale e lasciarli lì, mentre il bambino si svuota, si decompone fino alle ossa. Per giorni. Per tutti i giorni che ci vogliono. Questo esattamente farei." Pagine toccanti, personaggi con cui è impossibile non entrare in empatia, temi importanti, fanno di questo libro un'opera molto coinvolgente, delicata, ricca di colpi di scena e spunti di riflessione sulla precarietà della condizione umana, la subdola ineluttabilità della morte e la troppo spesso atroce inesplicabilità della vita. "Spegni tutto, cosa cazzo aspetti, Dio? Togli il sole, buttaci addosso dal cielo un pianeta nero come il cuore dei bracconieri in cravatta. Oscura tutto una volta per sempre. Cancella anche il bene, perché il male vive nelle sue tasche. In questo istante. In questo. Perché in questo istante un bambino sta per essere raggiunto. Salva l'ultimo. Spegni tutto, Dio. E non avere pietà, non abbiamo diritto a nessun testimone."

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leogaro Opinione inserita da leogaro    19 Marzo, 2019
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Il viaggio della speranza

La storia è ambientata tra Roma e Sarajevo: tra vari flashback, inizia nel 1984 con Gemma studentessa, per concludersi oltre 20 anni dopo. E’ il 2008: Gemma riceve una telefonata dal vecchio amico bosniaco Gojko, che la invita a tornare a Sarajevo per una mostra fotografica sull’assedio serbo alla città, in cui saranno esposte anche foto di Diego, ex fidanzato di Gemma e padre di suo figlio Pietro. Gemma parte col riottoso figlio adolescente e, da lì, iniziano i flashback che ci riportano indietro nel tempo, nelle atmosfere fascinose della Bosnia prebellica. Gemma, all'epoca fidanzata con Fabio, ricorda il suo arrivo a Sarajevo nel 1984 per concludere la tesi su Ivo Andric. Il bizzarro Gojko è la sua guida. L’uomo le mostra la vita quotidiana bosniaca, le fa conoscere degli italiani venuti a seguire le Olimpiadi invernali: tra essi c’è Diego, un bizzarro fotografo che Gemma inizia a frequentare. Tornata a Roma, scopre di essere rimasta incinta, ma ha un aborto spontaneo. Diego le telefona ogni giorno, corteggiandola, ma Gemma, decisa a proseguire la sua vita senza ripensamenti, s’impone di dimenticarlo e sposa Fabio. Il matrimonio è piatto: lui è troppo preso dai suoi cantieri edili, Gemma troppo legata a quei giorni a Sarajevo. Quando Gojko le chiede di fare da madrina al battesimo della sorellina, Gemma parte subito: lì rivede Diego, che le confessa il suo amore: tornati in Italia, Gemma e Diego vanno a vivere insieme. Ma la vita riserva rose e spine: arrivano periodi difficili, tra lavori precari e un figlio che non arriva. Infine, la terribile diagnosi: Gemma è sterile. La sua incompatibilità alla vita la getta nella depressione, nel folle timore di perdere Diego; si sposano per iniziare l’iter dell’adozione. Diego, da giovane, era stato schedato come ultras drogato, così l’adozione viene negata. Una nuova vacanza, nel 1991, a Dubrovnik è l’occasione per rivedere Gojko, cui confessano l’impossibilità di avere figli. Gemma pensa di ricorrere a una madre surrogata, un utero in affitto, prima in Ucraina e poi in Bosnia, dove Gojko ha trovato una ragazza disposta a farsi pagare per procreare con Diego. Si chiama Aska, è una musicista; tra mille titubanze, si accordano. Ma infuria la guerra e la serata scelta per il concepimento si svolge in modo del tutto inatteso... da lì, gli eventi travolgeranno l'ossessione di maternità di Gemma, l'apparente inerzia di Diego, la verace follia di Gojko, la risolutezza di Aska. Quando il bambino finalmente nasce, tra i bombardamenti dell'assedio di Sarajevo, niente sarà più come prima per nessuno. La vita di Gemma, tornata a Roma e totalmente assorbita dalla nascita di Pietro, affronta altri distacchi e riavvicinamenti, fino al sorprendente epilogo.

Libro forte, crudo, che indaga nell'animo di una donna sezionandola ferocemente e mettendone in luce aspirazioni, debolezze, passioni, disillusioni. Una lettura scorrevole, con lo stile tagliente della Mazzantini, che alterna frasi brevi (e linguaggio, a volte, scurrile) con iperboli e similitudini che aggiungono sostanza al racconto, senza annoiare.

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Mian88 Opinione inserita da Mian88    13 Agosto, 2017
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Giorni indimenticabili di Sarajevo..

«”Non devi pensarci, devi venire”.
“Perché?”
“Perché la vita passa, e noi con lei. Ti ricordi?
[..] Di colpo mi chiedo come ho fatto a rinunciare a lui per tutto questo tempo. Perché nella vita capita di rinunciare alle persone migliori a favore di altre che non ci interessano, che non ci fanno del bene, semplicemente ci capitano tra i passi, ci corrompono con le loro menzogne, ci abituano a diventare conigli?» pp. 10-11

Gemma. Quando tutto ha avuto inizio, non era altro che una giovane donna, di circa ventinove anni. Oggi, invece, ne ha quasi cinquanta, è sposata con un ufficiale dei carabinieri, Giuliano, calmo e premuroso, un uomo che non si è tirato indietro dal tirare su quel figlio, Pietro, ora sedicenne, frutto di un passato che non può essere dimenticato. Una telefonata che arriva da Sarajevo. E’ Gojko, vecchio amico, poeta matto che simboleggia quei giorni indelebili nella memoria. E’ un richiamo a cui la protagonista non può sottrarsi. Perché quei dolori mai sopiti, quei dolori che non hanno mai smesso di battere sul cuore di Gemma chiedono di essere affrontati, e con loro vuol vedere la luce anche quella verità troppo a lungo celata. Ancora, ricordi di un eccidio senza morti, rendono impossibile provare emozioni. Di nessun genere.
E così Gemma e Pietro partono. La scusa ufficiale è quella di assistere ad una mostra fotografica in onore di Diego, grande amore, padre del ragazzo, e fotografo morto in terra straniera durante il suo lavoro, la realtà è permettere al giovane di fissare alcune immagini del padre, permettere alla madre di fare i conti con i propri fantasmi.
In un perfetto alternarsi di ieri ed oggi, Margaret Mazzantini affronta, con “Venuto al mondo” tematiche di grande impatto sociale nonché emotivo. In queste pagine, troverete, infatti, il dramma della maternità, un miracolo che può al tempo stesso rivelarsi dannazione ma anche il caos, la confusione in cui l’esistenza può cadere, per i fatti quotidiani che la compongono che per fattori esterni, quali la guerra, che con la loro disarmante criticità e infausticità, scompongono e distruggono le certezze.
Seppur il romanzo abbia un inizio lento, pedante e soprattutto nella prima parte farraginoso, e nonostante a tratti si perda nei sentimentalismi e moralismi, esso si dimostra portatore di grandi valori e contenuti pregnanti. Superate, invero, le prime trecento pagine, questo sopraggiunge con tutta la sua forza disarmante conquistando anche quel lettore che, inizialmente, non era riuscito a farsi rapire.
Buona anche la delineazione dei personaggi, tra tutti, Gojko, è il meglio riuscito. Senza difficoltà egli fa capolino nel cuore dell’avventuriero conoscitore riserbandosi un posto d’onore anche a conclusione della lettura.
Dal punto di vista stilistico, l’autrice si offre a chi legge attraverso un linguaggio troppo ricercato, un linguaggio fatto di epitaffi, parolacce e frasi brevi che, per quanto curate, finiscono con il far da ostacolo al proseguire dell’opera.
Nel complesso, il libro vale la pena di essere letto, ma ne consiglio la discoperta con la giusta propensione d’animo altrimenti potrebbe risultare faticoso e difficile da cogliere.

«..E la vita ride di noi
Come una vecchia puttana sdentata
Mentre ce la scopiamo a occhi chiusi
Sognando il culo di u giglio.. »
p. 198

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LibroDipendente Opinione inserita da LibroDipendente    10 Mag, 2016
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Struggente per certi aspetti ma meritevole

Su questo testo si è parlato moltissimo, addirittura ci è stato fatto un film.
E' un libro che ha bisogno di essere compreso (io l'ho letto due volte). Mi viene da paragonarlo ad una scritta poco illuminata e abbastanza lontana poichè se non ti avvicini e non provi a "far luce" su quello che realmente la Mazzantini ed il suo testo voglio trasmettere probabilmente leggerai le prime due pagine e poi lo abbandonerai. Così ho pensato di fare anche io, in un primo momento.

Successivamente ho letto in maniera più "paziente" ed attenta e le cose sono sembrate non solo più chiare ma più piacevoli. Come dico nel titolo è un racconto sicuramente struggente in quanto, in ogni caso, si tratta non solo della guerra in Bosnia con tutti i dettagli appunto dolorosi e inumani che ciò comporta ma anche di cosa la guerra in Bosnia abbia lasciato. Da quella guerra è nato qualcosa; tante vite sono state spezzate e come sono state spezzate è davvero orribile ma come simbolo della rinascita o se si vuole dell'immortalità di quelle vite che si "reincarnano" in Pietro e in quella storia d'amore che nonostante le cose siano andate in un certo modo (RISCHIO SPOILER) ha lasciato il segno.

Come ho già detto, è un libro che va letto per una questione di informazione innanzitutto perchè mi pare che si sappia davvero poco di questo tragico evento e anche perchè come ad esempio tutti i testi che sono stati scritti sull'olocausto, per esempio, hanno un certo valore umano.

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marika_pasqualini Opinione inserita da marika_pasqualini    24 Mag, 2014
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GEMMA, MOGLIE DI SARAJEVO

Ciò che ho fatto quando ho chiuso il libro, dopo aver letto l'ultima pagina, è stato mettere una mano su quel libro, su quelle vite, per proteggerle, per mangiare ancora un pò della loro esistenza.
Mi chiedo perchè la gente della mia età non sappia assolutamente nulla della guerra in Bosnia, di quelle montagne, di ciò che è accaduto. questo libro mi ha aperto gli occhi, il cuore e soprattutto i canali lacrimali. ho divorato ogni parola, ogni movimento di queste persone normali, con un passato, una vita in un altro luogo, vicino, eppur così lontano da noi. Non ho amato Gemma, non ho amato nemmeno Diego, ma ho amato il loro amore, la loro diversità. Prendono la vita in due modi completamente diversi: Gemma è una donna, è nata signora. Diego è nato bambino e rimarrà sempre tale, con quel suo canzonare la vita, prenderla a sberle e urlandogli dietro che lui lì ci deve stare, lui deve vivere per portare il dolore di chi è più debole. ma lui per primo è debole, cresce solo una volta.... cresce quando sa che la sua strada non deve salire su un aereo. Gojko invece è il fratello di tutti noi, la nostra guida che ci prende in giro e ci insegna cosa è una poesia. E poi arriva questo ragazzo, Pietro, attraverso il quale viene raccontato il prima, il libro in sè. Non attraverso la sua voce, ma attraverso il suo corpo. Un pò odioso a dire il vero questo adolescente strafottente!
Ci sono molti momenti in questa storia. Momenti anche in cui ho dovuto fermarmi per piangere, per riprendere in mano ciò che stava accadendo e capirlo bene, perchè nessuna parola è messa li per niente. tutto ha un senso. é un libro articolato, carico di emozioni, buone e cattive, che ti lascia l'amaro in bocca e in testa solo una frase: "Perchè non si parla mai della guerra di Sarajevo? Perchè io non so? Perchè non viene considerata??". questo mi è rimasto, insieme alla videata sul computer dei voli per Sarajevo...

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BettiB Opinione inserita da BettiB    13 Marzo, 2014
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Non siamo morti stanotte.

Questo libro è un'opera d'arte, non lo dico mai e questa volta non ho paura a dirlo. E' fantastico, una fotografia fluida dell'uomo, della donna, dell'umanità e di tutti i sentimenti che ci stanno in mezzo. E' vero, è crudo, è dolce, è la vita.

Parla di Gemma, giovane 29enne, in viaggio a Sarajevo per una ricerca universitaria, durante le olimpiadi invernali del 1984, quando la città era pulita, in festa, una scoperta. E poi parla di Gemma vent'anni dopo, che torna nella stessa città, ora con un figlio e un peso nel cuore che Sarajevo le porta a galla, con le sue rovine e il dolore che traspira dai muri dilaniati e dalle rose in memoria delle vittime. Della sua guerra, che lei stessa ha vissuto lì. Anche lei vittima. Vittime della guerra che dal '92 al '96 ha spezzato la Bosnia e i Sarajeviti, una guerra che i nostri genitori guardavano dall'altra parte del mare, in tv; una guerra vicina e per questo curiosa, una guerra che alla Mazzantini è rimasta tanto dentro da sentire il bisogno di ridarle vita con questo libro. L'autrice ha creato personaggi veri, vivi, che potremmo incontrare ogni giorno, che pensiamo di conoscere, a cui ci affezioniamo, che vorremmo coccolare e consolare. Aiutare. Per questo ci rende partecipi di tutto. Non ci sono cattivi o buoni, solo vittime e carnefici. Ma ogni personaggio si fa odiare e voler bene a proprio modo.
Gemma che si innamora di Diego, la loro vita insieme, una coppia fantastica, di quelle su cui scommetteresti tutto, perché sono fatti l'uno per l'altro e niente può separarli.

"Eravamo una di quelle coppie strampalate, su cui nessuno avrebbe scommesso un’unghia. Di quelle destinate a una manciata di mesi superbi e poi ad afflosciarsi di botto. Eravamo così diversi. Lui dinoccolato, io sempre un po’ rigida, con le borse sotto gli occhi, il cappottino austero. Invece i mesi passavano, le nostre mani erano sempre l’una nell'altra per strada, i nostri corpi dormivano vicini senza darsi noia come due feti nello stesso sacco."

Poi i figli che non vengono, il dolore e la frustrazione, la ricerca infinita. "I figli che devono venire vengono" dice Diego. Ed è vero, ma la sterilità assomiglia esattamente alla stessa guerra bosniaca, solo che i cecchini sparano dall'interno e feriscono a morte.
La guerra che scoppia nella città che li ha visti nascere, il desiderio di non abbandonarla a sé stessa, il dolore di rimanere, ma ancora di più di andarsene. E Aska, il figlio della guerra, le priorità, la vita che si fa largo tra la morte, una dolcezza vista attraverso il disumano... e soprattutto un finale che ti risarcisce.
Ti risarcisce di tutte le lacrime versate prima - che non sono poche -, tutto quel pensare alla crudeltà e all'ingiustizia che si scioglie in un dolce-amaro che ti avvolge.

Perché questo non è un libro che puoi chiudere e lasciare sul comodino per passare oltre. A metà del libro ho dovuto chiudere e respirare per un po', il libro ti trascina troppo dentro la storia e finisci per soffrirne anche tu. E comunque continui a pensarci. A me è nata la voglia di sapere, di informarmi, di sapere di più di questa guerra, del fotografo di pozzanghere - che esiste davvero, e soprattutto
esistono le sue fantastiche fotografie -, delle giovani dal futuro spezzato...

"La gente camminava tranquilla, quella mattina, donne con i foulard, uomini con la cravatta. Bisognava mostrare il pugno chiuso con il medio fuori a quelli lassù, al club delle tre dita cetniche. E' un messaggio per loro, infilatevi nel culo i vostri fucili di precisione. Quei foulard, quei passi ordinati, stavano lì a dire quello. A testimoniare che la vita continuava. [...] Sul muro sotto casa era apparsa una scritta: NON SIAMO MORTI STANOTTE."

E le parole, le frasi... Frasi che sono poesia, frasi forte ma dolci, che mi farei tatuare su tutto il corpo perché rendono davvero. Migliore, non lo so, ma rendono. E' un libro che mi ha preso e non credo mi lascerà mai andare.Lo consiglio a tutti, con un po' di pazienza. A me fa ancora battere il cuore.

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mia77 Opinione inserita da mia77    14 Febbraio, 2014
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Venuto al mondo di Margaret Mazzantini

Sono la 123° a dire la mia su questo libro, che ha letteralmente spopolato e la cosa mi mette un po’ a disagio, ma ci tengo a farlo. Voglio dire che amo lo stile di questa scrittrice e il modo in cui sonda l’animo umano, per cui per quanto riguarda stile e classe, niente da eccepire. Per quanto riguarda la trama: molto bella, soprattutto per il finale per niente scontato; però, a mio parere, si potrebbero tranquillamente togliere 150-200 pagine, perché troppo prolisso. Non ho mai amato i libri troppo “pesi”, perché spesso è solo un arricchire dei fatti che potrebbero essere raccontati in modo più semplice e meno ridondante. Detto questo, in questo romanzo, premio Campiello 2009, si trattano due temi principali: quello della guerra (trattato in modo preciso ed esauriente) e quello della maternità: cercata, negata e “guadagnata”, se intesa come genitorialità (io ho sempre pensato che i figli siano di chi li cresce, non di chi li mette a mondo!)
Si parla di una città in guerra (Sarajevo), dove la morte fa da protagonista, dove i cecchini perdono il senso della vita (come succede in ogni guerra) e dove le persone perdono sé stesse. Una guerra molto vicina a noi geograficamente, ma che noi italiani abbiamo “sentito” molto poco. A poche centinaia di chilometri da noi migliaia di persone venivano uccise, migliaia di donne violentate nel corpo, ma soprattutto nell’anima e la maggior parte di noi ha continuato la propria vita tranquillamente, senza muovere un dito per aiutarli. Una città in guerra, dove la morte fa da protagonista, ma che dalle ceneri estrae un dono molto prezioso per Gemma (la protagonista del romanzo): il figlio tanto desiderato, che l’ Italia le aveva negato. Questa città in lotta ha ucciso migliaia di vite, ma ha dato alla protagonista la vita che lei desiderava di più a mondo: quella del suo bambino. A questo punto non voglio parlare dell’eticità o meno della scelta che Gemma e Diego (il marito) fanno, perché solo una donna a cui la maternità viene negata più e più volte, può capire la sofferenza atroce che prova la protagonista. Io, che ho avuto mio figlio subito, nel momento in cui l’ho desiderato con tutta me stessa, stento a capire cosa possa significare non riuscire ad averlo, in nessun modo. Non capisco, però, la scelta di Gemma di voler spingere il proprio marito nelle braccia di un’altra donna, con il rischio che lui si possa innamorare di lei e lasciarla: la ritengo una crudeltà inutile verso sé stessa. Quello che ho amato moltissimo è il modo in cui Margaret Mazzantini scrive, senza dosare le parole, né i sentimenti, donandosi completamente al lettore, senza filtri, solo come una donna vera può fare, senza nessun timore di quello che i lettori possano pensare. Ci tengo, comunque, a dire che al contrario di molti altri lettori, ho apprezzato molto questo libro, ma gli ho preferito “ Nessuno si salva da solo” della stessa autrice: più sulle mie corde.
Ora, come sempre, vorrei scrivere alcune espressioni o frasi che mi sono piaciute:
“La speranza appartiene ai figli. Noi adulti abbiamo già sperato, e quasi sempre abbiamo perso”;
“I miei occhi in un attimo bruciano i contorni di quella carne. E mi sembra si sentirgli l’anima, ecco tutto”;
“Ha quelle dita lunghe intrecciate alle mie che mi stringono… mi parlano, mi giurano tutto”;
“…ho cercato suo padre dentro di lui, affannosamente, ogni giorno della sua vita”;
“Il mondo mi sembrava saturo di tutto. Gli amori erano, come il resto, cancerosi di nostalgia ma svelti nel consumo. Era da fessi crederci”;
“…una vita valida non ha bisogno di verità a tutti i costi. Basta tirarsi indietro, voltarsi altrove, …sacrificare qualche sguardo autentico, per andare avanti discretamente”;
“Le donne per lui sono piccoli orchi, leccornie per palati più arditi;
“Ci sono cose. Piccole cose che non dimenticherò, che sono niente e invece restano più forti di tutto”;
“Devo arrendermi all’idea che i figli nascono come l’erba, dove capita, dove il vento spinge i semi”;
“Mi prende uno schifo per tutto il sesso del mondo, per quel ficcare e ficcare fino alla morte, per quel cercare buchi”;
“Invecchiando si può di colpo diventare avari di sé stessi, aridi con il mondo, perché niente ci ha davvero ricompensati”;
“La verità è che ho scelto, e Diego lo sa. Non me ne sarei mai andata a mani vote. Ma adesso ho questo pacco da consegnare al mondo. Mi sto portando via la parte migliore di lui, la vita nuova, quella che nessun dolore ha sporcato”;
“Ha sempre fame, questo bambino di Sarajevo, la fame della sua origine miserabile”;
“Mi aveva dato quello che volevo, il bambino era il prezzo per la sua libertà”;
“Suo padre diceva che la nuca conserva l’odore della nascita, del vento che ha portato il seme”;
“Non ha mosso un dito per difenderla, è indietreggiato per non vedere, si è schiacciato le orecchie con le mani per non sentire le urla”;
“Anche lui ha paura che quel male non possa filiare che male. Però è pronto a rischiare. Forse il bambino sarà la ricompensa”;
“Giuliano si china, resta lì ad annusargli la nuca. Come l’ultimo cane, come l’ultimo padre”.

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Opinione inserita da Stefania    14 Gennaio, 2014

Uno scavo nell'animo umano

Ho finito di leggere questo libro questa notte.Appena concluso ho inviato un messaggio all'amica che me lo ha regalato, anche se era notte fonda. Dovevo farlo.
Non è stata una lettura tutta d'un fiato ma un appuntamento atteso, che mi vedeva leggere trenta-quaranta pagine e fermarmi. Per pensare, per far emergere tutte le emozioni e le riflessioni scatenate dalle parole lette.
Uno scavo nell'animo umano: è l'unica definizione che riesco a dare al libro, senza ridurlo. E' un libro che parla di tante sfaccettature della vita: l'amicizia, l'amore, la femminilità e la sua complessità, la guerra e le divisioni nel mondo. Ma non parla solo di questo. Non a me perlomeno. Il libro attraversa le sfumature dell'animo, ci scava dentro, va a fondo dove si pensano anche cose non facilmente confessabili, nemmeno a se stessi. E tiene fino alla fine legati a un finale, che arriva però inaspettato. Sarà difficile trovare un altro libro che lo eguagli!

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Opinione inserita da MakiG    15 Dicembre, 2013

Libro fantastico, assolutamente da leggere

Questo è un'estratto di una mail che ho mandato a M. Mazzantini. Queste parole riescono a esprimere solo in parte ciò che penso di questo libro:
"Sono una ragazza che oggi ha finito di leggere il suo libro Venuto al mondo. Volevo complimentarmi con lei perchè nessun libro è riuscito mai a coinvolgermi come questo ha fatto. Mi sono immersa in una lettura che mi era stata consigliata molto tempo fa,ma solo ora sono riuscita a leggerla. In ogni pagina comprendevo,mi immedesimavo nei sentimenti della protagonista. Mi sono immedesimata nei suoi pensieri di donna che non poteva avere figli e tutta la sofferenza che questo provoca ... e nessuno era riuscito mai a mettere nero su bianco quello che pensavo in maniera trasparente, percettibile. Questo libro mi ha lasciato in sospeso fino all'ultimo, mi ha fatto sorridere, commuovere, piangere e le dico che penso che sarà difficile trovare un libro avvincente, coinvolgente, emozionante come questo.
La ringrazio per l'attenzione e per avermi regalato tutte queste emozioni sincere."

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Claudia Falcone Opinione inserita da Claudia Falcone    11 Ottobre, 2013
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Promosso sì, ma con riserva

Ho letto questo romanzo soltanto un paio di mesi fa, nonostante sia uscito già da qualche anno, e abbia avutofin dall'inizio un notevole successo. Mi aspettavo quanto meno una storia forte, intensa e coinvolgente; purtroppo, però, mi ha rinconfermato l'opinione che già avevo sulla Mazzantini,e cioè che sia un'autrice piuttosto snob, che vuol stupire a tutti i costi, e che molti dei suoi romanzi contengano qualcosa di molto artificioso. Artificioso, infatti, è lo stile, fatto di periodi brevi e continue metafore non sempre comprensibili. Artificiosa è un po' anche la storia, che vuol essere una storia forte (ed in effetti lo è: l'amore, la guerra, la violenza, la maternità...di temi forti ce ne ha messi tanti) ma alla fine, a parer mio, finisce col diventare un po' tortuosa, a tratti inverosimile. Insomma, il libro si legge, scorre, alla fine si riesce ad arrivare in fondo quelle 500 pagine, nonostante alcuni tratti della storia siano decisamente inutili. Io però non sono riuscita ad appassionarmi veramente, nè a provare empatia per i personaggi, che ho trovato a tratti irritanti e troppo estremi in certi aspetti (il desiderio ossessivo di maternità di Gemma, l'ostinazione di Diego nel rinunciare alla sua vita per tornare a Sarajevo, la sua idea un po' malata di libertà...soltanto quello di Gojko mi è parso vero e naturale). La Mazzantini, a mio parere, scrive a tavolino i suoi romanzi (che puntualmente verranno poi trasformati in film dal marito), e il fatto che sappia scriverli bene non basta.

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Martiii08 Opinione inserita da Martiii08    11 Settembre, 2013
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IL FOTOGRAFO DI POZZANGHERE

Quando ho intravisto questo libro tra gli scaffali della libreria, il mio sguardo si è subito soffermato sulla copertina: un bambino dalla pelle color avorio seduto su di un letto e circondato da una stanza azzurra e da pesci arancioni. Mi sono decisa a comprarlo, un po' perché l'ambientazione mi era estranea, un po' perché quella donna della quale si parlava nella trama, Gemma, mi ispirava fiducia. Ho letto 529 pagine in due giorni, ed ogni pagina che sfogliavo, mi dava la sensazione di essere dentro alla storia, di vivere quelle avventure, quei sogni, quelle speranze. È stato il primo e unico libro della Mazzantini che ho letto, ma l'ho ritenuto da subito una pietra miliare della letteratura contemporanea. Lo stile, la scorrevolezza, la descrizione peculiare di ogni singolo oggetto, personaggio, mi hanno subito convinto del talento dell'autrice, e sono convinta che mille altre persone come me potrebbero essere coinvolte dalle stesse emozioni. In due parole: da leggere.

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farma70 Opinione inserita da farma70    26 Agosto, 2013
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Molto toccante

Libro che mi è stato regalato a Natale, penso per caso, solo perchè da poco ne avevano ricavato un film...sinceramente l'ho lasciato nel cassetto perchè la trama non mi convinceva e non mi convinceva nemmeno la scrittrice. Poi ne ho letto le recensioni e trovandole abbastanza positive quest'estate, durante le ferie, mi sono decisa ad affrontare questo tomo di ben oltre 500 pagine. Che dire, nonostante chi mi l'aveva regalato non conoscesse minimamente i miei gusti letterari, in questo caso ci ha azzeccato. Lo stile dell'autore è quello che mi aspettavo dalle recensioni lette: frasi brevi e a volte molto caustiche, trama molto bella anche se a tratti un po' noiosa; personaggi ben descritti, stile molto tagliente. Libro nel complesso bello che alla fine ti lascia un po' di amaro in bocca per alcune descrizioni molto crude. Ho amato e pprezzato molto i personaggi "secondari" del romanzo, come il papà di Gemma che ha amato la figlia come pochi padri sanno fare, Giuliano persona eccezionale come pochi mariti sanno essere....Libro consigliatissimo.

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Opinione inserita da terry    15 Agosto, 2013

UN VORTICE DI EMOZIONI

Ho ricevuto questo libro in dono da mia figlia, lo scorso Natale. Mi è piaciuto molto, nonostante, a tratti, risulta noioso con descrizioni eccessive ed evitabili. Ho amato molto i protagonisti, ho sentito le loro emozioni, ho pianto, anche disperatamente. Ma loro hanno vissuto, fino in fondo. I personaggi che mi hanno commosso di più sono stati quelli che non hanno voluto o potuto buttarsi nel vortice di sentimenti che offre la vita e viverli in prima persona. Come il papà di Gemma e Giuliano. Ogni loro presenza, ogni loro gesto, ogni loro parola è amore, quello che dura. Un amore per l'altro, non per riempire i vuoti della propria esistenza.
Ho letto con stupore le vicende della guerra che avevo un po' dimenticata. Mi hanno ricordato che la quiete e il consumismo in cui vivo non sono così scontati.

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Raffa73 Opinione inserita da Raffa73    25 Luglio, 2013
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scoprendo Sarajevo

E' stata una vera sorpresa. Questo libro è entrato nella mia vita per caso, visto che non ho particolarmente apprezzato il film "non ti muovere". Mi rendo conto di essere stata superficiale, spesso i film si discostano dal libro da cui sono tratti, ma erano proprio gli argomenti trattati che non mi attiravano.
Mi sono immersa nella lettura con foga, volevo sapere la sorte di ogni personaggio, volevo approfondire e fuggire questa guerra che non fa semplicemente da sfondo, ma è la vera protagonista a mio parere.
Ci sono dei momenti in cui ho pianto, lo ammetto. Credo che le vicende politiche tra serbi e bosniaci siano state trattate dall'autrice con una sensibilità e un tale rispetto che il dolore, le brutture e la brutalità penetrano nel lettore senza bisogno alcuno di enfasi. Non sono le parole a commuovere, ma la realtà. I due vicini di casa, il bambino che gioca, la ragazzina che risponde all'appello dei serbi come fosse a scuola, il dover sopravvivere alla fame, alle bombe al tuo ex compagno di banco ora acerrimo nemico. Questa è la guerra. E' lei, nuda e cruda. La Mazzantini ce la presenta e riesce ad evocarla con tutto il dolore che comporta.
Per quanto riguarda i personaggi, sono unici. Gemma e Diego, un amore grande, seppur imperfetto, come lo siamo tutti noi, i loro limiti sono la loro forza. I loro errori, le loro debolezze hanno reso ogni singolo personaggio reale. Affrontare la sterilità per una coppia può essere devastante, mi chiedevo spesso se anche io avrei fatto le stesse cose che ha fatto Gemma o se mi sarei lasciata abbattere o se avrei accettato tutto con rassegnazione. Certo è che la capivo come se fossi io a parlare, ad agire e a combattere. Così come capivo Diego, ho seguito il suo percorso di vita con la tenerezza che la stessa Gemma provava, assolvendolo e amandolo fino alla fine.
C'è una frase che mi ha fatto sorridere e riflettere: "anche la Madonna, se ci pensi, ha affittato l'utero a Dio... "

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oboah Opinione inserita da oboah    03 Giugno, 2013
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PROFONDO

Lo stile della Mazzantini sappiamo essere piuttosto particolare, non tutti lo apprezzano, e anche dal mio punto di vista a volte è troppo spezzettato, frammentario e allo stesso tempo riesce ad essere in alcuni passaggi un po' pesante, ma in questo libro almeno è funzionale a dare ancora più peso alla storia, già di suo estremamente angosciante..il risultato è che ci si fa prendere dai dolori di questa donna che almeno per gran parte del libro a me è apparsa egoista e fredda, non ha suscitato in me né simpatia né compassione..è un libro crudo, per la guerra e tutte le sue implicazioni, è triste, ma allo stesso tempo cerca di essere una speranza, per i singoli come per la comunità..non lo so, a me ha lasciato un velo di tristezza che c'ha messo un po' ad andare via..ma forse proprio per questo sento di consigliarlo a tutti..

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upsilamba Opinione inserita da upsilamba    31 Mag, 2013
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le parole delle emozioni

un libro che ho letto tutto d'un fiato, rimanendo spesso senza fiato. un libro che parla dell'amore nonostante l'orrore della guerra, dell'odio nonostante la dolcezza della poesia. Lo stile della Mazzantini mi piace perchè riesce, con un linguaggio semplice, a descrivere la complessità dell'animo umano. Quello che descrive, al di là degli avvenimenti, è il mondo interno dei personaggi, sono le motivazioni profonde che spingono all'agire, che sottostanno al vivere, anche e soprattutto quando vivere diventa difficile. Questa sua capacità di mettere in parole le emozioni, che possono essere sentite, percepite ma solo raramente si riesce nell'intento di descriverle nella loro complessità, mi affascina e mi ha permesso di leggere questo romanzo identificandomi con i vari personaggi, sentendo insieme a loro le carezze e gli schiaffi della vita.

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gio82 Opinione inserita da gio82    28 Mag, 2013
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Un tristissimo capolavoro

Questo libro è un capolavoro. Nonostante non abbia apprezzato lo stile non ho saputo resistere alla potenza dei sentimenti che questo romanzo sa scatenare. E' brutale, intenso a volte surreale e la protagonista si fa amare ed odiare in egual misura. La voglia di maternità è estremizzata a tal punto da risultare più forza distruttrice che non creatrice e diventa così invadente da fare passare in secondo piano anche la guerra. E' un libro di una tristezza infinita che consiglio di leggere solo se si è nell'adeguato stato d'animo! Non so se avrò il coraggio di leggere un altro libro della Mazzantini.

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betti Opinione inserita da betti    24 Mag, 2013
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VENUTO AL MONDO

Ho il cuore in gola e non mi piace averlo. Sento addosso il profumo di Sarajevo, la malinconia della gente, la disperazione di chi non ha più nulla. Ho pianto, troppo, tanto da non riuscire più a vedere le parole che la Mazzantini ha scritto e dire che non mi piace la sua scrittura ma le sue storie sono … capolavori.
Ho cercato di evitarlo questo libro, ma alla fine lo preso in mano, sfogliato, comprato e letto tutto ad un fiato. La malinconia mi ha assalito ha metà libro, quando Gemma cerca in tutti i costi ad avere un bambino. Non gli basta più l’amore di Diego, lei vuole un altro Diego, un piccolo essere che abbia le sue gambe, i suoi occhi, la sua nuca. Si è sempre chiesta come facesse a stare in piedi con quel corpo così magro e come mai un ragazzo di ventiquattro anni si fosse innamorato di una più vecchia di lui. Hanno fatto l’amore per la prima volta a Sarajevo, in un giorno importante. Ecco il loro legame con quella città, ecco cosa dobbiamo aspettarci da questa storia: un amore vero, puro ma che alla fine risulta incompleto. L’ho maledetta quando Gemma cerca in tutti i modi ad avere questo bambino, mi son detta che alla fine sarà la causa della loro separazione. Un articolo sulle mamme surrogate è stata l’inizio di una ricerca affannata, finita con l’incontro con quella pecora travestita da lupo. Ma non lo sai Gemma che le più innocenti sono le più pericolose? Hai unito le loro mani, i loro sguardi le loro vite. Hai urlato quando hai capito, e io con te ma ormai era troppo tardi: l’hai perduto e tu lo sapevi. Ma la verità non è mai come la immaginiamo e molto spesso è più pericolosa. Credevi ma non sapevi Gemma.
Commuovente, delicato. Un modo diverso di raccontare l’orrore della guerra, di come può nascere anche qualcosa di buono, non solo morte ma anche vita.

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Opinione inserita da Martina    20 Mag, 2013

INDEFINIBILE

l'aggettivo giusto per questo libro è indefinibile!!! ho letto solo questo libro della Mazzantini ma penso di avere assistito allo snodo di un capolavoro!!! libro stupendo, toccante, una sensibilità unica, feroce e dolce, raccontato attraverso la voce di Gemma, donna coraggiosissima, che tramite il figlio ci fa vedere la situazione di una terra tormentata da conflitti multietnici!!! siamo stanchi dei soliti libri compassionevoli sulle guerre, struggenti e un po' egoistici! questo romanzo ci dona un punto di vista totalmente diverso anche grazie a Goiko, personaggio introverso, uomo spettacolare nonostante sia intriso, soprattutto verso la fine, di un cinismo veramente straziante!
il libro è il percorso, la crescita, la maturazione di Diego e parallelamente di Pietro e la rinascita e riscoperta delle verità più nascoste per Gemma!!! un capolavoro, stile superbo, meraviglioso. semplicemente sensazionale.
il finale poi... speciale !!!

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franziska Opinione inserita da franziska    06 Mag, 2013
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un colpo al cuore

Questo è un romanzo potente che, una volta letto non si dimentica più, perchè si pianta nella mente e nel cuore. La storia affonda le radici nell'insondabile desiderio di maternità che piega la protagonista, Gemma, a scelte incaute ed estreme, desiderio che, a sua volta, si dilata e prende forma a Sarajevo, durante il feroce assedio che la città dovette subire nella guerra balcanica degli anni '90. Dopo molto tempo da quella sconvolgente esperienza, una telefonata richiama Gemma proprio in quella città indimenticata e indimenticabile. Da questo momento il racconto si snoda fra flash-bach e ricordi, alcuni allegri e lievi, altri dolorosi o enigmatici, ma tutti vividi, momenti di vita vissuta pieni e incancellabili. Attraverso un'analisi lucida e tesa degli eventi, dei pensieri e delle scelte che hanno anticipato tali eventi, si sviluppa un vero e proprio "thriller dell'anima " che coinvolge in misura crescente il lettore lasciandolo in sospeso e in forse sul reale significato di alcuni passaggi forti della storia; i dubbi o le certezze troveranno tutti risposte o conferme poco alla volta, passando attaverso successivi e dololosi chiarimenti,colpi di scena,delucidazioni. Gli avvenimenti che si sviluppano in questo quadro non sarebbero, però, così penetranti e significativi, se non fossero incanalati da uno stile e da un linguaggio perfetti. Lo stile, affilato e tagliente, ti sorprende, ti prende e ti accompagna per tutto il romanzo. Il linguaggio, denso, ricercato, magnifico, esprime con naturalezza ogni tonalità di sentimenti ed emozioni. Attraverso questo linguaggio i personaggi furiosamente vivono, grida la storia. Un'ultima osservazione in riferimento al titolo del libro: quel " venuto al mondo " indica nella nascita più un fatto meccanico e animalesco che l'estrema conclusione di un atto consapevole di amore e tenerezza. Mi sembra che gli eventi qui narrati dimostrino ampiamente la verità di questa interpretazione.

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Consigliato a chi ha letto...
i libri dell'autrice o a chi vuole provare forti emozioni
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deborino Opinione inserita da deborino    03 Mag, 2013
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PENSO CHE PROFUMI DI UN ODORE CHE MI PIACERA' SEMP

Premetto che è il primo libro che leggo della Mazzantini.
Per quanto riguarda il suo modo di scrivere non mi ha soddisfatta al massimo per un semplice motivo: secondo me usa troppi paragoni che a volte sono superflui.
Mi spiego meglio: per ogni frase, ogni pensiero della protagonista la Mazzantini inse-risce 2 o 3 paragoni e a mio parere insiste troppo, quindi, sulla descrizione di un sen-timento o di un profumo.
La frase che ho usato come titolo (che penso sia bellissima) ad esempio, non è con-clusa lì ma continua con:

“Penso che profumi di un odore che mi piacerà sempre.
Come l'odore del pane caldo appena sfornato la mattina,
come l'odore fragrante della brioche che si immerge nel latte fumante della prima colazione,
come l'odore di spezie e ambra di paesi lontani,
come l'odore dei miei fiori preferiti,
e come l'odore di te che io porto addosso dalla notte prima.
Perchè il tuo odore per me è perfetto”.

A parte questa piccolissima nota negativa, il libro è meraviglioso.
La storia è incentrata su questo amore tra due persone apparentemente molto diverse ma che alla fine cambieranno l’una per l’altro: Diego e Gemma.
Appena si vedono, la prima volta, si innamorano subito nonostante Gemma si debba sposare dopo poche settimane.
Oltre all’amore tra uomo e donna in questo libro è descritto l’amore tra madre e fi-glio, il desiderio incontenibile di maternità che una donna può provare.
La Mazzantini ci racconta la guerra a Sarajevo e la sofferenza delle persone, i loro pensieri e i modi di vivere nella completa povertà.
Ci racconta come una telefonata inaspettata dopo 16 anni possa cambiarti completa-mente la vita, ci spiega come un viaggio possa trasformare una persona.
Questo libro è allo stesso tempo romantico e struggente, ricco di colpi di scena fino alla fine.
Uno di quei racconti che sanno regalarti vere emozioni, che ti cambiano d’umore e che ti fanno ragione, ti fanno pensare.
Naturalmente è uno dei miei libri preferiti.

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Opinione inserita da phoenix    28 Aprile, 2013

La vita è come l'acqua, scompare, affonda e poi...

Ancora una volta la Mazzantini ci ha deliziati con un romanzo che oserei definire sublime.
È la storia di una donna, Gemma, che si ritrova a fare i conti con il passato riaffiorato inaspettatamente per una telefonata ricevuta un giorno qualunque, una mattina qualunque.
È una storia di vita e morte, odio e amore che si intrecciano, si saldano così profondamente da non riuscire più a capire dove inizia l'uno e finisce l'altra. Gemma, nonostante sia stata derubata dalla vita di tutto, dell'amore, del fotografo di pozzanghere, della maternità, della dignità e addirittura di se stessa, deve rimboccarsi le maniche e ricominciare da ciò che la vita le ha lasciato, Pietro, unica sua ancora di salvezza.
Si rivela una donna forte e coraggiosa, molto più di quanto ci si aspetterebbe dalla presentazione del suo personaggio all'inizio del romanzo. Venuto al mondo, al contrario di ciò che si potrebbe credere, non è soltanto pessimismo, non è solo il realismo crudo e osceno, che talvolta rischia di diventare estenuante ed esasperante; è anche e soprattutto una storia di speranza.
La bravura della scrittrice sta nel saper sconvolgere il lettore sia per i toni che usa sia per la trama. Margaret Mazzantini, dopo aver utilizzato un ritmo lento e per lo più descrittivo che occupa la prima parte del libro, riesce a sconvolgere il lettore in poche pagine stravolgendo le convinzioni che ognuno aveva costruito nel corso della storia.
Inutile dire che è una dei miei libri preferiti

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Zine Opinione inserita da Zine    22 Aprile, 2013
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Un amore preso a morsi

Il romanzo di Margaret Mazzantini, che fa mostra di sé in tutte le librerie ed è edito da Mondadori, in questo momento è alla ribalta per la trasposizione cinematografica attuata da Sergio Castellitto. La copertina stessa ne è un rimando immediato, in quanto vi sono raffigurati i due attori protagonisti.
La storia si avvolge attorno a due tematiche principali: il miracolo della maternità, che può rivelarsi facilmente una dannazione, e la facilità con cui l’esistenza sa scivolare nel caos, esemplificata dal sanguinoso episodio della guerra in Bosnia, scoppiata all’inizio degli anni ’90.
L’autrice ci fa vedere il mondo attraverso gli occhi della protagonista, Gemma, una donna di cinquant’anni sposata con un ufficiale dei Carabinieri e con un figlio di sedici anni, Pietro, ultima traccia di un amore che le ha segnato l’esistenza. La vita, in qualche modo placida e monotona, disturbata solo dalle prime ribellioni adolescenziali del ragazzo, viene sconvolta alla radice da una telefonata che arriva da Sarajevo.
All’altro capo del telefono c’è Gojko, il vecchio amico, il poeta matto e amaro, ma in realtà c’è il suo passato. Ci sono dolori mai sopiti, un amore che le ha scavato ferite nella carne e nell’anima, ricordi di un eccidio senza senso e di morti che sanno corrodere la capacità di provare emozioni fino a non lasciarne traccia.
Gemma ha paura, ma non può resistere al richiamo. Parte per Sarajevo, la città del suo destino, trascinandosi dietro un recalcitrante Pietro. Lo scopo apparente è vedere una mostra di fotografie di Diego, padre di Pietro, morto in terra straniera durante il suo lavoro di corrispondente di guerra. Quello vero è rivivere la propria tragedia e tentare di far entrare nel cuore di quel ragazzo una qualche immagine del padre mai conosciuto.
Sarajevo le restituirà il suo passato, offrendole alla fine anche alcune risposte che non avrebbe mai immaginato la attendessero.
Il linguaggio della Mazzantini è materico, ha sapore e odore nonostante utilizzi la prima persona e sia quindi naturale trovare ampi paragrafi di pensieri, riflessioni. Si comprende subito che le scelte linguistiche sono state fatte con coscienza, in una ricerca quasi parossistica del termine giusto, delle associazioni tra immagine e parola. Un linguaggio che ha una sua poesia e come tale spesso colpisce prima il sentire più nascosto, palesando il proprio significato alla mente solo in seguito.
Nonostante questo lavoro cerebrale, che se mal diretto e utilizzato avrebbe avuto lo sgradevole sapore dell’esercizio di stile fine a se stesso, nel romanzo è presente anche molto cuore. Cuore e sangue. Ce n’è tanto da farci il bagno, ci si compenetra completamente nella condizione perduta, viscerale, disperata in cui crollano via via i personaggi, nel lungo riandare della memoria.
La capacità di mettere al mondo dei figli assume un’importanza capitale nell’esistenza di una donna, ossessione che è follia lucida, ragionata, quasi scientifica. Quando la maternità viene negata dalle menomazioni del proprio corpo, la mente si riempie d’odio, le relazioni d’amore si tingono di egoismo, ripicche. Un gesto d’amore diventa opaca determinazione di ottenere ciò che non si ha, ciò che si invidia con anima nera della felicità altrui.
Gemma arriverà a fare qualunque cosa, a perdere ogni rispetto per se stessa, ogni pudore o freno pur di ottenere quel bambino che agogna, anche se sa che non sarà l’immagine dell’amore tra lei e Diego, anche se significherà rubare e mercanteggiare sulla vita come se fosse una merce.
Il suo delirio finisce per essere preso a schiaffi dall’orrore che le capita attorno, da quella Sarajevo violata in cui la gente muore sotto il tiro dei cecchini, in cui la città esplode perdendo il proprio volto, il pane si imbeve di sangue. Violenza insensata sotto gli occhi di un’Europa che fatica a intervenire, a forze di pace che non hanno grande potere di intervento e sono costrette a lasciare il Paese alla devastazione sistematica di un odio che mette tutti contro tutti.
Pietro, figlio di quella guerra, figlio di un amore che si è preso a morsi, vaga per Sarajevo senza immaginare che tutto ciò su cui posa distrattamente gli occhi racconta la sua storia, quella di sua madre e quella di quel fotografo dal cuore bambino che non è più tornato a casa.
Una lettura intensa, che a tratti sa far male.

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Minuscola Opinione inserita da Minuscola    20 Febbraio, 2013
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Non mi piace!

No, non mi sento di consigliare questo libro perchè, come ha scritto qualcuno, c'è troppa carne al fuoco.
Sì, una bella storiella..bla bla...troppo lunga e a volte lenta.
Inoltre lo stile della Mazzantini non mi piace per niente!
Scrive "spezzettando" troppo! Certo! E' più facile così, credetemi: io scrivo.
Facile fare frasi: Soggetto, Verbo Complemento punto. Soggetto, Verbo Complemento punto. Soggetto, Verbo Complemento punto.
Poi lasciare uno spazio e cambiare argomento e ritoranrae al Soggetto, Verbo Complemento punto SPAZIO Soggetto, Verbo Complemento punto SPAZIO.
Lascia troppo all'immaginazione del lettore. A mio avviso uno scrittore deve SAPER scrivere!

La storia in sé si fa leggere.
Ma ho notato molti errori. Me li sono segnata (anche le pagine)
"abbracciati l'uno all'altro" quando si tratta di un uomo e di una donna e un'eco sempre al maschile
BAH! Sarà colpa della Mondadori....................?

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Irine Opinione inserita da Irine    11 Febbraio, 2013
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unico

Lettura assolutamente consigliata!!! Il mio libro preferito. All'inizio non mi ha presa ma siccome era un regalo di una mia cara amica sono andata fino in fondo e non mi sono assolutamente pentita. La solida storia d'amore tra Gemma e il fotografo delle pozzanghere Diego si nutre dalle difficoltà che i due incontrano sul loro cammino. Il problema della maternità mi ha colpito profondamente, il desiderio di lasciare il segno del loro amore...ad ogni costo e con ogni mezzo. Il desiderio di un figlio suo, con i suoi occhi e i suoi capelli e le sue gambe...ad ogni prezzo. Questo vuol dire sapere amare. Correre il rischio di perderlo per sempre pur di vederlo felice. E poi andare a cercarlo nell'inferno della guerra, e starli vicino pur sapendo che non sei a casa tua, perchè lui non è con te, è con la madre del suo futuro figlio che poi non si rivelerà più tale. Il figlio che crescerai come se fosse suo, nel quale troverai i suoi tratti e invece è un figlio di guerra, nato dalla violenza. Un figlio per il quale lascerai il tuo amore. Un ritorno dopo tanti anni in quella terra e la verità. La dura verità cosi essenziale per vivere. Un libro che fa male, che colpisce il cuore ma è un libro vero. E noi esseri umani siamo sempre in cerca della verità che molte volte si revela letale.

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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    21 Gennaio, 2013
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Venuto al mondo

Ho preso gusto al libro dopo le prime trecento pagine. Mi piace la parte della storia che tocca la guerra in Iugoslavia. E' molto interessante la figura del poeta bosniaco, tutto quello che dice e che fa. Credo che sia di gran lunga il personaggio più riuscito. Però il modo di scrivere, per quanto bello e ricercato, è un po' di ostacolo alla lettura. Frasi brevi, incisive come epitaffi dove anche le parolacce sembrano ricamate al tombolo. Rispecchia un po' l'idea nostra di stile, frasi a effetto ognuna delle quali deve acciuffare il lettore. Io preferisco che lo stile non pesi sul contenuto. I libri di A. Tyler sembrano cose vive, non si nota la scrittura che c'è in mezzo, lo sciatto Malamud ti attira nella storia dalla prima riga, la Egan del tempo è un bastardo ha una scrittura evocativa bellissima. Ma in nessuno di loro lo stile ha una evidenza, non lo si nota. Lo stesso Cormac Mc Carty che deve essere un fissato della scrittura, uno che pesa ogni virgola , fa in modo di rendere più efficace il dialogo o la descrizione e anche lì lo stile passa inosservato, è solo un mezzo per ottenere un effetto si può dire. Non ha un suo peso a parte, è amalgamato.
Io trovo l'idea nostra di stile un po' fredda e accademica.
Comunque tornando al testo, anche se le storie troppo sentimentali con molto pathos non sono le mie preferite, il libro merita senz'altro di essere letto. La parte sulla guerra è interessante, sarei curioso di sapere se il poeta Gojco esiste davvero. Mi ha molto colpito.

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Mazzantini, il cacciatore di aquiloni, Mille splendidi soli, Geda, Seta
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ALI77 Opinione inserita da ALI77    19 Gennaio, 2013
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UN LIBRO CHE LASCIA IL SEGNO


Ho iniziato a leggere per caso questo libro, mi è stato regalato per Natale,la mia edizione è quella legata all’uscita del film, per intenderci, quella con Penelope Cruz e Emile Hirsch.
Devo dire la verità la prima cinquantina di pagine non mi ha entusiasmata, e infatti ho lascato la lettura per due o tre giorni, per poi riprenderlo in mano e da li non mi sono più staccata.
Una lettura molto interessante ma di certo non leggera, l’autrice secondo me scrive benissimo fa molte descrizione dettagliate e precise mai noiose.
Il personaggio che mi ha fatto più divertire è sicuramente Gojko con il suo linguaggio scurrile, con la sua semplicità e soprattutto con le sue poesie.
Gemma, invece, è secondo me un personaggio a tutto tondo, che soffre, lotta per amore, per avere un figlio, è impossibile non identificarsi con lei almeno una volta nel corso del libro. In alcune parti provavo tenerezza quando si sentiva inutile per il fatto di non poter avere figli e quando il suo amore la lasciò andare.
Diego non l’ho capito fino alla fine e non ho condiviso alcune scelte che ha fatto ma di certo il suo amore per Gemma è una delle poche cose che restano immutate nel corso della storia.
Un passaggio del libro che mi ha molto colpito è quando Gemma dice: “ mi volto perché sento quel vuoto. E’ un vuoto che riconosco", e poi riferendosi a Diego ha capito che" l’ho perso già da molto tempo".
Uno dei temi principali è sicuramente la Guerra in ex-Jugoslavia, la descrizione di questo episodio storico è sicuramente unica e molto commuovente.
Un colpo di scena alla fine scardina le certezze che il lettore aveva fino a quel momento, un libro che ti resta nel cuore e che non ti lascia più andare.

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Nadiezda Opinione inserita da Nadiezda    17 Gennaio, 2013
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Cerchi di noi insieme

Un libro pieno di: emozioni, dolore, bellezza, atrocità, pazzia, vita e morte.
Una storia forte che ti pesa sul cuore che ti squarcia dentro nel profondo.
Un libro difficile da digerire per le atrocità descritte, un libro da non dimenticare.

Ho terminato da poco questo capolavoro e ne sento già la mancanza, anche se è composto da 529 pagine lo si legge in poco tempo.
La storia ti fa tenere gli occhi incollati ed il fiato sospeso su tutto quel dolore.

La vicenda narrata nel libro si svolge su due binari temporali: uno è il presente mentre l’altro è il passato.
Un passato atroce per una Sarajevo macchiata dalla guerra.

Passiamo alla trama del libro.

Gemma è una donna sfortunata è rimasta vedova troppo presto, non ha avuto figli, non ha mai veramente partorito.
Pietro è figlio di un altro utero, ma lui non lo sa, lui ha già sedici anni.
Gemma e Pietro un giorno accetteranno l’invito di Gojko, un vecchio amico di lei, e partiranno per Sarajevo.
Qui torniamo indietro nel tempo, conosciamo Diego un giovane e squattrinato fotografo genovese. I suoi gesti ed i suoi modi di fare fin dal primo momento avevano fatto innamorare perdutamente Gemma.
Per Gemma Sarajevo è un nido di ricordi sia belli che brutti.
Gemma è una donna forte che ci accompagnerà lungo questo viaggio fatto di 529 pagine, ci mostrerà la sua vita, ci farà piangere ed emozionare tantissimo.

Una storia drammatica e bellissima, assolutamente da non perdere.

Vi auguro buona lettura!

Tieni un capo del filo,
con l’altro capo in mano
io correrò nel mondo.
E se dovessi perdermi
tu, mammina mia, tira.

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Maya Opinione inserita da Maya    15 Gennaio, 2013
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Da leggere....

Amore... rabbia... paura...gioia...rassegnazione..speranza... Quando un libro riesce a trasmetterti tutte queste emozioni , allora ne vale veramente la pena spendere del tempo per dedicarsi alla sua lettura. Per qualche anno e per qualche strano motivo, ogni volta che entravo in libreria per cercare qualche libro, puntualmente mi si "piazzava" davanti "Venuto al mondo" ,e altrettanto puntualmente lo evitavo. Fino a quando ho deciso di acquistarlo (a volte si ribaltano i ruoli , e in certi casi sono i libri a scegliere noi), e ringrazio di averlo fatto, non perché sia un grandissimo capolavoro ..e non credo nemmeno che abbia questa pretesa, ma per le EMOZIONI , belle o brutte che siano, che riesce a regalare. DA LEGGERE.

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Ross. Opinione inserita da Ross.    02 Gennaio, 2013
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Crudo e devastante.

Mazzantini riesce a portarti il quel lontano 1992, nella guerra che è cornice della storia , ma anche protagonista.
La storia di Diego e Gemma è travolgente, l'evolvesi della loro storia lo è.
E' un romanzo che ti apre gli occhi, ti fa vedere l'amore in tutte le sue sfaccettature, belle o brutte che siano.
E' uno dei pochi libri che ti porta per mano nella guerra, nella devastazione.
Un libro da leggere e rileggere all'infinito.

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Speachless Opinione inserita da Speachless    02 Dicembre, 2012
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penso che profumi di un odore che mi piacerà sempr

La mazzantini ha una grande capacità di coinvolgere sensorialmente il lettore,di questo gliene devo dare atto.
e allo stesso tempo, porta alla luce storie come queste,difficili da comprendere, tristi, ingiuste, ma venate anche di speranza. è questo quello che conta fondamentalmente.
tuttavia, nonostante la storia sia di una tale drammaticità, che ti colpisce ad un livello primordiale, che ti risveglia sentimenti contrastanti, che pensavi sopiti, purtroppo il suo stile rende tutto dannatamente più difficile.
stile frammentario, pieno di pause, di virgole, elenchi uno dietro l'altro che a livello stilistico oltre a stonare, rendono la lettura difficoltosa. già la storia ,di per sé, non è semplice da elaborare, da somatizzare, con questo stile poi è come scalare una montagna.
probabilmente essendo il primo letto di quest'autrice ho fatto ancora più fatica.
consigliato.

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Chiccus Opinione inserita da Chiccus    14 Novembre, 2012
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Dammi la possibilità di leggere un segno migliore

T'innamora, ti fa tremare, ti fa capire quanto prima di vedere il buio e viverlo non sai proprio niente della luce!
Ha la capacità di far sentire il dolore della guerra dal punto di vista del dopo "E' stato più facile prima correre sotto le granate che dopo passeggiare sulle macerie", è questo ciò che ogni uomo si porta dentro ed è questo dopo che sei obbligato a superare per riuscire a vivere e costruire ciò che ti è stato distrutto!
Sotto una granata la paura è solo istinto di sopravvivenza, sopra una maceria la paura è vera, viva, grande e ci cammini sopra, la vedi nei visi della gente, nei gesti, nel silenzio di ogni uomo che ti passa accanto.
E poi tra queste righe c'è l'amore, immenso amore, visto in tutte le sue forme: c'è quello tra Gemma e Diego dal quale non ti stacchi più, è una poesia che ti entra dentro, irruente e desiderosa e una libertà del quale riga dopo riga non puoi più farne a meno; c'è l'amore tra Gemma e Gojko, importante, vitale, amore amico di una vita, è lui Gojko, il poeta, che nella sua follia ti fa sentire al sicuro;
c'è l'amore tra figli è genitori, diverso in ogni persona e famiglia, quello violento del padre di Diego e quello silenzioso del padre di Gemma e poi c'è quello tra Sebina e Mirna legate da un filo indistruttibile che le terrà unite fino alla morte;
ci sono tanti amori, tanti e diversi e la spettacolarità è che ti entrano dentro tutti, ti riempiono!
E poi c'è la morte, una morte fisica delle persone che come pedine cadono sotto le granate e la morte dell'anima, lenta e crudele.
Il finale è una sorpresa e diventa un punto di partenza per tutti i sopravvissuti, è un punto di partenza per l'amore, per la speranza e per la vita.
In questo libro il dolore ti insegna che per ognuno esiste “la cosa bella”.

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Francyska Opinione inserita da Francyska    31 Ottobre, 2012
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Indelebile nel cuore

Questa è stata la prima volta nella quale ho avuto il piacere di leggere qualcosa scritto dalla Mazzantini, è un'autrice dalla bravura straordinaria. Il libro è stato uno dei libri più intensi e belli che io abbia mai letto; anche se nei primi capitoli sembrava un libro abbastanza noioso; pagina dopo pagina ho scoperto che non era così, perchè il libro oltre a raccontare una bellissima storia, mi faceva provare tutto quello che Emma, la protagonista, provava: l'amore per Diego, l'amicizia per Gojko, l'amore per il figlio Pietro e persino le lacrime che scendevano sul suo viso, sono scese sul mio.. Quindi un complimento alla Mazzantini e vi consiglio il libro per una buona lettura.!

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Maybe Opinione inserita da Maybe    14 Ottobre, 2012
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Come è venuto al mondo.

Questo è il secondo libro che leggo della Mazzantini. La bravura di quest'autrice a mio parere sta' in una straordinaria abilità descrittiva. Riesce ad elencarti odori, immagini talvolta quasi rivoltanti in modo esclusivo, che ti fa disgustare o sorridere a seconda di ciò che propone. Il lettore riesce quindi a captare e percepire ciò che lei si sta figurando in quel momento. La inserirei in un panorama piacevolmente realista.
Parliamo ora di ciò che ci ha raccontato. Solito matrimonio un po' alla deriva tipicamente italiano dunque, solita donna intelligente, consumata dalla vita che si strugge in un percorso che alla fine del romanzo scopriremo essere atroce e a tratti un po' finto. (Non anticipo nulla perché grazie al cielo in questo libro c'è un risvolto abbastanza interessante). La presenza di Diego, di Pietro, di Gojko, del padre buono, della madre un po' estranea a quel mondo difficile che passa per la testa di Gemma, la protagonista. E Sarajevo ammaccata dal peso del passato e del presente incerto. I personaggi funzionano a mio parere e anche piuttosto bene. Marciano scontrandosi o sfiorandosi appena in questo percorso che avanza inizialmente con lentezza per poi precipitare e lasciarci piuttosto attoniti. Ho amato molto la figura di Diego che sembra un eterno peter pan in veste alternativa e un po' trasandata. Ho amato anche Gojiko il poeta nostalgico, l'eroe contemporaneo che ha appiccicati addosso i segni del suo paese. Avrei preferito un'analisi meno superficiale del marito di Gemma, il suo per così dire "salvatore". Giuliano infatti viene lasciato a margine, è appena uno schizzo. Emerge solo verso la fine e neppure con tanta prepotenza. La storia sicuramente funziona grazie alla tragica vicenda della ragazza (Aska? non mi sovviene il nome..) che l'autrice ha inserito un po' precipitosamente verso la fine. Insomma un libro che mi ha torturata e fatta stare male, che vale la pena di leggere. L'ho trovato gradevole, interessante, forse qualche spunto in più ci sarebbe voluto, ma tant'è... Brava Margaret!

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Opinione inserita da Maggie    04 Ottobre, 2012

AMICIZIA, AMORE, PASSIONE E GUERRA

Della Mazzantini ho letto Manola, Non ti muovere e sto finendo Nessuno si salva da solo, tutti e tre mi sono piaciuti molto. Inizialmente non ero molto attratta da Venuto al mondo...il titolo non mi ispirava.
Posso solo dire che mi sono assolutamente sbagliata. Penso sia uno dei libri più belli che io abbia mai letto. Le sensazioni che provoca sono molto vivide e la tensione emotiva è sempre presente, tanto che in alcuni punti ho proprio pianto. Appena finito il libro sentivo già la mancanza dei personaggi, tanto che penso di rileggerlo prima dell'uscita del filme...spero che la sua trasposizione cinematografica, cosa non semplice, ne sia all'altezza. Solo due parole: lo adoro.

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Opinione inserita da Claudio    18 Settembre, 2012

Capolavoro

Avevo già letto "Non ti muovere"e mi era molto piaciuto, pertanto ero curioso di leggere anche questo romanzo pur temendo una parziale delusione. Invece la Mazzantini è riuscita a superarsi scrivendo un libro stupendo, avvincente, incredibilmente appassionante. Riesce a descrivere sia la crudeltà della guerra (un vero pugno nello stomaco)che lo sconvolgimento che provoca un amore assoluto. Spero proprio che riescano a realizzare un bel film anche da questo libro come è già successo per l'altro.

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Non ti Muovere
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Manu87 Opinione inserita da Manu87    06 Settembre, 2012
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L'ennesimo capolavoro della Mazzantini

Ci sono alcuni libri che non riesco a smettere di leggere o che non vedo l'ora di riaprire: questo ne è un esempio.

I personaggi sono inquadrati e indagati a 360 gradi e lo stile di scrittura è così fitto e intrigante da poter essere paragonato al miglior thriller.

Lo sfondo della storia - l'assedio di Sarajevo - è stato argomento ascoltato e riascoltato grazie ai telegiornali dell'epoca, ma chi di noi ha effettivamente partecipato del dolore delle vittime? Quando una guerra è fisicamente lontana da noi, vi assistiamo come spettatori in un cinema. In questo libro la Mazzantini ci ricorda cosa sono davvero la violenza, la morte e l'odio e, volenti o nolenti, in essi ci fa immergere.

Ma da questo terribile contesto, in cui l'uomo si trasforma in animale privo di sentimenti, nasce qualcosa che dà nuovo senso alla vita e al nostro essere uomini e che nessuna forza, neanche la più distruttiva, potrò far soccombere: il venire al mondo.

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A chi legge libri corposi, impegnativi ma molto intriganti (come per esempio l'altro capolavoro della Mazzantini, Non ti muovere).
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Opinione inserita da Massimo    24 Luglio, 2012

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vedo che i commenti a favore del libro di Margaret sono quasi unanimi nell'elogio. Io non riesco ad associarmi. Mi sembre prolisso e noiso, scritto con un stile piatto. Apprezzo l'idea e mi piace anche la vena intimista di Margaret, ma credo che questo romanzo avesse bisogno di un forte lavoro di editing.
L'autrice si perde in dettagli insignificanti e ripetitivi e mi sembra che l'unico personaggio ben delineato sia quello della protagonista. Tutti gli altri sono appena abbozzati, sono personaggi monodimensionali.

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petra Opinione inserita da petra    14 Luglio, 2012
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LA POTENZA DELLA VITA E DELLA GUERRA

Ho amato molto questo libro, immenso, della Mazzantini. L’ho riletto da poco, come richiamata, stregata, dalla potenza del racconto. Si tratta di un romanzo complesso, di vita e di morte insieme. Leggerlo ti apre uno squarcio nel profondo, fa rivivere sulla tua pelle le sensazioni, la fragilità, la forza dei protagonisti: le pagine, spesso struggenti, ti lasciano un sentimento a volte di tenerezza, misto a impotenza, alternato a dolore sordo e speranza. E’ un romanzo che ti prende, ti trascina con la forza dirompente della vita; vita che ogni giorno nasce e finisce. La scrittura della Mazzantini è sublime; con realismo e attenzione ai dettagli l’autrice scava dentro i suoi personaggi, senza timore di fotografarne le contraddizioni, le vigliaccherie, le paure. Ci si commuove, si sorride, si piange; trasuda da ogni pagina l’umanità di questa storia che pare vera più del vero, resta incisa nella memoria e ti chiede di non dimenticarla.
Da principio l’incontro fra Gemma e Diego: una passione imprevista, incauta, fortissima. “E’ la vita che mischia le carte, che d’improvviso canta e anticipa il giorno”. I due si conoscono a Sarajevo, durante le Olimpiadi invernali dell’’84. Lei è lì per una tesi post laurea su Andric, lui è un giovane fotografo. Sarajevo, non ancora dilaniata dalla guerra, con i suoi giochi olimpici e la sua gioia precaria, sarà più di uno sfondo, sarà quasi un interlocutore per i vari personaggi. Per qualche tempo Gemma tenta di sottrarsi alla forza di questo sentimento fortissimo per quel ragazzo, magro e tenero, conosciuto in Jugoslavia. Scivola così, inerte, nella normalità fredda, calcolata, di un matrimonio organizzato da tanto ma non realmente voluto. A poco a poco, però, si sentirà soffocare. “Non sono contenta di me stessa” dirà dopo qualche mese dalle nozze.
Di nuovo sarà Sarajevo a riavvicinarla a Diego, che non l’ha mai dimenticata, che l’ha sempre aspettata con lo stesso identico ardore. I due vivono insieme per un periodo, a Roma, ubriachi di sentimento, felicità ed entusiasmo. Ecco però che un’altra prova tremenda, fisica e spirituale segna Gemma: la ricerca, via via più affannosa e disperata di un figlio che non arriva. Ogni tentativo, ogni speranza, poi ogni minaccia d’aborto rimangono impressI in lei come cicatrici dello spirito.
Proprio questa lotta contro il tempo e contro il corpo riavvicina la coppia a Sarajevo. Sono passati anni, la guerra in Jugoslavia è vicina. Il martirio di Gemma la trasfigura, la scava, stravolge sempre più il suo amore per Diego, verso cui forse si sente inconsciamente in colpa; questi, invece prova un sentimento integro, fortissimo, quasi viscerale per lei. “Era come stare dietro a una moglie malata di un’ossessione solitaria”.
La guerra poi esplode; la guerra temuta, inconsciamente rimossa, che di colpo fa precipitare in un baratro, rende lontane le piccole sicurezze della vita normale, sbatte in faccia le immagini di corpi lacerati, di bambini strappati alle madri, di granate che sfigurano i palazzi e segnano l’anima. Diego, con le sue foto rende testimonianza di questa follia disumana. Egli decide, dopo una pausa in Italia, di ritornare in Jugoslavia, per non abbandonare chi è solo, per aiutare, per testimoniare quell’orrore di cui poco e male si parla. Gemma lo segue, lo rintraccia a fatica; ne scopre, inevitabilmente, lo sguardo diverso, fisso nel vuoto, trasfigurato dall’orrore. E' chiaro come la guerra gli sia entrata nella pelle, nell'animo.
“Eppure questa città dove si continua a morire sprigiona una forza nascosta, linfa che si leva dal folto di una foresta”.
“ll viaggio della speranza.… La speranza appartiene ai figli. Noi adulti abbiamo già sperato, e quasi sempre abbiamo perso”.
E’ proprio la speranza la cifra ultima che, dopo tanto orrore, consente alla protagonista di venire a patti con il passato, di capire non solo con la testa, ma visceralmente, che il filo con Diego non si è mai spezzato. Diego ha assistito alla guerra negli aspetti più crudi, ha cercato di colmare in qualche modo l’orrore che l’ha circondato e forse ne è stato travolto, ma non ha mai cessato di amare Gemma. Attraverso una lunga chiacchierata con Aska, altra figura centrale del romanzo, riemerge una verità celata per tanto tempo, sepolta sotto montagne di orrore. Pietro, quel figlio tanto desiderato, tanto cercato è “venuto al mondo” in una guerra, fra l’orrore e le macerie, ma è segno di una nuova luce, di una rivincita, di una fiducia fortissima nel futuro.
“Vorrei ringraziare qualcuno, qualcosa….l’infinito percorso di tutte le vite”

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pitulina Opinione inserita da pitulina    21 Giugno, 2012
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Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono

Questo libro mi è stato regalato, inizialmente prevenuta nei confronti della Mazzantini (ho sempre pensato che se non fosse la moglie di Castellitto non avrebbe avuto tutta questa pubblicità) ho iniziato controvoglia a sfogliarne le pagine...e a poco a poco mi ritrovavo sempre più all'interno della storia, capivo le angosce di Gemma, la voglia di vivere di Goiko, il bisogno di amore di Diego...e il terrore di una guerra assurda che, per me che ho 25 anni, mi è passata solo di striscio attraverso notizie al tg e qualche commento della mia famiglia (io ero troppo piccolina per poter ricordare). Sono convinta che a questa guerra (la guerra in Bosnia) non sia stata data l'effettiva importanza come per esempio è stata data all'epoca alla guerra in Vietnam, eppure le tragedie che questa guerra ha comportato erano sotto gli occhi di tutti.
Il finale del libro, non mi vergogno a dirlo, mi ha fatto piangere a dirotto come una fontana, addirittura a singhiozzoni come non mi era mai capitato, tant'è che a meno di venti pagine la tentazione di terminarlo così mi è venuta...sarà che sono in un periodo ultrasensibile o forse sarà perchè la Mazzantini è riuscita nel suo intento di scavare nelle mie emozioni più profonde e di farmi ricredere? Quindi, mi tocca dire a Margaret: BRAVA!!

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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    02 Giugno, 2012
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Venuto al mondo ovvero La Vita

Ho osato troppo.
Perché a meno di sedici anni cosa posso sapere della vita? Già, la vita. Venuto al mondo è vita. Una storia di gioia, dolore, sofferenza, paura, amore. Terrore e Speranza. C'è tutto questo e molto altro. C'è la vita che si condensa in ritratti, in figure. In ventri. Quello di Gemma, quello di Aska e Sarajevo. Un ventre dilaniato dalla guerra, ferito, teatro drammatico di morte e di nascita. Di passato e futuro.
Ho osato troppo.
Perchè sono uomo, sono nato così. Venuto al mondo è nato donna, è Gemma. Una donna, una moglie, e "un ventre sterile che cammina". Non l'ho sempre capita, ho provato, ma cosa ne posso sapere io di maternità? Cosa posso sapere della disperazione di una non-gravidanza, della rabbia e del dolore? Pietro. Diego. Gemma.
Ho osato troppo.
Perchè non ho saputo affrontare il libro di cuore. L'ho fatto di testa, e ho sbagliato. Ma la Mazzantini ha rimediato per me. Ogni pagina, ogni parola è stata una lama. Un fendente di vita, che ha trafitto e marchiato. Le parole non sono scivolate via. No. Si sono impresse, indelebili. Frasi di vita, di sentimenti, di drammatica verità. Verità. Sì, quella mascherata dalla quotidianetà, dalla mente che si rifugia nel falso per non affrontarla. Dalla follia di una guerra, dalla pazzia umana. Verità, drammatica, sconcertante. Emblema della realtà.
Ho osato troppo, ma non me ne pento.
Non mi pento, perchè leggendo ho vissuto un'altra vita, anzi. Molte vite. Quelle dei Sarajeviti, dei profughi, dei cecchini, dei soldati. Ho respirato la polvere degli edifici distrutti, odorato il profumo del mercato prima dell'esplosione. Ho visto un bambino blu. Morto. Ho visto Amore, affetto, solidarietà. Odio.
Non ero preparato per questo, non per tutta questa sofferenza.
La Mazzantini è grandiosa: ha saputo osservare, immedesimarsi, interpretare. Le frasi mai nette. Immagini evocative. Sfumature. Fotografie riflesse nelle pozzanghere della vita. Le fotografie di Diego. E Pietro.

L'affresco drammtico di una guerra. Imprevedibile come la vita. Un guazzabuglio instabile, come le emozioni. L'abnegazione e lo sconforto. Gemma.
Venuto al mondo lascia il segno, perchè parla di vita, parla di sentimenti. Parla di tutti noi. E di qualcosa più grande di noi. Pagine taglienti, cicatrici non rimarginabili. Odio. Amore. Poesia. Questo è Venuto al mondo. La nostra vita.

Io non l'ho capito fino in fondo, non ci sono riuscito. Ma nonostante tutto, ogni pagina è stata un mattone, un frammento di esistenza. Di cuore. Di mente. Di corpo. Di noi. Questo libro è troppo grande per essere recensito. Sento di non aver scritto niente. Ma ho capito. Ho capito che bisogna ringraziare che ........ sia venuto al mondo. Completate i puntini come meglio credete.
Sotto troverete "Lettura consigliata": Sì-no. Perchè questo non è un libro per tutti. E' per pochi uomini. Per molte donne. Ma non per tutti. Forse sbaglio. Ma la mia mente dice così. Il cuore è rimasto a Sarajevo.

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mariaangela Opinione inserita da mariaangela    25 Mag, 2012
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una puntura nell'anima

Un lungo viaggio compiuto con Gemma, Pietro, Diego, Gojko,Aska...talmente ben narrato che entri in ciascuno dei loro cuori e dei loro pensieri, soffri e gioisci con loro, concordi ora con l'uno ora con l'altro...perchè riesci ogni volta a sentirti ciscuno di loro, quell'emozione la vivi anche tu che leggi. E realmente piangi con loro e per loro.
Non solo il racconto in sè, ma soprattutto la capacità di narrare in modo così struggentemente vicino e vero ogni singola situazione rende questo romanzo davvero "reale". E poichè la realtà non è sempre piacevole, la scelta se leggerlo o meno va fatta prima di iniziare, perchè poi forse vorresti smettere perchè senti un nodo in gola, un dolore che ti stringe il cuore, o una grande gioia perchè chi ti aiuta può nascondersi anche in una sconosciuta stazione di servizio...
Un perfetto connubio di "poesia del racconto" e accadimenti; e non sempre queste cose riescono a camminare insieme.
Insomma...davvero bellissimo.

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bibliologa Opinione inserita da bibliologa    12 Mag, 2012
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Emozionante, struggente: da leggere

Dopo Non ti muovere, con una scrittura che è cifra inconfondibile di identità letteraria, Margaret Mazzantini ci regala un romanzo-mondo, opera trascinante e di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematica come una parabola: un libro che ho amato molto nella prima parte, nella descrizione tra l'amore tra Gemma e Diego, nello stile diretto e talvolta drastico, quasi brutale, dalla lettura traspare tutto il dolore della maternità voluta, cercata ma negata. Sconvolgente è vedere una guerra attraverso la penna diretta e spietata di Margaret Mazzantini.
Evitando accuratamente i pietosismi superflui l’autrice dà prova di sé in questa opera, con un linguaggio che ormai ha carattere distintivo, e che non lascia spazio a fraintendimenti o edulcorazioni.
La storia parla di un uomo e una donna, due anime che si incontrano nella Sarajevo degli anni 80. Dall’amore tra i due si passa alla ricerca di un figlio, e qui, con sensibilità ed espressione superba, Margaret Mazzantini da voce al dramma della ricerca disperata di una maternità. La storia scivola gradualmente in territorio bellico, le scene si fanno crude, lo stomaco si stringe su determinati passi, l’orrore prende spazio e tocca tutti i personaggi: storie e realtà sono abilmente tratteggiate tanto da familiarizzare con il lettore che li sente vicini, parenti, fratelli, nei quali a volte il lettore si identifica.
Tutti perdono, nessuno escluso.
Rimane l’amore per un figlio, l’amore più grande che possa mai esistere.
Un romanzo complesso da leggere per certi aspetti, ma una storia che difficilmente si dimentica.

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Dopo Non ti muovere, con una scrittura che è cifra inconfondibile di identità letteraria, Margaret Mazzantini ci regala un romanzo-mondo, opera trascinante e di forte impegno etico, spiazzante come un thriller, emblematica come una parabola: un libro che ho amato molto nella prima parte, nella descrizione tra l'amore tra Gemma e Diego, nello stile diretto e talvolta drastico, quasi brutale, dalla lettura traspare tutto il dolore della maternità voluta, cercata ma negata. Sconvolgente è vedere una guerra attraverso la penna diretta e spietata di Margaret Mazzantini.
Evitando accuratamente i pietosismi superflui l’autrice dà prova di sé in questa opera, con un linguaggio che ormai ha carattere distintivo, e che non lascia spazio a fraintendimenti o edulcorazioni.
La storia parla di un uomo e una donna, due anime che si incontrano nella Sarajevo degli anni 80. Dall’amore tra i due si passa alla ricerca di un figlio, e qui, con sensibilità ed espressione superba, Margaret Mazzantini da voce al dramma della ricerca disperata di una maternità. La storia scivola gradualmente in territorio bellico, le scene si fanno crude, lo stomaco si stringe su determinati passi, l’orrore prende spazio e tocca tutti i personaggi: storie e realtà sono abilmente tratteggiate tanto da familiarizzare con il lettore che li sente vicini, parenti, fratelli, nei quali a volte il lettore si identifica.
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Rimane l’amore per un figlio, l’amore più grande che possa mai esistere.
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leggere libri Opinione inserita da leggere libri    15 Marzo, 2012
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Venuto al mondo

..."il destino è come il cuore, è dentro di noi fin dal primo istante, quindi è inutile cambiare strada..."

Dopo tanti anni è il primo libro che mi fa piangere leggendolo.
Una storia bellissima, straziante, dolorosa come un pugno che ti colpisce in pieno viso.
Il destino crudele di una giovane coppia, lo struggente desiderio di avere un figlio...una guerra, quella di Sarajevo...
Uno stile bellissimo che ti entra in testa e non ti lascia nemmeno per un attimo...
Un libro da leggere e rileggere all'infinito.

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Opinione inserita da roberta orru'    04 Marzo, 2012

Una storia che va letta

Ho finito di leggere Venuto l mondo 2 sere fa. E' la prima volta che non so cosa pensare. Dopo due giorni sono ancora qui che rifletto.
Durante la lettura, come credo sempre accada, riflettendo su quello già letto, uno matura delle aspettative che poi la trama a venire soddisfa oppure no. Ma in questo libro c'è sempre un "poi" che non arriva mai come uno vorrebbe e anche questo è lecito. Ma quel finale, pur nella sua tragicità, non scuote l'animo come tutti gli accadimenti nel resto del libro che sono tanti tantissimi al punto che...un finale un pò meno "duro" forse era "meritato".
I personaggi: Gemma è una donna normalissima che vive sempre mettendosi al centro del mondo. Solo in alcune fasi della drammatica presenza alla tragedia di Sarajevo si legge una Gemma più incline al prossimo. No Gemma non è egoista, no, è solo una donna così ansiosa di vedere realizzato il suo sogno che altro non vede. Vive e ragiona in virtù di quello.
Diego: una figura molto particolare. Forse la classica persona che si completa solo se in funzione dell'altro e nella storia da innamorato perso della sua Gemma, finchè vivono in simbiosi uno dell'altro, lì è quasi perfetto. Appena In Gemma l'esigenza della maternità è forte e tale da non farle vedere altro....lui piano piano scompare fino poi a ricomparire solo e "traditore" quando va con Aska. Una donna bellissima, sfortunatissima, che la vita mette a dura prova.
Gojko: il poeta, il combattente, forse è il personaggio che alla fine mi è rimasto più simpatico. E' lui che porta piano piano Gemma a realizzare la verità della sua vita, che riequilibra tutti gli squilibri nelle storie degli altri. Gemma per lui è "bella donna", le vuole molto bene e come amico sfrutta la scusa della mostra fotografica in cui ci sono le foto di guerra di Diego per accompagnarla verso un inevitabile, quanto necessario, cammino nei ricordi... da quelli belli a quelli dolorosi a quelli inspiegabili...e le apre la porta alle verità anche di quelle scomode, ma necessariamente da sapere. Per offrirle un terreno di nuove consapevolezze su cui continuare il suo cammino nella vita, con il compagno Giuliano e Pietro suo figlio.
Giuliano: il compagno di Gemma. Quello attuale. E' una bella figura. Rassicurante e pacifica. Amorosa.
Pietro: Il figlio di Gemma. Un ragazzino attorno alla cui nascita gravita tutto il libro dalla prima all'ultima pagina.
Ho apprezzato molto la lettura di questo libro perchè invita a riflettere sul tema della guerra e della sua inutilità. Pagine di racconto di guerra e miserie nella Sarajevo mutilata e violata. Pagine di descrizione di cosa l'umanità stupida è capace di fare in vista di obiettivi che sicuramente la guera, una guerra, non è capace di raggiungere.
Una storia che va letta.

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Elizabeth Opinione inserita da Elizabeth    15 Febbraio, 2012
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La nascita

Bellissimo! Una storia che ti entra nell'anima..Forse ancor di più per la situazione storica in cui è collocata: una guerra. Una guerra dalla quale, come tutte le altre, è difficile uscirne vincitori, facile essere sconfitti. Nel racconto non è particolare il fatto che un nuovo orizzonte sia dato da una nascita, ma è la storia della nascita in se a renderlo così diverso. E' un romanzo d'amore, non solo quello tra uomo e donna, tra figlio e madre originaria e non, ma anche di quell'amore verso il prossimo che si cerca di non far mai soccombere a costo di rischiare la propria vita. Meraviglioso, sicuramente da leggere!

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macchiolina Opinione inserita da macchiolina    01 Febbraio, 2012
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Finale strappalacrime

E' un libro che parla d'amore.L'amore materno, l'amore fra uomo e donna, l'amore fra amici, l'amore fra popoli, l'amore familiare. Non si può non commuoversi davanti a questa storia che è bella, ben raccontata e triste e a lieto e cattivo fine insieme. E poi la Mazzantini quando scrive è come una di noi,che vive le sue storie,le sue gioie e le sue delusioni come le viviamo tutti:con semplicità,difficoltà,rabbia,dolore,amore..insomma umanità.
Non va bene..sono tasti troppo facili da toccare.

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Giusy T. Opinione inserita da Giusy T.    30 Gennaio, 2012
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No, proprio no!

no , proprio no, ecco...non mi è piaciuto, non è stato, Mio!
troppe descrizioni, ti perdevi in ogni cosa, perdevi il filo, noioso in alcune parti, verso metà libro ho cominciato a saltare pezzi per arrivare alla conclusione, metà libro è stato usato per descrivere, in se per se la storia si faceva in 200, 300 pagine...
Mi ha commosso, difficilmente mi commuovo, ma alcune parti ci sono riuscite...alla fine provi rabbia, rabbia per tutto, per la guerra, per quello che succede tutt oggi, penso che il libro, se non avesse avuto tutte quelle inutili descrizioni che ti facevano solo perdere interesse sarebbe stato veramente da oscar, ma non è stato cosi!
storia tragica, tristezza pura, però beh, è la realtà.
alla fine cominci a capire tutto , è la bellezza di questo libro, è che la guerra , le granate, le violenze, gli stupri, li senti addosso anche tu! e ti affezioni ai personaggi, a Pietro, questo figlio di una guerra, con 3 padri e 2 madri!

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liberaginevra Opinione inserita da liberaginevra    28 Gennaio, 2012
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Semplicemente scritto divinamente.

Libro che scivola piacevolmente tra le dita ed il pensiero, tra la rabbia e l'illusione della ricerca necessaria di un'origine delle cose.
Perfetto per chi predilige una scrittura veloce, ma completa ed una storia complessa ed irreversibile.
L'unico punto fermo è la storia di un paese che assiste alla sua sconfitta con una guerra di odio e banalità.
Una storia di vita scandita dalle illusioni di una donna caparbia nel suo desiderio negato di madre, dalle poesie di una menestrello innamorato di un paese di cui allonta lo sfascio ormai alle porte, di un uomo che è tale solo fino alla sua distruzione, di un figlio che nasce da un mare/male oscuro.

E' uno di quei libri semplicemente scritti divinamente.

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MATIK Opinione inserita da MATIK    05 Dicembre, 2011
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Venuto al mondo.

Con una scrittura decisa, cruda e diretta la Mazzantini con questo romanzo affronta molteplici problemi: la guerra con tutto il suo bagaglio di violenze fisiche ed psichiche, il dolore di una donna che non può avere figli, un senso di perdita che ti fa affondare nella droga, un grande amore vissuto a 360° un cocktail che mi ha fatto emozionare più e più volte, lacrime che mi salivano agli occhi e un nodo alla gola persistente, è stata un'esperienza bellissima leggere questo libro che certamente non passa e vola via, ma ti lascia dentro molto......consigliatissimo!

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