Narrativa straniera Racconti di viaggio Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi
 

Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi

Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi

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"Non si scrive un romanzo d'amore mentre si fa l'amore...". Seguendo questo consiglio dell'amica Colette, il "piccolo corsaro" Renée Hamon ci racconta una delle sue innumerevoli avventure. Tornata dai Mari del Sud descrive la meraviglia delle piantagioni di cocco, delle barriere coralline, del popolo maori e della mitica Tahiti di Gauguin, dove molti occidentali cercano un ritorno alla natura. Ma denuncia anche le malattie, la povertà e i soprusi importati in quelle terre dall'Occidente. Un vero reportage senza lirismi scritto all'inizio del '900 da una viaggiatrice eccentrica e instancabile.



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Verso le isole luminose. Tahiti, Tuamotu, Marchesi 2021-04-18 15:20:41 silvia71
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silvia71 Opinione inserita da silvia71    18 Aprile, 2021
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Paradisi contaminati

Renée Hamon ( 1897-1943) è una donna bretone fuori dagli schemi per l'epoca in cui vive.
La voglia di esplorare il mondo le brucia dentro e la spinge ad imprese estremamente faticose e pericolose.
Un coraggio ed un'abnegazione ai limiti del comprensibile, per noi, comodi moderni viaggiatori, la spingono ad imbarcarsi verso le acque del sud Pacifico.
Ad attenderla isole e atolli collocati nell'apoteosi della natura, tra acque cristalline, baie incontaminate, barriere di coralli, cocchi lussureggianti.
Ma l'occhio di Renée non si fa distrarre dal rigoglio della vegetazione e dalla natura che assume le sembianze paradisiache; lo sguardo va oltre, l'attenzione è captata dai danni arrecati dalla colonizzazione alle popolazioni indigene e ai luoghi.

“Verso le isole luminose” non vuole essere il racconto di un viaggio esotico all'insegna dell'avventura, bensì un reportage di denuncia sui soprusi perpetrati dai paesi invasori, approdati su queste terre alla ricerca di profitto per ingrassare l'economia occidentale.
Vittime dello sfruttamento sono loro, i nativi, decimati dalle malattie, schiavizzati, affamati, sopraffatti dalla furia egoistica “dell'uomo bianco”.

Il quadro dipinto dalla viaggiatrice francese è impietoso, denso di realismo, talvolta naif talvolta noir; la penna è utilizzata come macchina fotografica per immortalare i visi sofferenti di esseri umani, violentati e privati di costumi atavici, costretti a rinnegare le proprie radici culturali, derubati delle poche materie prime che le isole forniscono loro, lasciati morire di filariosi, lebbra e tubercolosi nonostante la possibilità di fornire le cure.

Esigue le parti descrittive, la quasi totalità del flusso narrativo è costituito dalle singole voci di uomini e donne che l'autrice fa confluire in un coro univoco che grida la voglia di riscatto e libertà.

Tanta sofferenza è stata documentata in questo libello, facendo piombare il lettore di oggi in un contesto lontano da tramonti di fuoco a suggere acqua di cocco inebriato dal profumo del tiarè.

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