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Moby Dick
 
Moby Dick 2013-12-19 16:55:22 FrancoAntonio
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FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    19 Dicembre, 2013
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Il "peso" di un capodoglio...

Ho deciso di scrivere questa recensione più che altro per recitare un doveroso mea culpa per non essere riuscito a finirlo... Come tutti i ragazzi l'avevo letto (millenni fa!) nella versione sforbiciata per l'infanzia, lunga non più di 150 pagine. Lo ricordavo con immenso piacere: un romanzo tutto di avventura pura. La storia di un pugno di uomini che sfida le continue insidie del mare, tra fortunali e "fuochi di S.Elmo", per giungere infine alla sua nemesi, l'incontro con il mostro, l'epitome di ogni male: la mitica balena bianca.
Alcuni anni fa mi sono trovato per le mani la versione integrale... in lingua originale. Ho deciso di accettare la sfida, nonostante il mio inglese non fosse (e non sia) quello di un laureato a Cambridge. Incredibilmente, però, l'ostacolo non è stato la lingua, complessa ed arcaica, ma comunque leggibile e di non impossibile comprensione, quanto il testo stesso.
Melville, prima di affrontare la sua opera più importante, si era cimentato solo in scritti di letteratura popolare. Con "Moby Dick" volle fare un'opera colta, per intellettuali. E forse proprio questo è il suo peccato originale. Sin dalle prime pagine si vede il continuo lavorio dell'autore in cerca di simbolismi, allegorie, parabole sulla natura umana. In questo gioco, di cui è piena tutta la letteratura italiana fino dai primordi, lo scrittore americano entra come neofita e, purtroppo, a causa proprio della sua inesperienza, mette in mostra il meccanismo con cui vuol far muovere i suoi ingranaggi. Il risultato è che ogni simbologia, ogni allegoria giunge 'telefonata' e faticosamente, inutilmente reiterata in diverse sfaccettature quasi nel timore che il lettore non ne abbia compreso appieno il significato.
Interessanti sono le digressioni "tecniche", ma solo dal punto di vista storico: Melville era stato effettivamente marinaio sulle navi baleniere e mostra qui tutta la sua esperienza in materia. Ma 150 anni dopo le tecniche per lo squartamento di una balena o per ridurre il suo grasso in olio, non sono proprio al centro dell'interesse generale. L'ammaestramento morale, poi, sente inevitabili, gli influssi della cultura di metà ottocento, e, non a caso, Achab, Nantuket, e tutto il Pequod sono pervasi di puritanesimo quacchero.
Restano le atmosfere, la descrizione dei personaggi, dei sentimenti, la lotta continua per raggiungere i propri limiti e sfidare ciò che non si dovrebbe sfidare che fanno ritenere quest'opera un capolavoro. Comprendo, comunque chi non è riuscito a superare pagina 100: io, di filato, credo di essere arrivato si e no a pagina 120, ma l'inglese è un po' più succinto dell'italiano. Poi ho barato, saltando di qua e di là alla ricerca dei brani più interessanti e, ovviamente, ho letto più volte il finale, grandioso come un'opera shakespeariana . Il volume, però è ancora lì, su un lato del comodino, solo un po' impolverato. Attende pazientemente che io trovi la forza di volontà di riprenderlo a leggere dalla prima all'ultima pagina, senza trucchi.
A mo' di post scriptum vorrei solo osservare come abbia trovato un pochino fastidioso il fatto che Melville abbia voluto fare di Moby Dick (ed in genere delle balene) l'incarnazione del male e del mostro primordiale. Per noi uomini del XXI secolo i capodogli sono solo splendidi, intelligentissimi bestioni, ingiustamente, crudelmente predati per secoli. Ma, l'autore scriveva nel 1850 e, almeno per questo aspetto, 150 anni non sono passati invano. Per fortuna!

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dani79
20 Dicembre, 2013
Ultimo aggiornamento:
20 Dicembre, 2013
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Rispetto la tua opinione, sicuramente ben argomentata, non concordo però completamente con il tuo giudizio.
Non credo che Melville voglia farci vedere nella balena l'incarnazione del male, è Achab, piuttosto, lui stesso folle e luciferino, a volersi ossessivamente e maniacalmente vendicare contro il "malicious" leviatano che lo ha privato di una gamba. Il Melville narratore non ha, penso, questo stesso punto di vista; ci mostra invece, con tutti i limiti di una mentalità arcaica, una balena splendida e intelligente ("Oh uomo! Ammira e prendi a tuo modello la balena!"). L'intento speculativo verso un'esistenza forse di pura illusione, la necessità di ricercare e sperimentare per comprendere i misteri e chiarire ciò che spiegazione apparente non ha, la lotta perenne dell'uomo per liberarsi dalla morte sono ciò che Melville ha voluto, secondo me senza simbolismi forzati, rappresentare e comunicarci in Moby Dick.
Questo è un libro che raccoglie al suo interno tantissime anime e penso che noi lettori dovremmo leggerlo, per quanto possibile, candidamente, in modo da assorbire di queste anime il più possibile. È il mio personale modo di vedere la cosa…da "innamorata" direi .... quindi è mooooolto probabile che mi sbagli…
Scusami..il mio commento è lunghissimo ma Moby Dick è il mio livre de chevet…un saluto, Daniela
In risposta ad un precedente commento
FrancoAntonio
20 Dicembre, 2013
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Ed io rispetto pienamente la tua. Come ho detto la mia "recensione" è più che altro un atto di accusa contro me stesso. Ho cercato pervicacemente di leggere il libro in lingua originale. E' pacifico che non è un libro "facile". Melville, poi, non fa parlare i suoi personaggi con l'inglese di New York (pur del XIX sec., Poe è molto più agile), ma con quello di una comunità quacchera, con tutti gli arcaismi che ciò comporta, non solo nella costruzione della frase, ma anche mentali. Questo mi ha reso la lettura ancor più "pesante". Per quanto riguarda Moby Dick, può essere che lo abbia visto più con gli occhi di Achab che con quelli di uno spettatore neutrale e, quindi, lo abbia caricato di simbologie più negative di quanto voluto dall'autore. In ogni caso, il fatto che sia ancora tra i libri DA LEGGERE, ti fa capire che il mio non è un giudizio ancora definitivo. Grazie anzi per avermi mostrato altre chiavi di lettura.
Ciao, Interessante quanto osservi circa l'evidenza del "gioco" letterario di Melville, che vuole scrivere una storia colta e che, quindi, dà sfoggio in maniera scoperta di stili, lessico e quant'altro...
Devo confessare che leggendolo in italiano non ho colto questo aspetto (anche a me dà fastidio quando l'autore "fa melina" - per dirla in modo calcistico - mi piace che la scrittura sia come la danza: lavoro perfetto di muscoli e cervello, fatica, sudore e precisione millimetrica, ma quando la guardi deve sembrare naturale ed "istintiva" quasi).

Invece ho notato anch'io "l'evoluzione" delle balene fino a 150 anni fa il "nemico", oggi animali ammirati e protetti. Non è rimasta traccia neppure nei modi di dire... diversamente dal lupo, che anche se intelligente e "protetto", è rimasto almeno uno spauracchio per i bambini.
In risposta ad un precedente commento
FrancoAntonio
29 Ottobre, 2018
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Noto solo ora questa tua risposta...
Ebbene sì, non vado frequentemente a rileggermi le recensioni, per evitare, magari, pentimenti tardivi irrimediabili.
Concordo con te che in tutti i casi in cui si vede il meccanismo che fa scorrere la trama la lettura diventa faticosa e non piacevole.
Io, purtroppo, in Melville ho notato questo difetto che ritengo presente anche nell'edizione tradotta (pur se in modo meno accentuato), edizione che ho dovuto affrontare dopo avere dato forfait per quella originale..,
Mi metterò dietro alla lavagna a pentimi!
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