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La campana di vetro
 
La campana di vetro 2014-09-03 21:02:09 Mario Inisi
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4.0
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
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Mario Inisi Opinione inserita da Mario Inisi    03 Settembre, 2014
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La voce del nulla

Conosco il fondo, dice. Lo conosco con la mia grossa radice:
è quello di cui tu hai paura.
Io non ne ho paura: ci sono stata.

E' il mare che senti in me,
le tue insoddisfazioni? O la voce del nulla che era la tua pazzia?

L'amore è un'ombra.
Come lo insegui con menzogne e pianti.
Ascolta: ecco i suoi zoccoli: è corso via come un cavallo. (dalla poesia Olmo)

Il racconto La campana di vetro è molto interessante da un punto di vista letterario e anche psicologico. Sylvia racconta la sua vita a partire da una vacanza premio a New York presso la redazione di un giornale di moda. La voce narrante, alter ego dell'autrice, è Esther diciannovenne brillante e particolare. Il tono in cui il romanzo è scritto potrebbe far pensare a Chiedi alla polvere o al Giovane Holden, soprattutto nella parte iniziale. Poi però quella che sembra una ragazza ribelle alle regole della società borghese si manifesta come una ragazza crocefissa da queste regole. La sua salute mentale subisce un duro colpo quando una scuola di scrittura la rifiuta, il suo primo insuccesso. Esther è una ragazza intelligente ma insicura. Dentro di sè pensa di essere un bluff e si sente inadeguata. Forse non è davvero così intelligente, così brava come è sempre riuscita a far credere a tutti, teme. L'episodio del corso di chimica da cui riesce a essere esonerata (bluffando) lo dimostra. E' molto studiosa, troppo per una persona davvero intelligente, così studiosa che non è mai vissuta, dunque i suoi racconti sono artificiosi ai suoi stessi occhi e a quelli della scuola di scrittura da cui è rifiutata. Tutte queste insicurezze, insieme a quelle sul suo aspetto (troppo alta, troppo magra) emergono poco a poco. Ma la difficoltà maggiore di Esther sta nelle relazioni con gli altri. Nel racconto Sylvia introduce una serie di persone in relazione con Esther: il fidanzato Buddy, la madre, le amiche. Colpisce il fatto che Esther metta una barriera con tutti. A dispetto della sua grande sensibilità sembra irraggiungibile e sembra che gli altri siano irraggiungibili per lei. Non mostra empatia, affetto verso nessuno. Prova ad avvicinare amiche (Doreen) o ragazzi ma senza mai essere vicina a loro. Il problema della sua verginità fisica è in realtà quello della sua verginità mentale, della sua anaffettività. Non le piacciono i bambini, dice. Anche il fatto che cerchi uno sconosciuto per togliersi il dente della verginità sottolinea come sia arduo per lei provare sentimenti. C'è un blocco dell'affettività legato alla morte del padre e al terrore di legarsi a qualcuno e perderlo come succederà davvero alla scrittrice anche se nella vita e non in questo racconto. Probabilmente Sylvia ha anche dei sensi di colpa legati alla lunga malattia del padre, al fatto che lui abbia rifiutato ogni cura per lunghissimo tempo.
Sylvia ci descrive un deserto umano intorno a Esther, non perchè non ci sia nessuno vicino a lei quanto perchè tra lei e gli altri c'è il muro, la famosa campana di vetro dentro la quale Esther inizia a soffocare e a morire.
Interessante anche la figura del doppio di Esther, (che lei odia), la sua migliore amica Joan. Curioso che proprio Esther/Sylvia che studia il doppio nella letteratura, in Dosto., poi introduca un doppio anche nel suo racconto. Joan rappresenta la sua parte nera, dice. E Joan farà la fine che la sua parte nera pretende di fare. Così il lettore si trova a vivere i due finali, il suicidio di Joan e la guarigione di Esther.
Colpisce come in tante pagine in cui ci sono incontri, feste, amiche, fidanzati le esperienze più emozionanti e le righe più belle e suggestive sono sempre quelle legate ai tentativi di suicidio.
Bellissima la descrizione di Esther che si butta a capofitto sugli sci lungo una discesa a velocità folle. Rende l'idea di che grande magnete sia stata per lei la morte.
Nella parte finale del racconto è descritta la guarigione di Esther, legata alla cura azzeccata, e più probabilmente al rapporto estremamente positivo con la dottoressa Nolan. La dottoressa è l'unico personaggio descritto con tenerezza e con profondo affetto. L'unico personaggio a colori tra tante figure in bianco e nero. La Nolan crede in Sylvia, la tratta con grande affetto e grazie alla sua fiducia generosa, alla sua positività riesce (credo meglio dell'elettroshock) a dare a Esther/Sylvia la spinta propulsiva verso la vita.

La febbre e la paura erano sparite. Mi sentivo purgata e sorprendentemente in pace. La campana di vetro stava sospesa qualche spanna sopra la mia testa e l'aria circolava liberamente intorno.

...........
E ora io
schiumo in grano, un luccichio di mari.
Il grido del bambino

si dissolve nel muro.
E io
sono la freccia,

la rugiada che vola
suicida, fatta una con lo slancio
dentro l'occhio

scarlatto, il crogiolo del mattino. (da Ariel)

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Commenti

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Ciao Mario .
Interessante recensione.
Non ho letto il libro, ma da come l'hai descritto penso che il lettore sia colpito dal fatto che quel disagio di vivere sia la sensazione dell'autrice stessa.
In risposta ad un precedente commento
Mario Inisi
04 Settembre, 2014
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Sì il disagio è evidente anche se è descritto con freddezza. Sembra che lei si guardi dall'esterno con curiosità osservando quanto può cadere in basso, fino a che punto può arrivare. Le persone che conosce sembrano semplificate. Il suo doppio, Joan, che incontra nel manicomio, è una persona normalissima. Gli impulsi distruttivi nascono in Esther e in Joan, come dal niente, improvvisi. Nella realtà non credo che le cose vadano così nella depressione. Forse il problema di Sylvia non era la depressione ma un disturbo della personalità per es. borderline. Le pagine più intense sono quelle legate a tentativi di suicidio o a immagini di morte. Fa eccezione la dottoressa Nolan. Il fatto che riesca a vederla a colori, con empatia e affetto fa pensare che anche Esther potrà avere una possibilità nella vita.
Peccato che Sylvia poi guardando la sua vita oltre l'orizzonte temporale del racconto, abbia incontrato il tipo di uomo del marito anche se il suo successo letterario (di Sylvia) è sicuramente legato in qualche modo all'abbandono del marito. La botta in testa del suo abbandono farà sparire l'artificiosità dalle sue storie e renderà preziose le sue poesie. Gli altri racconti di Sylvia riportati nella raccolta di Mondatori insieme alle poesie non sono molto belli. Io ne ho letti solo un paio e poi ho lasciato perdere. Per le poesie invece non ho molta sensibilità.
Cogli nel segno quando parli di anaffettività legata alla morte del padre. Proprio per questo uno dei momenti più toccanti e cruciali del romanzo è quando la protagonista piange sulla sua tomba.
Complimenti Maio, sto ultimando proprio in queste ore il romanzo della Plath, mi ritrovo pienamente nelle tue parole. L'analisi poi, della personalità, Sylvia/Esther, è perfetta.
Bravo!
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