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Memorie dall'aldilà
 
Memorie dall'aldilà 2015-03-03 16:22:34 viducoli
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viducoli Opinione inserita da viducoli    03 Marzo, 2015
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Uno Zeno brasiliano, quarant'anni prima

Joaquim Maria Machado de Assis è considerato il più grande scrittore brasiliano dell’800, e Memorie dall’aldilà uno dei suoi capolavori.
Questo romanzo è in effetti molto divertente, a partire dall’originale espediente che l’autore utilizza per la narrazione: la storia è infatti narrata dal protagonista, Braz Cubas (nella traduzione di Laura Marchiori di questa edizione BUR italianizzato in Biagio) dopo la sua morte, come dice il titolo (anch’esso italianizzato rispetto all’originale Memorias posthumas de Braz Cubas). Ciò permette al narratore di essere al contempo l’io narrante ma anche un soggetto distaccato dal Braz Cubas vivo, di giudicare la vita del protagonista da una prospettiva più critica, meno emotivamente coinvolta rispetto alle classiche narrazioni in prima persona, pur conservandone il punto di vista soggettivo. E’ questo espediente che contribuisce a dare a Memorie dall’aldilà la cifra scanzonata e ironica che lo contraddistingue. Un altro elemento di grande importanza per il tono complessivo del racconto è dato dalla sua struttura, fatta di brevissimi capitoli (se ne contano ben 160 in meno di 200 pagine effettive) nei quali il narratore alterna la descrizione dei fatti a digressioni e commenti, dando luogo ad un fitto dialogo con il lettore, al quale spesso viene chiesto di giudicare e commentare a sua volta.
Machado de Assis ci narra quindi, per bocca del protagonista che si definisce non un autore defunto ma un defunto autore la vita di Braz Cubas, partendo però dalla sua morte, quasi a voler sottolineare che quello, dopotutto, è stato l’unico momento veramente grande della sua esistenza. E’ la vita di un esponente dell’alta borghesia brasiliana, destinato ad una laurea in Europa, ad un buon matrimonio e ad avere un seggio in parlamento, ad essere probabilmente ministro, ma che non riesce a realizzare questi obiettivi a causa della sua irresolutezza e della sua codardia esistenziale.
Snodo centrale della sua vicenda personale è il rapporto con Virgilia, bellissima donna con la quale si fidanza, che sposa un altro ma di cui diventerà l’amante. Prima di Virgilia si affacciano alla sua vita altre due figure femminili: quella di Marcella, suo primo amore, che lo renderà succube della sua gretta passione per i gioielli e i regali costosi, e quella di Eugenia, timida e diafana fanciulla che Braz abbandona perché leggermente zoppa dalla nascita. In entrambi i casi Braz dimostra di non saper gestire la situazione, per mancanza di carattere e di capacità di discernimento nell’un caso e per incapacità di svincolarsi dai pregiudizi della società dall’altro (cosa avrebbe detto la gente se avesse sposato una zoppa?).
Nel rapporto con Virgilia la vicenda è più complessa, perché, dopo averla lasciata ad un altro , Braz è in grado di riconquistarla tradendo la fiducia e l’amicizia del marito di lei. La vicenda si adagia, per la verità con la piena complicità di Virgilia, in un ménage pseudo matrimoniale, con tanto di nido d’amore, che dimostra la sua fragilità non appena iniziano a circolare dicerie sulla loro liaison: entrambi i protagonisti della storia si riveleranno inadeguati a gestire le difficoltà e la loro storia d’amore, apparentemente tenacissima ed appassionata, si dissolverà nel nulla, di fronte alla necessità di assumersi le proprie responsabilità nei confronti del marito tradito.
Un personaggio importante del libro è Quincas Borba, sorta di filosofo – cui Machado de Assis dedicherà un altro romanzo – che rappresenta l’alter ego di Braz Cubas, teorizzatore di un sistema filosofico (l’umanitismo) che Machado de Assis ci illustra dettagliatamente in uno dei capitoli più lunghi del libro, e che dovrebbe portare a comprendere e a gestire il ruolo che ciascuno di noi ha nella storia dell’evoluzione dell’umanità. Un sistema perfetto, a cui Braz Cubas si aggrappa tanto da fondare un giornale che ne propaghi i principi. Con amara ironia, anche questo appiglio si rivela insicuro, tanto che Quincas Borba finirà pazzo alla fine del libro.
A Braz non resterà, alla fine, che rinchiudersi nella sua solitudine: sino all’ultimo penserà di poter dimostrare l’utilità della sua vita, attraverso l’invenzione di un balsamo per la cura dell’ipocondria. Sarà proprio il perdersi dietro questa possibile invenzione che lo porterà alla tomba.
Se, come detto, Memorie dall’aldilà è un libro divertente ed ironico (lo si intuisce sin dalla dedica "al verme che per primo ha intaccato le fredde carni del mio cadavere") non è sicuramente – come si può intuire da quanto detto – un libro leggero: la vita di Braz Cubas, così come ci viene narrata, è come si è visto una vita mediocre, fatta di occasioni perse, di indecisioni esistenziali e di fallimenti, ed in questo senso Cubas può essere a mio avviso accostato più ad alcuni dei personaggi della letteratura novecentesca che ad un tipico rappresentante dell’ottocento letterario. In particolare, a mio modo di vedere, vi sono molte analogie con lo Zeno sveviano, anche se ovviamente sia la distanza temporale (quarant’anni separano le due opere, e non sono quarant’anni qualunque…) sia la distanza spaziale (Machado de Assis, sia pure impregnato di letteratura europea, non lasciò mai il Brasile e visse quindi in un’area che potremmo definire periferica rispetto alle grandi correnti culturali dell’epoca) comportano specifiche differenze. Tuttavia come non vedere assonanze precise tra la vita di questo altoborghese di Rio de Janeiro e quella del triestino, entrambi affetti da una inadeguatezza esistenziale e sociale che porterà la loro vita verso il fallimento?
Se nella struttura del romanzo, nella modalità in cui lo scrive, Machado de Assis si rifà, come egli stesso dichiara nella prefazione, a Sterne e a de Maistre, con una certa dose di azzardo mi sento di affermare che quanto a contenuto egli anticipa tematiche ed elementi che sarebbero stati pienamente affrontati dalla letteratura alcuni decenni dopo e in tutt’altro contesto culturale. Questo è secondo me uno degli elementi di grandezza di Memorie dall’aldilà, come sottolineato anche nel breve saggio di Susan Sontag che precede il romanzo. Non è sicuramente un libro nel quale la critica sociale emerga direttamente: tra l’altro sconcerta non poco, per il nostro modo di pensare, l’assoluta indifferenza con cui viene data per scontata la schiavitù, ancora presente all’epoca in Brasile; è tuttavia un libro in cui la vacuità delle aspettative di una vita borghese, la rigidità di convenzioni sociali cui ci si deve adeguare per non essere un escluso emergono attraverso le vicende di questo piccolo, grande personaggio, che merita un posto accanto ad altre, più celebrate figure della letteratura di ogni tempo.

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