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Il giocatore
 
Il giocatore 2020-02-26 20:49:15 AriMonda
Voto medio 
 
4.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
5.0
AriMonda Opinione inserita da AriMonda    26 Febbraio, 2020
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Domani, domani tutto finirà!

Un romanzo irrimediabilmente legato alla vita del suo autore, “Il giocatore” è stata una lotta (contro il tempo e contro i creditori) che Dostoevskij ha ingaggiato e brillantemente superato. Costretto dai debiti, lo scrittore cede all'editore i diritti della sua opera per nove anni se non gli avesse consegnato entro un mese un nuovo romanzo: l’amico Miljukov testimonia l’apprensione dell’autore e la disperazione per l’avvenire. Ma grazie al consiglio dell’amico di avvalersi di una stenografa, Anna Grigorevna Snitkina (che poi diventerà la futura moglie di Dostoevskij) in 25 giorni il libro è pronto per essere presentato all'editore.

Una storia che ha in sé tanti tratti della biografia dell’autore, a partire dal tema principale: il gioco. In una città inventata, Roulettemburg, il protagonista-narratore spia e racconta la vita di ambigui personaggi appartenenti alla borghesia europea, una borghesia presa di mira per l’ipocrisia con cui si presenta e si atteggia, parodiata nei suoi gesti e ridicolizzata nelle forme e nelle parole pronunciate dal “borghesuccio” di turno. Una critica maturata dall'autore grazie ai numerosi viaggi all'estero che lo avevano messo in relazione con un mondo che egli non poteva che disprezzare e rappresentare in tutta la sua superficialità.
La narrazione è concitata, procede rapida e tiene continuamente sospesi, ci si chiede quale sia il nucleo della storia, quando finalmente accadrà qualcosa e quando ci verranno fornite le risposte.
E alla fine scopriamo che il precettore, Aleksej, è innamorato di una donna che lo tiene appeso a un filo ed è legata ambiguamente ad altri personaggi maschili; il generale, il datore di lavoro del protagonista, è tutto occupato a corteggiare una francesina opportunista e interessata solo a soldi e posizione sociale: mentre tutto l’entourage che gira attorno al generale russo spera nella morte della baboulinka, la ricca nonna, che “stendendo le gambe” definitivamente avrebbe permesso ai parenti di vivere scialacquando il patrimonio e ostentando una posizione.

La nonna è indubbiamente il personaggio più interessante dell’intero romanzo, a mio parere. Quando tutti la credono ormai in procinto di abbandonare questo mondo e attendono un telegramma che annunci la sua morte, questa si presenta con il suo seguito e una quantità infinita di valige proprio nella città tedesca del gioco d’azzardo. Con la sua presenza dispotica e tirannica, vivissima contro ogni aspettativa e desiderio, riempie la scena. È ironica, tagliente, sprezzante di ogni regola e buon costume, finisce per essere la più accanita e salace critica della falsità e degli artifici della società di cui lei stessa fa parte. Ma anche lei, dall'alto della sua posizione e della sua età, nonostante si creda più furba e più intelligente del corteo di adulatori che la circonda, finisce vittima del gioco e presa da una smania irrefrenabile e dal desiderio che attanaglia il giocatore, dilapida il suo patrimonio in soli due giorni. La nonna che tutti credevano e volevano morta, per potersi prendere a gomitate una parte della sua ricchezza, è viva e vegeta e ancora dotata di autonomia, libera di decidere di come disporre del proprio denaro e poi schiava di un meccanismo che la lascia senza nulla.

Come disse Mario Soldati, è difficile scrivere di qualcosa che non si conosce e Dostoevskij conosceva bene il rischio e l’emozione del gioco d’azzardo. E questa conoscenza e perizia emerge, sin dalle prime pagine, grazie alla descrizione che muove dagli occhi curiosi del precettore mai stato in un ambiente simile, che si aggira tra le sale, i rumori e lo scintillio di un mondo fatto apposta per ammaliare e abbindolare. Uno sguardo che muta insieme al protagonista man mano che questi conosce il brivido della vincita e della perdita.
Le pagine finali del romanzo sono emblematiche per capire cosa si muove nella mente di un uomo, attanagliato e afflitto dall'ossessione del gioco, un’ossessione che va oltre la vincita o la perdita, che si nutre del tintinnio nelle monete, dell’atmosfera e della fama delle proprie gesta e del proprio coraggio nel rischiare tutto, nel mettere in ballo sul tavolo la propria vita e il proprio futuro. E così ogni pezzo d’oro è l’occasione per tentare la sorte e anche se si è consapevoli della propria malattia, di essere finiti in un baratro oscuro e si avverta la necessità di risollevarsi, di tornare persone per bene e con la testa sulla spalle, quell'unico pezzo d’oro è una buona scusa per rimandare il cambiamento a domani. “Domani, domani tutto finirà!”.

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