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L'enigma della camera 622
 
L'enigma della camera 622 2020-10-11 14:26:59 cesare giardini
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
3.0
cesare giardini Opinione inserita da cesare giardini    11 Ottobre, 2020
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La presidenza contesa di una banca svizzera.

Joel Dicker è lo “Scrittore”, il personaggio che, durante un periodo di vacanza in un prestigioso hotel sulle Alpi svizzere, il Palace de Verbier, viene a sapere che, tempo prima, nella camera 622 era stato trovato il cadavere di un banchiere, ammazzato a colpi di pistola. Qui inizia la lunga storia, qui hanno anche inizio le indagini dello Scrittore, aiutato da una ragazza, Scarlett, conosciuta occasionalmente. Per il buon nome del Palace, l’omicidio era stato poco reclamizzato, tutto era stato messo a tacere ( il numero della camera era stato addirittura cambiato in 621 bis), ma la curiosità dello Scrittore, che è poi l’io narrante, fa riaffiorare a poco a poco verità nascoste o mai interamente chiarite.
Il volume è ponderoso, più di 600 pagine, la narrazione mette in gioco un’intricata ragnatela di persone e di fatti, un puzzle complicato ed apparentemente inestricabile di eventi, risalenti anche a molti anni prima : numerosi sono infatti i flash back, che mettono a dura prova la memoria del lettore ed interrompono bruscamente la linearità della narrazione. Nella lettura, infatti, bisogna prestare molta attenzione e, come detto, possedere una buona memoria per collegare il succedersi dei fatti al presente ed al passato. Minuzioso deve essere stato il lavoro di preparazione di Dicker nell’elaborare la trama e riuscire ad incastrare personaggi ed azioni in vari stadi temporali, onde evitare errori o ripetizioni.
In succinto, al centro di tutto c’è una grande banca ginevrina, la Ebezner, dal cognome del fondatore Abel, la cui presidenza per consuetudine usa essere tramandata da padre in figlio: l’ultimo discendente, Macaire, non sembra essere ritenuto adatto alla successione, e proprio la lotta per l’ambita poltrona tra lo stesso Macaire, il cugino Jean-Bénedit Hansen , un ambizioso outsider, Lev Levovitch, figlio di un famoso attore trasformista e un misterioso oligarca russo, Tarnogol, costituisce il tema principale del romanzo. I principali personaggi sono questi, ma attorno a loro quante storie nella storia! L’amore appassionato di Anastasia, con presunte ascendenze nobiliari, per Lev, presunto discendente dal ceppo zarista dei Romanov, che la contende con alterne fortune a Macaire, l’intervento di presunti servizi segreti svizzeri sui conti bancari, le misteriose attività di un presunto (attenzione a tutti questi “presunti”!) miliardario russo, le vicende di Arma, una vivace cameriera tuttofare promossa a dama dell’alta società, e di una certa Cristina, finta impiegata bancaria ma in realtà infiltrata con ben altri compiti.. Insomma, non manca nulla: incontri clandestini in alberghi lussuosi, intrighi complicati per eliminare rivali pericolosi, tentativi di avvelenamento e, dulcis in fundo, personaggi che in realtà non esistono . Già, sembra incredibile ma c’è un protagonista di spicco che, utilizzando maschere di silicone di rara perfezione (ingannano infatti tutti!), impersona addirittura via via con tempistiche perfette altri tre personaggi della storia. E’ lecito allora chiedersi come si può classificare questo lunghissimo e mirabolante romanzo. Non è un romanzo giallo in senso stretto, mancano atmosfere, sangue, thrilling, caccia spietata a possibili colpevoli. Non sembra neppure un romanzo rosa, nonostante le storie d’amore che si intrecciano in posti da sogno, i tradimenti, i rimorsi e tutta la melassa di accompagnamento. Sembra anche fuori luogo parlare di indagine sociologica su segreti bancari, lotte di potere, indagini vere o fasulle su evasioni fiscali o trasferimento di capitali in posti più sicuri. Che sia solo una lunga favola, con situazioni da favola e personaggi stilizzati da favola, il buono, l’ingenuo, lo straniero nelle vesti del lupo cattivo, lo Scrittore nelle vesti di una sorta di deus ex machina moraleggiante che cerca appunto disperatamente una morale per far capire la favola e concluderla nel migliore dei modi ?
Bisogna forse rendersi conto che si tratta allora solo di una lunga storia, narrata bene, con tutti i particolari al posto giusto, come per completare un gigantesco puzzle. Una lunga storia con personaggi forse un po’ banali, colloqui talora in stile fumetto (mancano solo le nuvolette che escono dalla bocca), situazioni al limite dell’inverosimile ma con i classici tre elementi di una “storia” secondo il famoso fumettista (guarda caso !) Will Eisner morto non molti anni fa (2005), e cioè un incipit o prologo attraente (e questo c’è), dei contenuti interessanti (e ce ne sono forse troppi) e una serie imprevedibile di colpi di scena (anche questi presenti, basti per tutti la rivelazione finale del colpevole, assolutamente inaspettata).
Anche se la lettura comporta non poca fatica e molta attenzione, a favore dell’autore concedo, come già accennato, la minuziosa cura nell’incastrare storie e personaggi in tempi diversi e senza sbavature. Encomiabili anche l’affetto e la riconoscenza per il suo vecchio editore e amico Bernard de Fallois, al quale dedica pagine toccanti e piene di ricordi nostalgici. E poi, qua e là, Dicker impreziosisce il racconto con riflessioni illuminanti, come, ad esempio, questo pensiero dello Scrittore proprio a conclusione del romanzo: “…la vita è un romanzo di cui già si conosce la fine: il protagonista muore. La cosa più importante, in fondo, non è come va a finire, ma in che modo riempiamo le pagine”.
Le pagine del suo romanzo Joel Dicker le ha riempite comunque bene, con tanti personaggi, tanti accadimenti e un bel pò di colpi di scena: al contenuto mi sono infatti sentito di assegnare un bel 5. Allo stile ho dato 3 perché scivola via talora in modo piatto e banale, soprattutto nei colloqui, alcuni sciatti e prevedibili, come in uno schema prefissato e non spontaneo. Anche alla piacevolezza ho dato 3, perché si fatica a leggere il presente legato al passato e viceversa, con un esercizio mnemonico a volte pesante: si perde un po’ l’unicità della narrazione, pur riconoscendo all’autore il grande sforzo nel cercare di dare compattezza ad un grande disegno narrativo, preparato con cura minuziosa.
Si consiglia comunque la lettura, soprattutto per chi ha già letto ed apprezzato, dello stesso autore, “La verità sul caso Harry Quebert” e “Il libro dei Baltimore”.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Gli altri romanzi già segnalati dello stesso autore.
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