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Il passeggero
 
Il passeggero 2023-07-08 22:14:11 Valerio91
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    09 Luglio, 2023
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Egli ha scrutato la vita e la morte

Una volta chiuso questo romanzo, è stato difficile per me farmene un’idea precisa. Non sapevo cosa pensare né cosa dire, e anche adesso ammetto che scriverne una recensione non è cosa semplice. La prima cosa che mi viene in mente è che “Il passeggero” non è assolutamente un romanzo facile: non è un romanzo da leggere sotto l’ombrellone, non è un romanzo da leggere se siete lettori occasionali o che si dilettano con gialli di poco conto o storie d’amore a lieto fine. E questo è in linea con tutta la produzione di Cormac McCarthy, forse uno degli ultimi autori davvero capaci di scendere a profondità che ormai gli uomini non vogliono più contemplare, perché sopraffatti dalla voglia di evadere dalle difficoltà, dai conflitti, dalla propria stessa natura. Nessuno dei romanzi di McCarthy è facile e nell’era delle “case di carta”, delle “amiche geniali” e dei commissari da quattro soldi, e a prescindere da questo il suo più grande paradosso è che pur essendo il mio autore preferito in assoluto è anche uno di quelli che non riesco mai a consigliare: per i motivi sopra citati e dunque per la mancanza di riscontro nel gusto delle masse e nella loro incapacità a poterne cogliere la grandezza, ma anche perché la sua opera è intrisa di un pessimismo apocalittico, di una crudezza spietata che si fa beffe degli stomaci dei deboli e delle paure dei pavidi. È incredibile dover rispondere alla domanda su quale sia il mio romanzo preferito (“Suttree”) e poi dover subito specificare che non sia proprio una lettura perfetta per cominciare a leggere l’autore, che magari è meglio cominciare con altro… ma cos’altro? con “Sunset Limited”, che pur nella sua meravigliosa bellezza e profondità può rivelarsi psicologicamente ed emotivamente devastante?
È anche qui che sta la grandezza di McCarthy, pace all’anima sua. La sua morte è stata un pugno nello stomaco, così come pensare che tutto ciò che abbiamo da leggere sarà tutto qui con l’uscita di “Stella Maris”, completamento di questo romanzo che ci restituisce un McCarthy puro, che né l’avanzare degli anni né l’approssimarsi della morte (che lui ha comunque sempre scrutato, senza paura, occhi negli occhi) hanno minimamente snaturato.
Seppure io abbia letto quasi tutta la sua opera, fare un’analisi di questo romanzo è un’opera mastodontica, il che suggerisce anche la fatica immane che ci sia voluta per poterla scrivere. Questo romanzo è forse uno dei più enigmatici che l’autore abbia mai scritto e che contiene in sé tante di quelle cose da lasciarci spaesati, abbandonati e vaganti all’interno di un incubo kafkiano. A cosa serve raccontare la trama di questo romanzo? Essa non è altro che un pretesto abbandonato dopo poche pagine. Un passeggero scomparso all’interno del relitto d’un aeroplano affondato nelle profondità del mare. Un incipit che fa nascere gli interrogativi succosi che tanto piacciono agli amanti dei thriller, che poi vengono brutalmente abbandonati forse proprio per farsi beffe di una generazione che riesce a concedere un po’ di tempo e concentrazione solo a storie di questo genere. Il vero passeggero è il nostro protagonista: Bobby Western, un uomo che attraversa inerme la propria vita, afflitto dal rimorso e dall’immagine di un passato che non può scrollarsi di dosso e che lo getta in un torpore senza rimedio, in una vita che non è altro che un trascinarsi da un luogo all’altro, senza stimoli di alcun tipo e che nemmeno un serio pericolo può scuotere dal suo torpore. Minacciato da figure governative che vogliono scoprire la verità sul passeggero scomparso, che fanno una vaga comparsata per poi trasformarsi in un’entità quasi metafisica, Bobby Western continua tuttavia a portare avanti la propria pseudo-vita come se nulla fosse accaduto, strisciando giorno dopo giorno nella propria grigia e piatta vita, senza lo straccio di un sogno, di un’ambizione, di un desiderio; semplicemente tormentato dal ricordo di una sorella morta, della quale era innamorato. Una ragazza di cui probabilmente approfondiremo la conoscenza in “Stella Maris” ma che già qui ci si presenta nel suo genio sregolato e nella sua follia schizofrenica.
Ancora una volta i punti di forza del romanzo di McCarthy risiedono nella sua scrittura e nelle riflessioni di cui i personaggi si fanno veicolo, rendendosi così epici, biblici, indimenticabili: in particolare Bobby Western ma soprattutto John Sheddan, i cui dialoghi col nostro protagonista sono talmente intrisi di filosofia e poesia da diventare attesi quanto lo svelamento dell’assassino in un romanzo giallo. Anche solo uno di questi dialoghi, che sono comunque intelligentemente per non dire avaramente dosati, vale il prezzo di questo libro e del tempo speso per leggerlo. John Sheddan è il veicolo del pensiero di McCarthy, di quella sua visione del mondo e delle cose che riesce a essere devastante e bellissima allo stesso tempo, dando vita a un paradosso che non si può spiegare, che ci permette di scrutare l’abisso e restarne terrorizzati e affascinati.
A volte temo di parlare con la lingua del cuore, la lingua di un uomo che da quest’autore è pienamente catturato; ma nonostante questo non posso negare i momenti in cui il romanzo non funziona, in cui si dilunga in brani di eccessiva difficoltà che potrebbero scoraggiare chiunque. A volte credo che questi siano delle prove che McCarthy semina qua e là per testare la nostra perseveranza, per mettere alla prova il nostro valore e capire se siamo degni di assistere a quanto di bello può creare con la sua profondità di pensiero e con la bellezza delle sue parole. Come se fosse un modo di non rendere questa bellezza accessibile a tutti ma solo a quelli che la meritano, così che non perda valore. Ne “Il passeggero” ci sono la vita e la morte; c’è il nostro passato, c’è il nostro mondo contemporaneo e c’è forse un pezzetto del nostro cupo futuro; c’è un nichilismo senza soluzione ma anche quella fievole speranza, che McCarthy spesso ha oggettivizzato nelle forma d’una fiamma: quella che porta il bambino ne “La strada”; quella che in “Non è un paese per vecchi” è portata dal padre dello sceriffo Bell nel suo sogno, quella che ha il colore della luna. Qui la fiamma si trasforma e con essa la speranza, che prende le forme degli occhi d'una persona amata.
Io non so dare un giudizio definitivo su questo libro, e come tutti gli altri romanzi di McCarthy non sono in grado di consigliarlo. Trovo tuttavia assurdo oltre ogni immaginazione che uno scrittore del genere non abbia vinto il premio Nobel, che meriterebbe anche soltanto per la sua scrittura che nonostante la propria grandezza non è che è una goccia nel mare delle qualità di quest’autore incredibile, che speriamo il mondo non dimentichi mai. Anche se, guardandomi intorno, temo possa essere trascinato nell’oblio della nostra ignoranza. Speriamo davvero che non sia così, e se lo fosse, McCarthy avrebbe comunque avuto ragione nel dire che la letteratura non sopravvivrà a lungo, così come l'uomo. A noi il compito di smentirlo.

“Penso che sia perché la gente sta morendo di noia. E la cosa potrebbe perfino avere un che di contagioso. Di certo ci sono mattine in cui mi sveglio e il mondo mi sembra di un grigio che prima non era cosí evidente, mi pare. È un discorso che abbiamo già fatto. Lo so. Gli orrori del passato perdono incisività, e cosí facendo ci rendono ciechi di fronte a un mondo che procede sbandando verso un'oscurità oltre le piú amare speculazioni. E sicuramente interessante. Quando l'insorgere della notte universale sarà finalmente riconosciuto come irreversibile anche il cinico piú indifferente rimarrà strabiliato dalla rapidità con cui ogni regola e restrizione che puntella questo edificio scricchiolante verrà abbandonata a favore di ogni tipo di aberrazione. Sarà sicuramente uno spettacolo notevole. Per quanto breve.”

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Commenti

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Ciao Valerio.
Molte interessanti considerazioni da cogliere in questa tua recensione, che è anche un po' un elogio dell'autore come uno dei pochi scrittori contemporanei capaci di scendere in profondità.
Hai citato "Stella Maris" come libro complementare a questo. Mi risulta che dovrebbe precederlo. Non so spiegarmi tale ritardo nella pubblicazione in Italia. Ma tant'è.
In risposta ad un precedente commento
Valerio91
09 Luglio, 2023
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Ciao Emilio,
Anche in America è uscito prima “Il passeggero”. Forse gli eventi di “Stella Maris” si collocano prima sulla linea temporale, ma la cronologia di uscita dovrebbe essere una scelta consapevole dell’autore. Sono certo abbia uno scopo.
Ottima recensione, Valerio. Anch'io ho trovato qualche difetto nel romanzo, ma si tratta veramente di poca roba al cospetto di un'opera davvero monumentale. Che dire delle difficoltà che incontra io lettore de "Il passeggero"? Mi viene da pensare che forse è meglio così, che McCarthy non debba essere per forza di cose uno scrittore per tutti, che chi affronta la sua opera debba sentirsi in qualche modo un privilegiato, un iniziato. E chi se ne frega del Nobel! Forse che Borges, Pynchon, De Lillo, Bolano o Cartarescu, per fare solo alcuni nomi tra i tanti, lo hanno mai vinto? Il Nobel per la letteratura, così come lo Strega in Italia o l'Oscar per il cinema, hanno più motivazioni politiche che artistiche, credo, e ilo loro valore è molto, molto relativo. Buone letture!
In risposta ad un precedente commento
Valerio91
14 Luglio, 2023
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Si, riguardo al Nobel sono arrivato a pensarla allo stesso modo. Ma è innegabile che sia un qualcosa che contribuisce "all'immortalità" di un autore.
Sul fatto che McCarthy non sia uno scrittore per tutti, arrivato in fondo alle mie considerazioni, concordo anche in questo caso con te... certo farebbe piacere che il suo valore venisse riconosciuto, ma in fondo basta che io possa goderne.
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