La serie infernale
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Poirot Vs. l'alfabeto
Con il progressivo, ma speriamo non inevitabile, rallentamento nella mia velocità di lettura mi sono rassegnata all'idea di alzare bandiera bianca di fronte a tante sfide letterarie, seppur autoimposte. Almeno con la cara Agatha voglio però continuare a darmi da fare nel corso di quest'anno, terminando la saga dedicata a Miss Marple ed avanzando in quella del detective belga più vanesio di sempre. Quindi eccomi completare una sua ennesima indagine ne "La serie infernale", un romanzo dalla premessa insolita per un giallo classico, motivo per cui l'ho approcciato con un pizzico di cautela.
La narrazione inizia durante l'ennesima trasferta londinese del capitano Arthur Hastings, quando Poirot gli spiega di aver ricevuto una lettera firmata in modo enigmatico con le iniziali A.B.C. nella quale viene messo in guarda su un crimine che avverrà in un determinato giorno nella città di Andover; ed effettivamente la promessa viene mantenuta, con il delitto dell'anziana tabaccaia Alice Ascher. Intùito quale sia il modo d'agire dell'assassino, i protagonisti possono tentare quindi di intervenire con il supporto di Scotland Yard, mentre nuove lettere giungono ad anticipare ulteriori delitti alfabetici.
Questa struttura è proprio l'elemento più peculiare del libro: anziché ritrovarsi ad indagare su un delitto già compiuto ed estraneo alla sua persona, Poirot viene coinvolto in maniera diretta da qualcuno che sembra determinato a smentirne la fama di brillante investigatore privato. In un simile contesto, le vittime diventano semplicemente delle scelte arbitrarie: sembra mancare del tutto un movente comprensibile, come la vendetta o l'avidità. Se da un lato questo spunto risulta davvero interessante ed originale -meritando quindi di essere annoverato tra i pregi del romanzo-, dall'altro mi sarei aspettata portasse a qualche elemento in più sul passato di Poirot, perché l'introspezione dei personaggi non è quasi mai il focus di questi gialli, e per una volta tanto sembrava esserci l'occasione perfetta per dare almeno alla caratterizzazione del detective un po' di meritato spazio.
Come al solito, abbiamo invece una parata di individui appena abbozzati, tanto che neppure la risoluzione porta ad un approfondimento maggiore sul colpevole o sulle vittime. Inoltre, i personaggi sono davvero una quantità per un volume così breve: capisco l'intenzione di suggerire la possibile colpevolezza di tanti per depistare il lettore, però questo porta anche ad aspettarsi un ruolo più rilevante per caratteri che alla fine dei conti si rivelano delle mere comparse. Tra gli elementi che meno mi hanno convinto troviamo poi il poco entusiasmante smascheramento del colpevole e la sottotrama romance: la coppia sembra essere carina e ben assortita, ma la tempistica scelta ed il commento di Poirot sono a dir poco di cattivo gusto.
Passando agli aspetti che reputo positivi in pieno, devo menzionare in primis la premessa del capitano Hastings, atta ad illustrare l'insolita scelta narrativa di accostare dei capitoli in terza persona al suo POV in prima; una spiegazione corretta e doverosa, seppur non brillante sul fronte della prosa. Brillante calza invece come aggettivo all'intreccio, che riesce a mantenere un ritmo sostenuto e nel contempo a distanziare i vari indizi in modo da renderli meno evidenti possibile. Pur non strabiliante, la risoluzione è solida e convincente, oltre a soffermarsi giustamente sui dettagli più minuti e sui misteri secondari.
Tra i pregi del romanzo mi sento poi di includere l'umorismo della prosa, dato in particolare dalle stoccate di Poirot verso Hastings e gli investigatori di Scotland Yard; non è troppo presente, ma regala comunque delle scene genuinamente divertenti. Personalmente ho inoltre apprezzato come Megan Barnard commenta il comportamento esuberante della sorella minore: considerando il contesto sociale ed i quasi novant'anni passati dalla pubblicazione, mi sarei aspettata un tono molto più giudicante, invece attraverso questo personaggio la cara Agatha riesce a dimostrarsi comprensiva eppure corretta! perché è giusto vivere senza pregiudizi la propria libertà, ma se si cerca un rapporto stabile bisogna dimostrare rispetto per l'altro.
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L'alfabeto del crimine
“Un assassino, come dicevamo, è sempre un giocatore… e, come molti giocatori, spesso non sa capire quando è venuto il momento di fermarsi. A ogni nuovo delitto la fiducia nelle proprie capacità aumenta mentre il senso delle proporzioni diminuisce. Perché il nostro assassino non dice mai: ‘Come sono stato intelligente e fortunato!’. No, dice soltanto: ‘Come sono stato intelligente’. Andando avanti di questo passo, l’alta opinione che ha sempre avuto della propria intelligenza aumenta ancor di più ed è proprio in quel momento, mes amis, che la pallina comincia a girare, la serie del nero finisce… Infatti la pallina si ferma su un nuovo numero, e il croupier annuncia: ‘Rouge!’.”
Un giallo anomalo nella serie dedicata da Agatha Christie all’investigatore belga Hercule Poirot. Poco prima della metà del romanzo, la regina del giallo consegna al lettore l’indicazione dell’assassino (quando il suo detective ancora ignora l’esistenza di tale persona).
Il movente? Per un criminale che sceglie i bersagli umani ed i posti dove agire nel meticoloso rispetto dell’ordine alfabetico (la prima vittima è Alice Ascher nel paesino di Andover), si può pensare solo alla pazzia o a tendenze maniacali. Confermate dal fatto che ogni omicidio è “firmato” dalla presenza, sul luogo del delitto, di un orario dei treni delle ferrovie inglesi (il famoso elenco “A.B.C.”).
E non è tutto! Il terribile guanto di sfida è lanciato allo stesso Poirot, che riceve in anticipo lettere che preannunciano dove e quando colpirà l’assassino (che si firma proprio A.B.C.). Come fermarlo, considerato che potrebbe trattarsi di chiunque?
Un giallo anomalo, si diceva: non “a camera chiusa”, dove la cerchia dei possibili colpevoli è delimitata fin dall’inizio; né legato – come di solito avviene con Poirot – ad una precisa progressione dell’indagine (se non abbondantemente dopo la metà del libro).
Qui la sfida di Agatha Christie è data dal mettere il lettore nelle stesse condizioni di Hercule Poirot, ovvero costringerlo a seguire lo sviluppo degli eventi per una buona metà del libro senza che, in apparenza, egli possa mettersi in cerca delle consuete tracce o indizi.
In definitiva una buona lettura, diminuita solo da una partenza “lenta” nei primissimi capitoli, dove dialoghi e descrizioni iniziali fanno del detective belga e del fedele amico Hastings quasi delle macchiette. Poi la storia e la suspence prendono quota, e, nel finale, non mancherà il capovolgimento di prospettiva tipico della Christie.
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leggero
La ricetta è sempre la stessa: la campagna inglese, il rito del tè, morti sospette che sconvolgono la vita tranquilla di provincia, il "ragioniere del delitto" Poirot che svela l'assassino tra una rosa di possibili candidati, dalla quale emerge sempre il meno sospettato dal lettore.
Una lettura piacevole e leggera.