Le sorelle Lacroix Le sorelle Lacroix

Le sorelle Lacroix

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«Ogni famiglia ha uno scheletro nell’armadio» scrive Simenon in epigrafe a questo romanzo. Nel caso della famiglia in questione lo scheletro è un segreto che lega da anni due sorelle. Un segreto che, rimosso e purulento, non può che trasudare odio. Tant’è: il collante che tiene uniti, nella solida dimora borghese di Bayeux, le figlie del notaio Lacroix, il marito di una di loro e i rispettivi figli è unicamente l’odio, un odio così spesso e pesante che sembra di poterlo toccare, un odio che si esprime attraverso sguardi, ammiccamenti, bisbigli – ed esplode non di rado in violente scenate. Ma l’odio suscita anche desideri di vendetta, e nella casa delle sorelle Lacroix ogni gesto ha il sapore della vendetta: un tentativo di avvelenamento non meno che un suicidio, perfino il lasciarsi morire di inedia di una giovane donna che a molti pare una specie di santa. Una volta penetrato in questa atmosfera intossicata da rancori e sospetti, il lettore vi rimarrà invischiato, e non potrà che andare avanti, tra fascinazione e orrore.



Recensione della Redazione QLibri

 
Le sorelle Lacroix 2022-07-10 06:25:51 siti
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siti Opinione inserita da siti    10 Luglio, 2022
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Buon sangue non mente

Prosegue l’opera di riedizione da parte di Adelphi delle opere del belga, questa, edita per la prima volta nel 1938, come tutte le innumerevoli altre non sente affatto i suoi ottantaquattro anni e, trattando di un tema principe quale l’odio familiare, rimane un evergreen.

Gli ingredienti sono quelli già sperimentati da Simenon: un esiguo sistema di personaggi, spesso in accoppiamento binario, un luogo angusto, piccolo borghese, che amplifica i malumori creando implosive situazione claustrofobiche, qui la casa via via ridotta nei suoi spazi abitati, e per finire il motore dell’azione, un risentimento fine e sottile che avvelena tutto, nutrito costantemente dal più primordiale dei sentimenti, l’odio.

La lettura, veloce come sempre, risulta qui addirittura serrata, sincopata, allusiva e disseminata di indizi come un vero giallo. In realtà c’è poco da scoprire, il sospetto, altro motore dell’azione, diventa in modo speculare, il modus legendi principe e tutte le intuizioni a cui perviene il lettore sono sapientemente gestite dall’autore che pare divertirsi a lasciare il lettore con il fiato sospeso, in una trama che non accenna mai al finale e, quando vi perviene, lo fa solo per ripristinare un’ennesima situazione iniziale. L’odio non ha fine, trionfa e si rigenera, un pretesto vale l’altro.

Amaro Simenon, duro come non mai.

Mathilde e Léopoldine sono le sorelle Lacroix, l’origine del male, vivono nella stessa casa di famiglia con Emmanuel Vernes, marito di Mathilde e i loro due figli Geneviève e Jacques, ogni tanto ritorna in famiglia anche Sophie, figlia di Léopoldine e di suo marito fin dai primi tempi del matrimonio confinato in Svizzera per via della tisi. Costretta a questa convivenza una giovinetta che funge da donna di servizio.
La casa, benché ampia e spaziosa, è sempre chiusa e l’aria umida, ferma e stantia, contribuisce ad avvelenare le atmosfere che vi si respirano al suo interno. Poche le parole che vengono scambiate tra i membri della famiglia, molti gli sguardi allusivi, i silenzi, gli scricchiolii, le percezioni desunte dal lento spiare delle movenze altrui. Nessuno parla, se non per quei pochi scambi comunicativi di natura prettamente funzionale, tutti percepiscono il sentire e l’agire altrui e le relazioni paiono escludere a priori l’intruso per eccellenza, Vernes, il quale pian piano nel corso del tempo ha deciso di confinarsi nell’atelier che si è allestito all'ultimo piano. Scende solo per i pasti, momenti topici nei quali converge tutto il silenzioso e reciproco astio. I giovani in casa subiscono questa convivenza patologica e cercano, ognuno con i mezzi a loro più confacenti, di venirne fuori: Geneviève è in preda ad una sorta di delirio mistico, Jacques vorrebbe solamente fuggire via; quando si appresta a farlo, l’improvviso precipitare delle condizioni di salute della sorella, lo imprigionano definitivamente in un crescendo di malumori, silenzi, ripicche, aggravati dalla malattia di Geneviève…

Tra sospetti di avvelenamento e dialoghi monchi pian piano viene detto esplicitamente ciò che per anni è stato taciuto ma ancora una volta la verità è appannaggio di pochi e mentre gli eventi precipitano tutto, dopo la bufera, torna all’origine in un lento ripetersi del male.

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Simenon, Il gatto
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Le sorelle Lacroix 2022-08-29 07:57:42 sonia fascendini
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sonia fascendini Opinione inserita da sonia fascendini    29 Agosto, 2022
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Armadi e scheletri

Un ménage familiare che da fuori sembra accettabile, ma che cosa si nasconde all'interno? Una domanda valida per molte famiglie, e a maggior ragione per quella immaginata a Simenon. Lo scrittore ci dice subito, nelle prime pagine che in quella casa dove vivono due sorelle con la figlia di una, il marito e i due figli dell'altra non ci sono dei rapporti idilliaci. Piano piano, poi ci invita ad entrare in casa, spiare negli armadi e a guardare con stupore vecchi e nuovi scheletri. Una storia che magari non scorre con l'agilità che si vorrebbe, che forse necessita di qualche limatura, ma capace di intrigare e incuriosire. Con, secondo me, diversi livelli di lettura adatti sia per chi voglia leggere una storia con la curiosità di scoprire un segreto sia per chi invece desideri una lettura impegnata in grado di offrire spunti di riflessione sulle dinamiche familiari e sulle conseguenze di un astio represso per decenni, non solo sui diretti interessati, ma anche su chi vive nelle stesse stanze.

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Le sorelle Lacroix 2022-08-24 20:47:51 Mian88
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Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Agosto, 2022
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Mathilde e Léopoldine

«Ogni famiglia ha uno scheletro nell'armadio.»

Avvicinarsi a Georges Simenon è sempre un’esperienza unica. Nel bene e nel male. Questo perché i suoi lavori non sono mai “una cosa sola”. Possono essere un giallo e un romanzo d’introspezione, possono essere un romanzo d’introspezione e psicologico, possono essere, come in questo caso, un noir mixato a un romanzo che scarna ed eviscera l’animo umano più oscuro. Ed è bene ancora precisare che, la citazione di cui ab initio, riporta e trasporta già in quelle che sono le emozioni e vicissitudini presenti tra queste pagine dove, a far da padrona, è proprio una famiglia. Nei suoi pregi e nelle sue pecche.
Pochi i personaggi tra cui dominano le sorelle Mathilde e Léopoldine, un luogo unico ove le vicende si sviluppano, malumore e claustrofobia, un segreto racchiuso nel passato, un odio atavico che caratterizza le due donne, sono elementi cari all’autore che qui ritroviamo e che scopriamo man mano che la lettura prosegue.
Una narrazione che tiene viva la curiosità conducendo il lettore a cercare ed attendere un colpo di scena imprevisto e imprevedibile ma dove tutto è calibrato e ponderato al millimetro, anche nel suo non arrivare dell’evento scatenante e risolutivo. Il lettore è incuriosito da quanto accade, condotto per mano. E come sempre Simenon disegna un cerchio immaginario che si tratteggia e ricompone nel suo complesso solo nelle ultime pagine dove tutto trova collocazione sino a che il puzzle si delinea. Lo stesso odio che talvolta può risultare immotivato o giungere quale conseguenza di futilità ha in realtà un suo perché e si radica proprio in un tempo trascorso e stato, un tempo che si ripercuote nel presente come nel futuro.

«La cosa non sfuggiva a Mathilde, ma lei aveva già la sua battaglia da combattere. Aveva sempre avuto bisogno di un'idea fissa, di un'ossessione. Come altri rimpiazzano un amore con un altro amore, lei rimpiazzava un odio con un altro odio.»

Un odio, un rancore che si dipinge nelle parole delle sorelle, che arriva quasi a giustificare una meschinità e istinto di vendetta e crudeltà sempre pronto a infliggersi gratuitamente sul malcapitato di turno.
Non vince tanto, come romanzo, per quel che effettivamente si succede nell’evolversi, anzi. La trama, al contrario, è statica, si sviluppa in modo tale da far presupporre un colpo di scena che si pregusta ma non assapora. Per questo attrae e trattiene ma anche sorprende o può stancare.
Ecco allora che il vero delitto prende forma proprio in quel passato che prima o poi sembra essere destinato a tornare a galla.
Quello presente in queste pagine è un Simenon duro e crudo, un Simenon da gustare in solitudine, senza fretta, poco alla volta. Le sensazioni e le riflessioni si radicano così nel lettore, la vendetta emerge e come ogni vendetta si lascia gustare fredda. Non vi è spazio per sentimenti positivi, non vi è spazio per un riscatto propositivo. Sono pagine claustrofobiche e capaci di trattenere con pura e semplice naturalezza.

«E l'odio diventava tanto più spesso, tanto più vischioso, tanto più pesante, tanto più perfetto quanto più lo spazio si riduceva.»

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