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Che razza di libro Che razza di libro

Che razza di libro

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Uno scrittore americano ha appena pubblicato un libro di successo: durante il tour promozionale, fra interviste, avventure amorose e sbronze colossali, incontra un ragazzino dalla pelle nerissima che da quel momento in poi lo segue come un’ombra. A ogni tappa il Ragazzino racconta qualcosa di sé, affermando che i suoi genitori gli hanno insegnato a diventare invisibile, per proteggersi dalla brutalità del mondo. E in effetti, lo scrittore è l’unico in grado di vederlo, ma poiché è affetto da una strana malattia che gli impedisce di distinguere la realtà dal sogno è certo che si tratti di una semplice allucinazione. Ben presto, però, le sue visioni hanno il sopravvento, mettendolo di fronte a un passato che da sempre cerca di sfuggire, una verità che preme per liberarsi e ritrovare corpo e voce. Commovente e feroce, esilarante e tragico, "Che razza di libro!" è la storia di un bambino che vede nell’invisibilità una promessa di vita, e di un uomo che vorrebbe uscire dalla propria pelle, per nascondersi dalla violenza. Jason Mott mette a nudo discriminazione e pregiudizio, mostrandoci la possibilità di un mondo dove il colore non è più un confine.



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Che razza di libro 2022-06-28 06:31:39 marialetiziadorsi
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marialetiziadorsi Opinione inserita da marialetiziadorsi    28 Giugno, 2022
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La paura di essere neri

Vincitore del National Book Award 2021, il romanzo racconta la storia di un ragazzino di dieci anni magro, longilineo e dalla pelle nera come la pece, tanto da essere ribattezzato Nerofumo, nome che si porterà dietro per tutto il racconto.
Il ragazzino ha sulle spalle 10 anni di discriminazioni per il colore della sua pelle. Viene bullizzato dai compagni bianchi quando va a scuola, in particolare dal bullo numero uno, quello che ha la pelle bianca come il burro e un fisico quasi da adulto perché avvezzo a lavori faticosi in famiglia. E il nostro protagonista invece è così nero da portare pantaloni lunghi e felpa con il cappuccio tutto l’anno pur di nascondersi e nascondere il colore della sua pelle. A nulla serve un padre che cerca di consolarlo e che gli dice che è bellissimo. I fatti dicono altro.
Sin da bambino cerca di allontanare la consapevolezza di cosa significhi essere neri, detto meglio, la paura di morire per nulla altro che per il colore della propria pelle. Gli adulti cercano di rimandare sempre di più il momento nel quale saranno costretti a spiegargli la verità e a strappargli così i suoi sogni di bambino. Eppure la sua vita, con le notizie quotidiane, è già lì a dimostrare come stiano davvero le cose.
Nel frattempo sin da bambino sogna, sogna di poter diventare invisibile perché il suo colore non si veda più, per evitare di essere bullizzato. Sogna di poter sparire quando ne ha bisogno: per non essere in pericolo e per non soffrire. E ogni volta torna da questa invisibilità con la mente che ricorda meno di ciò che lo farebbe soffrire: una forma di autoprotezione. Ci sono limiti al dolore che l’essere umano può ospitare senza impazzire, e questa è la modalità scelta da nerofumo.
E poi c’è lo scrittore, la cui storia scorre alternandosi a quella del bambino con la quale si incontra spesso. E’ un esordiente di successo, anche lui nero, anche se la sua mente glielo ha fatto dimenticare, sempre come forma autoprotettiva, che soffre di una strana malattia per la quale realtà e fatti veri si mescolano ad altri frutto esclusivo della sua immaginazione. Il suo primo libro, “Che razza di libro”, ha avuto un enorme successo e lui è impegnato a girare gli Stati Uniti tra presentazioni nelle librerie e interviste. Aiutato in questo dalla sua agente e da un media trainer che non si cura del suo aspetto (questo lo fa già la sua agente) ma della sua preparazione psicologica e pratica alle interviste. Cosa deve dire? Ma soprattutto perché deve dirlo? Cosa davvero il mondo vuole sapere di lui? Memorabile la scena dell’incontro tra i due e la prima seduta e la scoperta che dovrà rispondere tutto salvo quello che davvero vorrebbe raccotnare.

Nel corso del tour di presentazione non si lascia scappare l’occasione di godersi la vita, per quel che può, mentre illude la sua agente di avere già iniziato la scrittura del secondo libro e di avere ancora da parte l’acconto ricevuto dall’editore. Ovviamente non è così.
Dopo il primo incontro con il bambino lo scrittore se lo ritrova spessissimo e nelle occasioni più strane, fino a capire che è l’unico a vederlo. E’ frutto della sua immaginazione o è il bambino che ha coronato il suo sogno di riuscire a diventare invisibile?
E il bambino e lo scrittore sono frutto dello stesso processo di rimozione di ciò di cui allontaniamo il pensiero per non soffrire? La verità è però sempre in agguato dentro di noi e prima o poi saremo costretti a farci i conti, ad affrontarla e ad elaborare quella sofferenza.
“Che razza di libro” è un libro sulla paura. Paura delle discriminazioni, paura del male che anche solo le parole possono fare. Paura di morire, perché basta poco o anche niente se si è neri per perdere la vita. E l’essere bambini non protegge. Paura del male, paura di soffrire. Impossibilità di reagire davanti alle ingiustizie.
Le domande che il racconto pone di continuo sono urgenti per il lettore che però, preso dalla storia, va oltre. Ma quelle ritornano.
E’ anche un racconto sullo scrivere e sulle tecniche di marketing per la promozione. Alle domande che gli vengono poste lo scrittore vorrebbe opporre l’unica verità vera: ha scritto perché sentiva l’urgenza di scrivere, niente altro. Eppure dovrà imparare a dare le risposte che il pubblico vuole davvero.
E in fondo anche lo scrittore ha trovato un escamotage alla sofferenza perché non diventi troppa, a partire dal suo dimenticare di essere nero. Ecco quindi che la sua reazione da nero ai neri uccisi riesce a non fare troppo male, a generare solo una tiepida reazione.
Circa il desiderio di diventare invisibili: essere visti serve solo come protezione o essere visti vuol dire essere riconosciuti ed accettati per ciò che siamo?
E la verità dello scrittore fin dove arriva quando si scontra con ciò che i lettori vorrebbero sapere? E cosa siamo disposti a fare pur di sopravvivere?
E noi, ci interroga il libro, quanto siamo in fondo fatti allo stesso modo? Quanto cerchiamo di non pensare per non doverci interrogare? Il racconto solleva davvero molte domande alle quali il lettore è chiamato a dare le risposte.

Nonostante il libro sia permeato da una triste sensazione di paura, nonostante la drammaticità dei fatti che talvolta vengono raccontati, lo stile è da subito allegro, scanzonato, divertente e si fa satirico quando l’attenzione si sposta sullo scrittore. Diviene però riflessivo e più poetico quando il punto di vista è quello del bambino e della sua storia in una bella alternanza di atmosfere allegre e tragiche passando talvolta ad un tono più lirico.
La pagina attrae e la lettura non stanca benché, a mio parere, qualche volta nella seconda parte si percepisca un po’ di ripetitività dei temi.
Probabilmente per scelta i caratteri sono approfonditi solo in parte: lo scrittore ha scelto di dare la precedenza all’atmosfera generale del libro e alla costruzione della storia, e in questo la prova è riuscita.

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Che razza di libro 2022-06-08 11:00:26 68
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68 Opinione inserita da 68    08 Giugno, 2022
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Presenze invisibili

Questa, come ci ricorda l’ autore, è una storia d’ amore all’ interno di un senso di malattia e di un desiderio di invisibilità, due protagonisti accomunati dal colore della propria pelle, in bilico tra reale e immaginario, nata dal vuoto che li circonda e che vivono dentro, da un afflato particolare, dalla necessità di scansarsi dal mondo.
Uno scrittore trentottenne che pecca di immaginazione e un bambino che crede di possedere il dono dell’ invisibilità, il dubbio che sia solo fiction, la paura che sia veramente accaduto, la certezza che la vita non promette niente di buono.
I due si incontrano per caso, intrappolati dall’ incertezza, apparentemente diversi, immersi in un reale irreale che li ha condannati a essere quello che sono,
Sarebbe meglio sparire da un mondo siffatto, inzuppato di menzogne, violenza, odio razziale, vittime di bullismo, un luogo dove è impossibile vivere se non imprigionati nella paura o immersi nella fragilità di incontri fugaci, imbevuti di alcool e sesso.
C’è chi ha visto tutto e si è circondato di niente e chi è stato condannato a causa del colore della propria pelle, sin troppo nera, oggetto di sguardi indiscreti, circondato da morte e violenza, dei propri cari, di semplici conoscenti, di persone comuni.
Si può colmare il vuoto affettivo con la fantasia, sparire è un po’ come vivere altrove, ma in fondo tutti desideriamo essere amati.
A volte, sin da bambini, l’ invisibilità è necessaria o solo auspicata, come riuscire ad amare se stessi in un mondo che non è un bel posto dove stare?.
La fantasia è un dono ma può essere un’ onta, ci sono posti migliori per trascorrere il tempo, lo scrittore non si serve della realtà ma di un reale immaginario in cui passa gran parte del proprio tempo. Difficile separarli laddove imperversano immagini fugaci e fotogrammi di precarietà, sovente non sappiamo realmente chi siamo, immaginare è un po’ come sparire, allontana la paura, protegge, permettere di stare soli.
All’interno della fantasia e dell’ invisibilità si può costruire un’ altra storia senza sapere dove ci porta e che cosa rimane di noi. Di certo vi è l’ imprevedibilità di relazioni invisibili che tanto ci mancano, che ci toccano nel profondo e ci rendono altro, relazioni uniche e pericolose, che ci permettono di vivere, che solo noi riusciamo a vedere.
Un romanzo di piacevole lettura, costruito su satira e leggerezza all’ interno di tematiche importanti in un mondo in tutt’altro affaccendato che riversa arroganza, superficialità, odio e violenza su vittime designate.
Può il colore della propria pelle continuare a essere un peso insostenibile, indirizzare milioni di vite già scritte o si può auspicare un destino diverso? La risposta parrebbe evidente me per nulla scontata.

…” cavolo, ho paura, ma sono stanco di avere paura. Ho avuto paura per tutta la vita. Sono scappato. Non ricordo di avere mai fatto altro. E lo stesso vale per lui. Lo so, perché io e lui siamo la stessa persona. Portiamo tutti lo stesso peso, ma dobbiamo provare a spezzare il ciclo della paura. Abbracciare lui è abbracciare me stesso. Finalmente, dopo una vita, sono il non visto e l’ innegabile allo stesso momento “…
.

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